Marat dietro le quinte

Alla Convenzione in veste da camera

Mario Mancini
6 min readSep 11, 2022

di Victor Hugo

Speciale Marat
Introduzione. Marat, l’Amico del Popolo
1. Protagonisti della rivoluzione francese di François Furet e Denis Rochet
2. La morte di Marat e Carlotta Corday di Jules Michelet
3. La bella e lo squallido di Thomas Carlyle
4. L’influenza di Marat di Louis R. Gottschalk
5. Marat socialista? di Jean Jaurès
6. Marat dietro le quinte di Victor Hugo
7. Testi di Marat: Dispotismo e libertà | I diritti civili

“Think | Tank”. Il saggio del mese [settembre 2022]

Una scena del Film di Peter Brook “Marat-Sade” con l’attore Ian Richardson che interpreta Marat

Come aveva annunciato a Simonne Évrard il giorno successivo all’incontro in rue du Paon Marat si recò alla Convenzione.

Vi si trovava un marchese maratista, Louis de Montaut, lo stesso che più tardi offrì alla Convenzione una pendola decimale sormontata dal busto di Marat.

Al momento dell’ingresso di Marat, Chabot si era avvicinato a de Montaut.
«Ex…» esordì.
Montaut levò lo sguardo.
«Perché mi chiami ex?»
«Perché lo sei.»
«Io?»
«Visto che eri marchese!»
«Mai stato.»
«Bah.»
«Mio padre era soldato, mio nonno tessitore.»
«Ma che storie sono queste, Montaut?»
«Non mi chiamo Montaut.»
«E come allora?»
«Maribon.»
«Comunque» disse Chabot, «per me fa lo stesso.»
E soggiunse tra i denti:
«Dipenderà da chi non è marchese.»

Marat si era fermato nel corridoio di sinistra e osservava Montaut e Chabot.

Ogni volta che Marat faceva il proprio ingresso, si levava un brusio; ma lontano da lui. Nelle sue immediate vicinanze, tutti tacevano. Marat non vi prestava attenzione. Sdegnava il “gracidio della Palude”.

Nella penombra dei banchi oscuri posti in basso, Coupé de l’Oise, Prunelle, Villars, vescovo che in seguito fu membro dell’Académie Francaise, Boutroue, Petit, Plaichard, Bonet, Thibaudeau, Valdruche, se lo mostravano a dito.

«To’, Marat.»
«Ma non era malato?»
«Lo è, dato che è in veste da camera.»
«In veste da camera?»
«Perbacco, è vero!»
«Si permette di tutto!»
«Osa presentarsi alla Convenzione in quell’arnese!»
«Visto che un giorno è venuto inghirlandato di lauro, può ben venire in veste da camera!» «Faccia di bronzo e denti di verderame.»
«La sua veste da camera sembra nuova.»
«Di che è fatta?»
«Di reps.»
«A righe.»
«Ma guardate i risvolti.»
«Sono di pelle.»
«Di tigre.»
«No, di ermellino.»
«Finto.»
«E porta calze!»
«Ben strano.»
«E scarpe a fibbia.»
«D’argento!»
«Questa, gli zoccoli di Chamboulas non gliela perdoneranno di sicuro.»

Su altri banchi si affettava di non accorgersi della presenza di Marat. Si parlava d’altro. Santhonax abbordava Dussaulx.

«Avete udito, Dussaulx?»
«Che cosa?»
«Dell’ex conte di Brienne.»
«Quello che era in carcere alla Force con l’ex duca di Villeroy?»
«Proprio lui.»
«Li ho conosciuti entrambi. E allora?»
«Avevano tanta paura, che salutavano i berretti rossi di tutti i secondini, e un giorno hanno rifiutato di giocare a picchetto perché era stato offerto loro un mazzo di carte con re e regine.»
«E allora?»
«Li hanno ghigliottinati ieri.»
«Tutti e due?»
«Tutti e due.»
«Ma come si erano comportati in prigione?»
«Da vili.»
«E sul patibolo?»
«Da intrepidi.»
E Dussaulx se ne uscì con questo commento:
«Morire è più facile che vivere.»

Barère stava leggendo un rapporto: si trattava della Vandea. Novecento uomini del Morbihan erano partiti con cannoni per portare aiuto a Nantes. Redon era minacciata dai contadini. Paimboeuf era stata attaccata. Una squadra navale incrociava davanti a Maindrin per impedire sbarchi. Da Ingrande fino a Maure, l’intera riva sinistra della Loira era irta di batterie realiste. Tremila contadini erano padroni di Pornic. Gridavano «Viva gli inglesi!». Una lettera di Santerre alla Convenzione, letta da Barère, così terminava: “Settemila contadini hanno attaccato Vannes. Li abbiamo respinti, ed essi hanno lasciato in mano nostra quattro cannoni…”.

«E quanti prigionieri?» interruppe una voce.

Barère continuò: «Post scriptum: “Non abbiamo prigionieri perché non ne facciamo più”.»

Marat, sempre immobile, non ascoltava, come preso da gravi pensieri.

Cincischiava un foglio di carta sul quale chi l’avesse spiegato avrebbe potuto leggere queste righe, scritte con la grafia di Momoro e che probabilmente costituivano la risposta a una domanda posta da Marat stesso:

«Nulla da fare contro l’onnipotenza dei commissari delegati, soprattutto i delegati del Comitato di salute pubblica. Géniessieux ha avuto un bel dire, durante la seduta del 6 maggio, che ‘Ogni commissario è più di un re’, nulla è cambiato. Essi hanno diritto di vita e di morte. Massade ad Angers, Trullard a Saint’Amand, Nyon al fianco del generale Marcé, Parrein delegato all’esercito delle Sables, Millier all’esercito di Niort, sono onnipotenti. Il club dei Giacobini è giunto al punto di nominare Parrein generale di brigata. Le circostanze giustificano tutto. Un delegato del Comitato di salute pubblica tiene in scacco un generale in capo.»

Marat smise di cincischiare il foglio, se lo ficcò in tasca e avanzò lentamente verso Montaut e Chabot che continuavano a chiacchierare e che non l’avevano visto entrare.

Diceva Chabot:
«Maribon o Montaut, sta’ a sentire: vengo dal Comitato di salute pubblica.»
«E che ci si fa?»
«Si dà un nobile in custodia a un prete.»
«Ah!»
«Un nobile come te…»
«Non sono nobile» ribattè Montaut.
«A un prete…»
«Come te.»
«Io non sono prete» affermò Chabot.
Si misero a ridere tutti e due.
«Spiegati meglio» riprese Montaut.
«Ecco di che si tratta. Un prete a nome Cimourdain è stato delegato con pieni poteri presso un visconte a nome Gauvain; questo visconte comanda la colonna di spedizione dell’esercito delle Cótes-du-Nord. Si tratta di impedire al nobile di imbrogliare e al prete di tradire.»
«Ma è semplice» rispose Montaut. «Basta far entrare la morte nella partita.»
«Vengo per questo» interloquì Marat.
Alzarono la testa.
«Buongiorno, Marat» disse Chabot, «assisti di rado alle nostre sedute.»
«Il medico mi ha ordinato i bagni» rispose Marat.
«Bisogna diffidare dei bagni» riprese Chabot. «Seneca è morto al bagno.»
Marat sorrise.
«Chabot, qui non ci sono Neroni» disse.
«Ci sei tu» fece una voce aspra.

Era Danton che passava diretto al proprio banco.

Marat neppure si volse.

Chinò la testa tra i volti di Montaut e di Chabot.
«State a sentire, sono venuto per una faccenda importante. Bisogna che uno di noi tre oggi proponga un progetto di decreto alla Convenzione.»
«Non io» disse Montaut, «non mi si ascolta neppure. Sono marchese.»
«Me neppure» spiegò Chabot «sono cappuccino.»
«E me» concluse Marat «non mi si ascolta perché sono Marat.»

Rimasero tutti e tre in silenzio per un istante.

Quando Marat era preoccupato, non era bene chiedergli qualcosa. Tuttavia, Montaut rischiò una domanda.

«Marat, che decreto vorresti?»
«Un decreto che punisca con la morte ogni capo militare che fa evadere un prigioniero ribelle.»
Intervenne Chabot.
«Questo decreto esiste già, l’abbiamo votato a fine aprile.»
«Allora è come se non esistesse» continuò Marat. «Ovunque, in tutta la Vandea, si fa a gara a chi lascia fuggire i prigionieri, e non si punisce chi dà asilo.»
«Vedi, Marat, il fatto è che il decreto è decaduto.»
«Bene, Chabot, bisogna rimetterlo in vigore.»
«Certamente.»
«E per questo bisogna parlare alla Convenzione.»
«Marat, la Convenzione non è necessaria; basta il Comitato di salute pubblica.»
«Lo scopo sarà raggiunto» soggiunse Montaut «se il Comitato di salute pubblica farà affiggere il decreto in tutti i comuni della Vandea, e darà due o tre buoni esempi.»
«A spese di teste importanti» riprese Chabot. «Quelle di generali.»
Marat borbottò: «Già, sarebbe sufficiente.»
«Marat» continuò Chabot, «perché non vai tu stesso a dirlo al Comitato di salute pubblica?» Marat lo guardò fisso, cosa nient’affatto gradevole neppure per Chabot.
«Chabot» replicò, «il Comitato di salute pubblica si raduna da Robespierre; e io da Robespierre non ci vado.»
«Andrò io» disse Montaut.
«Bene» fece Marat.

Il giorno dopo venne inviato ovunque un ordine del Comitato di salute pubblica che ingiungeva di affiggere nelle città e nei villaggi della Vandea e di fare rigorosamente applicare il decreto comportante la pena di morte per qualsiasi connivenza nell’evasione di briganti e di insorti prigionieri.

Il decreto era solo un primo passo; la Convenzione si sarebbe spinta ben oltre. Pochi mesi dopo, l’11brumaio dell’anno II (novembre 1793), prendendo lo spunto da Laval che aveva aperto le porte ai vandeani fuggiaschi, decretò che ogni città che desse asilo ai ribelli sarebbe stata diroccata e distrutta.

Dal canto loro, i sovrani d’Europa avevano dichiarato, mediante il manifesto del duca di Brunswick, ispirato dagli emigrati e redatto dal marchese di Linnon intendente del duca di Orléans, che ogni francese catturato con le armi in pugno sarebbe stato fucilato e che se fosse stato torto anche un solo capello al re, Parigi sarebbe stata rasa al suolo.

Ferocia contro barbarie.

Da: Victor Hugo. Novantatré, Libro III: La Convenzione, Milano, Mondadori, Edizione del Kindle, 2019

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Mario Mancini
Mario Mancini

Written by Mario Mancini

Laureatosi in storia a Firenze nel 1977, è entrato nell’editoria dopo essersi imbattuto in un computer Mac nel 1984. Pensò: Apple cambierà tutto. Così è stato.

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