L’idealismo tedesco e l’identità di Dio e Uomo

di Emanuele Severino

Mario Mancini
6 min readJun 18, 2022

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Il progetto originario del castello di Neuschwanstein in Germania

Il pensiero è realtà assoluta e divina

Il “pensiero” di cui parla l’idealismo è pensiero “umano”: nel senso che non si tratta di un pensiero trascendente, posseduto da un Dio separato dall’uomo. L’infinita apertura del pensiero, per la quale il pensiero coincide col Tutto, è la stessa essenza più profonda dell’uomo.

Ma proprio perché il pensiero è il Tutto, esso è insieme la stessa Realtà assoluta e divina — è anzi la forma più rigorosa in cui “Dio” viene presentato lungo la storia dell’epistéme. Nel loro significato più profondo, Dio e uomo coincidono. Nel dogma cristiano dell’Incarnazione del Verbo, Hegel ravvisa l’immagine religiosa nella quale resta adombrata la più profonda verità filosofica: l’identità di Dio e Uomo.

Se questi due termini vengono intesi come esprimenti due realtà diverse e separate, allora, da un lato, l’uomo è soltanto un individuo, o un gruppo di individui, cioè un contenuto particolare del mondo che si produce e si manifesta nel pensiero e, dall’altro, “Dio” diventa a sua volta una realtà limitata dalla realtà umana e quindi incapace di porsi come Realtà assoluta e infinita.

Dio non può avere accanto a sé, oltre a sé, al di fuori di sé alcun’altra realtà, che lo limiterebbe e non gli consentirebbe di essere la Realtà assoluta.

Il pensiero è la Sostanza

Un concetto, questo, che era già stato espresso da Spinoza– e anzi in cui sin dall’inizio si colloca il pensiero filosofico. Ma, con l’idealismo, l’impossibilità che l’Assoluto abbia accanto a sé l’uomo o il mondo diventa ancora più perentoria, appunto perché non solo il concetto di Assoluto rifiuta che l’Assoluto sia limitato da alcunché, ma perché l’idealismo mostra che l’Assoluto dev’essere inteso come pensiero e, come si è detto, il pensiero stesso, come tale, esclude di poter essere trasceso e quindi limitato da una qualsiasi realtà.

Dio è identico all’Uomo, proprio perché Dio è l’Assoluto, e proprio perché l’Assoluto è pensiero.

Il pensiero non è quindi un atto dell’individuo umano. Mentre per Aristotele (e per tutti coloro che si sono a lui rifatti, anche dopo l’idealismo, come Marx, Kierkegaard, Nietzsche) l’individuo umano è la sostanza, il cui atto specifico è il pensiero, l’idealismo giunge cioè a mostrare che la Sostanza (ossia ciò che è in sé e per sé, e che per esistere non ha bisogno di altro cui inerire) è il pensiero e che gli individui umani, come ogni altra forma particolare della realtà, sono individuazioni accidentali e provvisorie della Sostanza.

L’idealismo stesso ha sottolineato la propria affinità con la filosofia di Spinoza, ma anche la profonda innovazione che segna rispetto a essa. Per Spinoza la Sostanza è l’infinito che contiene, sorregge e rende intelligibile ogni individualità.

Ma la Sostanza infinita di Spinoza è la stessa cosa in sé esterna al pensiero, non è il pensiero. Per Spinoza, cioè, il pensiero è solo una parte della Sostanza infinita (sebbene ne sia un “attributo”, sì che già per Spinoza il pensiero non può essere inteso come un semplice atto umano); mentre l’idealismo mostra che, col toglimento del presupposto realistico della cosa in sé, il pensiero è la stessa Sostanza infinita.

Pensiero ed essere si implicano reciprocamente

Certo, il pensiero, considerato come la stessa Sostanza infinita, non è il pensiero che quando dice “io” si riferisce all’egoità del singolo, ma è l’“Io trascendentale” che già Kant ha inteso come suprema attività unificatrice del molteplice empirico. Tale attività, in Kant, è però limitata dalla cosa in sé; mentre, col toglimento idealistico di questa limitazione, l’attività del pensiero diviene produzione assoluta dell’essere. Proprio perché non può esistere un essere al di là del pensiero, quest’ultimo è la stessa produzione dell’essere.

Non nel senso che prima esista un pensiero che ancora non abbia prodotto l’essere (cioè un pensiero senza l’essere, cioè senza contenuto, senza il pensato), e poi il pensiero si trovi unito all’essere che esso produce.

Come non può esistere un essere che sia indipendente rispetto al pensiero, così non può esistere un pensiero indipendente dall’essere, un pensiero che esista senza il pensato: pensiero ed essere si implicano reciprocamente.

Il pensiero produce l’essere nel senso che solo all’interno del pensiero è possibile la Storia dell’essere. Proprio perché Dio (la Sostanza assoluta) è pensiero, Dio è Storia, processo, sviluppo, crescita, infinita e ininterrotta produzione dell’essere.

E proprio perché l’essere, nella sua essenza, è il contenuto stesso del pensiero, il pensiero, pensando l’essere, produce sé stesso. L’Assoluto è autoproduzione e l’autoproduzione assoluta è il processo stesso in cui l’Assoluto va rivelando sé a sé stesso.

Il pensiero come coscienza che è autocoscienza

Ma, ancora una volta, il pensiero è automanifestazione dell’Assoluto, perché una cosa in sé esterna al pensiero è un assurdo, e quindi il pensiero non è una coscienza che si riferisca all’altro da sé (per Kant, invece, si è visto, l’intelletto pensa l’oggetto = X dell’intuizione sensibile, cioè si riferisce da ultimo alla cosa in sé), ma è una coscienza che, proprio nel suo riferirsi ad altro, si riferisce a sé: una coscienza che è autocoscienza (come viene in luce soprattutto nella filosofia di Hegel).

Sino a che la coscienza è intesa soltanto come riferimento ad altro (cioè alla cosa in sé — e questo atteggiamento è ancora presente, nonostante quanto normalmente si ritiene, nel primo grande pensatore idealista, Fichte), il pensiero è inevitabilmente concepito come uno strumento che ha il compito di unire la mente alla realtà in sé stessa.

In questa prospettiva, lo strumento non può che condizionare il modo in cui l’uomo tenta di aprirsi il varco verso la realtà in sé; e con Kant ci si dovrà convincere che tutto ciò che lo strumento rende accessibile non può essere la realtà in sé, ma il modo in cui essa resta elaborata quando il pensiero, come strumento, le viene applicato.

Negazione del pensiero strumentalista

L’idealismo, in quanto negazione dell’esistenza di ogni cosa in sé, è l’eliminazione di ogni concezione strumentalistica del pensare.

Il pensiero non è uno strumento usato dall’uomo per accedere alla realtà (mentre questo è il concetto dominante anche e soprattutto nella cultura contemporanea), ma è la stessa trasparenza della Realtà assoluta a sé stessa, è l’automanifestazione dell’Essere, cioè della Sostanza assoluta, la coscienza che è insieme autocoscienza.

Se per “immanentismo” si intende la concezione per cui la Potenza assoluta (“Dio”) che produce la realtà non sta al di là del mondo in cui l’uomo vive (come invece avviene, ad esempio, nella filosofia medioevale, in quella di Cartesio, di Leibniz e dello stesso Kant, e naturalmente in tutta la teologia cristiana), ma è immanente a tale mondo e ne è l’essenza stessa, allora l’idealismo è la forma più rigorosa di immanentismo apparsa lungo la storia dell’epistéme, ed è anche — soprattutto nella forma da essa assunta nella filosofia di Hegel — il culmine di tale storia.

Dopo l’idealismo tedesco

Dopo l’idealismo classico tedesco, la filosofia diventa fondamentalmente una critica dell’epistéme e quindi, in particolar modo, una critica della forma assunta dall’epistéme nella filosofia idealistica.

Ma il principio idealistico che il senso ultimo dell’esistenza non sia esterno al mondo in cui l’uomo vive e che quindi è in questo mondo che si gioca il destino ultimo dell’esistenza, questo principio è una delle forze più determinanti che hanno condotto alla civiltà in cui oggi viviamo — la civiltà della tecnica.

La quale, certo, se non chiama più “Dio” la propria Potenza di produzione e distruzione del mondo, è tuttavia lo sviluppo più coerente dell’immanentismo idealistico.

Questo, anche se l’attenzione degli storici è stata invece quasi esclusivamente attratta dalla contrapposizione tra la mentalità “scientifica” della civiltà della tecnica e la mentalità “umanistica” dell’idealismo.

È vero che l’idealismo (a differenza della cultura filosofica attuale) nega la concezione strumentalistica del pensiero, ma si deve dire anche che la nega in quanto essa pone un limite alla potenza dello strumento. Togliendo questo limite — come appunto accade nell’idealismo –, l’Assoluto stesso è Strumento, cioè non esiste altra realtà che lo Strumento che produce sé stesso — che è appunto il principio che sta alla base della dominazione scientifico-tecnologica attuale dell’universo.

Da: Emanuele Severino, La filosofia del greci al nostro tempo. La filosofia moderna, Garzanti, Milano, 1996

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Mario Mancini

Laureatosi in storia a Firenze nel 1977, è entrato nell’editoria dopo essersi imbattuto in un computer Mac nel 1984. Pensò: Apple cambierà tutto. Così è stato.