Potere, mistica, inganni e silenzi delle parole
di Paolo Marcucci
Vai al magazine “La Tavola dei pensieri”
Vai agli altri articoli della serie “Scampoli d’arte e di pensiero”
Le parole disegnano il mondo, quando tutto è ordine e calma e anche quando invece è il caos, disordine, e confusione. Le parole sono il nostro strumento, i nostri attrezzi da falegname, i nostri algoritmi di navigazione della rete, sono il mezzo attraverso il quale cerchiamo di dare un verso, una forma, a volte anche il significato, alla realtà che abitiamo, che abbiamo davanti agli occhi.
Ma sappiamo anche che la realtà a volte ci induce in errore, ci inganna, e che quindi non è così come crediamo di vederla: l’arte ci ha dato capolavori[1] giocando proprio su questo labile, sottile e continuo confine. Le parole sono, esse stesse, sfuggenti, oscure, vaghe, manipolabili, ambigue e spesso inafferrabili, ma restano, in fondo, la strada più conosciuta per dare senso ai nostri pensieri.
Le parole del pensiero, della filosofia, dei numeri, dei libri contabili, hanno lo scopo di indirizzare alla comprensione del disegno, dell’ordine delle cose, della razionalità, che attraversa la struttura della vita, dare un senso a quel che sembra non averne, in modo che la ragione e la nostra intelligenza possa intuire e anche comprendere e credere che qualcosa significhi.
La magnifica grandezza della religione ci ha permesso per molto tempo di distinguere nel caos («In principio era il Verbo, il Verbo era presso Dio e il Verbo era Dio”, inizia il vangelo di Giovanni) tra bene e male e che ci fosse un disegno nell’universo. Ma i cattolici erano anche consapevoli della fallacia e del mistero che la narrazione delle parole non sempre riusciva a spiegarne l’ordine delle cose.
Interessante in questo senso, è la concezione cristiana della parola mistica[2], che parte dall’etimo greco e rimanda dunque al chiudere, tacere, e si accoppia, come il matrimonio mistico di Santa Caterina da Siena con Gesù, alla contemplazione di Dio e delle cose spirituali e l’astrazione dalle cose mondane.
Quindi i mistici parlano tacendo e fanno del silenzio (apofatismo[3]) la regola di vita. Tra l’altro, e non per caso, la parola mistica è vicina nell’etimo alla parola mistero (serrare, chiudere le labbra e avvolto nel segreto), che nel Nuovo Testamento ricorre molte volte.
Ma le conseguenze dei concetti vanno spesso oltre i nostri intendimenti e la mistica si avvicina pericolosamente, ma a pensarci bene nemmeno tanto, all’eros nella rappresentazione che ne fa ad esempio il Bernini per Santa Teresa.
Continuando sulle caratteristiche della parola, la sua doppiezza, finzione, ambiguità trovano riscontro, restando in ambito cattolico, rappresentazioni interessanti nell’uso che ne fanno i gesuiti, e nelle conseguenti accuse che ne fecero il teologo Pascal e l’illuminista Voltaire. Quindi sia dall’interno che dall’esterno della Chiesa: si può dire il vero mentre si sta mentendo e si può mentire dicendo il vero.
Pascal nelle Lettres provinciales accusò la casistica (sistema interpretativo), per l’uso di ragionamenti complessi e vuoti allo stesso tempo, che portavano a giustificare la tolleranza morale e la riduzione della responsabilità etica dell’uomo.
Voltaire[4] nel dizionario filosofico alla voce “credere”, dice del loro ateismo di fatto: “Credimi, mio caro lettore: non bisogna credere alla leggera. Ma che cosa dire di coloro che vogliono convincere gli altri di ciò a cui essi stessi non credono?”
Allo stesso tempo la parola ha raccontato da sempre l’uomo della tragedia classica, che ancora oggi descrive bene l’irrazionale e l’assurdo dell’umana condizione, in balia degli dèi un tempo, oggi di dèi tecnologici e economici, che non possiamo governare e interpretare pienamente.
È un inganno la parola della tragedia? Forse si, ma racconta la vita, la nostra, e la capacità del nostro agire nonostante gli errori, del nostro non arrendersi al gioco sporco di queste nuove divinità.
Note
[1] Ad esempio Mantegna, Tiziano, Paolo Veronese e altri nella mostra citata nell’immagine di apertura.
[2] Prima ancora, nel mondo greco, se hanno numerosi esempi anche artistici come Persefone che apre la cesta (λίκνον) mistica (μυστικών) contenente gli oggetti sacri propri dell’iniziazione. Locri, V sec. a.C..
[3] Dal greco ἀπό φημί che significa non dire, che secondo la teologia la comprensione di Dio non può essere spiegate con le parole.
[4] Voltaire su Dio: «Se Dio non esistesse, bisognerebbe inventarlo, ma tutta la natura ci grida che esiste.» (Voltaire, Épître 104 — Épître à l’Auteur du Livre des Trois Imposteurs, v. 22.)
Paolo Marcucci ha svolto tutta la sua esperienza lavorativa nel mondo bancario. È stato relatore a convegni/incontri a carattere economico, docenze a master universitari sul risk management. È stato assessore alla cultura e all’industria del Comune di Montelupo Fiorentino. Da sempre interessato alla storia e all’economia locale, la sua ultima pubblicazione è Storia della Banca Cooperativa di Capraia, Montelupo e Vitolini. Una banca territoriale toscana e l’economia locale al tempo della globalizzazione