Schopenhauer e la brama di vivere
La tirannia della volontà
L’essenza dell’io è la volontà di vivere. L’istinto di sopravvivenza è cieco, universale, ingovernabile, irrazionale e inconscia. È presente in tutti gli esseri viventi persone, animali, vegetali e perfino nel mondo naturale. Anche nei sassi che oppongono resistenza quando si cerca di romperli.
Nella persona la volontà genera maggiore sofferenza poi genera desiderio e sviluppa il circolo vizioso delle cose: volerle, ottenerle e poi volerne delle nuove. Non si smette mai di desiderare.
Si tratta di una energia, di una forza priva di senso e di scopo che mira soltanto ad appagare se stessa.
Questi concetti si evincono bene da questi brevi passi tratti dall’opera maggiore di Schopenhauer, Il mondo come volontà e rappresentazione.
L’intera natura è volontà di vivere
Quella chiave che ci è servita per penetrare l’essenza della cosa in sé e che non ci poteva essere data se dalla conoscenza immediata del nostro proprio essere, dovremo applicarla ai fenomeni del mondo inorganico
Da tutto ciò risulta che la volontà deve di per sé dar nutrimento a se stessa; la volontà infatti è affamata e non c’è niente all’infuori di essa: di qui la caccia, l’ansietà, la sofferenza
La volontà ha in sé il proprio fine
Così ogni uomo ha costantemente dei fini e dei motivi che regolano la sua condotta e sa in ogni caso rendere conto del suo singolo operato. Ma domandategli perché voglia o perché in generale voglia esistere; non saprà rispondere, anzi troverà assurda la stessa domanda. E con ciò viene a confessare di non essere altro che una volontà
Noia e desideri illusori
Di tal natura sono gli sforzi e i desideri umani, che ci fanno brillare innanzi la loro realizzazione come fosse il fine ultimo della volontà; ma non appena soddisfatti cambiano fisionomia; dimenticati o relegati tra le anticaglie vengono sempre, lo si confessi o no, messi da parte come illusioni svanite.
Il dolore di vivere
Fortunato colui al quale resti ancora da carezzare qualche desiderio, qualche ispirazione: potrà continuare a lungo il gioco del perpetuo passaggio dal desiderio all’appagamento, e dall’appagamento al nuovo desiderio, gioco che lo renderà felice se il passaggio è rapido, infelice se lento; ma se non altro non cadrà in quel ristagno che è sorgente di noia terribile e paralizzante di desideri vaghi, senza oggetto preciso, di languore mortale.