Il panteismo cosmico di Giovanni Scoto Eriugena

Dio è in tutto

Mario Mancini
3 min readAug 15, 2024

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Vetrata della Cattedrale gotica di Chartres

Il filosofo irlandese Giovanni Scoto Eriugena, vissuto tra l’VIII e il IX secolo, propose una visione del mondo radicalmente innovativa per il suo tempo.

Nella sua opera principale, il Periphyseon, egli elabora una forma di panteismo, secondo la quale Dio non è un essere esterno alla creazione, ma è la creazione stessa. Tutto ciò che esiste, dal più grande al più piccolo, è un’emanazione divina e, in ultima analisi, è Dio.

L’universo è così concepito come un organismo vivente, in continua evoluzione, dove ogni creatura porta in sé il desiderio di tornare alla sua fonte, di ricongiungersi con Dio.

Il pensiero di Scoto è profondamente legato al neoplatonismo. Il concetto di Uno, da cui tutto promana e verso cui tutto tende, è centrale sia nel neoplatonismo che nel pensiero di Scoto.

Le implicazioni teologiche di questa visione sono state oggetto di numerosi dibattiti. Accusato di panteismo e di eresia, Eriugena ha sollevato questioni cruciali sulla natura di Dio, della creazione e dell’uomo. Tuttavia, la sua opera ha esercitato una profonda influenza sulla filosofia medievale e ha aperto nuove prospettive sulla relazione tra fede e ragione.

In sistanza Scoto offre una visione unitaria e dinamica della realtà, dove Dio e il mondo sono intimamente connessi. La sua filosofia, pur radicata nel contesto medievale, continua a stimolare riflessioni sulla natura dell’essere, sul rapporto tra finito e infinito, e sulla possibilità di conciliare la fede religiosa con la ricerca razionale.

La descrizione di Nicola Abbagnano

Si è visto che Dio non è soltanto il principio, ma anche il fine delle cose. A lui dunque ritorneranno le cose che da lui sonopartite e in lui si muovono e stanno. La Sacra Scrittura insegna chiaramente la fine del mondo ed è d’altronde evidente che tutto ciò che comincia ad essere ciò che prima non era, cesserà anche di essere ciò che è. Ora se i principi del mondo sono le cause dalle quali esso è sorto, queste stesse cause saranno il termine ultimo del suo ritorno. Esso non sarà ridotto al nulla, ma alle sue cause primordiali; e terminato il suo movimento sarà conservato perpetuamente in riposo.

Ora le cause primordiali del mondo sono lo stesso Verbo divino; al Verbo divino dunque ritornerà il mondo al suo termine.Ricongiuntosi a Dio, al quale tende nel suo movimento, il mondo non avrà un fine ulteriore al quale tendere e necessariamente riposerà. Perciò il principio e il fine del mondo sussistono nel Verbo di Dio e sono lo stesso Verbo (V, 3, 20).

Se la tesi tipica del panteismo è che Dio è la sostanza o l’essenza del mondo, non c’è dubbio che la dottrina di Scoto sia unrigoroso panteismo.

«Dio è sopra tutte le cose e in tutte, egli dice; Egli solo è l’essenza di tutte le al di fuori di tutte. Egli è tutto nel mondo, tuttointorno al mondo, tutto nella creatura sensibile, tutto nella creatura intelligibile; è tutto nel creare l’universo, diviene tutto nell’universo, è tutto in tutto l’universo, è tutto nelle parti di esso, perché egli stesso è tutto e parte e non è né tutto né parte» (IV, 5).

Costantemente il panteismo, sia nella filosofia medievale che in quella moderna, ha assunto come suo principio la tesi, qui cosienergicamente espressa, che Dio è la sostanza del mondo.

Dall’altro lato si può capire co­ me l’altrettanto risoluta affermazione di Scoto che Dio è al di fuori di tutto l’universo e che non è né il tutto né parte di esso possa essere stata assunta come prova del carattere non panteistico della sua dottrina.

Da: Nicola Abbagnano, Storia della filosofia. Volume primo: la filosofia antica, la Patristica e la Scolastica, Utet, pg. 390–391

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Mario Mancini

Laureatosi in storia a Firenze nel 1977, è entrato nell’editoria dopo essersi imbattuto in un computer Mac nel 1984. Pensò: Apple cambierà tutto. Così è stato.