Voltaire era ateo?
Se Dio non esistesse, occorrerebbe inventarlo
Redazione di lettera 43
L’imbarazzante illuminismo
L’Illuminismo è il movimento di idee meno studiato nella nostra scuola, per ovvie ragioni, pesando molto l’ipoteca cattolica: molta enfasi perciò sulla conversione di Manzoni (che Aldo Spranzi smentisce con qualche ragione in numerosi suoi studi) e silenzio assoluto sul materialismo ateo holbachiano di Leopardi… meglio glissare sul paterno ostello e sul passero solitario con tutte le conseguenti spremute di cuore e legittimo lirismo.
Peccato che così si perda il miglior filosofo italiano materialista e ateo dell’Ottocento… In filosofia da noi rarissimi gli studiosi dell’Illuminismo sia a destra (ovviamente) che a sinistra ad eccezione di un dimenticato Sergio Moravia, di un dimenticatissimo Giuseppe Giarrizzo, e degli studi ad ampio respiro di Franco Venturi (più sul Settecento politico culturale)
Pochi ricordano che il primo libro degli Editori Riuniti fu il Trattato sulla tolleranza di Voltaire, ma in seguito la tradizione illuminista si perse anche nel PCI a favore del catto-comunismo dei Rodano, e, nel panorama filosofico generale, sopravvenendo in seguito i Cacciari e i Vattimo di scuola heideggeriana si preferì la tradizione anti-illuminista di impronta tedesca cui non si sottrassero neanche i filosofi francofortesi (Dialettica dell’Illuminismo è un libro fuorviante quant’altri mai in materia).
Oggi stanno avanzando in Inghilterra gli studi sull’illuminismo radicale, ma non entrano nel nostro dibattito accademico e gli studiosi italiani dell’argomento (G. Tarantino e D. Lucci) faticano a far filtrare i loro temi.
Comunque la si pensi siamo un paese semi-confessionale, non c’è dubbio su questo punto. E sull’Illuminismo grava pertanto una sorta di anatema strisciante, essendo visto da parte cattolica come quel moto di idee responsabile di tutti gli ismi del ‘900 (dal comunismo al nazionalsocialismo passando per il libertinismo di massa). Insomma l’Illuminismo avrebbe scoperchiato il vaso di Pandora di tutti i totalitarismi, ma anche dei più scollacciati libertinismi. Tutto è il contrario di tutto.
Per farsi un’idea sull’Illuminismo francese occorre farsi molte gite a Chiasso, come diceva un dì Alberto Arbasino… Una gita da me fatta fuori confine mi ha portato come dono questo piccolo studio sulla religione di Voltaire, filosofo di cui si hanno vaghe informazioni.
La raison souriante di Voltaire
Voltaire con la sua raison souriante (alcuni tradurrebbero ragione “sogghignante” più che “sorridente”) è stato lungamente visto, dalla maggior parte dei credenti, come un razionalista implacabile e un polemista sicuramente ateo. C’est la faute à Voltaire, cantava Gavroche nei Miserabili di Hugo. E che la “colpa” fosse di Voltaire è stato lungamente pensato dagli spiriti pii nel constatare la devastante carica distruttiva del suo pensiero e dei suoi libri, peraltro oggi fra i meno noti, consultati e frequentati, non solo in Italia ma anche in Francia.
Voltaire fu certamente un grande critico della chiesa cattolica. Ironizzava, solo per fare un esempio, sul fatto che i concili ecclesiastici avessero condannato la nozione degli antipodi come eretica, e tuttavia gli antipodi furono scoperti da ricercatori che rispettavano sia il papa che i concili.
Leggendo Voltaire, balza all’occhio che egli critica non soltanto la chiesa cattolica ma anche il protestantesimo inglese, il presbiterianesimo, i quaccheri, l’Islam. Come bisogna comprendere ciò?
Affermare che Voltaire era un critico della religione come tale significa dare un’immagine di Voltaire ateo, e sarebbe una cattiva interpretazione. In realtà era un uomo profondamente credente, ma non religioso. Il suo era un Dio senza Chiesa, o meglio senza Chiese. Era il Dio, come egli amava ripetere, di Socrate, di Epitteto, Marco Aurelio, ma anche di Newton e di Locke.
Contro confessionalismo e superstizione
Voltaire rifiutava due aspetti della religione: 1) il confessionalismo (cioè l’appartenenza ad una denominazione religiosa specifica in perenne lite con le altre; 2) le superstizioni o i pregiudizi (préjugés), ossia ciò che egli considerava tali: formulazioni che precedono l’analisi e l’esame critico, e dunque, in qualsiasi ambito li riscontrasse: testi sacri, scritti filosofici, opinioni correnti, esercitò contro di essi una critica staffilante, elegante, feroce.
Come gli eretici medioevali e i riformatori sinceri, Voltaire confrontava lo stato della chiesa della sua epoca con il vangelo. Ciò che egli intendeva come il vero cristianesimo era una religione semplice, razionale, umanistica, non confessionale.
Secondo lui il giudaismo, il cristianesimo o l’islamismo — si ricordi che in Francia circolava un virulento pamphlet contro I tre impostori (Abramo, Cristo e Maometto) contro cui lo stesso Voltaire scrisse un’Epistola — non hanno un valore più grande delle altre religioni del mondo.
Il deismo di Voltaire
Qual era dunque la religione di Voltaire? Oggi si utilizza il termine deismo per designarla (anche se teista Voltaire si definì nel suo Dizionario filosofico ). È una “religione”, il deismo, di una semplicità teologica imbarazzante, diciamo così basica, non confessionale, non dogmatica, non metafisica, fondata sui valori morali ed alcune concezioni considerate come generalmente accettabili da tutti.
In questo sistema Dio è piuttosto un orologiaio, creatore dell’universo che interviene poco negli affari del mondo. Dio è soprattutto il garante dei valori morali. È un Dio che remunera e che punisce però (che “affanna e che consola” dirà un suo ex seguace italiano Alessandro Manzoni).
Voltaire ad esempio disprezzava gli sforzi di provare l’esistenza di Dio. Era convinto che tutta la natura, da sé, e senza essere filosofi, ci mostra che esiste un Dio. (L’articolo indeterminativo non è messo a caso).
Dio e l’immortalità dell’anima: solo questi due elementi teologici sono, secondo Voltaire, le costituenti di base della religione. Scriverà che la ragione umana è così poco capace di dimostrare di per sé l’immortalità dell’anima, che la religione è obbligata a rivelarcelo. Il bene comune di tutti gli uomini chiede che si creda l’anima immortale, la fede ce lo ordina.
La religione è ragione
In questa religione le superstizioni non hanno più nessun posto. La religione di Voltaire è razionale.
«A chi sottometterò la mia anima? Sarò cristiano, perché sarei di Londra o di Madrid? Sarò musulmano perché sarei Turco? Io non devo pensare che per me stesso e da me stesso; la scelta di una religione è il mio più grande interesse. Tu adori un Dio tramite Maometto, e tu tramite il Lama; e tu tramite il Papa. Eh, infelice, adora un Dio con la tua ragione!».
Voltaire critica le concezioni troppo definite e troppo sicure di un Dio. Tutta la voce Dio nel Dizionario filosofico — il punto di vista di Voltaire essendo quello di Dondinac — è tesa a insistere su questo punto: adoriamo Dio senza volere penetrare nell’oscurità dei suoi misteri.
Voltaire rifiuta anche le cosiddette prove dell’esistenza di Dio: quelle elaborate dalla Scolastica. Gli sembrano completamente inutili è folli. Il centro della religione non è nei dogmi e nelle cerimonie. La vera religione è una fede semplice e non dogmatica in Dio.
La critica all’ateismo
Né Voltaire né Rousseau furono atei e materialisti. Diderot, Hélvetius e, in maniera certamente più conseguente e militante, Holbach, lo furono. Quest’ultimo è senz’altro l’illuminista materialista e ateo più enragé. Per tutta la sua vita intellettuale Holbach e i suoi sodali (“la cricca holbacchiana” la chiamerà Rousseau nelle Confessioni) costituì una vera centrale atea.
Incessante e instancabile fu l’ azione di Holbach e dei suoi allievi su questo versante: per sfuggire ai rigori della censura e dei Tribunali (che, ricordiamo, riuscirono ad infliggere l’arresto, la tortura e fino a nove anni di carcere ai semplici detentori dei libri atei) Holbach preferì pubblicare in forma anonima e dare all’edizione dei propri libri falsi luoghi, e a volte anche false date, di stampa.
Il suo materialismo ed ateismo furono l’impresa intellettuale più filosoficamente fondata e intransigente della stagione illuminista francese e oggetto oggi di intensi studi sotto l’etichetta di “illuminismo radicale”.
Voltaire, se procede implacabilmente a staffilare il fronte dei credenti di ogni confessione religiosa, è altrettanto preoccupato dall’avanzata dell’ateismo sempre più aperto e sempre meno dissimulato nei suoi contenuti teorici (come poteva esserlo certo Spinoza o certo spinozismo clandestino o reticente).
Circola sotto i suoi occhi ormai un ateismo sempre più sfrontato e diffuso — “un ateismo per tutti” — trattato in una fiorente pubblicistica, anche se anonina e clandestina onde evitare i rigori della censura e le pene dei Tribunali come abbiamo visto.
Se Dio non esistesse, occorrerebbe inventarlo
Voltaire vuole conservare alla religione la funzione di instrumentum regni, di controllo, di sedazione delle masse da parte dei governi. Qualche decennio dopo il poeta italiano Ugo Foscolo dirà che alle masse bisogna dare “pane, preti e carnefici”. V
oltaire se non i preti sicuramente la religione. Sa perfettamente che il sogno di masse che la pensino in materia di religione come degli eleganti philosophes è impossibile. Da qui la sua massima-battuta, «Se Dio non esistesse, occorrerebbe inventarlo» (Epistola all’autore del trattato dei tre impostori). In fondo Voltaire nel suo illuminismo elitario (contraddizione in termini, ma così è) sa che se se le masse non credessero più in Dio sarebbero disposte a credere a tutto. Dio nella sua visione è «il sacro legame della società, il primo fondamento della santa giustizia, il freno dello scellerato, la speranza del giusto» e più avanti dirà: «Lasciamo agli umani la paura e la speranza».
Quando appariranno le opere, sempre anonime, di Holbach Sistema della natura (1770) e Il buon senso (1772) Voltaire comprende che il fronte ateo ha fatto un salto di qualità; non è più il livello dell’abate Meslier, un prete che di giorno celebrava messa e di notte s’abbandonava a virulenti scritti empi o quello dell’autore anonimo del Trattato dei tre impostori, contro cui aveva scritto l’Epistola dalla quale ho tratto qualche brano.
La dimostrazione dell’inesistenza di Dio
Voltaire scriverà perciò nel Dizionario filosofico che l’anonimo autore (Holbach) del Sistema della natura:
« ha il vantaggio di farsi leggere dai dotti, dagli ignoranti, dalle donne. Ha dunque nello stile dei meriti che non aveva Spinoza: spesso della chiarezza, talvolta dell’eloquenza, benché gli si possa rimproverare di ripetersi, di declamare, e di contraddirsi come tutti gli altri».
Ma è curioso vedere quel Voltaire che ridacchiava davanti alle capriole teoriche di chi tentava di dimostrare l’esistenza di Dio, per lui cosa vana e insensata, chiedere però all’anonimo ateo (Holbach) di dimostrare scientificamente l’inesistenza. Scriverà infatti:
«Quando si osa affermare che Dio non esiste, che la materia agisce da sé, per una necessità eterna, occorre dimostrarlo come una proposizione di Euclide, senza la quale voi fondate il vostro sistema su un “forse”. Bel fondamento per la cosa che interessa di più il genere umano!».
Analogamente Voltaire glosserà con furiose note il catechismo ateo Il buon senso (se il Sistema della natura ne è la bibbia). Sebastiano Timpanaro in quella straordinaria messa a punto di tutta la questione del materialismo e dell’ateismo holbachiani (e non solo) che è la sua prefazione al Buon senso (Garzanti, I grandi libri 1985) e a cui necessariamente rimandiamo il lettore che voglia approfondire la tematica, più volte mostra che il deismo raffinato e ironico di Voltaire vacilla sotto i colpi di maglio del rozzo ma efficace filosofo di origine tedesca.
Da: Illuminismo. Era ateo Voltaire?, Redazione di lettera 43, 1993