Il rinascimento del Warburg Institute

La sede dell’Istituto a Londra sarà rinnovata per accoglierne lo spirito originario

Mario Mancini
5 min readAug 29, 2021

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Rendering del modello realizzato dallo studio Haworth Tompkins per la nuova sala conferenze e la sottostante sala di lettura secondo il progetto di rinnovamento dell’edificio che a Londra ospita il Warburg Institute.

Il Denkinstrument

Il Warburg Institute ha una magnifica sede a Londra. Sorta di residuato della cultura dell’Europa centrale di fine secolo 19° trapiantata in una capitale mondiale del 21° secolo, il Warburg Institute è un centro di studi interdisciplinari che mira ad abbracciare, in pratica, tutto lo scibile in campi che vanno dall’arte alla scienza, dalla religione alla psicologia. Fu fondato ad Amburgo alla fine del 19° secolo dallo storico dell’arte Aby Warburg e trasferito a Londra quando, nel 1933, i nazisti salirono al potere.

Nonostante le sue radici affondino nel secolo scorso, il Warburg Institute riesce ad essere estremamente contemporaneo, venerato come una specie di “proto-internet delle idee”, precursore di una cultura basata sui collegamenti tra testi e immagini.

La grande innovazione di Warburg consistette nel riunire e mostrare immagini di arte, mitologia, astrologia e antropologia per creare ciò che egli chiamava un “Denkinstrument”, cioè uno “strumento di pensiero”. Riproduzioni dell’arte rinascimentale erano raccolte in pannelli insieme a pubblicità, articoli di giornale e altri materiali collegati. Il direttore del Warburg Institute, Bill Sherman, la definisce “una mappatura della memoria culturale che è diventata essa stessa parte della nostra memoria collettiva”.

A sinistra l’attuale sede del Warburg Institute a Woburn Square nel quartiere di Bloomsbury a Londra, inaugurato nel 1957. A destra la Kulturwissenschaftliche Bibliothek Warburg (K.B.W. — Biblioteca Warburg di Scienza della Cultura) ad Amburgo. La biblioteca fu inaugurata l’1 maggio del 1926 con un discorso di Ernst Cassirer.

Da Amburgo a Londra

La sede istituzionale dell’Istituto a Bloomsbury, divenuta ormai angusta, sta ora per entrare nel nostro secolo, grazie allo studio di architettura Haworth Tompkins che ha elaborato un progetto che rimodella l’edificio secondo le caratteristiche originariamente pensate dallo stesso Aby Warburg.

Quando questa eccentrica istituzione fu evacuata da Amburgo a Londra nel 1933, la sua sede entrò a far parte del progetto urbanistico e architettonico che Charles Holden stava elaborando per l’Università di Londra.

Holden era un noto architetto con una impostazione eclettica, un mix di classico, georgiano, art déco e modernismo. L’allora direttrice del Warburg Institute, Gertrud Bing fece, pressione per una sede modernista che rispecchiasse la modernità del progetto di Warburg. Il risultato però fu che la sede dell’Istituto divenne un ibrido londinese, un edificio pubblico in stile essenzialmente neo-georgiano.

Progettato negli anni ’30, completato alla fine degli anni ’50, è sempre stato un anacronismo. C’è, però, qualcosa dall’aspetto tranquillo e rassicurante nell’edificio: la terrazza e la quercia, i suoi infiniti indici di carte, gli schedari d’acciaio: tutto ciò gli conferisce una misteriosità quasi da Borges.

La sala di lettura dalla forma ellittica nell’Istituto Warburg di Amburgo.

Il progetto Warburg Renaissance

L’obiettivo principale del direttore Sherman è “recuperare alcune caratteristiche che erano presenti negli edifici originali [ad Amburgo] ma che sono andate perdute nella traduzione londinese. Le caratteristiche a cui mi riferisco sono quelle della scoperta, dell’esposizione, del dibattito, tutti concetti che Warburg voleva si esprimessero nell’edificio originale di Amburgo”.

La biblioteca originale del Warburg era ellittica, forma che simbolizzava un universo più complesso della perfetta circolarità. L’ellisse non è sopravvissuta nell’edificio di Londra, ma gli architetti la stanno reintroducendo nel soffitto di una nuova sala conferenze, la cui capacità è quasi raddoppiata, collocandola sopra una nuova sala di lettura che prenderà il posto di un cortile interno.

Il “Warburg Renaissance”, questo il nome del progetto di rinnovamento, prevede miglioramenti a tutti gli spazi didattici e l’introduzione di un’area espositiva pubblica. Afferma Sherman: “Usare il passato per indicare una strada verso il futuro”.

L’obiettivo del progetto, dal costo di 14,5 milioni di sterline è di aprire l’istituzione, renderla più aperta e accessibile e di creare spazi di maggior convivialità. L’area espositiva sarà visibile dalla vicina Gordon Square.

“Ci siamo chiesti se potevamo rendere l’edificio un po’ più permeabile al visitatore casuale”, dice l’architetto Graham Haworth. “Lo consideriamo come un’operazione di essiccazione dell’edificio esistente, per renderlo più permeabile e aperto”.

Il progetto dello studio Haworth Tompkins

Haworth paragona l’intervento a quello effettuato dal suo studio sulla London Library, altra istituzione densa di storia sulla quale si erano stratificate manomissioni tali da renderla più un labirinto che una biblioteca.

È un paragone importante: la ristrutturazione a St James’s Square ha rappresentato un ripensamento radicale dello spazio storico della London Library senza perdere nulla del suo carattere.

Un approccio che è esattamente quello che ci vuole a Woburn Square. Occorre portare avanti una precisa serie di interventi per permettere al Warburg Institute di valorizzare i metodi, curiosamente profetici, inventati da Aby.

Se il suo sistema di adiacenze visive e frammenti di conoscenza (anche di tipo arcaico od occulto) collegati in modo inedito è stato accostato al funzionamento di un “proto-internet delle idee”, allora l’Istituto deve avere la capacità di accogliere e mostrare quelle nuove tecniche di indagine.

Sostiene Sherman:

Il Warburg gode di grande reputazione. Ha suscitato un vero e proprio, solido culto. Ha qualcosa che, infine, affonda nella magia. In un certo senso, la tradizione dell’eccentrico e dell’occulto può essere considerata anche molto britannica. Si sente un mix tra il brutalmente razionale e il completamente stravagante. Per me, dovrebbe essere sempre un luogo intermedio, mai del tutto definito in un senso o nell’altro.

L’unicità del Warburg Institute

Nel pannello 39 del Bilderatlas Mnemosyne, Aby Warburg cercò di assemblare immagini secondo temi invece che per periodo, artista o simili. Nel 2020 a Berlino sono state organizzate (anche se poi chiuse per Covid) esposizioni dedicate all’Atlante Mnemosyne: “Aby Warburg: Bilderatlas Mnemosyne — Das Originale “Zwischen Kosmos und Pathos — Berliner Werke aus Aby Warburgs Bilderatlas Mnemosyne, rispettivamente presso la “Haus der Kulturen der Welt” (HKW) e la “Gemäldegalerie”.

Sherman ha ragione: la particolarità di Warburg e del suo Istituto è legata a una collezione e a un metodo importato dall’Europa nel Regno Unito. Ha attratto i grandi storici dell’arte da Ernst Gombrich a Edgar Wind, facendo di Londra un centro di quella che fino ad allora era stata una disciplina essenzialmente continentale.

Lo studio Haworth Tompkins sta cercando di recuperare questa eredità in modo leggero e moderno, senza, però, sacrificarne l’eccentricità originale.

Warburg ha creato una tassonomia unica per i suoi libri basata su quattro parole chiave: immagine, parola, orientamento, azione, che sono diventate trasversali a tutti gli elenchi di soggetti. Il nuovo design permette di ristabilire quest’ordine, una parola chiave per ogni piano della biblioteca come Warburg stesso aveva previsto.

Ha contribuito al progetto una donazione di 3 milioni di sterline della Fondazione Hermann Reemtsma, la famiglia dei vicini di casa dei Warburg ad Amburgo,, ma occorrono ancora ulteriori fondi per i lavori in corso. Immagini, parole e orientamento vanno bene — ma dobbiamo puntare sull’azione. Ecco un piano intrigante per un’istituzione perennemente enigmatica.

Da: Edwin Heathcote, Warburg Institute renovation to bring enigmatic establishment into 21st century, in The Financial Times, 18 agosto 2021

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Mario Mancini
Mario Mancini

Written by Mario Mancini

Laureatosi in storia a Firenze nel 1977, è entrato nell’editoria dopo essersi imbattuto in un computer Mac nel 1984. Pensò: Apple cambierà tutto. Così è stato.