Freud: pulsione di eros e pulsione di morte
di Emanuele Severino
Pulsione e rimozione
Ciò che vi è di traumatico, inaccettabile e insopportabile nel rimosso sono le “pulsioni” psichiche originarie e il modo in cui esse sono state ostacolate nell’esistenza dell’individuo. La psiche è innanzitutto energia inconscia, pulsione: attività o forza che vuole affermarsi e prevalere oltre ogni limite.
Per Freud, l’omicidio, il cannibalismo e l’incesto sono le espressioni visibili di alcune pulsioni psichiche originarie, che per quella parte della psiche in cui consiste l’Io cosciente, aperto all’influsso delle norme morali e sociali, sono insopportabili e inaccettabili.
La vicenda di Edipo, che uccide il padre e sposa la madre, è il paradigma del “complesso” (il “complesso di Edipo”, appunto) in cui si articolano le pulsioni che atterriscono l’io e da cui l’io si difende tentando di trattenerle nell’inconscio mediante la rimozione. Se si tiene presente che le pulsioni psichiche sono il dinamismo, il divenire originario della psiche — e il concetto che di esse vien dato da Freud dipende dal concetto di volontà elaborato da Nietzsche e da Schopenhauer, si può dire che per Freud la rimozione è il rimedio originario dell’Io contro la minaccia e l’angoscia del divenire — tanto maggiore quanto più il divenire è della stessa sostanza dell’Io. (Negl’Antigone, Sofocle aveva appunto rilevato che di tutte le cose temibili per l’uomo, la più temibile è l’uomo stesso.)
Il rimedio contro il pericolo consiste nell’allontanarlo dallo sguardo — nell’occultarlo. Tuttavia Freud ha continuamente approfondito il criterio di descrizione delle pulsioni, pervenendo alla fine alla distinzione generale tra le pulsioni che tendono a conservare e unire (le pulsioni “sessuali” o “erotiche”, nel senso che Eros possiede nel Simposio di Platone, e dunque in un senso estremamente ampio della sessualità) e le “pulsioni di morte”, che tendono a distruggere, ad uccidere e a dividere.
Mescolanza delle pulsoni
Lo stesso Freud riporta questa distinzione alla distinzione greca tra Eros (amore), e Thanátos (morte), tra amore e odio. Tutt’e due le pulsioni sono indispensabili e ognuna delle due è sempre mescolata all’altra, cioè non si realizza mai pura e isolata.
Ogni azione, ogni singolo moto pulsionale è cioè una mescolanza di Eros e Thanátos. E per questo motivo che quando la pulsione di morte è diretta verso l’esterno «l’essere vivente protegge la propria vita distruggendone una estranea».
Ma la pulsione di morte è rivolta anche verso l’interno dell’essere vivente e aspira a distruggerlo.
Freud ritiene di poter collegare l’origine della coscienza morale a questa autodistruttività, nel senso che la coscienza morale sarebbe dovuta al «rivolgersi dell’aggressività verso l’interno».
Non solo, ma mentre l’autodistruttività è “malsana”, quando è spinta oltre un certo limite (ma Freud non sostiene che la coscienza morale sia malsana), viceversa il volgersi delle forze pulsionali alla distruzione degli aspetti del mondo esterno «scarica» l’essere vivente e ha «un effetto benefico».
Il che implica che «gli impulsi esecrabili e pericolosi contro i quali noi combattiamo… sono più vicini alla natura di quel che lo sia la resistenza con cui noi li contrastiamo».
Scrivendo ad Einstein in questi termini (Perché la guerra?, 1933), Freud riconosce che il suo interlocutore può avere l’impressione che si tratti non di teorie, ma di «una specie di mitologia».
Tuttavia ribatte: «Ma qualunque scienza della natura non s’arena forse in una specie di mitologia? Non è così oggi anche nel Suo campo della fisica?».
Emanuele Severino, La filosofia contemporanea, Milano, RCS libri, 2010, pp. 314–316