The Economist: L’origine di Covid-19

Si sta componendo il puzzle che ha scatenato la pandemia

Mario Mancini
13 min readMay 12, 2020

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L’attore hawaiano Harold Sakata che interpreta il truce e spietato Oddjob, il muto henchman del cattivissimo Auric Goldfinger, nel settimo, e forse più famoso, film della serie 007. La sua passione: mangiare gatti verniciati di oro dopo avere fatto il lavoro sporco (odd job).

Il settimanale “The Economist” ha cercato di fare il punto delle conoscenze riguardo all’interrogativo che tutti si stanno ponendo nel mondo riguardo alla fonte della pandemia. Lo stato delle conoscenze è ancora molto approssimativo e mancano prove certe per qualsiasi ipotesi che non sia indiziaria o contingenziale.

Ma inizia a comporsi un puzzle in cui si comincia a vedere qualche abbozzo di forma. Ecco il resoconto che se ne fa nella sezione Science and Technology, la redazione del magazine di Londra. Piuttosto interessante!

Il detto di Goldfinger

Auric Goldfinger, il cattivo del romanzo di Ian Fleming che porta il suo nome, menziona a James Bond un brillante detto di Chicago: “La prima volta è un caso, la seconda è una coincidenza, la terza è un’azione ostile”.

Fino al 2002 la scienza medica era a conoscenza di un pugno di coronavirus che potevano infettare gli esseri umani. Nessuno, però, causava gravi malattie. Poi, nel 2002, nella provincia cinese del Guangdong è comparso un virus chiamato SARS-CoV. Il focolaio della sindrome respiratoria acuta grave (SARS) che ne è seguito ha ucciso 774 persone in tutto il mondo prima di essere messo sotto controllo.

Nel 2012 un’altra nuova malattia, la sindrome respiratoria mediorientale (MERS), ha visto la comparsa della MERS-CoV. Pur non raggiungendo la diffusione della SARS (tranne un’incursione in Corea del Sud) questa minaccia non è stata ancora eliminata. A oggi ha ucciso 858 persone, la vittima più recente risale al 4 febbraio 2020.

La terza volta è toccato alla SARS-CoV-2, responsabile di 250.000 morti da Covid-19. Sia la SARS-CoV che la MERS-CoV sono strettamente legate ai coronavirus trovati nei pipistrelli. Nel caso della prima SARS-CoV, la storia accettata è che il virus si è diffuso dai pipistrelli di una grotta nella provincia dello Yunnan agli zibetti. Questi ultimi sono stati venduti al mercato del Guangdong. Nel caso della MERS-CoV, il virus si è diffuso dai pipistrelli ai cammelli. Si trasmette facilmente dai cammelli all’uomo. Una caratteristica che lo rende difficile da eliminare è che si diffonde solo tra le persone che entrano in stretto contatto. Il che lo rende anche gestibile.

L’infausta terza volta

Un’origine tra i pipistrelli sembra un’ipotesi estremamente probabile anche per la SARS-CoV-2. Il percorso del passaggio dal pipistrello all’uomo, però, non è ancora stato tracciato. Se, come il MERS-CoV, il virus è ancora in circolazione tra gli animali, in futuro potrebbe scoppiare di nuovo. Se non accadrà, ci sarà sicuramente qualche altro virus a fare qualcosa di simile.

Peter Ben Embarek, un esperto di zoonosi (cioè di malattie trasmesse dagli animali all’uomo) presso l’Organizzazione Mondiale della Sanità, afferma che tali ricadute stanno diventando sempre più comuni man mano che l’uomo e gli animali d’allevamento si spingono in nuove aree all’interno delle quali entrano in un contatto più stretto con la fauna selvatica. Fare luce su come si verificano tali ricadute dovrebbe offrire degli spunti per fermarle.

In alcune menti, tuttavia, si insinua il dubbio di una possibile azione ostile da parte di qualcosa di più grande di un virus. Dall’avvento dell’ingegneria genetica negli anni Settanta, i teorici della cospirazione hanno visto praticamente in ogni nuova malattia infettiva, dall’AIDS all’Ebola, alla MERS, alla malattia di Lyme, alla SARS, allo Zika, la mano dell’uomo o di una cattiva azione volontaria.

La primavera del complottismo

La dimensione della pandemia di Covid-19 fa sì che, questa volta, le ricorrenti teorie complottistiche riguardo ai virus assumano un fascino ancora più grande del solito. La pandemia è cominciata in Cina, dove la politica del governo è quella di coprire i problemi. Ciò ha causato ritardi nel varo delle misure che avrebbero potuto limitarne la diffusione. Il virus ha preteso un grande tributo di vite dall’America. Il numero dei decessi registrati da Covid-19 supera già quello dei nomi impressi sul Vietnam War Memorial di Washington DC.

Questi fatti hanno scatenato accuse in tutta l’area del Pacifico. Ciò che peggiora lo stato delle cose è il sospetto, fortemente presente in alcuni ambienti, che la SARS-CoV-2 possa essere in qualche modo collegata alla ricerca virologica cinese. Se fosse vero sistemerebbe in modo definitivo la questione della colpa per la diffusione della pandemia.

Però, non ci sono prove a sostegno di questa ipotesi. Gli esperti occidentali dicono categoricamente che la sequenza del genoma del nuovo virus — che gli scienziati cinesi hanno reso noto fin dall’inizio, apertamente e con precisione — non rivela alcuna traccia di un prodotto di ingegneria genetica. Ma resta il fatto che a Wuhan, dove l’epidemia si è originata, c’è un laboratorio dove gli scienziati hanno deliberatamente reso più patogeni i coronavirus.

Questo tipo di ricerche vengono effettuate nei laboratori di tutto il mondo. Alcuni ricercatori vi vedono un modo importante per studiare la questione che il Covid-19 ha portato così brutalmente sotto i riflettori. Cioè come fa un virus a diventare il tipo di agente che dà avvio a una pandemia. Che alcune di queste ricerche siano state effettuate proprio all’Istituto di virologia di Wuhan (WIV) appare tutt’altro che una coincidenza. Senza una convincente tesi alternativa sull’origine della malattia, tuttavia, c’è molto spazio per questo tipo di dubbi.

Il 4 percento di differenza

L’origine del virus dietro l’epidemia di SARS del 2003 — la “SARS classica”, come alcuni virologi ironicamente la chiamano oggi — è stata individuata in gran parte grazie alle ricerche della dottoressa Shi Zhengli, una ricercatrice del WIV, che i media cinesi a volte chiamano “la donna pipistrello”. Per anni lei e il suo team hanno esplorato luoghi più remoti della Cina alla ricerca di un parente stretto della SARS-CoV nei pipistrelli o nel loro guano. Ne hanno trovato uno in una grotta piena di pipistrelli ferro di cavallo nello Yunnan.

È nell’analisi di genomi virali raccolti durante questi studi che gli scienziati hanno trovato il virus dei pipistrelli più vicino alla SARS-CoV-2. Un ceppo chiamato RaTG13, trovato nella stessa grotta nello Yunnan, condivide il 96% della sua sequenza genetica con il nuovo virus. RaTG13 non è l’antenato di quel virus. È qualcosa di più simile a un cugino. Edward Holmes, un virologo dell’Università di Sydney, stima che la differenza del 4% nel genoma dei due virus significhi almeno 20 anni di divergenza evolutiva rispetto a qualche comune antenato.

Gli scienziati ritengono improbabile la tesi che i pipistrelli possano, in teoria, aver trasmesso un virus discendente da quell’antenato direttamente agli esseri umani. I virus dei pipistrelli hanno un aspetto diverso dalla SARS-CoV-2 in un modo specifico. Nella SARS-CoV-2 la S proteina superficie (speak protein) della particella virale ha un dominio legante del recettore (RBD) che è in grado di aderire a una particolare molecola della superficie delle cellule umane infettate dal virus. La RBD nei coronavirus dei pipistrelli non è la stessa.

Uno studio recente suggerisce che la SARS-CoV-2 è il prodotto della ricombinazione genomica naturale. Coronavirus diversi che infettano lo stesso ospite sono più che felici di scambiare pezzi di genoma. Se un virus pipistrello simile al RaTG13 entrasse in un animale già infettato da un coronavirus con una RBD più adatta a infettare l’uomo, potrebbe benissimo nascere un virus d’origine pipistrello con una RBD più antropomorfa. Questo è l’aspetto della SARS-CoV-2.

Un esemplare di zibetto in un mercato cinese della fauna selvatica. Lo zibetto è stato individuato come l’ospite intermedio della SARS classica

L’ospite intermedio

All’inizio, si è pensato che l’ospite intermedio fosse, con ogni probabilità, una specie animale venduta nel mercato del pesce della fauna selvatica di Huanan nella città di Wuhan. Un luogo dove ogni sorta di creature, dai cani procione ai furetti, sono stipate insieme in condizioni aberranti. Molti dei primi casi umani di Covid-19 sono stati associati a questo mercato.

Jonathan Epstein, vicepresidente scientifico della EcoHealth Alliance, una ONG, dice che su 585 tamponi effettuati su diverse superfici in giro per il mercato, circa 33 sono risultati positivi alla SARS-CoV-2. Provenivano tutti dalla zona adibita alla vendita di animali selvatici. Questo è, più o meno, il massimo delle prove indiziarie che attualmente si possiede.

Il primo animale a essere seriamente sospettato è stato il pangolino. Un coronavirus trovato nei pangolini ha una RBD essenzialmente identica a quella della SARS-CoV-2. Questa similarità suggerisce che potrebbe essere stato questo virus ricombinato con il virus pipistrello a portare la SARS-CoV-2. I pangolini sono utilizzati nella medicina tradizionale e, sebbene siano una specie in via di estinzione, si possono anche trovare nell’alimentazione delle famiglie e nei menu dei ristoranti. A quanto pare, non ci sono rilevazioni del commercio di pangolini al mercato di Huanan. Ma dato che tale traffico è illegale, e che tali rilevazioni sembrerebbero al momento piuttosto imbarazzanti, non ci sono prove a suffragio di questa pista.

L’ipotesi che i pangolini siano stati individuati come ospiti dei virus dai quali la SARS-CoV-2 potrebbe aver raccolto la sua RBD compatibile con l’uomo, è certamente suggestiva. Ma anche una serie di altri animali potrebbero ospitare tali virus; è solo che gli scienziati non hanno ancora esaminato tutti i possibili casi. La RBD nella SARS-CoV-2 è adatta non solo per attaccare le cellule degli esseri umani e, presumibilmente, anche dei pangolini. Fornisce l’accesso a cellule simili anche in altre specie. Nelle ultime settimane è stato dimostrato che la SARS-CoV-2 ha trovato la sua strada dall’uomo al gatto domestico, al visone d’allevamento e alla tigre. Ci sono prove che può effettivamente passare da un gatto all’altro, il che lo rende sospettabile come intermediario, anche se non c’è ancora alcuna prova che un gatto possa aver infettato un essere umano.

L’ipotesi del mercato della fauna selvatica come sito originario delle infezioni umane dietro l’epidemia di Wuhan rimane forte; un mercato nel Guangdong è stato incolpato della diffusione della SARS classica. Senza un intermediario conosciuto, tuttavia, le prove su di esso rimangono circostanziali. Anche se molti dei primi casi umani sono stati associati al mercato, molti contagiati non fanno riferimento a quel mercato. Potrebbero esserci stati dei collegamenti a persone legate al mercato in modi che, però, non sono ancora noti. Non c’è ancora alcuna certezza al riguardo.

Un esemplare di pangolino in un mercato cinese della fauna selvatica. Il pamgolino è il maggiore sospettato come l’ospite intermedio della SARS-CoV-2.

Dove tutto è cominciato

I genomi virali che si trovano nei primi pazienti sono così simili da suggerire fortemente che il virus è passato dal suo ospite intermedio alle persone in una sola volta. Le valutazioni basate sul tasso di divergenza dei genomi fanno risalire l’inizio del periodo trasferimento ai primi di ottobre del 2019. Se questa stima è corretta, quasi certamente ci sono state infezioni non gravi di pazienti — che non hanno raggiunto gli ospedali o che non sono state riconosciute come strane — prima dei casi ufficiali di Wuhan all’inizio di dicembre. Questi primissimi casi possono essere verificati anche altrove.

Ian Lipkin, il capo del Centre for Infection and Immunity della Columbia University a New York, sta lavorando con ricercatori cinesi per analizzare campioni di sangue prelevati alla fine dell’anno scorso da pazienti affetti da polmonite in tutta la Cina, per vedere se ci sono prove che il virus si sia diffuso a Wuhan o da qualche altra parte. Se ci sono, allora potrebbe essere entrato nel mercato Huanan non in una gabbia, ma su due gambe. Il mercato è tanto popolare tra i visitatori quanto tra la gente del posto, ed è vicino alla stazione ferroviaria di Hankou, un centro nevralgico della rete ferroviaria cinese ad alta velocità.

Ulteriori ricerche potrebbero rendere più chiaro quando, dove e come il virus sia passato alle persone. C’è spazio per una caccia al virus molto ampia in una vasta gamma di possibili specie intermedie. Se fosse possibile condurre interviste dettagliate con i primi casi di Covid-19, il campionamento genetico potrebbe essere più mirato, dice il dottor Embarek e, con un po’ di fortuna, si potrebbe arrivare alla fonte. Ma il tempo per farlo, aggiunge, “potrebbe essere poco o potrebbe essere veramente tanto”.

Se si scopre che ha avuto origine altrove, l’identificazione precoce del nuovo virus a Wuhan potrebbe essere dovuta alla concentrazione di know-how virologico della città, che lavora sul sequenziamento di più virus da molteplici fonti. Ma fino a quando non si avrà un resoconto soddisfacente di una sua accertata ricaduta naturale, la concentrazione di know-how presso il WIV e un altro centro di ricerca locale, il Wuhan Centre for Disease Control and Prevention, continuerà ad alimentare sospetti.

L’origine da laboratorio

Nel 2017 il WIV ha aperto in Cina il primo laboratorio di biosicurezza di livello 4 (BSL-4), una sorta di struttura ad alto contenimento dove si lavora sui patogeni più pericolosi. Gran parte della ricerca post-SARS della dottoressa Shi ha mirato a comprendere il potenziale di trasmissibilità alla popolazione umana dei virus ancora presenti nei pipistrelli. In un esperimento lei e Ge Xingyi — un’altra ricercatrice della WIV — in collaborazione con scienziati americani e italiani, hanno esplorato il potenziale di malattia di un coronavirus dei pipistrelli, il SHC014-CoV, ricombinando il suo genoma con quello di un coronavirus infettante dei topi. La newsletter della WIV del novembre 2015 ha riportato che il virus risultante potrebbe “replicarsi in modo efficiente nelle cellule primarie delle vie aeree umane e raggiungere titoli vitro equivalenti ai ceppi epidemici di SARS-CoV”. All’inizio di aprile 2020 questa newsletter, così come tutte le altre, è stata rimossa dal sito web dell’istituto.

Questo lavoro, i cui risultati sono stati pubblicati anche su “Nature Medicine”, ha dimostrato che il salto della SARS-CoV dai pipistrelli all’uomo non è stato un caso fortuito; altri coronavirus di pipistrelli erano capaci di una cosa simile. Utile da sapere. Ma dare agli agenti patogeni e ai potenziali agenti patogeni poteri extra per capire di cosa possono essere capaci è un’impresa che può fare nascere molte discussioni e perplessità.

Questi esperimenti di “guadagno di funzione” (gain-of-function), affermano i loro sostenitori, possono avere risvolti importanti nella comprensione della resistenza dei virus ai farmaci e per acclarare i trucchi che i virus usano per eludere il sistema immunitario. In ciò ci sono anche dei rischi evidenti: le tecniche a cui si affidano potrebbero essere oggetto di abuso; ci potrebbero essere delle dispersioni nell’ambiente. Nel 2011 la creazione di un ceppo potenziato di influenza aviaria, nel tentativo di comprendere la particolare virulenza del ceppo influenzale responsabile della pandemia del 1918–1919, ha causato un allarme generalizzato. L’America ha smesso di finanziare il lavoro di gain-of-function da diversi anni.

Filippa Lentzos, che studia biomedicina e sicurezza al King’s College di Londra, afferma che la possibilità che la SARS-CoV-2 abbia un’origine legata alla ricerca ufficiale è ampiamente presa in considerazione nel mondo della biosicurezza. Le possibili supposizioni si soffermano su una fuga di materiale da un laboratorio e anche sull’infezione accidentale di un essere umano nel corso del lavoro, sia in laboratorio che sul campo.

Le falle da laboratorio, compresi i laboratori BSL-4, non sono una cosa nuova. L’ultimo caso conosciuto al mondo di vaiolo è stato causato dalla falla in un laboratorio britannico nel 1978. Un’epidemia di afta epizootica nel 2007 ha avuto un’origine simile. In America ci sono stati rilasci accidentali e incurie che riguardano l’Ebola e, da un laboratorio di livello inferiore, è uscito un ceppo mortale di influenza aviaria. In Cina gli operatori dei laboratori sembrano essere stati infettati dalla SARS e sospettati di averla trasmessa attraverso contatti esterni in almeno due occasioni.

Ecco come potrebbe essere successo

Senza dubbio qualcosa fuoriesce dai laboratori che lavorano con modesti livelli di biosicurezza. Ma a quale di questi livelli lavorino i laboratori non è dato saperlo, perché in genere non si dà molta considerazione a questo aspetto. E, come in molte sfaccettature della storia del coronavirus, l’ignoto diventa una stanza di risonanza per le speculazioni. Questo stato d’animo potrebbe spiegare l’interesse per uno dei laboratori del Wuhan Centre for Disease Control and Prevention.

Un documento preparatorio pubblicato da due scienziati cinesi su ResearchGate, un sito web, e successivamente rimosso, ha dato l’imbeccata alle illazioni che il lavoro svolto in quel luogo potrebbe essere la fonte che si sta cercando. Si dice che, per uno studio, questo laboratorio abbia ospitato animali — tra cui centinaia di pipistrelli delle province di Hubei e Zhejiang — da cui raccogliere agenti patogeni.

Richard Pilch, che lavora sulla questione della non proliferazione delle armi chimiche e biologiche presso il Middlebury Institute of International Studies, in California, sostiene che c’è una caratteristica del nuovo virus che potrebbe far supporre una sua origine durante gli “esperimenti di trasmissione”.

Durante tali esperimenti gli agenti patogeni vengono passati da un ospite all’altro in modo da studiare il loro sviluppo. Questo potrebbe essere il “sito di scissione polibasico”, dal quale potrebbe essersi sviluppata l’infettività. SARS-CoV-2 ha un tale sito sulla S-proteina di superficie (spike protein). I suoi parenti più stretti tra i coronavirus dei pipistrelli hanno questa peculiarità. Ma anche se un tale sito di scissione potrebbe essere sorto attraverso il passaggio dalla cellula di un ospite a quella di un altro, non ci sono prove che, in questo caso, sia davvero successo.

Potrebbe anche essersi evoluto in modo normale, passando da un ospite all’altro. Il dottor Holmes ha anche detto che non c’è “nessuna prova che la SARS-CoV-2 sia nata in un laboratorio a Wuhan, in Cina”. Anche se molti hanno speculato sulle coincidenze e sulle possibilità, nessuno è stato in grado, finora, di provare seriamente questa provenienza.

Collaborare contro i rischi

Molti scienziati pensano che con tanti biologi a caccia di virus dei pipistrelli, e con il lavoro di gain-of-function sempre più diffuso, il mondo corre il rischio di una pandemia originata da un laboratorio. “Una delle mie più grandi speranze, dopo questa pandemia, è quella di affrontare questo problema che mi preoccupa molto”, dice il dottor Pilch. “Oggi ci sono circa 70 siti BSL-4 in 30 paesi. Sono previste altre strutture di questo tipo”.

In questo caso, però, bisogna anche considerare l’ignoto. Ogni anno ci sono decine di migliaia di casi mortali di malattie respiratorie in tutto il mondo, la cui causa è misteriosa. Alcune di esse possono essere il risultato di zoonosi non riconosciute. La questione di sapere se lo sono davvero, e come queste minacce possano presentarsi, richiede molta attenzione.

Questa attenzione ha bisogno di laboratori. Ha anche bisogno di un alto grado di fattiva cooperazione. Ma oggi l’America sta minando questa opzione con accuse alla Cina e riduzioni dei finanziamenti. La Cina, dal canto suo, ha deciso di sopprimere alla fonte la questione dell’origine del virus. Questa decisione, che non fa nulla per aiutare il Paese — anzi, dà argomenti alla speculazione — potrebbe seriamente danneggiarla.

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Mario Mancini
Mario Mancini

Written by Mario Mancini

Laureatosi in storia a Firenze nel 1977, è entrato nell’editoria dopo essersi imbattuto in un computer Mac nel 1984. Pensò: Apple cambierà tutto. Così è stato.

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