Musica: la grande ipocrita

di Paolo Marcucci

Mario Mancini
8 min readMay 1, 2021

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Filippino Lippi, Allegoria della Musica, 1500 circa (dettaglio), Berlino, Staatliche Museen.

La musica è un grande, infinito, mistero che accompagna da sempre il mondo e l’universo e, in qualche modo, assomiglia al concetto di tempo di cui parlava Sant’Agostino: «Se nessuno me lo chiede, lo so; se dovessi spiegarlo a chi me ne chiede, non lo so.» La musica del cosmo, delle sfere, è il sottofondo alla vita stessa, con la proporzione matematica del moto perpetuo dei corpi celesti: «Movimenti così grandiosi non potrebbero svolgersi in silenzio», diceva Cicerone[1].

L’epoca dei Joy Division

Peter Saville.Joy Division, Unknown Pleasures, 1979

Ogni epoca ha la sua musica, ma forse dev’esserci un filo rosso che le collega tutte se pensiamo a un capolavoro musicale della nostra stagione: Unknown Pleasures dei Joy Division[2]. La copertina, diventata poi oggetto di fortunato merchandising, rimanda appunto ai cento impulsi consecutivi emessi dalla prima pulsar (stella di neutroni) scoperta, CP 1919[3], e rielaborata graficamente da Peter Saville.

La musica dei JD è anche lo spartiacque perfetto per cogliere uno dei passaggi della struttura economica capitalistica britannica, per il loro legame con l’ambiente che li aveva prodotti: «

Manchester era stata la culla del capitalismo il secolo precedente, sede di importanti industrie di carbon fossile ma dopo il secondo dopoguerra pian piano ne era diventata la tomba. Quasi tutti gli opifici ottocenteschi cadevano a pezzi dando vita a prodromi scenografici di retrofuturismo: i casermoni abbandonati, alonati dal grigio atmosferico inglese, avevano privato gli abitanti del luogo perfino dei ritrovi di aggregazione proletaria. Restava la classe media addetta ai servizi, col proprio lavoro magari ben retribuito ma in fondo individualistico. Proprio Ian Curtis (che ai concerti faceva risuonare spesso la musica tedesca[4] dei Kraftwerk) era l’emblema di questo precoce e inevitabile inserimento nel ciclo produttivo di provincia: sposatosi a vent’anni e subito padre, lavorava all’ufficio collocamento di Macclesfield, sobborgo di Manchester.[5]

Il mistero della musica

Francesco del Cossa, Euterpe, Museum voor Schone Kunst, Boedapest

Il filo rosso del tempo ci rimanda ai tre gruppi di sorelle figlie di Zeus: le Moire[6], le Ore[7] e le Muse. Infatti la parola musica deriva proprio dalla parola Musa, che aggancia l’arte di tutte le nove muse:

• Calliope, l’ispiratrice della Poesia Epica;
• Erato, ispira il canto corale e la Poesia lirica;
• Clio, la musa della Storia;
• Euterpe, ispira la musica e la poesia lirica;
• Melpomene, ispira il canto, la tragedia e l’armonia musicale;
• Polimnia, ispira la danza legata al canto sacro ed eroico;
• Talia, ispira la poesia bucolica e la commedia;
• Tersicore, la musa della danza;
• Urania, la musa dell’astronomia e della geometria.

In una bella intervista Kaija Saariaho[8], Leone d’oro alla carriera di quest’anno dice[9]:

Non ho obiettivi mistici né fedi religiose, ma so che la musica apre in noi porte a cui l’intelletto non può avere accesso. È un’arte che si collega a temi essenziali della vita umana quali la nascita, l’amore e la morte. Avvicinabili tramite la sensibilità e l’intuizione, e non con la razionalità.

Narrava Cioran[10] che: «A che cosa faccia appello la musica in noi è difficile sapere; è certo però che tocca una zona così profonda che la follia stessa non riesce a penetrarvi», eppure Nerone viene rappresentato spesso, seppur ingiustamente, mentre follemente suona la lira con Roma che brucia alle sue spalle. Perché «per sua natura la musica non può spiegare niente: né delle emozioni, né dei punti di vista, né dei sentimenti, né dei fenomeni della natura. Essa non spiega che se stessa»[11].

La follia musicale

Per fortuna della follia musicale si può ridere. In Frankenstein junior, film del 1974, di Mel Brooks, che è la parodia del celebre film Frankenstein di James Whale del 1931, tratto dal romanzo di Mary Shelley, c’è la scena di quando Frankenstein sente la musica di violino e si mette a “danzare” muovendo le braccia. Il medico Gene Wilder, esulta pensando che stia seguendo la musica mentre in realtà sta cercando di acchiappare una mosca.

In ambito musicale la storia di Mary Shelley, della creatura riportata in vita dal dottore visionario, ha ispirato una sfilza di musicisti e artisti, come Screamin’ Jay Hawkins trasformatosi in icona pop, e di cui un brano è apparso nella colonna sonora del film Cinquanta sfumature di grigio nell’interpretazione di Annie Lennox.

Oppure David Edward Sutch che stimolò molti imitatori come le band Frankenstein and The Monsters, Ray Satan and The Devils e Count Lindsay III and The Skeletons. Nel 1995 Jerry Garcia, dei Grateful Dead (Il morto riconoscente), in una intervista ricordò come il mito di Frankenstein lo avesse influenzato nella sua creazione artistica.

E anche il Rocky Horror Picture Show deve la sua ispirazione al romanzo di Mary Shelley. Nel 1972 Lou Reed, prodotto da David Bowie, pubblica Transformer, dove in copertina l’ex Velvet Underground appariva con una certa somiglianza con il Frankenstein cinematografico di Boris Karloff. Uno dei brani dei New York Dolls si chiama proprio Frankenstein, e Some Kind of Monster, del 2004, dei Metallica trae ispirazione dal romanzo della Shelley.

La musica che va oltre la musica

Winifred Wagner (a sx), moglie del figlio di Wagner, con Hitler e Wieland Wagner (a dx), nipote del compositore.

E il male si associa spesso alla musica. Nel Il silenzio degli innocenti Hannibal Lecter, assassino seriale, ascolta le Variazioni Goldberg di J.S. Bach. Oppure il Wagner ascoltato dai nazisti. Parsifal, il dramma sacro per eccellenza, che Hitler — grande ammiratore di Wagner — considerava come uno dei fondamenti dell’ideologia nazista.

Grande è il rapporto tra la musica e la consolatio latina. Consolazione e speranza come ad esempio la musica evocativa della fede in Mission di Ennio Morricone con la potente accoppiata delle immagini e della musica.

E l’Europa della speranza ha scelto l’Inno alla gioia di Beethoven come musica dell’unione. Merita raccontare in proposito che, quando fu presentata il 7 maggio 1824 a Vienna da Beethoven la Nona sinfonia, pochi l’ascoltarono. È la sera in cui per la prima volta degli umani ascoltano l’Inno alla gioia. Pochi umani, perché molti, sfiniti, a metà concerto scapparono via. Quella sera Beethoven si recò a teatro con un frac verde perché non ne aveva altri decenti: il segretario Shindler lo rassicurò sostenendo che sarebbe stato in penombra e nessuno lo avrebbe notato (e infatti così fu).

Ma la musica è meravigliosamente stupida, come noi, che amiamo la musica leggera e l’amore che canta: Senza amore non si è niente, Non posso vivere né con te né senza di te, dice Mathilde, disperata protagonista del film di Truffaut, La signora della porta accanto. Ma è quando si trova all’ospedale, nel fondo del letto, consumata dall’amore e dalla lontananza, è lì che lei rappresenta la sua musica: ascolto solo canzoni perché dicono la verità, più sono stupide e più sono vere.

Cos’è la musica

Cos’è allora la musica? È sempre la stessa? Quella dei giovani e dei concerti rock che volevano cambiare il mondo, o quella dei concertoni sterilizzati del primo maggio? Oppure quella delle canzonette sceme che ci accompagnano e canticchiamo? È quella del male o è quella dell’amore?

Isa Miranda in Malombra di Mario Soldati del 1942

Forse una risposta ce la può dare Malombra di Antonio Fogazzaro. Il romanzo è ambientato nel 1864 in un luogo non meglio precisato sulle rive di un lago lombardo, forse il piccolo lago del Segrino, tra Como e Lecco. Il palazzo è invece la Villa Pliniana, che si affaccia sul lago di Como, visitata da Fogazzaro, di cui la tenebrosa e fosca atmosfera si confaceva allo spirito decadente dell’autore.

I protagonisti principali sono Corrado Silla e Marina (Marina Vittoria Crusnelli di Malombra). Il libro fu ignorato dalla maggior parte delle riviste letterarie ma lodato da Verga, che lo definì una delle più belle concezioni romantiche mai apparse in Italia. Mario Soldati ne trasse l’omonimo film (1942), un capolavoro del cinema italiano.

La musica, o l’idea interiore della musica, è la grande protagonista del romanzo: Marchesina, rispose quegli (il Vezza) cercando di fare il disinvolto, fuori di noi non c’è musica, non c’è che un vento. Le corde sono dentro di noi e suonano secondo il tempo che vi fa.

Marina: Da Lei ci deve far sempre sereno, eh? Un sereno cattolico: e queste onde Le dicono: come è dolce ridere, come si balla bene, qui!

La risposta alla domanda, di cosa sia la musica per gli uomini, in ultimo, sta forse in questa frase di Marina: «Musica!» diss’ella sorridendo e guardando il lago. «Quella che vuoi, lago mio! Non è vero, Vezza, che la musica è ipocrita e ci dice sempre quello che il nostro cuore desidera? Non è per questo che ha tanti amici?»

Note

[1] Somnium Scipionis, Il sogno di Scipione, tratto dal De re publica di Marco Tullio Cicerone (106 a.C.-43 a.C.).

[2] Il nome, in un’ambigua danza macabra, deriva dal romanzo La casa delle bambole di Ka-Tzetnik 135633 dove la Joy Division sono le baracche femminili dei campi di concentramento nazisti, in cui le donne venivano sfruttate come prostitute e stuprate dai soldati tedeschi.

[3] Tratta da The Cambridge Encyclopedia of Astronomy e realizzata dall’utopista Charles Fourier nel XIX secolo.

[4] https://mariomancini.substack.com/p/ohne-dich-rammstein

[5] Mario Turco, Sentieri Selvaggi

[6] Che tessevano la lunghezza della vita degli uomini, simboleggiata dal filo.

[7] Simboleggiavano il regolare scorrere del tempo.

[8] https://www.youtube.com/watch?v=SUw2ehYoWmA

[9] Intervista di Leonetta Bentivoglio, Repubblica, 1-5-2021.

[10] Emil M. Cioran, 1911–1995, filosofo, saggista e aforista rumeno.

[11] Ígor Fiodorovich Stravinskij.

Paolo Marcucci ha svolto tutta la sua esperienza lavorativa nel mondo bancario. È stato relatore a convegni/incontri a carattere economico, docenze a master universitari sul risk management. È stato assessore alla cultura e all’industria del Comune di Montelupo Fiorentino. Da sempre interessato alla storia e all’economia locale, la sua ultima pubblicazione è Storia della Banca Cooperativa di Capraia, Montelupo e Vitolini. Una banca territoriale toscana e l’economia locale al tempo della globalizzazione.

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Mario Mancini
Mario Mancini

Written by Mario Mancini

Laureatosi in storia a Firenze nel 1977, è entrato nell’editoria dopo essersi imbattuto in un computer Mac nel 1984. Pensò: Apple cambierà tutto. Così è stato.

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