Steve Jobs parla di etica, status e denaro
Intervista a Newsweek dell’autunno 1984
Ecco il testo integrale dell’intervista in traduzione italiana. L’originale è qui.
N.W. Il business dei computer è così spietato come sembra?
S.J. Non fino a quel punto. Per me la situazione è come un fiume. Quando il fiume scorre rapidamente, non ci sono molti ristagni di muschio e di alghe, ma quando il fiume rallenta la sua corsa e diventa acquitrinoso, vi crescono molte erbacce e le acque s’intorpidiscono. Vedo la natura spietata dell’industria del computer in questo modo. In questo momento la nostra attività si sta muovendo molto rapidamente. L’acqua è piuttosto limpida e non c’è molta brutalità. C’è invece molto spazio per l’innovazione.
N.W. Ti consideri un astronauta, il nuovo eroe americano?
S.J. No, no, no. Sono solo un ragazzo che probabilmente avrebbe potuto essere un poeta con un po’ di talento nel Quartiere latino. Sono andato un po’ fuoristrada. I ragazzi della corsa allo spazio, gli astronauti, erano dei tecnici. John Glenn non ha mai letto Rimbaud, lo sai; ma oggi se parli con alcune persone del settore tecnologico, scopri che le loro idee sono molto ben radicate nel pensiero filosofico degli ultimi 100 anni e nella sociologia degli anni ’60.
Sta succedendo qualcosa in questo luogo, è in atto qualcosa che sta cambiando il mondo e questo è l’epicentro. Probabilmente è qualcosa di simile a quello che è successo a Washington durante l’era Kennedy o giù di lì. Oddio, ora inizio a parlare come Gary Hart.
N.W. Ti piace?
S.J. Chi Hart? Non mi dispiace. L’ho incontrato circa un anno fa e l’impressione che ho avuto è stata che non ci fosse molta sostanza.
N.W. Chi vorresti allora come Presidente?
S.J. Non ho mai votato per un candidato alla presidenza. Non ho mai votato in tutta la mia vita.
N.W. Pensi sia ingiusto che le persone della Silicon Valley siano generalmente etichettate come nerd?
S.J. Certo. Penso che sia un’idea antiquata. C’erano persone negli anni ’60 che erano nerd, e ce ne sono state anche nei primi anni ’70, ma ora non è più così. Oggi ci sono delle persone che sarebbero state dei poeti se avessero vissuto negli anni ’60. E guardano al computer come al loro mezzo di espressione e lo preferiscono al linguaggio, all’essere un matematico o allo scrivere teorie sociali.
N.W. Cosa fanno le persone qui per divertirsi? Ho notato che moltissimi di coloro che lavorano per te suonano musica o ne sono estremamente interessati.
S.J. Oh sì. E molti di loro sono anche mancini, qualunque cosa possa significare. Quasi tutti i bravissimi tecnici dei computer che ho conosciuto sono mancini. Non è strano?
N.W. Sei mancino anche tu?
S.J. Sono ambidestro.
N.W. Perché la musica?
S.J. Quando vuoi capire qualcosa che non hai compreso, quello che devi fare è costruire un’impalcatura concettuale. E se stai cercando di progettare un computer, ti immergerai letteralmente nelle migliaia di dettagli necessari che la costruzione dell’impalcatura ti farà scoprire. All’improvviso, quando sarai abbastanza in alto, tutto diventerà sempre più chiaro e sarà allora che avverrà l’epifania. È un’esperienza di tipo ritmico in cui tutto è legato e tutto è intrecciato. Si tratta di un’esperienza così fragile e delicata che è molto simile alla musica. Ma non potresti mai descriverla a nessuno.
N.W. Nel 1977 hai detto che i computer erano risposte in cerca di domande. È ancora così?
S.J. Oggi i computer sono strumenti. Sono dei risponditori: chiedi a un computer di fare qualcosa e lui lo fa. Il prossimo passo saranno i computer “agenti”. In altre parole, sarà come se ci fosse una persona dentro la scatola che inizia ad interpretare e anticipare i tuoi voleri. Invece di aiutarti, inizierà a guidarti attraverso grandi quantità d’informazioni. Sarà quasi come avere un piccolo amico dentro quella scatola. Penso che il computer come agente inizierà a maturare alla fine degli anni ’80 e all’inizio degli anni ’90.
N.W. Una volta hai parlato di desiderare un computer che si sieda nella stanza di un bambino per diventarne il suo compagno di giochi
S.J. Lascia stare il bambino: ne vorrei uno per me! Ho sempre pensato che sarebbe stato meraviglioso avere una scatolina, una sorta di scatola di ardesia da portare con me. L accenderei e direbbe: “Dove sono?” gli direi che è in California e lei direbbe: “Oh, e tu chi sei?”
“Mi chiamo Steven”. “Davvero? Quanti anni hai? “ “Ho 10 anni”. “Che cosa ci facciamo qui?” “Bene, siamo nell’intervallo e dobbiamo tornare in classe”. “Che cos’è la classe?”
Inizierei a insegnarle di me. E lei conserverebbe tutte queste informazioni su di me forse imparerebbe che ogni venerdì pomeriggio mi piace fare qualcosa di speciale e così forse si metterebbe a mia disposizione. A questo punto mi chiederebbe: “Vuoi che faccia qualcosa per te ogni venerdì?”. Gli risponderei “Sì” e in poco tempo diventerebbe un assistente incredibilmente efficiente. Mi accompagnerebbe ovunque andassi. Conoscerebbe la maggior parte delle informazioni di base della mia vita, poi inizierebbe a stabilire connessioni tra le cose e un giorno, quando magari ho18 anni e ti mi sono appena lasciato con la ragazza, mi confortare: “Sai, Steve, è la terza volta che accade”.
N.W. Sei cresciuto in un posto particolare, circondato da un sacco di tecnologia.
S.J. Sì. Il ragazzo della casa accanto ai quella miei genitori stava sviluppando delle ricerche sui pannelli solari. In realtà, ho avuto un’infanzia abbastanza normale. È stato bello crescere qui. Voglio dire, l’aria era molto pulita; era un po’ come essere fuori, in campagna.
N.W. Da ragazzo, eri già consapevole della struttura sociale del luogo dove vivevi, cioè che c’erano molte persone che lavoravano nel settore dei computer e dei microprocessori?
S.J. Hmmm, no. Vedi, nei primi anni ’60, quando avevo tra i 5 e i 10, non esisteva il settore del silicio. C’era l’elettronica, sì. Il silicio, come un elemento distinto da tutta l’elettronica, non si è arrivato fino agli anni ‘70.
N.W. In che modo ha influenzato la cultura di questo luogo?
S.J. Bene, la Silicon Valley si è evoluta nel cuore dell’industria elettronica, che è la seconda industria più grande del mondo e presto sorpasserà l’agricoltura per diventare la più grande attività economica. Quindi la Silicon Valley è destinata a diventare una metropoli tecnologica. Ora ci sono vantaggi e svantaggi. È molto triste, in un certo senso, perché questa Valle in un determinato momento era probabilmente il luogo più prossimo al Giardino dell’Eden. Non ora non lo è più.
N.W. Perché?
S.J. Perché adesso c’è troppo cemento e asfalto.
N.W. Ha qualcosa a che fare con la natura del business? Molte persone hanno capito che qui avrebbero potuto arricchirsi velocemente?
S.J. Prima di tutto, le cose accadono in modo incrementale, o no? Non accadono tutte in una volta. Ma la gente non ha avviato una società solo per guadagnare soldi. Voglio dire, ha avviato un’attività anche in modo romantico. Non solo per soldi. Nessuno direbbe: “Wow, lunedì prossimo io e il mio amico avvieremo una società in modo da poter fare un sacco di soldi”.
N.W. Certo, ma pensi che saresti la stessa persona oggi se la tua ricchezza totale fosse solo un furgoncino Volkswagen?
S.J. Ovviamente no. Questa è una domanda che non ha senso.
N.W. Quello che sto dicendo è che alcune persone hanno avviato un’azienda perché erano affascinate dalla tecnologia e molte altre l’hanno avviato perché pensavano di poter fare dei soldi.
S.J. Non quelli, però, che sono diventati davvero fantastici.
N.W. Allora cosa è, se non è il denaro, a definisce l’ordine gerarchico là fuori?
S.J. È una combinazione tra l’aver aperto la strada a qualcosa di significativo e l’aver costruito un’organizzazione che funziona. Avviare la società giusta, è molto importante. In altre parole, anche se alcune persone hanno creato dei buoni prodotti, ma la loro azienda è percepita come un negozio di articoli da regalo o una porta girevole, ciò non può considerarsi un grande risultato. Ricordi i modelli di ruolo che erano Hewlett e Packard. La loro missione è stata quella di costruire un’azienda. Nessuno ricorda più il primo misuratore di frequenza, il primo oscillatore audio, questo o quel singolo prodotto. Oggi realizzano così tanti prodotti che nessuno di essi simboleggia realmente l’azienda, ma ciò che simboleggia Hewlett-Packard è un atteggiamento rivoluzionario nei confronti delle persone, la convinzione che le persone dovrebbero essere trattate in modo equo, che la differenza tra lavoro e gestione dovrebbe scomparire. Hanno costruito un’azienda e hanno portato avanti questa filosofia per 35 o 40 anni ed è per questo che sono degli eroi. Hewlett e Packard iniziarono quella che poi divenne la Valle.
N.W. Quale know-how pensi ti abbia permesso di avere successo?
S.J. Beh, probabilmente c’erano molti ragazzi seduti in un garage che pensavano: “Dai, facciamo un computer”. Perché ci siamo riusciti noi? Penso che siamo stati molto bravi in quello che abbiamo fatto e ci siamo circondati di persone molto belle. Vedi, una delle cose importanti è che abbiamo iniziato con una prospettiva molto idealistica: fare qualcosa con la massima qualità, farlo bene la prima volta, perché farlo bene subito è molto più economico che farlo bene dopo. Erano idee del genere quelle hanno fatto la differenza.
N.W. Puoi essere più specifico?
S.J. No, perché così è già specifico. Sono sensazioni generali sulle cose, senza alcuna esperienza per realizzarle.
N.W. Non si basano, diciamo, su una considerazione del tipo “Accidenti, guardiamo alla Hewlett-Packard”?
S.J. No, no, no. Abbiamo avuto la nostra visione. Abbiamo iniziato a gestire l’azienda a modo nostro e si è scoperto che le cose che stavamo facendo funzionavano. Non abbiamo mai perso di vista il modo in cui il nostro idealismo potesse tradursi in risultati tangibili tali da essere accettati anche in ambiti più tradizionali.
N.W. Sembra che tu abbia impostato l’immagine di Apple come l’ultima crociata contro l’ibiemmizzazione del mondo.
S.J. Sai, non è proprio così. Se si fermasse la tecnologia ad oggi, sarebbe come se l’automobile si fosse fermata al 1915: non avresti trasmissione automatica, non avresti il motorino elettrico ecc. Nessun vuol vedere IBM che congela gli standard, ma il rovescio della medaglia è che questo settore è maturato più rapidamente di qualsiasi altro settore nella storia del business e ci sono delle cose che solo le imprese con un giro d’affari di miliardi di dollari possono fare. Ad esempio, Apple spenderà quest’anno 100 milioni di dollari in ricerca e sviluppo e ne spenderà altri 100 in pubblicità. IBM spenderà queste cifre solo per promuovere il personal computer. E se IBM e Apple investono bene quei soldi, sarà molto difficile per società da10 milioni di dollari o anche quelle da 100 milioni tenere il passo.
N.W. C’è qualche azienda oltre a Apple e IBM che potrebbe tenere il passo?
S.J. AT&T ovviamente potrebbe decidere di investire 200 milioni di dollari. La General Electric potrebbe investirne altrettanti. La domanda è: si prenderanno il rischio? Vedono una prospettiva? Hanno la passione di innovare?
N.W. Là fuori ci sono ingorghi già dalle sette e mezzo del mattino, anche se le persone nella Valle hanno la reputazione di essere rilassate …
S.J. Certo, la gente lavora molto duramente qui. E penso che si debba distinguere tra un maniaco del lavoro e qualcuno che ama il suo lavoro e vuole lavorare perché ne ricava soddisfazione e divertimento. L’esempio perfetto sono gli sviluppatori di software. Non si fanno vivi prima di mezzogiorno ma lavorano fino alle due del mattino. E a loro piace così.
N.W. Non ti alzi mai al mattino chiedendoti: “Non c’è alcun ragione per lavorare un giorno in più. Ho fatto abbastanza soldi per divertirmi e adesso posso fare tutto quello che voglio …”?
S.J. Beh sì, suppongo che alcune persone lo pensino davvero. Ma la domanda non tiene conto dei motivi per cui le persone lavorano in questo luogo. Il denaro pesa il 25 percento, al massimo. Il viaggio è la ricompensa. Non si tratta soltanto della realizzazione di qualcosa di incredibile. È proprio il creare qualcosa di incredibile, giorno dopo giorno, avere la possibilità di partecipare a qualcosa di veramente eccezionale. Voglio dire, questa è la sensazione che proviamo. Penso che tutti i membri del team Mac avrebbero pagato di tasca propria per venire a lavorare tutti i giorni.
N.W. Non lo dico malignamente, ma è una cosa molto facile da dire per qualcuno che possiede 6,9 milioni di azioni di Apple.
S.J. Allora vai a chiederlo direttamente a loro. Sai in quanti posti Burrell [Smith Burrell, il progettista dell’hardware del Mac] e Andy [Hertzfeld, il progettista del sistema operativo] potrebbero andare già domani se solo lo volessero? Certo, hanno molti soldi e potrebbero andare a lavorare ovunque se lo volessero.
N.W. Ma c’è un ragazzo come Andy che spende non so quante migliaia di dollari per rinnovare la cucina, e non ci cucina mai un pasto!
S.J. E allora? Qual e il punto?
N.W. Sto parlando della qualità della vita. Una delle cose che mi colpisce della Silicon Valley è che nessuno sembra fare niente di differente da lavorare.
S.J. Molte persone probabilmente penseranno che questo è sbagliato, ma c’è un buon numero di gente che avrebbero pagato non so cosa per il lavoro più umile nel Progetto Manhattan a Los Alamos e per guardare quelle persone brillanti lavorare insieme.
N.W. Ci sono anche molte persone che vogliono entrare nei Marines.
S.J. No! Ciò che voglio dire che ci sono momenti decisivi nella storia e far parte di quei momenti è un’esperienza incredibile. In altre parole, ci sono cose più importanti da fare che cucinare nella tua cucina da migliaia di dollari.
N.W. Sto semplicemente suggerendo che esiste una relazione molto interessante in questa Valle tra lavoro, denaro e vita personale.
S.J. Beh, non so cosa sia davvero questa Valle. Io lavoro alla Apple. Ci passo molte ore al giorno e non visito tanti altri posti; non sono un esperto di Silicon Valley. Quello che vedo è che c’è un piccolo gruppo di persone che sono artisti e si preoccupa più della propria arte che di qualsiasi altra cosa. È più importante che trovare una ragazza, è più importante … che cucinare un pasto, è più importante che unirsi ai Marines, è più importante di qualunque altra cosa. Guarda come lavorano gli artisti. In genere non sono le persone più “equilibrate” del mondo. Ora, sì, abbiamo alcuni maniaci del lavoro qui che rifuggono da fare altre cose. È successo però la maggior parte delle persone che lavorano hanno preso decisioni molto consapevoli; lo hanno fatto davvero.
N.W. Quanto velocemente sei diventato milionario?
S.J. Quando avevo 23 anni, avevo un patrimonio netto di oltre un milione di dollari. A 24 anni superava i 10 milioni e a 25 era oltre 100 milioni.
In che modo ciò ha influito sulla qualità dei tuoi impegni?
I mie impegni? Non è cambiato nulla, perché non ci penso molto. Non ho mai incontrato delle persone che pensano molto a quelle cose.
N.W. A volte deve essere appassionante per te pensare che 10 anni fa eri sul Gange e ora gestisci una società da miliardi di dollari.
S.J. Sì, bene, ok. Cosa vuoi che dica? Dammi tu delle risposte plausibili, e io ne sceglierò una.
N.W. Bene, penso che ci siano un numero infinito di risposte. Sto semplicemente suggerendo che sia qualcosa in qualche modo collegato al fatto che Andy Hertzfeld non cucina mai un pasto nella sua costosa cucina.
S.J. Non so quale collegamento tu ci veda. Andy e io abbiamo più o meno la stessa età, giusto? Ci sono un sacco di cose che nessuno di noi ha mai fatto prima: nessuno di noi è mai stato sposato; nessuno di noi è tornato a casa alle 5 del pomeriggio per andare in piscina. Voglio dire, ci sono un sacco di cose in comune. E abbiamo scelto, almeno in parte, di dedicare un gran numero di ore e una grande quantità della nostra energia in un modo diverso, facendo un computer. Ora anche altre persone hanno fatto queste scelte. Mettono la loro energia per fare una famiglia, che penso sia una scelta meravigliosa — mi piacerebbe metterla su anche a me — o investono la loro energia nella carriera o nel fare questo o quello. Negli ultimi due anni abbiamo impiegato le nostre energie per costruire il Macintosh, che pensavamo potesse fare la differenza per un gruppo di persone che non avremmo mai conosciuto. Quando entreremo in una scuola e vedremo 50 Macintosh, allora mi sentirò davvero bene.
N.W. All’avvio di Apple, le persone erano consapevoli delle stock option?
S.J. Oh certo. Bene, non tanto quanto lo sono ora. Apple è stata la prima azienda a offrire stock option a quasi tutti i dipendenti, tutti gli ingegneri, tutti i professionisti del marketing di medio livello e così via.
N.W. Mi sembra, però, che pochissime persone vadano all’incasso delle proprie fiches.
S.J. Alcuni lo fanno e altri no. Una delle tendenze che ho osservato è che una volta che le cose sembrano un po’stabili, una volta che l’azienda ha superato alcuni ostacoli critici, alcuni decidono di vendere un po’ delle loro azioni per acquistare una casa o fare qualcosa che potrebbe non significare tanto per loro, ma molto, diciamo, per il loro partner o per la loro famiglia, che non hanno visto abbastanza negli ultimi anni. Vorranno fare qualcosa per dire: “Ehi, sai, quello su cui ho lavorato è stato davvero importante, ne è valsa davvero la pena e oltre al mio amore, adesso la famiglia ha qualcosa di più”.
N.W. Un sacco di analisti e venture capitalist con cui ho parlato pensano che tu sia assolutamente pazzo a tenere ancora tutte le azioni Apple che hai. È una questione di orgoglio?
S.J. Bene, ci sono molte cose da considerare. Certamente, un anno fa la roba valeva più del doppio di quella che vale ora. L’anno scorso è diminuita di circa 200 milioni di dollari. Sono l’unica persona che conosco che ha perso un quarto di miliardo di dollari in un anno.
Come ti fa sentire?
S.J. Forma davvero il carattere.