Una tesi etica per il veganismo

di Peter Singer

Mario Mancini
6 min readNov 27, 2019

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Giovanni Fattori, Terreno paludoso, 1894, Galleria d’arte moderna di Firenze

Il dominio sugli animali

Possiamo giustificare le cose che facciamo agli animali? Cristiani, ebrei e musulmani possono appellarsi alle Scritture per giustificare il loro dominio sugli animali. Però, una volta superata una prospettiva religiosa, dobbiamo affrontare “la questione animale” senza il postulato a priori che gli animali sono stati creati per il nostro benessere o che il nostro uso di essi abbia un riconoscimento divino. Se siamo solo una specie tra le altre che si sono evolute su questo pianeta e se le altre specie includono miliardi di animali non umani che possono anche soffrire, o viceversa possono godersi le loro vite, è eticamente possibile sostenere che i nostri interessi contino più dei loro?

Di tutte le nostre relazioni con gli animali, quella che più ha bisogno di essere giustificata riguarda gli allevamenti. Questa industria interessa gli animali più da qualsiasi altra attività umana. Solo negli Stati Uniti, il numero di animali allevati e uccisi ogni anno per farne cibo è di dieci miliardi. Tutto questo, a rigor di logica, non è necessario. Nei paesi sviluppati, dove c’è una vasta scelta di cibi, nessuno ha la necessità di nutrirsi di carne. Molti studi dimostrano che possiamo vivere in modo sano, addirittura più sano, senza carne. Possiamo vivere bene con una dieta vegana, cioè senza consumare prodotti di derivazione animale. La vitamina B12, che è l’unico nutriente essenziale non disponibile negli alimenti vegetali, è facilmente assumibile con un integratore ottenuto dalle piante.

Se si domanda alle persone qual è il tema etico principale del nutrirsi di carne, la maggior parte citerà la macellazione. Questo è, però, una tema fortemente dibattuto. Ma, almeno per quanto riguarda le moderne produzioni industriali di carne, c’è un argomento molto semplice. Anche se non ci fosse nulla di sbagliato nel nutrirsi di animali perché ci piace il sapore della loro carne, nel farlo legittimeremo, però, un sistema agricolo-industriale che infligge sofferenze inaudite agli animali.

Polli e galline

I polli da carne sono tenuti in capannoni che contengono più di 20.000 volatili. Il livello di ammoniaca nell’aria prodotto dai loro escrementi ferisce gli occhi e intossica i polmoni. I polli sono allevati per ingrassare il più velocemente possibile; il risultato è che raggiungono il peso di mercato in soli 42 giorni, ma le loro ossa non sopportano il peso del corpo. Alcuni crollano e, incapaci di raggiungere cibo o acqua, muoiono rapidamente. Il loro destino è irrilevante per l’industria del pollame nel suo complesso. La cattura, il trasporto e la macellazione sono processi brutali in cui gli incentivi economici sono pensati per il profitto e il benessere dei volatili non ha alcun ruolo.

Le galline ovaiole sono stipate in gabbie di metallo così anguste che, anche se ce ne fosse una sola per gabbia, non sarebbe in grado di allungare le ali. Ma di solito ci sono almeno quattro galline per gabbia e spesso di più. In condizioni di tale affollamento, i volatili più aggressivi e dominanti possono beccare a morte i volatili più deboli che sono nella la gabbia. Per evitare ciò, gli allevatori bruciano il becco di tutti gli uccelli con una lama rovente. Il becco di una gallina è ricco di tessuto nervoso, è il suo mezzo principale per relazionarsi con l’ambiente, ma nessun anestetico o analgesico è usato per alleviare il dolore.

Suini e bovini

I suini sono gli animali più intelligenti di cui comunemente ci cibiamo. Negli allevamenti di oggi, le scrofe gestanti sono tenute in contenitori così angusti che non possono girarsi o fare più di un passo in avanti o all’indietro. Giacciono sul cemento senza paglia o su lettiere di altro materiale. Non hanno modo di soddisfare il loro istinto di costruire un giaciglio prima di partorire. I cuccioli vengono separati dalla scrofa alla nascita, in modo che possa restare di nuovo incinta. Anche i cuccioli sono tenuti nei capannoni, sul cemento, finché non vengono portati al macello.

I bovini da carne trascorrono gli ultimi sei mesi della loro vita sulla nuda terra, nutrendosi di cereali che non sono adatti alla loro digestione, alimentati con steroidi per fargli ingrossare i muscoli e con antibiotici per tenerli in vita. Non hanno ripari dal sole estivo infuocato, né dalle intemperie invernali. Ma cosa, ci si potrebbe chiedere, c’è di sbagliato nel latte e negli altri prodotti caseari? Non fanno le mucche una bella vita pascolando nei prati? Neppure dobbiamo ucciderli per ottenere il latte. Succede però che la maggior parte delle mucche da latte sono tenute in capannoni e non hanno accesso ai pascoli.

Come le donne che non hanno latte a meno di non aver avuto un bambino, così le vacche da latte sono rese gravide un parto dopo l’altro. Il vitello viene sottratto alla madre solo poche ore dopo la nascita, in modo che non potrà bere il latte destinato agli esseri umani. Se è maschio, può essere ucciso immediatamente, o allevato per farne una fettina di vitello, o, forse, un pezzo di manzo per hamburger. Il legame tra una mucca e il suo vitello è forte e spesso la madre lo cerca per diversi giorni dopo che è stato portato via.

La dieta vegana

Oltre alla questione etica sul trattamento degli animali, oggi c’è un nuovo potente argomento per una dieta vegana. Sin da quando Frances Moore Lappé ha pubblicato Diet for a Small Planet nel 1971, sappiamo che la moderna produzione industriale di animali è estremamente dispendiosa.

Gli allevamenti di maiali usano 2,7 kg di grano per ogni chilo di carne disossata che producono. Per i bovini da carne il rapporto è 13:1. Anche per i polli, la carne meno efficiente in allevamento, il rapporto è 3:1. Lappé era preoccupato dello spreco di cibo e delle conseguenze delle colture estensive di foraggio sull’uso della terra, dal momento che le persone possono nutrirsi direttamente di grano e di soia, e nutrirsi altrettanto bene senza lo spreco di tanta terra.

Oggi il riscaldamento globale acuisce il problema. La maggior parte degli americani pensa che la cosa migliore da fare per ridurre il riscaldamento globale sia quella di cambiare la propria auto con un veicolo ibrido a basso consumo di carburante come la Toyota Prius. Gidon Eshel e Pamela Martin, ricercatori dell’Università di Chicago, hanno calcolato che, mentre ciò comporterebbe effettivamente una riduzione delle emissioni di co2 di circa una tonnellata per auto, il passaggio dalla tipica dieta americana a una dieta vegana risparmierebbe l’equivalente di quasi 1,5 tonnellate di anidride carbonica per persona. I vegani stanno quindi portando meno danni all’ambiente e al clima di coloro che si nutrono di prodotti animali.

Un modo etico di nutrirsi

Esiste un modo etico per nutrirsi di prodotti di derivazione animale? È possibile ottenere carne, uova e latticini da animali che siano stati trattati meno crudelmente e a cui sia permesso di mangiare erba piuttosto che grano o soia. Limitare il consumo di prodotti animali a questo tipo di allevamento diminuisce significativamente le emissioni di gas serra, anche se le mucche tenute a pascolo emettono ancora quantità considerevoli di metano, una fonte particolarmente potente del riscaldamento globale.

Quindi, se non vi è alcuna seria obiezione alla macellazione, purché agli animali sia garantita una vita decente, essere selettivi sui prodotti animali che si mangiano potrebbe essere una scelta più eticamente sostenibile. Ci vuole comunque attenzione e controllo. “Organico”, per esempio, dice poco sul benessere degli animali: le galline non tenute in gabbia possono ancora essere ammassate in un grande capannone. L’andata al veganesimo è la scelta più semplice e stabilisce un esempio chiaro da seguire per gli altri.

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Mario Mancini
Mario Mancini

Written by Mario Mancini

Laureatosi in storia a Firenze nel 1977, è entrato nell’editoria dopo essersi imbattuto in un computer Mac nel 1984. Pensò: Apple cambierà tutto. Così è stato.

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