Quale pronome possessivo per la mucca?

di Peter Singer

Mario Mancini
5 min readNov 25, 2019

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Un particolare della copertina di tom Heart Mother un album dei Pink Floyd.

Il pronome del New York Times

Un video, pubblicato su molti media, mostra un manzo, scappato dal macello comunale di New York, che trotterella su e giù per una strada trafficata. Per coloro che amano gli animali, la storia ha un lieto fine: il manzo è stato catturato e portato in un santuario, dove trascorrerà il resto della sua vita naturale.

Per me, tuttavia, l’aspetto più interessante della storia è il linguaggio usato dai media per riferirsi all’animale. Il “New York Times” aveva un titolo che diceva: «La mucca che/who è fuggita dai macelli di New York ha trovato un santuario». Saranno felici i sostenitori dei diritti degli animali che lottano da tempo contro la convenzione di usare “chi/who” per le persone e “che/that/which” per gli animali e le cose. Non tutte le lingue hanno questa distinzione, ma in inglese, riferirsi a «la mucca che/that è stata catturata dalla polizia», come fa lo stesso New York Times nella prima riga dell’articolo citato sembra negare la natura umana dell’animale. Tutti noi diremmo «il prigioniero che/who è fuggito» e «la pietra che/that rotolava giù per la collina».

Sarebbe prematuro concludere che l’articolo del “New York Times” indichi un cambiamento nell’utilizzo della lingua. Piuttosto, mostra incertezza, perché la prima riga dell’articolo si riferisce, come abbiamo visto, a «Una mucca che/that è stata catturata dalla polizia».

La lingua fa la differenza

Ho chiesto a Philip Corbett, editor delle norme per il “New York Times”, se l’uso di “mucca chi/who” riflettesse un cambio di politica. Mi ha detto che il manuale in stile del “Times”, come quello della Associated Press (da cui il “Times” ha ripreso il lancio), suggeriva di usare “chi” solo per un animale con un proprio nome o personificato. Il manuale fornisce anche l’esempio «Il cane, che/which si era smarrito, ululava» in contrapposizione a «Adelaide (nome di cane), che/who si era smarrita, ululava».

Corbett ha aggiunto che gli editor del “Times” potrebbero aver fatto riferimento a questi due esempi. La mucca, o meglio il manzo, non aveva un nome al momento della fuga, ma ricevette uno, Freddie, da Mike Stura, il fondatore della nuova casa di Freddie, lo Skylands Animal Sanctuary and Rescue.

Tra i media che hanno coperto la storia, alcuni hanno usato “chi/who” e altri “che/that/which”. Una piccola ricerca su Google mostra un uso misto. “Mucca chi/who” restituisce quasi 400.000 risultati a fronte di quasi 600.000 per “mucca che/that/which”. Se si sostituisce “cane” a “mucca”, i risultati si avvicinano: più di otto milioni per “cane chi” e oltre dieci milioni per “cane che”.

Chi o che?

Questo risultato potrebbe essere dovuto al fatto che la maggior parte delle storie sui cani riguardano gli animali domestici, che, in genere, hanno un nome. Tuttavia, se Google può essere un indicatore di qualcosa, gli scimpanzé, che raramente sono animali domestici, vengono referenziati con “chi” quasi il doppio delle volte in cui vengono referenziati con “che”. La loro somiglianza con noi e la loro innegabile individualità può esserne la ragione. Anche per gorilla e oranghi, “chi” è più comune di “che”.

Google Ngram, che classifica le frequenze di parole o frasi in fonti a stampa in anni diversi, offre un’altra prospettiva interessante. Mentre c’erano più di dieci riferimenti a “mucca che” per ogni riferimento a “mucca chi” nel 1920, nel 2000 il rapporto era sceso a meno di cinque a uno. Sembra che stiamo personificando di più le mucche, nonostante il fatto che molti allevamenti a conduzione familiare, in cui l’agricoltore conosce per nome il proprio animale, siano stati sostituiti da allevamenti industriali che gestiscono migliaia di animali anonimi.

È forse più sorprendente che l’uso di “chi” stia diventando più accettabile anche per gli animali non domestici e che hanno minori probabilità delle grandi scimmie di essere considerati come individui. È difficile collegare il tonno in scatola con un pesce grande e intelligente, figuriamoci pensare a quel pesce come persona, ma lo scrittore Sean Thomason ha recentemente twittato sul «tonno che è morto per essere messo in una scatoletta che è finita in un angolo della mia credenza che ho buttato perché scaduta».

È tempo di riformare il linguaggio sugli animali

Molti movimenti riconoscono che la lingua è importante perché riflette e acuisce le ingiustizie che devono essere riparate. Le femministe hanno fornito prove del fatto che l’uso apparentemente neutrale del genere maschile per includere anche le donne ha l’effetto di rendere le donne invisibili. Sono stati proposti diversi rimedi, il più riuscito dei quali potrebbe essere l’uso del plurale “loro” in contesti come «Le persone raccolsero i loro effetti personali». Anche i termini usati per i membri delle minoranze razziali e per le persone con disabilità sono stati messi in discussione, al punto che è difficile tenere il passo con l’evoluzione della terminologia per queste categorie di persone.

L’uso di “chi” per gli animali si allinea con questi ritocchi al linguaggio. Nella maggior parte dei sistemi legali, oggi, gli animali sono considerati proprietà, proprio come sono i tavoli e le sedie. Possono essere protetti dalla legislazione animalista, ma ciò non è sufficiente per impedire che siano cose, perché anche i monumenti antichi e le bellezze naturali sono protette. L’uso della lingua inglese dovrebbe cambiare per chiarire che gli animali sono fondamentalmente più simili a noi di quanto non siano i tavoli e le sedie, i quadri e le montagne.

La legge sta iniziando a mostrare segni di cambiamento. Nel 1992, la Svizzera è divenuto il primo paese a includere una dichiarazione sulla protezione della dignità degli animali nella sua costituzione; La Germania è seguita dieci anni dopo. Nel 2009, l’Unione europea ha emendato il suo trattato fondamentale per includere una dichiarazione secondo cui, poiché gli animali sono esseri senzienti, l’ue e i suoi stati membri devono prevedere, nel formulare politiche per l’agricoltura, la pesca, la ricerca e molti altri settori, «requisiti di benessere degli animali».

In una lingua come l’inglese, che categorizza implicitamente gli animali come cose piuttosto che come persone, l’adozione del pronome personale “chi” incarnerebbe lo stesso riconoscimento e aiuterebbe a ricordare chi sono realmente gli animali. Sono delle persone.

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Mario Mancini

Laureatosi in storia a Firenze nel 1977, è entrato nell’editoria dopo essersi imbattuto in un computer Mac nel 1984. Pensò: Apple cambierà tutto. Così è stato.