Tutti De Sica

50 anni senza l’estro di Vittorio De Sica

Mario Mancini
9 min readJan 3, 2025

Vai agli altri articoli della serie “Indovina chi viene a cena? Il grande cinema

Una scena di “Umberto D”, forse il più significativo film della collaborazione tra Vittorio De Sica e Cesare Zavattini

De Sica, cittadino francese

Nel 2020 la Cinémathèque Française ha dedicato un’ampia rassegna al cinema di Vittorio De Sica, dal titolo “Vittorio De Sica, cinéaste ou comédien?”. Un tributo significativo non solo a un cineasta straniero, ma qualcosa di più per l’istituzione francese.
Infatti Vittorio De Sica nel 1968 era diventato cittadino francese per potersi sposare in seconde nozze con Maria Mercadier e poter riconoscere i figli, Manuel e Christian, nati dall’unione con l’attrice spagnola.
All’epoca l’Italia non consentiva il divorzio e neppure aveva riconosciuto il matrimonio tra De Sica e la Mercadier celebrato a Città dal Messico nel 1956.
Il cineasta si era sposato nel 1937 con l’attrice Giuditta Rissone dalla quale aveva avuto una figlia, Erin.
De Sica, dopo avere ottenuto la cittadinanza aveva stabilito la sua residenza in Francia, dove venne a mancare nel 1974, 50 anni fa, proprio a Neuilly-sur-Seine.
Il suo Paese, pur tributando numerosi riconoscimenti a questo artista, simbolo del cinema italiano nel mondo, non sempre aveva riservato un trattamento equo anche al suo lavoro di autore di cinema.
Si pensi, ad esempio, alla censura imposta a un capolavoro come “Umberto D.”, un episodio amarissimo per De Sica, che lo convinse a prendersi una pausa dalla produzione cinematografica in Italia.
Nel 1952, Giulio Andreotti, allora sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, inviò una dura lettera aperta a De Sica in seguito alla visione di “Umberto D.”.
La lettera di Andreotti si concludeva con queste parole: “Non dispiaccia a De Sica se noi lo preghiamo di non dimenticare mai questo minimo impegno di un ottimismo sano e costruttivo che aiuti l’umanità a sperare e a camminare.”
Forse Andreotti aveva mal interpretato il finale del film. Ne abbiamo fatta parecchia di strada da allora, eppure un film come “Umberto D.” potrebbe essere girato oggi, tal quale.
Fortunatamente oggi, a differenza di allora, non ci sono più i mattatoi dei cani randagi.

Fino al 12 gennaio 2025, la Cineteca di Bologna ha allestito, negli spazi della Galleria Modernissimo, nel sottopasso di Piazza Re Enzo, una mostra intitolata “Tutti De Sica. Regista & interprete”.

Un artista “pubblico”

La mostra è un autentico gioiello documentale con materiali inediti provenienti da numerosi archivi, in particolare da quello raccolto dalla prima moglie, Giuditta Rissone e oggi custodito dalla figlia Erin.

L’occasione è particolarmente significativa: ricorrono infatti 50 anni dalla scomparsa di Vittorio De Sica, uno dei cineasti più rappresentativi e prolifici del cinema italiano (vedi grafico sotto).

Nella Galleria Modernissimo sono esposti oltre seicento fotografie, più di trecento lettere e documenti (tra cui sceneggiature, articoli, poster originali), insieme a costumi, oggetti, registrazioni sonore e filmiche.

I dati relativi a De Sica, Sordi e Totò sono forniti dalla Cineteca di Bologna. Gli altri sono desunti da IMDB e pertanto vanno intesi come indicativi.

Specchio del costume dell’Italia

I reperti tracciano un percorso attraverso le molteplici e sfaccettate tappe della carriera dell’artista: dai primi passi come attore di prosa, passando per l’esperienza di cantante di successo, fino a diventare interprete in ben 157 film.

De Sica si è poi affermato come regista pluripremiato — insignito di ben 4 Oscar — e successivamente come produttore, showman televisivo e, non ultimo, protagonista delle cronache mondane e del costume italiano.

I materiali espositivi attraversano le diverse stagioni della storia italiana: dagli anni del consenso al regime fascista, passando per il periodo bellico, fino alla ricostruzione e al successivo boom economico.

In ciascuna di queste fasi, De Sica ha dimostrato una grande capacità di cogliere la dimensione più profonda e autentica del momento storico, una capacità che conferisce significato al titolo della mostra, “Tutti De Sica”.

A modo suo…

L’aspetto istrionico e disincantato della sua personalità artistica ha parzialmente mascherato la sua genuina natura di sperimentatore instancabile, sempre proteso verso la scoperta di nuove prospettive, linguaggi e volti.

Una spinta innovativa che frequentemente lo conduceva a sfidare, consapevolmente o inconsapevolmente, le convenzioni consolidate del periodo e anche le strutture di potere. Qualcosa che riesce solo alla migliore arte.

Lo faceva a modo suo: attraverso una combinazione di delicatezza, ironia e un sereno distacco che scaturivano dalla mitezza del suo carattere e da una profonda, quasi intuitiva sintonia con lo spirito del suo tempo.

Cinque film più uno

Oggi vorrei proporvi la visione di cinque film diretti da De Sica, quattro dei quali hanno ricevuto un Oscar e un quinto che avrebbe potuto riceverlo se non fosse intervenuta la censura a impedirlo.

A questi cinque film, ne aggiungo un sesto in cui De Sica figura come interprete in un’opera di Rossellini, “Il generale Della Rovere”. Più che interprete si potrebbe definire co-autore

Prima di procedere alle schede dei film, vi consiglierei di leggere alcuni passaggi dell’introduzione al catalogo della mostra, disponibile presso lo shop del Modernissimo.

Dall’introduzione al catalogo della mostra

Una brezza di modernità

All’inizio degli anni Trenta, Vittorio De Sica rappresentò, nel cinema italiano, una presenza inattesa e fuori dai canoni, una ventata di modernità in un paese che non aveva nessun attore da contrapporre ai divi di Hollywood.

Portato sullo schermo dai successi del varietà e dalla popolarità dei suoi dischi, De Sica è stato il nostro primo divo moderno, comparabile alle stelle del firmamento cinematografico internazionale.

Ma questo fu solo l’inizio di una carriera multiforme che non ha paragoni possibili se non, forse, con Chaplin o Welles.

Nato artisticamente cinque volte

“Io — diceva — sono nato e rinato alla vita artistica almeno cinque volte”. De Sica matura, alla fine degli anni Trenta, la consapevolezza che se l’attore rinuncia a risolversi in un personaggio, il regista può essere tutti i personaggi.

Da quando diventa autore dei suoi film, plasma i suoi interpreti, si identifica con ognuno di loro, ne assume i punti di vista, mima e ripete con loro ogni singola scena.

In coppia con Cesare Zavattini è uno dei massimi protagonisti del neorealismo. Vince i primi due premi Oscar del nostro cinema, aprendone l’Età d’oro, trasformando attori non professionisti in icone della storia del cinema.

Poi, tra gli anni Cinquanta e Sessanta, è una delle voci più vive della commedia all’italiana, ma anche autore di capolavori drammatici. Forgia la coppia più importante del cinema, Loren/Mastroianni. Vince un altro Oscar.

Nell’ultimo decennio della sua vita, cambierà ancora registro, sarà l’autore di grandi coproduzioni internazionali, vincendo l’ultimo Oscar con “Il giardino dei Finzi Contini”, nel 1971.

E un maestro del cinema, uno dei registi più premiati del mondo, ma la sua carriera non si può ridurre a un aspetto; per capire l’enormità del suo contributo artistico bisogna seguire le sue molte vite.

Garbo, ironia, autorevolezza

Tra gli anni Venti e il 1974 recita in 157 film, trasformati dalla sua presenza. Per avere un paragone, appare sullo schermo più spesso di Totò (che si ferma a 107) e di Alberto Sordi (che arriva a 151).

Tutte le sue interpretazioni sono da antologia, anche perché nessun regista osava dirigere un Maestro come De Sica, che nelle sue scene dirigeva se stesso e anche gli altri attori, con garbo, ironia, autorevolezza.

Non sarà mai accademico, ma sempre uno sperimentatore. Non a caso, continuerà ad avere problemi con la censura cinematografica anche molto dopo la fine della stagione neorealista.

Anche nel privato rincorrerà più vite, due mogli, Giuditta Rissone e Maria Mercader, due case, due famiglie, tre figli amatissimi, Emi, Manuel, Christian. Sapeva anche ironizzare sulla sua vita di bigamo.

Generoso e plurale, fin dagli anni Trenta è stato parte della memoria condivisa del nostro paese: prima come il “Fidanzato d’Italia”, poi l’Artista riconosciuto e infine figura paterna per un paese che cambiava rapidamente.

I film indispensabili

Sciuscià

Italia / 1946 / 92 min.
regia di Vittorio De Sica
soggetto di Sergio Amidei, Adolfo Franci, Cesare Giulio Viola, Cesare Zavattini
con Franco Interlenghi (Pasquale Maggi), Rinaldo Smordoni (Giuseppe Filippucci), Aniello Mele (Raffaele), Bruno Ortenzi (Arcangeli)
Premio Oscar per il Miglior film straniero
YouTube, Dailymotion

Vittorio De Sica, nel 1946, anticipa le tematiche del neorealismo italiano con l’intento di ritrarre la realtà sociale del dopoguerra. Influenzato da Chaplin, il regista si concentra sulle difficoltà e le speranze degli italiani comuni, in particolare dei più deboli. Due anni prima di “Ladri di biciclette”, De Sica esplora già le lotte e le delusioni della fanciullezza indigente, vittima di un sistema sociale ingiusto. Con questo approccio, il regista offre uno sguardo autentico e commovente sulla vita quotidiana del popolo italiano.

Ladri di biciclette

Italia / 1948 / 93 min.
Dall’omonimo romanzo di Luigi Bartolini
regia di Vittorio De Sica
sceneggiatura di Cesare Zavattini
con Lamberto Maggiorani (Antonio Ricci), Enzo Staiola (Bruno Ricci), Lianella Carell (Maria Ricci), Gino Saltamerenda (Baiocco)
Premio Oscar e Golden Globe per il Miglior film straniero
YouTube

“Ladri di biciclette” narra la disperata ricerca di Antonio, un uomo che, appena trovato lavoro da attacchino, viene derubato della sua bicicletta. Insieme al figlio Bruno, vaga per le strade di Roma, cercando l’oggetto perduto che rappresenta la sua unica speranza. André Bazin lo definì uno dei primi esempi di “cinema puro. Niente più attori, niente più storia, niente più messa in scena”. Mario Soldati scrisse a De Sica: “Anni fa dissi che non capivi niente… Ora ti dirò una cosa cosa: Tu albeggi. Noi (registi italiani) tramontiamo”.

Umberto D.

Italia / 1952 / 89 min.
regia di Vittorio De Sica
soggetto di Cesare Zavattini
con Carlo Battisti (Umberto Domenico Ferrari), Maria Pia Casilio (Maria, la domestica), Lina Gennari (Antonia, la padrona di casa)
YouTube, Dailymotion

Umberto D. è un pensionato che lotta per sopravvivere in una Roma povera e grigia. La sua misera pensione non basta a coprire le spese e l’unico conforto è il suo fedele cane Flike. Il film di Vittorio De Sica dipinge un quadro della solitudine e della precarietà della vecchiaia, mostrando come l’affetto di un animale possa diventare l’unico motivo per andare avanti. L’opera ha suscitato grande commozione e il critico André Bazin l’ha definita “l’opera più crudele e più atroce, nella sua benignità, che il cinema abbia forse mai dato sulla condizione umana?”. Anche il più grande film animalista.

La Ciociara

Italia, Francia / 1960 / 89 min.
dall’omonimo romanzo di Alberto Moravia
regia di Vittorio De Sica
sceneggiatura di Cesare Zavattini
con Sophia Loren (Cesira), Jean-Paul Belmondo (Michele), Eleonora Brown (Rosetta), Carlo Ninchi (Filippo, il padre di Michele), Raf Vallone (Giovanni)
Premio Oscar e Golden Globe per il Miglior film straniero, Premio per la Miglior interpretazione femminile a Sophia Loren al Festival di Cannes
RaiPlay

“La Ciociara” è un dramma ambientato durante la Seconda Guerra Mondiale. È la storia di Cesira, una vedova romana, e di sua figlia Rosetta, sfollate in un piccolo villaggio della campagna, Qui incontrano Michele, un giovane idealista. Inizialmente destinato ad Anna Magnani, il ruolo di Cesira fu affidato a Sophia Loren, all’epoca 25enne — originariamente candidata per interpretare Rosetta. La Loren, con la sua intensa espressività e la magnetica presenza scenica è una madre coraggio ideale di fronte alle brutali atrocità della guerra.

Il Giardino dei Finzi Contini

Italia, Germania / 1970 / 90 min.
tratto dall’omonimo romanzo di Giorgio Bassani
regia di Vittorio De Sica
sceneggiatura di Vittorio Bonicelli, Ugo Pirro
con Lino Capolicchio (Giorgio), Dominique Sanda (Micol Finzi Contini), Fabio Testi (Giampiero Malnate), Romolo Valli (padre di Giorgio), Helmut Berger (Alberto Finzi Contin)
Premio Oscar per il Miglior film straniero, Orso d’oro al Festival di Berlino
RaiPlay

“Il giardino dei Finzi-Contini” è un ritratto delicato e amaro dell’Italia fascista. La famiglia ebrea ferrarese Finzi-Contini, protetta dalla sua imponente magione, conduce una vita agiata e apparentemente serena, ignorando, però, la crescente minaccia esterna. Il film di De Sica contrappone l’idillio del giardino alla terribile realtà che si profila all’orizzonte. De Sica esplora con delicatezza i sentimenti dei protagonisti, tra indifferenza, amore e paura, offrendo una riflessione profonda sulla e sull’incapacità di molti di comprendere la portata della Shoah.

Il generale della Rovere

Italia, Francia / 1959 / 127 min.
tratto dall’omonimo romanzo di Giorgio Bassani
regia di Roberto Rossellini
soggetto di Indro Montanelli
con Vittorio De Sica (Emanuele Bardone), Hannes Messemer (colonnello Müller), Vittorio Caprioli (Aristide Banchelli), Sandra Milo (Olga), Giovanna Ralli (Valeria)
Leone d’oro al Festival di Venezia
RaiPlay

Emanuele Bardone (Vittorio De Sica), truffatore senza scrupoli, approfitta del caos bellico per ingannare le persone, spacciandosi per generale e promettendo la liberazione di detenuti politici in cambio di denaro. Arrestato, viene costretto a infiltrarsi tra i prigionieri. A contatto con la loro dignità, inizia un percorso di redenzione. Rifiuta infine di tradire i compagni, affrontando l’inevitabile. Un film che testimonia le straordinarie capacità attoriali di De Sica che affianca l’altro gigante del neorealismo italiano, Roberto Rossellini.

--

--

Mario Mancini
Mario Mancini

Written by Mario Mancini

Laureatosi in storia a Firenze nel 1977, è entrato nell’editoria dopo essersi imbattuto in un computer Mac nel 1984. Pensò: Apple cambierà tutto. Così è stato.

No responses yet