Serie: Incipit dei libri bestseller

Il primo passo di un lungo cammino

Mario Mancini
8 min readJun 23, 2019

Lolita, luce della mia vita, fuoco dei miei lombi. Mio peccato, anima mia.

Incipit di Lolita, romanzo di Vladimir Nabokov

Articoli pubblicati:

La frase d’apertura secondo Stephen King; 2 luglio 2019; 9 minuti

Libri tra 40 e 60 milioni di copie vendute; 23 giugno 2019; 7 minuti

Libri tra 60 e 100 milioni di copie vendute; 2 giugno 2019; 7 minuti

Libri con più di 100 milioni di copie vendute; 25 maggio 2019; 3 minuti

Apriti Sesamo

L’inizio di un romanzo o di un libro rappresenta il primo biglietto da visita porto prima a un editore, perché lo possa pubblicare, e poi a un lettore, perché lo possa acquistare e quindi leggere. Quest’ultima è senz’altro l’azione più importante per l’autore. L’incipit deve essere un “Apriti Sesamo”.

Uno dei più grandi scrittori viventi ha raccontato l’impegno e la sofferenza che scrivere la prima frase di un romanzo gli richiede. Qualche anno fa Stephen King ha scritto in proposito:

Quando sto per iniziare un libro, lo costruisco a letto prima di addormentarmi. Sto lì sdraiato nel buio e penso. Provo a scrivere un paragrafo. Il paragrafo di apertura. Mi ci vogliono mesi o addirittura di anni, sposto le parole e le cancello finché non sono contento di quello che ho. Se riesco a mettere insieme il primo paragrafo come desidero, so che potrò portare a termine il libro.

Forse l’importanza dell’incipit è sopravvalutata. Ci sono libri stupendi che hanno un incipit insulso. Recentemente Skira ha ripubblicato un bel libro veramente, Incipit. 2001 modi per iniziare un romanzo di Giacomo Papi, Federica Presutto, Riccardo Renzi e Antonio F. Stella. Bene, in questo corposo e stimolante lavoro c’è una sezione intitolata «Fahrenheit 451» dove si raccolgono, tra l’altro, gli incipit mediocri sia di libri che sono rimasti tali sia di libri meravigliosi.

Ma l’incipit, oggi, è più una componente del marketing mix che una vera e propria scelta narrativa? Se leggessimo l’incipt di Lolita «… fuoco dei miei lombi» verrebbe da dire entrambe le opzioni. Ma non tutti gli scrittori sono Nabokov o J.K. Rowling che sanno portare queste opzioni allo stato dell’arte, senza sacrificarne nessuna sull’altare dell’altra.

La risposta è dunque entrambe le cose. Per King è la quintessenza di una opzione narrativa. Eco paragona l’incipit all’ouverture di una sinfonia o di un’opera. Quello della Quinta di Beethoven funziona così bene che divenne la sigla di Radio Londra nel periodo bellico. Un incipit che divenne il simbolo del mondo libero.

La tradizione degli incipit

Per altri autori l’approccio all’incipit può essere, però, meno drammatico e più di ordinaria amministrazione. Ecco che cosa scrive Papi nell’introduzione al libro citato, a proposito della tradizione degli incipit:

Quello dell’incipit è un problema moderno, che nasce quando incomincia la lotta per l’attenzione e i libri si ritrovano a competere tra loro e con altri mezzi. Prima del Settecento un libro non aveva rivali e, dunque, non aveva bisogno di trucchetti per attirare il lettore. E infatti, fino al Settecento, nessuno dava importanza all’inizio dei libri. Per una convenzione ereditata dagli antichi poemi, i primi romanzi erano in genere preceduti da lunghe dediche al mecenate di turno, invocazioni al lettore, alle Muse o a Nostro Signore, dichiarazioni di intenti, interminabili preamboli che avevano la funzione di chiarire la cornice fantastica, le motivazioni esistenziali e politiche e gli antefatti della vicenda che ci si accingeva a raccontare. Le prime righe erano, insomma, educatissimi inviti al lettore.

Con l’Ottocento le cose cambiano e nello scorso secolo l’incipit diventa l’iscrizione sull’ingresso della porta che immette nell’edificio del racconto. Ecco come Papi spiega questao fenomeno:

La prima sfida per gli scrittori è diventata catturare l’attenzione del lettore e mantenerla fino all’ultima riga, perché ormai i libri sono tanti e sgomitano tra loro. Il mercato è ormai un fattore immanente alla letteratura di cui non si può non tenere conto (nel 1895 i giornali iniziano a pubblicare le classifiche di vendita dei libri). Come per la pubblicità, l’essenziale è incuriosire il lettore e trascinarlo nel desiderio di fare parte di un mondo.

Posso concludere invitando i nostri lettori a mettere le mani e gli occhi su questo bel libro di 600 pagine che raggruppa in modo intelligente e diligente ben 2001 prime frasi di un libro. Di seguito vorrei inoltre proporre ai nostri lettori il testo della Introduzione di Umberto Eco, sperando di poter contribuire a diffondere la conoscenza di questo importante valore.

Chi ben comincia

di Umberto Eco

Il fascino dell’incipit

Come inizino i romanzi è tema che ha affascinato molti. Io negli anni in cui Calvino stava pensando alle sue Lezioni, avevo fatto fare vari esercizi ai miei studenti su questo tema e ho ancora tra le mani una ricerca fatta da due ragazze sugli inizi di cento romanzi italiani.

Gli intenti erano diversi da quelli di questo gradevolissimo e documentatissimo libro che avete sotto gli occhi, il quale non si propone nessun intento «di ricerca», ma esibisce solo una sorta di insaziabile appetito romanzesco (immaginate gli autori a sfogliare migliaia e migliaia di storie per registrarne le aperture, il gusto di riunire poi questi inizi secondo un disegno capriccioso e divertito, individuando filoni, rimandi, ossessioni, vezzi, cadenze). Eppure, dopo che qualcuno ha fatto questa bella e divertente fatica, si potrebbe usare questo libro anche per esercizi più dotti.

Dico subito perché secondo me sono interessanti gli inizi dei romanzi. Anzitutto per ragioni estetiche. Non è detto che chi ben comincia sia a metà dell’opera. È divertente vedere come cadano in questa rete anche alcuni narratori grandissimi, con libri famosi, che poi si sono dimostrati migliori del loro inizio. Però la motivazione estetica è importante, perché un inizio deve prenderti, impedirti di abbandonare quelle pagine. È certo che la Quinta di Beethoven inizia bene, mentre l’Incompiuta di Schubert inizia in sordina, e se hai un giradischi o un mangianastri che funzionano male, non ti accorgi neppure che è incominciata, e potresti essere tentato di lasciare la stanza prima di capire a che cosa ti trovi davanti.

Ci sono inizi irresistibili. Che dire di «Quattro, disse il Giaguaro» di Vargas Uosa? Come sarà il resto? Andate a vedere. D’altra parte, un libro modesto come L’orologio di Carlo Levi ha un inizio che pare una zampata: «La notte, a Roma, par di sentir ruggire i leoni».

Tuttavia non dobbiamo valutare gli inizi solo per la loro bellezza, perché si può cominciare bene e finire male, e viceversa.

Un segnale di narratività

A me gli inizi interessano come segnale di narratività. Di solito noi pensiamo che da un lato i testi ci raccontino delle cose «vere», a cui dobbiamo prestar fede (come accade per gli articoli di giornale o i libri di storia) e dall’altro ci raccontino delle cose immaginarie, a cui dobbiamo far finta di credere (come accade per le favole e i romanzi). Ma un testo ci dice subito, di primo acchito, se sta raccontando una cosa vera o una cosa immaginaria? È certamente vero che, malgrado il titolo, si ritiene fantastica la Storia Vera di Luciano di Samosata che al secondo paragrafo mette subito in chiaro: «Ho presentato con aria di verità e attendibilità bugie di varia specie…», ma di solito le narrazioni romanzesche iniziano accampando pretese di verità, e la stessa cosa fanno anche molti testi storiografici.

Si vedano per esempio questi due inizi:

«lo non devo dar principio a narrare della mia vita, senza far cenno de’ miei buoni genitori, il di cui carattere e amorevolezza influirono sull’educazione mia e sulle disposizioni del mio fisico».

«È strano che io, contrario per mia natura a parlare di me e delle cose mie con i miei amici in un canto del focolare, per la seconda volta nella mia vita prenda a narrare cedendo a un impulso autobiografico».

Ebbene, il primo è l’inizio delle Memorie di Giuseppe Garibaldi, il secondo della Lettera scarlatta di Hawthorne, ma io d’istinto avrei detto che il primo dava l’avvio a un romanzaccio sentimentale e il secondo a una sofferta ricostruzione autobiografica…

È vero che esistono segnali di funzionalità abbastanza espliciti: per esempio l’inizio della narrazione in medias res, l’avvio attraverso un dialogo, la rapida insistenza su una storia individuale anziché generale, e soprattutto immediati segnali di ironia, come per esempio nel caso dell’Uomo senza qualità di Musil (andatevelo a cercare in questa raccolta). Ma insomma, se non intervengono segnali esterni (o, come si dice oggi, elementi di «paratesto») come la menzione «romanzo», o il nome dell’autore, o la precisa caratterizzazione della collana, è talora difficile decidere se ci si trova in un mondo immaginario o in un mondo reale, e come bisogna prepararsi a reagire. Quindi spesso non si decide di entrare in un mondo immaginario, ci si trova dentro, e a un certo punto ci si accorge e si decide che quello che ci accade è un sogno. Certo, come diceva Novalis, «siamo prossimi al risveglio quando sogniamo di sognare», ma non sempre ci accorgiamo che stiamo sognando.

E allora lode agli inizi che ci dicono subito che cosa ci attende. Andate a vedervi, nella sezione «Attacchi a sorpresa», l’inizio di Ma che cos’è quest’amore? di Achille Campanile. Ma è davvero inequivocabilmente romanzesco lo splendido inizio di Comma 22 di Heller (vedetevelo nella sezione «Amore a prima vista»)?

Ah, dimenticavo, con questo libro tra le mani potete fare anche dei giochi di società ovvero dei cosiddetti «Trivia Games». Vince chi sa riconoscere più inizi. Naturalmente è un gioco per persone preparate e con buona memoria. Serve solo a escludere chi non riconosce neppure «Quel ramo del lago di Como».

In ogni caso, la lettura di questo libro può costituire un buon esercizio per educare il gusto, per riconoscere i colpi di stile, le idee felici. Per giustificare chi non ce l’ha fatta al primo colpo, eppure ha un nome celebre (e giustamente). Questo libro serve a molte cose.

Tratto da: Introduzione di Umberto Eco, in Incipit. 2001 modi per iniziare un romanzo di Giacomo Papi, Federica Presutto, Riccardo Renzi e Antonio F. Stella, Skira, 2018, pp. 11–13.

Presentazione

Come si inizia un romanzo? Quali sono gli incipit più famosi della letteratura di tutti i tempi? Un libro da leggere, consultare, con cui giocare, che ci rivela particolari insospettabili sugli autori e i romanzi che più abbiamo amato. Sono stati raccolti gli inizi di oltre duemila celebri libri, classificati secondo generi, vizi, virtù, epoche e paesi. A leggerli, ora, sembra tutto facile, liscio come l’olio. Eppure sappiamo quanto sia duro e difficile cominciare un romanzo, posare la prima pietra di un’opera letteraria. Questo è un libro dei libri, la dimostrazione che all’inizio c’è davvero la parola e che dopo la parola (grazie alla parola) segue poi il resto. L’introduzione al libro è di Umberto Eco.

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Mario Mancini
Mario Mancini

Written by Mario Mancini

Laureatosi in storia a Firenze nel 1977, è entrato nell’editoria dopo essersi imbattuto in un computer Mac nel 1984. Pensò: Apple cambierà tutto. Così è stato.

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