La dottrina del diritto naturale
Presentazione degli scritti
Scritti di
Ugo Grozio
Thomas Hobbes
John Locke
Baruch Spinoza
Gottfried Leibnitz
Riscoperta dell’uomo nella sua individualità, filosofia naturalistica e razionalismo sono le radici che alimentano la grande fioritura giusnaturalistica dei secoli XVII e XVIII. Le varie componenti si intrecciano e si sviluppano in maniera differente nei singoli pensatori, accomunati però dalla presupposizione dell’individuo come ente presociale e dalla configurazione della società come una creazione convenzionale e storica. Questo comune punto di partenza contrappone il pensiero giusnaturalistico alla tradizione aristotelica e in genere all’organicismo antico e medievale.
Due sono le linee fondamentali attorno alle quali i vari scrittori giusnaturalisti possono essere raggruppati: quella razionalista, che accentua il carattere deduttivo del sistema dei diritti inerenti alla persona umana concepita come centro originario di valori, e quella di estrazione empirista che svolge soprattutto l’analisi delle istituzioni politiche affrontando il problema del contratto fra monarca e popolo e il problema della sovranità.
La prima linea procede da Grozio e domina nella cultura europea continentale, specie in Germania; la seconda prende avvio da Hobbes e, anche in polemica con la specifica soluzione hobbesiana, si impone soprattutto nella cultura inglese. Ma naturalmente non mancano eccezioni, contaminazioni e tentativi di sintesi. Stretti discendenti e commentatori — anche se polemici — di Grozio sono l’inglese Giovanni Selden (1584–1654) e il tedesco Enrico Coccej (1644–1719, Grotius illustratus).
Primo grande sistematore della nuova dogmatica giusnaturalistica, dotato però di scarsa originalità, fu il tedesco Samuele Pufendorf (1632–1694, Elementa jurisprudentiae universalis, De jure naturae et gentium) che resse la prima cattedra di diritto naturale e diritto delle genti istituita per lui a Heidelberg nel 1661 e insegnò poi in Svezia nell’Università di Lund.
La successiva sistemazione, di stampo leibniziano, fu opera di Cristiano Thomasius (1655–1728, Fundamenta juris naturae et gentium) impegnato soprattutto in una articolata e sistematica distinzione del diritto dalla morale, e di Cristiano Wolff (1679–1754, Jus naturae methodo scientifica pertractatum), discepolo di Leibniz. Questa scuola leibniziana domina la cultura politico-giuridica tedesca fino all’età di Kant.
La linea empirista inglese trovò i suoi sviluppi, polemici nei confronti di Hobbes, in Richard Cumberland (1631–1718, De legibus naturae disquisitio philosophica) e in Anthony Shaftesbury (1671–1713, Indagine sulla virtù e il merito), ebbe il suo massimo esponente in John Locke e sboccò infine nella critica di Hume.
In Italia si segnala soprattutto l’opera di Alberico Gentili (1552–1608), protestante emigrato a Oxford, autore di una delle prime organiche trattazioni di diritto internazionale (De jure belli ac pacis). Figure minori furono il francese J. Barbeyrac (1674–1744), traduttore e commentatore di Grozio e Pufendorf, il ginevrino J. Burlamaqui (1694–1748) di origine italiana e il tedesco J.G. Heineccius (1681–1741, Elementa juris naturae et gentium).
Per documentare le varie posizioni maturate nel quadro del giusnaturalismo abbiamo scelto testi di Grozio, Hobbes, Locke, Spinoza e Leibniz.
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