Patti del Laterano

(11 febbraio 1929)

Mario Mancini
19 min readMar 30, 2020

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Card. Pietro Gasparri intento a firmare i Patti Lateranensi, l’11 febbraio 1929, accanto a Benito Mussolini. Affresco nel cineteatro “Portico” a Trezzo sull’Adda.

Dopo l’occupazione di Roma e delle residue province dello Stato pontificio nel settembre del 1870, l’atteggiamento della Chiesa assolutamente contrario a qualsiasi inizio di trattativa con lo Stato italiano se non fossero state restituite al papa le terre occupate e, dall’altra parte, l’ovvia impossibilità del regno d’Italia di rinunciare a Roma e di permettere la ricostituzione dello Stato pontificio, consentirono come unica soluzione possibile una legge che creasse le condizioni di una più o meno pacifica convivenza di fatto.

Fu questo il compito storico della legge delle Guarentigie che restò in vigore dal 1871 al 1929, al di là della grande controversia e delle violente polemiche alimentate dalle correnti temporaliste da un lato e da quelle più marcatamente anticlericali e massoniche dall’altro.

Il fascismo, una volta assunto il potere, non tardò ad accorgersi della grandissima utilità che poteva trarre da un eventuale appoggio della Chiesa e abbandonò il suo iniziale e marcato anticlericalismo. Nel 1925 venne soppressa la massoneria e l’anno successivo ebbero inizio le trattative vere e proprie per giungere ad una composizione della “questione romana”.

L’11 febbraio 1929 queste trattative, tenute accuratamente segrete, si conclusero con tre atti distinti: il trattato del Laterano, il Concordato e la convenzione finanziaria.

La conclusione dell’accordo contribuì senza dubbio a rafforzare, all’interno e all’estero, il governo fascista.

La convenzione finanziaria assegnava alla Santa Sede 750 milioni in contanti e consolidato al 7 % dal valore nominale di un miliardo di lire, ma i problemi di gran lunga più importanti vennero risolti dal trattato e dal concordato.

Con il trattato venne dichiarata “eliminata” la questione romana ed abrogata la legge delle Guarentigie: la Chiesa riconosceva lo stato italiano con Roma capitale e l’Italia riconosceva al pontefice un piccolo territorio — lo Stato della Città del Vaticano — su cui egli esercitava la piena sovranità. L’estensione di questa zona non era maggiore di quella che la legge delle Guarentigie aveva assegnato al pontefice, ma ora si trattava di sovranità piena e allora di usufrutto. Veniva inoltre ribadito che la religione cattolica, apostolica e romana (secondo quanto stabilito dall’art. 1 dello Statuto albertino) era “la sola religione dello Stato”, che al papa, la cui persona era “sacra e inviolabile”, era riconosciuto il diritto di legazione attivo e passivo.

Il Concordato sui rapporti fra Chiesa e Stato assicurò alla prima notevoli vantaggi: tutta la legislazione ecclesiastica precedente, con la quale i precedenti governi italiani avevano disciplinato il possesso di immobili e la stessa esistenza di taluni ordini religiosi, venne abolita; l’istruzione religiosa estesa dalle scuole elementari alle medie inferiori e superiori, la laurea in teologia riconosciuta dallo Stato.

Agli ecclesiastici era fatto espresso divieto di iscriversi e militare in alcun partito politico: le organizzazioni dell’Azione cattolica erano riconosciute dallo Stato a condizione di svolgere la loro attività «al di fuori di ogni partito politico e sotto l’immediata dipendenza della gerarchia della Chiesa per la diffusione e l’attuazione dei principi cattolici».

Ma il punto più controverso — che suscitò le maggiori opposizioni — fu l’art. 34, contenente norme per il matrimonio: in esso lo Stato riconosceva «al Sacramento del matrimonio disciplinato dal diritto canonico gli effetti civili». Tutte le cause circa la nullità del matrimonio venivano espressamente riservate ai Tribunali ecclesiastici e soltanto le cause di separazione personale conservate all’autorità giudiziaria civile.

La nuova Camera dei deputati, eletta appunto nella primavera del 1929, (con un esito ormai scontato in partenza dopo lo scioglimento dei partiti e la fine della segretezza del voto) ebbe due giorni, il 10 e l’11 maggio per la discussione mentre il 13 parlò Mussolini.

Due giorni dopo si votò e i patti vennero approvati senza alcuna opposizione; al senato, invece, ci furono sei voti contrari, tra cui quello di Benedetto Croce che pronunziò l’unico discorso di opposizione non per il Trattato ma per il Concordato con il quale lo Stato rinunziava a tutta la legislazione liberale e laica di origine risorgimentale.

Poco tempo dopo l’approvazione dei Patti lateranensi ci furono degli attriti, anche di una certa gravità, fra lo Stato fascista e la Chiesa, a proposito dell’Azione cattolica. Il pontefice con una apposita enciclica deplorò lo scioglimento delle associazioni giovanili e universitarie cattoliche e il pesante linguaggio della stampa fascista.

Egli negò che potessero dirsi cattolici quanti ritenevano di poter affidare allo Stato le giovani generazioni «interamente e senza eccezione», né quanti adottavano «un programma che faceva sue dottrine e massime tanto contrarie ai diritti della Chiesa di Gesù Cristo e delle anime». Il problema era grave: si trattava del monopolio dell’educazione della gioventù che lo stato fascista voleva e che la Chiesa non intendeva concedere.

Nel settembre 1931 si giunse, però, ad un accordo, stipulato tra Mussolini e il cardinale Pacelli, il futuro papa Pio XII; l’Azione cattolica ebbe un nuovo statuto che la poneva alle immediate dipendenze dell’autorità ecclesiastica: essa avrebbe potuto perseguire unicamente «fini religiosi, morali e culturali».

Si iniziò così un periodo di collaborazione tra lo Stato fascista e la Chiesa che fu rotto alcuni anni dopo con l’approvazione delle leggi razziali contro gli ebrei del 1938.

Si dà qui di seguito il testo, parziale, del Trattato del Laterano e del Concordato tratti da: A. C. Jemolo, La questione romana cit., pp. 217–29 e da Chiesa e Stato, pp. 432–32.

Si vedano L. Salvatorelli, G. Mira, Storia d’Italia nel periodo fascista, Torino, Einaudi, 1936 e F. Chabod, L’Italia contemporanea (1918-1948), Torino, Einaudi, 1961. In particolare G. Mollat, La Question Romaine de Pie IX à Pie XI, Paris, 1932; C. A. Biggini, Storia inedita della Conciliazione, Milano, 1940; F. L. Ferrari, L’Azione cattolica e il “regime”, Firenze, Parenti, 1957; F. Pacelli, Diario della conciliazione, Città del Vaticano, Libreria Editrice Vaticana, 1959; Il fascismo. Antologia dì scritti critici a cura di C. Casuari, Bologna, Il Mulino, 1961; F. Fonzi, Stato e Chiesa in Nuove questioni di Storia del Risorgimento.

1. Il trattato del Laterano

In nome della Santissima Trinità Premesso:

Che la Santa Sede e l’Italia hanno riconosciuto la convenienza di eliminare ogni ragione di dissidio fra loro esistente, con l’addivenire ad una sistemazione definitiva dei reciproci rapporti, che sia conforme a giustizia ed alla dignità delle due Alte Parti e che, assicurando alla Santa Sede in modo stabile una condizione di fatto e di diritto, la quale le garantisca l’assoluta indipendenza per l’adempimento della sua alta missione nel mondo, consenta alla Santa Sede stessa di riconoscere composta in modo definitivo ed irrevocabile la “questione romana”, sorta nel 1870 con l’annessione di Roma al Regno d’Italia sotto la dinastia di Casa Savoia;

Che dovendosi, per assicurare alla Santa Sede l’assoluta e visibile indipendenza, garantirle una sovranità indiscutibile pur nel campo internazionale, si è ravvisata la necessità di costituire, con particolari modalità, la Città del Vaticano, riconoscendo sulla medesima alla Santa Sede la piena proprietà e l’esclusiva ed assoluta potestà e giurisdizione sovrana;

Sua Santità il Sommo Pontefice Pio XI e Sua Maestà Vittorio Emanuele III, Re d’Italia, hanno risoluto di stipulare un Trattato, nominando a tale effetto due Plenipotenziari, cioè per parte di Sua Santità, Sua Eminenza Reverendissima il signor Cardinale Pietro Gasparri, Suo Segretario di Stato, e per parte di S. Maestà, Sua Eccellenza il signor Cavaliere Benito Mussolini, Primo Ministro e Capo del Governo, i quali, scambiati i loro rispettivi pieni poteri e trovatili in buona e dovuta forma, hanno convenuto negli articoli seguenti:

Art. 1. — L’Italia riconosce e riafferma il principio consacrato nell’articolo 1 dello Statuto del Regno 4 marzo 1848, pel quale la religione cattolica, apostolica e romana è la sola religione dello Stato.

Art. 2. — L’Italia riconosce la sovranità della Santa Sede nel campo internazionale come attributo inerente alla sua natura, in conformità alla sua tradizione ed alle esigenze della sua missione nel mondo.

Art. 3. — L’Italia riconosce alla Santa Sede la piena proprietà e la esclusiva ed assoluta potestà è giurisdizione sovrana sul Vaticano, com’è attualmente costituito, con tutte le sue pertinenze e dotazioni, creandosi per tal modo la Città del Vaticano per gli speciali fini e con le modalità di cui al presente Trattato…

Art. 4. — La sovranità e la giurisdizione esclusiva, che l’Italia riconosce alla Santa Sede sulla Città del Vaticano, importa che nella medesima non possa esplicarsi alcuna ingerenza da parte del Governo italiano e che non vi sia altra autorità che quella della Santa Sede.

Art. 8. — L’Italia, considerando sacra ed inviolabile la persona del Sommo Pontefice, dichiara punibili l’attentato contro di Essa e la provocazione a commetterlo con le stesse pene stabilite per l’attentato e la provocazione a commetterlo contro la persona del Re.
Le offese e le ingiurie pubbliche commesse nel territorio italiano contro la persona del Sommo Pontefice con discorsi, con fatti e con scritti, sono punite come le offese e le ingiurie alla persona del Re.

Art. 12. — L’Italia riconosce alla Santa Sede il diritto di legazione attivo e passivo secondo le regole generali del diritto internazionale.
Gli inviati dei Governi esteri presso la Santa Sede continuano a godere nel Regno di tutte le prerogative ed immunità che spettano agli agenti diplomatici secondo il diritto internazionale, e le loro sedi potranno continuare a rimanere nel territorio italiano godendo delle immunità loro dovute a norma del diritto internazionale, anche se i loro Stati non abbiano rapporti diplomatici con l’Italia.
Resta inteso che l’Italia si impegna a lasciare sempre ed in ogni caso libera la corrispondenza da tutti gli Stati, compresi i belligeranti, alla Santa Sede e viceversa, nonché il libero accesso dei vescovi di tutto il mondo alla Sede Apostolica.
Le Alte Parti contraenti si impegnano a stabilire fra loro normali rapporti diplomatici, mediante accreditamento di un ambasciatore italiano presso la Santa Sede e di un Nunzio pontificio presso .l’Italia, il quale sarà il Decano del Colpo diplomatico, a’ termini del diritto consuetudinario riconosciuto dal Congresso di Vienna con atto del 9 giugno 1815.
Per effetto della riconosciuta sovranità e senza pregiudizio di quanto è disposto nel successivo articolo 19, i diplomatici della Santa Sede ed i corrieri spediti in nome del Sommo Pontefice godono nel territorio italiano, anche in tempo di guerra, dello stesso trattamento dovuto ai diplomatici ed ai corrieri degli altri Governi esteri, secondo le norme del diritto internazionale.

Art. 13. — L’Italia riconosce alla Santa Sede la piena proprietà delle Basiliche patriarcali di San Giovanni in Laterano, di Santa Maria Maggiore e di San Paolo, cogli edifici annessi (Allegati II, 1, 2 e 3).
Lo Stato trasferisce alla Santa Sede la libera gestione ed amministrazione della detta Basilica di San Paolo e dell’annesso Monastero, versando altresì alla Santa Sede i capitali corrispondenti alle somme stanziate annualmente nel bilancio del Ministero della Pubblica Istruzione per la detta Basilica.
Resta del pari inteso che la Santa Sede è libera proprietaria del dipendente edificio di San Callisto presso Santa Maria in Trastevere (Allegato II, 9).

Art. 14. — L’Italia riconosce alla Santa Sede la piena proprietà del palazzo pontificio di Castel Gandolfo con tutte le dotazioni, attinenze e dipendenze (Allegato II, 4), quali ora si trovano già in possesso della Santa Sede medesima, nonché si obbliga a cederle, parimenti in piena proprietà, effettuandone la consegna entro sei mesi dall’entrata in vigore del presente Trattato, la Villa Barberini in Castel Gandolfo con tutte le dotazioni, attinenze e dipendenze (Allegato II, 5).
Per integrare la proprietà degli immobili siti nel lato nord del Colle Gianicolense appartenenti alla Sacra Congregazione di Propaganda Fide e ad altri Istituti ecclesiastici e prospicienti verso i palazzi vaticani, lo Stato si impegna a trasferire alla Santa Sede od agli enti che saranno da essa indicati gli immobili di proprietà dello Stato o di terzi esistenti in detta zona. Gli immobili appartenenti alla detta Congregazione e ad altri Istituti e quelli da trasferire sono indicati nell’allegata Pianta (Allegato II, 12).
L’Italia, infine, trasferisce alla Santa Sede in piena e libera proprietà gli edifici ex-conventuali in Roma annessi alla Basilica dei Santi XII Apostoli ed alle chiese di Sant’Andrea della Valle e di San Carlo ai Catinari, con tutti gli annessi e dipendenze (Allegato III, 3, 4 e 5), e da consegnarsi liberi da occupatori entro un anno dall’entrata in vigore del presente Trattato.

Art. 15. — Gli immobili indicati nell’articolo 13 e negli alinea primo e secondo dell’articolo 14, nonché i palazzi della Dataria, della Cancelleria, di Propaganda Fide in piazza di Spagna, il palazzo del Sant’Offizio e adiacenze, quello dei Convertendi (ora Congregazione per la Chiesa Orientale) in piazza Scossacavalli, il palazzo del Vicariato (Allegato II, 6, 7, 8, io e n), e gli altri edifici nei quali la Santa Sede in avvenire crederà di sistemare altri suoi Dicasteri, benché facenti parte del territorio dello Stato italiano, godranno delle immunità riconosciute dal diritto internazionale alle sedi degli agenti diplomatici di Stati esteri.
Le stesse immunità si applicano pure nei riguardi delle altre chiese, anche fuori di Roma, durante il tempo in cui vengano nelle medesime, senza essere aperte al pubblico, celebrate funzioni coll’intervento del Sommo Pontefice.

Art. 19. — I diplomatici e gli inviati della Santa Sede, i diplomatici e gli inviati dei Governi esteri presso la Santa Sede e i dignitari della Chiesa provenienti dall’estero diretti alla Città del Vaticano e muniti di passaporti degli Stati di provenienza, vistati dai rappresentanti pontifici all’estero, potranno senz’altra formalità accedere alla medesima attraverso il territorio italiano. Altrettanto dicasi per le suddette persone, le quali munite di regolare passaporto pontificio si recheranno dalla Città del Vaticano all’estero.

Art. 20. — Le merci provenienti dall’estero e dirette alla Città del Vaticano o, fuori della medesima, ad istituzioni od uffici della Santa Sede, saranno sempre ammesse da qualunque punto del confine italiano ed in qualunque porto del Regno al transito per il territorio italiano con piena esenzione dai diritti doganali e daziari.

Art. 21. — Tutti i Cardinali godono in Italia degli onori dovuti ai Principi del sangue: quelli residenti in Roma, anche fuori della Città del Vaticano, sono a tutti gli effetti cittadini della medesima.
Durante la vacanza della Sede Pontificia, l’Italia provvede in modo speciale a che non sia ostacolato il libero transito ed accesso dei Cardinali attraverso il territorio italiano al Vaticano, e che non si ponga impedimento o limitazione alla libertà personale dei medesimi.
Cura, inoltre, l’Italia che nel suo territorio all’intorno della Città del Vaticano non vengano commessi atti che comunque possano turbare le adunanze del Conclave.
Le dette norme valgono anche per i Conclavi che si tenessero fuori della Città del Vaticano, nonché per i Concilii presieduti dal Sommo Pontefice o dai suoi Legati e nei riguardi dei Vescovi chiamati a parteciparvi.

Art. 22. — A richiesta della Santa Sede e per delegazione che potrà essere data dalla medesima o nei singoli casi o in modo permanente, l’Italia provvederà nel suo territorio alla punizione dei delitti che venissero commessi nella Città del Vaticano, salvo quando l’autore del delitto si sia rifugiato nel territorio italiano, nel qual caso si procederà senz’altro contro di lui a norma delle leggi italiane.
La Santa Sede consegnerà allo Stato italiano le persone, che si fossero rifugiate nella Città del Vaticano, imputate di atti, commessi nel territorio italiano, che siano ritenuti delittuosi dalle leggi di ambedue gli Stati.
Analogamente si provvederà per le persone imputate di delitti, che si fossero rifugiate negli immobili dichiarati immuni nell’articolo 15, a meno che i preposti ai detti immobili preferiscano invitare gli agenti italiani ad entrarvi per arrestarle.

Art. 23. — Per l’esecuzione nel Regno delle sentenze emanate dai tribunali della Città del Vaticano si applicheranno le norme del diritto internazionale.
Avranno invece senz’altro piena efficacia giuridica, anche a tutti gli effetti civili, in Italia le sentenze ed i provvedimenti emanati da autorità ecclesiastiche ed ufficialmente comunicate alle autorità civili, circa persone ecclesiastiche o religiose e concernenti materie spirituali o disciplinari.

Art. 24. — La Santa Sede, in relazione alla sovranità che le compete anche nel campo internazionale, dichiara che essa vuole rimanere e rimarrà estranea alle competizioni temporali fra gli altri Stati ed ai Congressi internazionali indetti per tale oggetto, a meno che le parti contendenti facciano concorde appello alla sua missione di pace, riservandosi in ogni caso di far valere la sua potestà morale e spirituale.
In conseguenza di ciò la Città del Vaticano sarà sempre ed in ogni caso considerata territorio neutrale ed inviolabile.

Art. 26. — La Santa Sede ritiene che con gli accordi, i quali sono oggi sottoscritti, le viene assicurato adeguatamente quanto le occorre per provvedere con la dovuta libertà ed indipendenza al governo pastorale della Diocesi di Roma e della Chiesa Cattolica in Italia e nel mondo; dichiara definitivamente ed irrevocabilmente composta e quindi eliminata la “questione romana” e riconosce il Regno d’Italia sotto la dinastia di Casa Savoia con Roma capitale dello Stato italiano.
Alla sua volta l’Italia riconosce la Stato della Città del Vaticano sotto la sovranità del Sommo Pontefice.
È abrogata la legge 13 maggio 1871, n. 214, e qualunque altra disposizione contraria al presente Trattato.

Art. 27. — Il presente Trattato, non oltre quattro mesi dalla firma, sarà sottoposto alla ratifica del Sommo Pontefice e del Re d’Italia ed entrerà in vigore all’atto stesso dello scambio delle ratifiche.

2. Il concordato per i rapporti tra chiesa e stato

In nome della Santissima Trinità, premesso che fin dall’inizio delle trattative tra la Santa Sede e l’Italia, per risolvere la “Questione Romana” la Santa Sede stessa ha proposto che il Trattato relativo a detta questione avesse per necessario completamento un Concordato inteso a regolare le condizioni della religione e della Chiesa in Italia, Sua Santità il Sommo Pontefice Pio XI e S. M. Vittorio Emanuele in Re d’Italia hanno risoluto di fare un Concordato e all’uopo hanno nominato gli stessi plenipotenziari delegati per la stipulazione del Trattato, cioè, per parte di Sua Santità, Sua Eminenza reverendissima il signor cardinale Gasparri, suo segretario di Stato, e per parte di S. Maestà, S. E. il signor cavaliere Benito Mussolini, Primo Ministro e Capo del Governo, i quali, scambiati i loro pieni poteri e trovatili in buona e dovuta forma, hanno convenuto negli atti seguenti:

Libero esercizio spirituale

Art. 1. — L’Italia, ai sensi dell’articolo 1 del Trattato, assicura alla Chiesa cattolica il libero esercizio del potere spirituale, il libero e pubblico esercizio del culto, nonché della sua giurisdizione in materia ecclesiastica alle norme del presente Concordato; ove occorra, accorda agli ecclesiastici per gli atti del loro ministero spirituale, la difesa da parte delle sue autorità. In considerazione del carattere sacro della Città Eterna, sede vescovile del Sommo Pontefice, centro del mondo cattolico e meta di pellegrinaggi, il Governo italiano avrà cura di impedire in Roma tutto ciò che possa essere in contrasto col detto carattere.

Art. 2. — La Santa Sede comunica e corrisponde liberamente con i vescovi, con il clero e con tutto il mondo cattolico senza alcuna ingerenza del Governo italiano. Parimenti per tutto quanto si riferisce al ministero pastorale, i vescovi comunicano e corrispondono liberamente col loro clero e con tutti i fedeli. Tanto la Santa Sede quanto i vescovi possono pubblicare liberamente ed anche affiggere nell’interno ed alle porte esterne degli edifici destinati al culto o ad edifici destinati al loro ministero le istruzioni, ordinanze, lettere pastorali, bollettini diocesani ed altri atti riguardanti il governo spirituale dei fedeli, che crederanno di emanare nell’ambito della loro competenza. Tali pubblicazioni ed affissioni e in genere tutti gli atti e documenti relativi al governo spirituale dei fedeli, non sono soggetti ad oneri fiscali.
Le dette pubblicazioni, per quanto riguarda la Santa Sede, possono essere fatte in qualunque lingua; quelle dei vescovi sono fatte in lingua italiana o latina; ma accanto al testo italiano l’autorità ecclesiastica può aggiungere la traduzione in altre lingue. Le autorità ecclesiastiche possono, senza alcuna ingerenza delle autorità civili, eseguire collette nell’interno e all’ingresso delle chiese, nonché degli edifici di loro proprietà.

Art. 3. — Gli studenti di teologia, quelli degli ultimi due anni di propedeutica alla teologia, avviati al sacerdozio, ed i novizi degli istituti religiosi possono, a loro richiesta, rinviare di anno in anno fino al ventiseiesimo anno di età, l’adempimento degli obblighi del servizio militare.

La scelta dei vescovi

Art. 19. — La scelta degli arcivescovi e vescovi appartiene alla Santa Sede; prima di procedere alla nomina di un arcivescovo o di un vescovo diocesano o di un coadiutore cutn jure successionìs, la Santa Sede comunicherà il nome della persona prescelta al Governo italiano, per assicurarsi che il medesimo non abbia ragioni di carattere politico da sollevare contro la nomina. Le pratiche relative si svolgeranno con la maggiore possibile sollecitudine e con ogni riservatezza, in modo che sia mantenuto il segreto sulla persona prescelta, finché non avvenga la nomina della medesima.

Art. 20. — I vescovi prima di prendere possesso della loro diocesi, prestano nelle mani del Capo dello Stato un giuramento di fedeltà secondo la formula seguente:

«Davanti a Dio e sui Santi Vangeli io giuro e prometto, siccome si conviene a un vescovo, fedeltà allo Stato italiano. Io giuro e prometto di rispettare e far rispettare dal mio clero il Re e il Governo, stabilito secondo le leggi costituzionali dello Stato. Io giuro e prometto inoltre che non parteciperò ad alcun accordo, né assisterò ad alcun Consiglio, che possa recar danno allo Stato italiano e all’ordine, pubblico e che non permetterò al mio clero simili partecipazioni. Preoccupandomi del bene e dell’interesse dello Stato italiano, cercherò di evitare ogni danno che possa minacciarlo».

La gestione dei beni ecclesiastici

Art. 30. — La gestione finanziaria e straordinaria dei beni, appartenenti a qualsiasi istituto ecclesiastico o associazione religiosa ha luogo sotto la vigilanza ed il controllo delle competenti autorità della Chiesa, escluso ogni intervento da parte dello Stato italiano e senza obbligo di assoggettare a conversione i beni immobili. Lo Stato italiano riconosce agli istituti ecclesiastici ed alle associazioni religiose la capacità di acquistare beni, salvo le disposizioni delle leggi civili, concernenti gli acquisti dei corpi morali. Lo Stato italiano, finché con nuovi accordi non sarà stabilito diversamente, continuerà a supplire alle deficienze dei redditi dei benefizi ecclesiastici con assegni da corrispondersi in misura non inferiore al valore reale di quello stabilito dalle leggi attualmente in vigore; in considerazione di ciò la gestione patrimoniale di detti benefici, per quanto concerne gli atti e contratti, eccedenti la semplice amministrazione, avrà luogo con intervento da parte dello Stato italiano ed in caso di vacanza la consegna dei beni sarà fatta con la presenza di un rappresentante del Governo redigendosi analogo verbale.
Non sono soggetti all’intervento suddetto le mense vescovili delle diocesi suburbicarie ed i patrimoni dei capitoli e delle parrocchie di Roma e delle dette diocesi. Agli effetti del supplemento di congrua l’ammontare dei redditi, che su dette mense e patrimoni sono corrisposti ai beneficiari, risulterà da una dichiarazione, resa annualmente sotto la propria responsabilità dal vescovo suburbicario per le diocesi e dal cardinale vicario per la città di Roma.

Art. 31. — L’erezione di nuovi enti ecclesiastici od associazioni religiose sarà fatta dalla autorità ecclesiastica secondo le norme del diritto canonico; il loro riconoscimento agli effetti civili sarà fatto dalle autorità civili.

Art. 32. — I riconoscimenti e le autorizzazioni previste nelle disposizioni del presente Concordato e del Trattato avranno luogo con le norme stabilite dalle leggi civili, che dovranno essere poste in armonia con le disposizioni del Concordato medesimo e del Trattato.

Art. 33. — È riservata alla Santa Sede la disponibilità delle catacombe, esistenti nel suolo di Roma e nelle altre parti del territorio del Regno con l’onere conseguente della custodia, della manutenzione e della conservazione. Essa può quindi, con l’osservanza delle leggi dello Stato e con la salvezza degli eventuali diritti di terzi, procedere alle occorrenti escavazioni ed al trasferimento dei corpi santi.

Le norme per il matrimonio

Art. 34. — Lo Stato italiano, volendo ridonare all’istituto del matrimonio che è base della famiglia, dignità conforme alle tradizioni cattoliche del suo popolo, riconosce al sacramento del matrimonio disciplinato dal diritto canonico gli effetti civili.
Le pubblicazioni del matrimonio, come sopra, saranno effettuate, oltre che nella chiesa parrocchiale, anche nella casa comunale. Sùbito dopo la celebrazione, il parroco spiegherà ai coniugi gli effetti civili del matrimonio, dando lettura degli articoli del codice civile, riguardanti i diritti e i doveri dei coniugi e redigerà l’atto di matrimonio, del quale entro cinque giorni trasmetterà la copia integrale al Comune, affinché venga trascritta nei registri dello Stato civile. Le cause, concernenti le nullità del matrimonio e la dispensa del “matrimonio rato e non consumato”, sono riserbate alla competenza dei Tribunali e dei Dicasteri ecclesiastici.
I provvedimenti e le sentenze relative, quando siano divenuti definitivi, saranno portati al supremo Tribunale della Segnatura, il quale controllerà se siano state rispettate le norme del diritto canonico relative alla competenza del giudice ed alla legittima rappresentanza o contumacia delle parti. I detti provvedimenti e sentenze definitive coi relativi decreti del supremo Tribunale della Segnatura saranno trasmessi alla Corte di appello dello Stato competente per territorio, la quale con ordinanze emesse in Camera di Consiglio li renderà esecutivi agli effetti civili ed ordinerà che siano annotati nei registri dello Stato civile a margine dell’atto di matrimonio. Quanto alle cause di separazione personale, la Santa Sede consente che siano giudicate dall’autorità giudiziaria civile.

Art. 35. — Per le scuole di istruzione media, tenute da Enti ecclesiastici o religiosi, rimane fermo l’istituto dell’Esame di Stato ad effettiva parità di condizioni per candidati di istituti governativi e candidati di dette scuole.

L’istruzione religiosa

Art. 36. — L’Italia considera fondamento e coronamento dell’istruzione pubblica l’insegnamento della dottrina cristiana, secondo la forma ricevuta dalla tradizione cattolica e perciò consente che l’insegnamento religioso, ora impartito nelle scuole pubbliche elementari, abbia un ulteriore sviluppo nelle scuole medie, secondo programmi da stabilirsi d’accordo tra la Santa Sede e lo Stato. Tale insegnamento sarà dato a mezzo di maestri e di professori, sacerdoti o religiosi, approvati dalla autorità ecclesiastica e sussidiariamente a mezzo di maestri e professori laici, che siano a questo fine muniti di un certificato di idoneità, da rilasciarsi dall’Ordinario diocesano. La revoca del certificato da parte dell’Ordinario, priva senz’altro l’insegnante della capacità di insegnare. Del detto insegnamento religioso nelle scuole pubbliche non saranno adottati che i libri di testo approvati dall’autorità ecclesiastica.

Art. 37. — I dirigenti delle Associazioni statali per l’educazione fisica, per l’istruzione premilitare, per gli avanguardisti e dei balilla, per rendere possibile l’istruzione e l’assistenza religiosa della gioventù a loro affidata, disporranno gli orari in modo da non impedire nelle domeniche e nelle feste di precetto l’adempimento dei doveri religiosi. Altrettanto disporranno i dirigenti delle scuole pubbliche nelle eventuali adunate degli alunni nei detti giorni festivi.

Art. 38. — Le nomine dei professori dell’Università cattolica del Sacro Cuore e del dipendente Istituto di Magistero Maria Immacolata sono subordinati al nulla osta da parte della Santa Sede, diretto ad assicurare che non vi sia alcunché da eccepire dal punto di vista morale e religioso.

Art. 39. — Le Università, i seminari maggiori e minori, sia diocesani, sia interdiocesani, sia regionali, le accademie, i collegi e gli altri Istituti cattolici per la formazione e la cultura degli ecclesiastici continueranno a dipendere unicamente dalla Santa Sede, senza alcuna ingerenza delle autorità scolastiche del Regno.

Art. 40. — Le lauree in sacra teologia, date dalle Facoltà approvate dalla Santa Sede, saranno riconosciute dallo Stato italiano. Saranno parimente riconosciuti i diplomi, che si conseguono nelle scuole di paleografia e diplomatica documentaria, rette presso la Biblioteca dell’Archivio della Città del Vaticano.

Art. 41. — L’Italia autorizza l’uso nel Regno e nelle sue Colonie delle onorificenze cavalleresche pontificie, mediante registrazione del brevetto di nomina, da darsi su presentazione del brevetto stesso e domanda scritta dell’interessato.

Art. 43. — Lo Stato italiano riconosce le organizzazioni dipendenti dall’Azione cattolica italiana, in quanto esse, come la Santa Sede ha disposto, svolgano la loro attività al di fuori di ogni partito politico e sotto l’immediata dipendenza della gerarchia della Chiesa per la diffusione è l’attuazione dei principii cattolici. La Santa Sede prende occasione dalla stipulazione del presente Concordato, per rinnovare a tutti gli ecclesiastici e religiosi d’Italia il divieto di iscriversi e militare in qualsiasi partito politico.

Art. 44. — Se in avvenire sorgesse qualche difficoltà sulla interpretazione del presente Concordato, la Santa Sede e l’Italia procederanno di comune intelligenza, ad una amichevole soluzione.

Fonte: Rosario Romeo e Giuseppe Talamo (a cura di), Documenti storici. Antologia, vol. II L’età conteporanea, Loescher, Torino, 1966.

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Mario Mancini
Mario Mancini

Written by Mario Mancini

Laureatosi in storia a Firenze nel 1977, è entrato nell’editoria dopo essersi imbattuto in un computer Mac nel 1984. Pensò: Apple cambierà tutto. Così è stato.

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