Kant: Pacifismo e governo mondiale
La pace è possibile!
Com’è possibile eliminare la guerra e ottenere la pace perpetua nel mondo?
Secondo Kant er realizzare questo obiettivo gli Stati devono associarsi in una federazione guidata dal diritto internazionale che abbia come fondamento una costituzione repubblicana e liberale a livello globale.
In un siffatto ordinamento non potrebbero esservi guerre civili perché uno Stato di diritto è in grado di salvaguardare i fondamentali principi dell’uguaglianza sociale, della libertà individuale, della rappresentanza e della divisione dei poteri.
Da “La metafisica dei costumi” e da “Per la pace perpetua”
La pace è possibile
Non si tratta di sapere se la pace perpetua sia una cosa reale o un non senso, e se noi non ci inganniamo nel nostro giudizio teorico, quando accettiamo il primo caso.
Noi dobbiamo agire sul fondamento di essa, come se la cosa fosse possibile, il che forse non è, e in vista di questo scopo stabilire la costituzione (forse il repubblicanismo di tutti gli Stati presi insieme e in particolare), che ci sembri la più atta a condurvici e a metter fine a queste guerre empie, verso le quali sino ad ora tutti gli Stati, senza eccezione, hanno diretto le loro istituzioni interne, come verso il loro fine supremo.
In questo modo, se noi non possiamo raggiungere questo scopo, e se esso rimane sempre per noi un pio desiderio, almeno non ci inganneremo certamente facendoci una massima di tendervi senza posa, perché questo è un nostro dovere.
La tendenza alla conflittualità
Lo stato di pace tra gli uomini, che vivono gli uni a fianco degli altri, non è uno stato naturale, è piuttosto uno stato di guerra. Anche se non sempre si ha uno scoppio delle ostilità, c’è però la loro costante minaccia.
La pace è una conquista
Esso deve dunque venire istituito; poiché l’assenza di ostilità non rappresenta alcuna garanzia di pace, e se questa garanzia non viene fornita a un vicino dall’altro (la qual cosa può avvenire solo in uno stato di legalità), il primo può trattare il secondo, a cui abbia richiesto questa garanzia, come un nemico.
Una costituzione repubblicana
La costituzione è fondata in primo luogo secondo i principi della libertà dei membri di una società (in quanto uomini), in secondo luogo secondo i principi della dipendenza di tutti da un’unica legislazione comune (in quanto sudditi), in terzo luogo secondo la legge della loro eguaglianza (in quanto cittadini). L’unica costituzione che deriva dall’idea del contratto originario, su cui deve fondarsi ogni legislazione giuridica di popolo, è quella repubblicana.
Lo strumento migliore della pace
Questa costituzione dunque, per quanto riguarda il diritto, è in se stessa quella che sta originariamente alla base di ogni tipo di costituzione civile; e ora l’unica cosa da chiedersi è se sia anche l’unica che possa portare alla pace perpetua. Ora, la costituzione repubblicana, oltre alla limpidezza della sua origine, il suo essere scaturita dalla pura sorgente dell’idea di diritto, ha anche la prospettiva di quell’esito desiderato, la pace perpetua. E la ragione è la seguente.
La decisione spetta ai cittadini
Se (come deve per forza accadere in questa costituzione) per decidere se debba esserci o no la guerra viene richiesto il consenso dei cittadini, allora la cosa più naturale è che, dovendo decidere di subire loro stessi tutte le calamità della guerra (il combattere di persona; il pagare di tasca propria i costi della guerra; il riparare con grande fatica le rovine che lascia dietro di sé e, per colmo delle sciagure, ancora un’altra che rende amara la pace, il caricarsi di debiti che, a causa delle prossime nuove guerre, non si estingueranno mai), rifletteranno molto prima di iniziare un gioco così brutto.
Da sudditi a cittadini
Al contrario, invece, in una costituzione in cui il suddito non sia cittadino, quindi una costituzione non repubblicana, decidere la guerra è la cosa sulla quale si riflette di meno al mondo, poiché il sovrano non è il concittadino, ma il proprietario dello Stato, e la guerra non toccherà minimamente i suoi banchetti, le sue battute di caccia, i suoi castelli in campagna.
Da Ubaldo Nicola, Filosofia. Antologia illustrata, Firenze, Giunti, Edizione del Kindle, pp. 705–708