Schauble e il nome della rosa

di Paolo Marcucci

Mario Mancini
10 min readJul 17, 2021

Vai al magazine“La Tavola dei pensieri”
Vai agli altri articoli della serie “La nuova economia”
Vai agli altri articoli della serie “Tendenze attuali

Wolfgang Schauble e Jorge da Burgos

Per ogni battaglia ci vuole un nome

Che nome possiamo dare alla battaglia ideologica che, da qualche tempo, infiamma le distese e le terre europee? Una battaglia, senza esclusione di colpi, che vede schierati cavalieri armati e decisi a difendere la propria parte e che, allo stesso tempo, guarda preoccupata a ciò che le loro convinzioni ideali stanno mettendo in campo negli altri due imperi di Oriente e Occidente, cioè la Cina e l’America.

La battaglia parte da visioni economiche, politiche e sociali diverse, pur giocando tutte nel recinto del capitalismo liberale, ed è appassionante perché oltre al modello economico a cui ispirarsi, ci sono in ballo anche i rapporti di forza tra Paesi all’interno dell’Europa, che, a loro volta, stanno cambiando sotto la spinta, inaspettata, delle conseguenze della pandemia e dei suoi effetti subiti e malamente tollerati.

Giocando un po’, la querelle a me ha ricordato la trama del capolavoro di Umberto Eco, Il nome della Rosa, dove attraverso i protagonisti si legge la realtà in livelli diversi, comparando la dottrina teologica al pareggio di bilancio, il concetto del riso all’inflazione e, naturalmente, i delitti all’aumento del debito dei vari paesi. Così, sempre giocando si possono accostare Wolfgang Schauble a Jorge da Burgos, e Jens Weidmann a Malachia[1] il bibliotecario. Lasciando a Mario Draghi l’accostamento a Guglielmo da Baskerville?

Estratti da una schermaglia

Per chi ama il genere, i giornali e i media sono una fonte magnifica e interessante da usare, innanzitutto per le cronache riportate e anche per le sfumature delle diverse linee editoriali che traspaiono dagli articoli. Nel corso del 2021 si è avuta un’accelerazione, di questa contesa intellettuale e di potere, di cui è interessante fare un piccolo resoconto dell’ultimo periodo.

Su “Il Sole24 Ore” del 14 maggio esce l’articolo di Wolfgang Schauble dal titolo, che è già un programma, La disciplina di bilancio è l’unico vaccino in grado di scongiurare la pandemia del debito. L’ex-minisro scrive:

Dopotutto, anche in una crisi grave come il Covid-19, il denaro non è una panacea, e il prestito ha senso solo se viene effettuato con prudenza e ragionevolezza. Altrimenti, a lungo termine, gli Stati perderanno la loro flessibilità finanziaria…
In questo contesto, il ruolo delle banche centrali non dovrebbe essere immune da critiche. I crescenti acquisti di titoli sovrani sul mercato secondario da parte delle banche centrali stanno aumentando l’offerta di moneta e innalzando il rischio di inflazione…
Ogni Paese deve lavorare su se stesso e sforzarsi di mantenere la disciplina di bilancio. La solidarietà finanziaria è e rimarrà una condizione fondamentale per investimenti sostenibili in istruzione, ricerca e innovazione, senza le quali la nostra prosperità non può essere salvaguardata. Ma una cosa è chiara: lasciati a se stessi, è sin troppo facile che i membri di una confederazione di Stati come la zona euro siano tentati di contrarre debiti a spese della comunità. Senza pressioni esterne, è pressoché impossibile realizzare bilanci equilibrati nei Paesi ad alto debito.

Il 10 giugno su “Milano Finanza” (MF) l’articolo di Francesco Ninfole che titola La UE stoppa la Corte tedesca che si riferisce al famoso pronunciamento della Corte tedesca che definì «ultra vires», cioè fuori mandato, il comportamento di acquisti della Bce. L’articolo ha come sommario: “Via alla procedura di infrazione per violazione del diritto dell’unione contro la sentenza di Karlsruhe sul Qe della Bce di Draghi. Bruxelles vuole evitare così un grave precedente”. Ninfole scrive:

La Germania non può utilizzare il diritto europeo come un menu à la carte nel quale scegliere i provvedimenti preferiti e bocciare quelli sgraditi. È questo il principio evidenziato ieri dalla Commissione UE, che ha deciso di inviare una lettera al governo tedesco con l’apertura di una procedura di infrazione. Il motivo è legato alla sentenza della Corte Costituzione tedesca che nel maggio 2020 era intervenuta sul Quantitative easing della Bce varato sotto la presidenza di Mario Draghi.”

Il 30 giugno sempre su MF l’articolo di Roberto Sommella dal titolo: La UE: tutti i debiti si pagano con il sommario “In Italia la mole dell’esposizione pubblica è già cresciuta oltre il 160% del pil. La sterilizzazione di quello contratto durante la pandemia è da escludere, conferma Bruxelles. Doccia fredda sull’ipotesi avanzata da Sassoli. La cautela della Commissione: serve solo la crescita”. Sommella si esprime in questo modo:

Sarà un’impresa ardua se non impossibile avviare un dibattito in Europa che porti alla sterilizzazione del debito pandemico. Dopo le prese di posizione della Banca Centrale Europea e del Commissario agli Affari Economici, Paolo Gentiloni, che hanno di fatto bocciato la proposta avanzata a suo tempo dal presidente del Parlamento Europeo, David Sassoli, arriva in via riservata una doccia fredda finale che renderà ancora più complicato il cammino di rientro dell’Italia dal suo maxi indebitamento.

Sempre il 30 giugno su “Italia Oggi” arriva il perentorio articolo di Tino Oldani dal titolo Il programma elettorale della Cdu-Csu tedesca pretende il ritorno rapido all’austerità Ue: Italia nel mirino dei falchi.

In Europa la normalità post pandemia si sta rivelando tutt’altra cosa: i falchi stanno rialzando la testa e pretendono il ritorno all’austerità fiscale, senza se e senza ma. L’Italia, questa volta, è il vero bersaglio da colpire. E chi pensava che il nostro paese, con Mario Draghi a Palazzo Chigi, non solo sarebbe stato al sicuro, ma avrebbe contribuito a cambiare le regole Ue, farebbe bene ad aprire gli occhi. Ancora pochi giorni fa, Draghi ha dichiarato che il patto di stabilità Ue, con le sue vecchie regole sui debiti pubblici (contenimento e rientro), è superato e dovrà essere rivisto. Cosa ovvia, visto che durante la pandemia tutti i paesi Ue hanno aumentato, e di molto, il proprio debito statale. Ma gli avvertimenti di segno contrario sono stati immediati.
La Commissione Ue, nelle recenti raccomandazioni agli Stati membri, sostiene che «l’Italia presenta squilibri eccessivi» per l’alto debito, la scarsa produttività e la fragilità del mercato del lavoro e del settore bancario. Non solo: l’Italia resta un osservato speciale sul debito, insieme a Cipro e Grecia. A ruota, il falco Valdis Dombrovskis, vicepresidente della Commissione Ue, ha detto che «in base alle previsioni di primavera, la clausola di salvaguardia del patto di stabilità resterà in vigore nel 2022, ma non più a partire dal 2023».
E il governatore della banca centrale austriaca, Robert Holzmann, esternando il pensiero dei falchi della Bce, ha aggiunto che gli acquisti dei titoli di Stato da parte della Banca centrale europea potrebbero cessare a partire dal mese di marzo 2022, ponendo fine al Piano di acquisti anti-pandemia di 1,8 trilioni di euro, l’unico strumento rivelatosi salvifico per le economie dei paesi Ue colpiti dalla pandemia.

Nello stesso giorno anche “la Repubblica” pubblica un articolo sul tema a firma di Carlo Bastasin — Il peso di Berlino su Roma — con il sommario “La battaglia sul debito pubblico”. Scrive Bastasin:

A fine gennaio, il ministro Helge Braun, capo della Cancelleria di Berlino, e Cdu vicino ad Angela Merkel, propose di modificare la legge costituzionale tedesca per consentire nei prossimi anni di non applicare la “regola del debito”, un meccanismo automatico di riduzione del debito pubblico, istituito nel 2011, a cui furono subito ispirati il Fiscal Compact e la regola del debito europei. Pochi mesi dopo, il Presidente del Parlamento, Wolfgang Schauble, anch’egli Cdu, ha risposto con un carico di dinamite, denunciando i danni dell’indisciplina, indicando l’Italia come un paese esposto a tentazioni immorali e minacciando l’istituzione di un fondo di ammortamento per il controllo forzato del debito pubblico.

Da luglio torna in ballo un altro mostro dantesco: l’inflazione. Il 6 luglio c’è il bell’articolo di Francesco Ninfole su MF, che parla del ritorno di Weidmann e delle meravigliose tartarughe giganti delle Galapagos. Titola Bce: Germania e Olanda rilanciano il rischio inflazione e con questo sommario “I falchi invitano a non sottovalutare il pericolo di aumento dei prezzi. La Bundesbank boccia il modello Fed sul target medio”. Ecco come Ninfole presenta la questione:

«L’inflazione non è morta». È questo il mantra ripetuto dal governatore della Bundesbank Jens Weidmann e da quello olandese Klaas Knot, due dei membri considerati più «falchi» all’interno del consiglio direttivo Bce. Knot ha aggiunto in un’intervista domenica che «non si dovrebbe sopravvalutare la capacità di determinare ciò che è inflazione temporanea e ciò che non lo è». Weidmann in precedenza, pur ammettendo l’esistenza di fattori temporanei sui prezzi, aveva invitato a non pensare soltanto al pericolo di deflazione e, parlando di inflazione, aveva parlato di «rischi al rialzo» e aveva citato l’esempio delle tartarughe giganti ritrovate alle Galapagos nonostante fossero ritenute scomparse da cento anni.

Giovedì 8 luglio su MF, Francesco Ninfole titola La Bce svolta sull’inflazione con sommario “Accordo storico sulla revisione strategica. La Vigilanza sarà cauta sugli stress test. Il nuovo target sull’aumento dei prezzi sarà simmetrico attorno al 2%. Novità anche su misurazione dei dati e clima.

Accordo storico sulla revisione della strategia Bce, che cambierà per la prima volta dal 2003. È stata decisiva la riunione del consiglio direttivo iniziata martedì. I banchieri centrali hanno trovato l’intesa in anticipo rispetto alle previsioni. Oggi la presidente Christine Lagarde comunicherà le misure. Il punto centrale è che l’obiettivo dell’inflazione sarà indicato con più chiarezza e che la Bce contrasterà l’inflazione sotto il 2% con la stessa intensità di quella sopra la soglia[2].

Il 9 luglio su “La voce”, Tommaso Monacelli, ritorna sul tema dell’inflazione:

In anticipo sulle previsioni, la Banca centrale europea ha rivisto il proprio target di stabilità dei prezzi, fissando un obiettivo di inflazione simmetrico del 2%. Le conseguenze della scelta e le differenze con la strategia messa in atto dalla Fed.
L’obiettivo simmetrico: Nel caso della Bce non c’è alcun impegno formale a compensare periodi di bassa inflazione (sotto il target del 2 per cento) con periodi futuri di alta inflazione (sopra il target). Il vantaggio è che la Bce si tiene le mani libere, ma al costo di gestire la leva delle aspettative in modo più blando. È il risultato di un compromesso con la posizione tedesca, che ha sempre dichiarato contrarietà alla strategia della Fed. Il timore tedesco è che replicare la strategia della Fed renda la politica della Bce troppo accomodante rispetto al rischio di crescita dell’indebitamento pubblico in molti paesi dell’eurozona
.

Jens Weidmann e Malachia

La riflessione di Panerai

In ultimo, la riflessione di Paolo Panerai nel consueto editoriale del sabato su “Milano Finanza”, del 10 luglio:

Philippe Lane, capo economista della Bce molto stimato da Mario Draghi, in questi ultimi giorni aveva dovuto disdire alcuni impegni pubblici che aveva assunto. La presidente Christine Lagarde aveva precettato tutto lo staff della Banca centrale europea convocando un conclave molto importante per analizzare la situazione reale dell’economia della Unione europea. Infatti, la volitiva ex-ministro francese ed ex-presidente del Fondo monetario internazionale doveva fronteggiare, dati alla mano, un nuovo attacco alla politica monetaria accomodante, fatta di intensi acquisti di titoli di stato e privati.
A lanciarlo era stato il presidente della Bundesbank, Jens Weidmann, il quale aveva chiesto pubblicamente alcune settimane fa che la banca avviasse una progressiva riduzione degli acquisti di titoli per sostenere l’economia. Quella di Weidmann è una specie di ossessione per cui i grandi acquisti di titoli europei possano determinare inflazione e che soprattutto determinino alla fine un indebitamento tale per cui vengono coinvolte le riserve tedesche.
C’è un dato che terrorizza i tedeschi della Bundesbank: l’enorme divario che si è creato fra il debito pubblico tedesco, pari al 70% del pil e quello francese che è arrivato al 120% per non parlare del 160% italiano. Questo distacco fra Germania e storicamente l’alleato più importante almeno in economia e in politica monetaria sta diventando per Weidmann una specie di ossessione, che ha avuto riflessi forti sulla Corte costituzionale tedesca, che è arrivata a sentenziare l’obbligo di non acquistare più titoli da parte della Bce. È ancora forte il ricordo della repubblica di Weimar quando l’inflazione raggiunse il 666% all’anno.
In parole più semplici, la correzione di strategia della Bce si attua seguendo il concetto per cui senza un po’ di inflazione la macchina economica non gira. Pur senza arrivare alla scelta Fed di programmare periodi di inflazione più alta. Del resto, i poteri della Fed sono assai maggiori di quelli della Bce, che proprio per imposizione della Germania ha come obbiettivo principe quello del controllo dell’inflazione.

Concetti ribaditi, probabilmente perché ce n’è bisogno, dalla Presidente Bce Christine Lagarde e riportati il 13 luglio 2021 su MF da Francesco Ninfole che titola Bce riscrive la forward guidance con questo sommario “Lo ha dichiarato la presidente Christine Lagarde dopo la revisione strategica. Nel consiglio del 22 luglio Francoforte riformulerà le attese su tassi e acquisti di titoli. Pepp verso un nuovo formato”.

«Data la persistenza, dice la Lagarde, che dobbiamo dimostrare per rispettare il nostro impegno, sarà certamente cambiata la forward guidance». L’articolo prosegue:

Di certo verranno tolti dalla forward guidance i riferimenti a un’inflazione «prossima ma inferiore al 2%», dato che il nuovo obiettivo mira al 2%[3], considerando necessaria un’azione di politica monetaria particolarmente incisiva o persistente per evitare che le deviazioni negative dall’obiettivo di inflazione si radichino.

I prossimi mesi saranno importanti per capire l’epilogo di questo serio, serissimo, divertissement estivo.

Note

[1] Non a caso Malachia da Hildesheim è tedesco. Era voce comune tra i monaci che Malachia non fosse altro che uno sciocco che faceva il cane da guardia all’abbazia senza aver capito nulla. Chiunque avesse bisogno di consigli circa i libri chiedeva a Jorge da Burgos, il monaco anziano riverito per la sua vasta erudizione e per il suo fervore religioso verso l’ortodossia.

[2] Individuando nella precedente, un’idea di controllo errata, questa volta al contrario, come quello della conta automatica delle uova di dinosauro in Jurassic Park di Michael Crichton.

[3] Posizione ratificata dal Consiglio direttivo della Bce del 8 luglio 2021 e reso pubblico il 15/7/2021 con una dichiarazione e un comunicato stampa.

Paolo Marcucci ha svolto tutta la sua esperienza lavorativa nel mondo bancario. È stato relatore a convegni/incontri a carattere economico, docenze a master universitari sul risk management. È stato assessore alla cultura e all’industria del Comune di Montelupo Fiorentino. Da sempre interessato alla storia e all’economia locale, la sua ultima pubblicazione è Storia della Banca Cooperativa di Capraia, Montelupo e Vitolini. Una banca territoriale toscana e l’economia locale al tempo della globalizzazione.

--

--

Mario Mancini

Laureatosi in storia a Firenze nel 1977, è entrato nell’editoria dopo essersi imbattuto in un computer Mac nel 1984. Pensò: Apple cambierà tutto. Così è stato.