Napoleone ad Austerlitz

La nascita della leggenda napoleonica (2 dicembre 1801)

Mario Mancini
5 min readFeb 4, 2020

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Uno dei tramiti attraverso i quali nacque la leggendaria popolarità del “piccolo caporale” fra i suoi soldati — popolarità fatta di fiducia e devozione sconfinate — furono i celebri ordini del giorno che Napoleone era solito lanciare all’esercito nei momenti decisivi delle sue campagne, e nel cui stile lampeggiante si rivela un’altra dimensione del suo genio. Su fondamenta come queste nacque la “leggenda napoleonica”, che doveva poi trovare nei ricordi dettati a Sant’Elena il “vangelo” lasciato dall’imperatore alle future generazioni dei francesi.

Tra questi documenti nessuno è più celebre dell’ordine del giorno indirizzato alla “Grande Armata” dopo la più grande delle vittorie napoleoniche, e che qui si riproduce insieme con quello emanato alla vigilia della battaglia. Uscito da Brünn, dove era entrato il 20 novembre, Napoleone avanzò oltre Austerlitz (ceco: Slavkov) e si ritirò poi ad ovest, per attirare il nemico sul terreno da lui prescelto, dove l’altipiano di Pratzen si innalza tra i due ruscelli Litava e Goldbach, allora, per l’avanzata stagione, impaludati e in parte gelati.

Ritirando la sua ala destra Napoleone indusse negli avversari la persuasione che egli temeva di essere aggirato da quel lato e tagliato fuori dalle sue comunicazioni da Vienna; ed essi si sforzarono perciò di tradurre in atto tale minaccia. Ma Napoleone, già nell’ordine del giorno lanciato alla vigilia della battaglia, aveva annunciato ai soldati: «mentre essi marceranno per avvolgere la mia destra, mi presenteranno il fianco». Gli alleati contavano 86 mila uomini, di cui 72 mila russi e il resto austriaci, mentre Napoleone poteva disporre di 74 mila uomini.

Il piano austro-russo mirava ad attaccare in forze sulla propria ala sinistra e più debolmente a destra, attuando nella sostanza un grande tentativo di aggiramento; ma quando, alle otto del mattino, dissipatasi la nebbia, apparve il leggendario “sole di Austerlitz”, Napoleone poté scorgere distintamente i movimenti dell’avversario e lanciare il grosso delle sue forze contro il centro dell’esercito russo.

Ottenuto lo sfondamento e respinta la debole ala destra nemica, i francesi poterono convergere sulla sinistra isolata e addossata alle paludi. Travolti, i russi si affollarono sulle strette dighe e sugli stagni gelati, ma la rottura del ghiaccio provocata dall’artiglieria francese provocò l’annegamento di molti uomini, la perdita di artiglierie, bagagli ecc.

I francesi perdettero 6–7 mila uomini, gli austriaci 6 mila e i russi oltre 21 mila, di cui 10–11 mila prigionieri. Due giorni dopo l’imperatore d’Austria, nel castello di Austerlitz, chiedeva personalmente a Napoleone una tregua che, conclusa il 6 dicembre, fu poi seguita dalla pace di Presburgo (26 dicembre 1805). Sulla campagna del 1805 cfr. G. Lefebvre, Napoleone, trad, it., Bari, Laterza, 1960, pp. 241–246; e su Austerlitz P. Schiarini, in Enciclopedia Italiana (Treccani), vol. IV, pp. 384–385 e Encyclopedia Eritannica, vol. III, pp. 699–700. Il testo francese dei due documenti da vedere in Correspondance de Napóléon Ier publiée par ordre de l’Empereur Napoléon in [Corrispondenza di Napoleone I pubblicata per ordine dell’imperatore Napoleone], vol. XI, Paris, 1862, pp. 536, 539–540.

1. All’esercito

Dal campo, 10 frimaio anno XIV (1° dicembre 1805)

Soldati, l’esercito russo si presenta davanti a voi per vendicare l’esercito austriaco di Ulm. Sono gli stessi battaglioni che avete sconfitto a Hollabrunn, e che poi avete costantemente seguito fin qui.

Le posizioni da noi occupate sono formidabili; e, mentre essi marceranno per avvolgere la mia destra, mi presenteranno il fianco.

Soldati, io stesso dirigerò tutti i vostri battaglioni; io mi terrò lontano dal fuoco se, col vostro consueto valore, porterete il disordine e la confusione nelle file nemiche; ma se per un momento la vittoria fosse incerta voi vedreste il vostro imperatore esporsi ai primi colpi, perché la vittoria non può esser dubbia, in questa giornata soprattutto in cui ne va dell’onore della fanteria francese, che importa tanto all’onore di tutta la nazione.

Che sotto il pretesto di trasportare i feriti non si porti disordine nelle file, e che ciascuno sia ben penetrato di quest’idea, che bisogna vincere questi stipendiati dell’Inghilterra, i quali sono animati da un odio così grande contro la nostra nazione.

Questa vittoria porrà fine alla nostra campagna, e noi potremo riprendere i nostri quartieri d’inverno; in cui saremo raggiunti dai nuovi eserciti che si formeranno in Francia; e allora la pace che stipulerò sarà degna del mio popolo, di voi, e di me.

2. All’esercito

Austerlitz, 12 frimaio anno XIV (3 dicembre 1805)

Soldati, io sono contento di voi. Nella giornata di Austerlitz voi avete giustificato tutto ciò che mi attendevo dalla vostra intrepidezza; voi avete decorato le vostre aquile di una gloria immortale. Un esercito di 100.000 uomini, comandato dagli imperatori di Russia e d’Austria, in meno di quattr’ore è stato fatto a pezzi o disperso. Coloro che sono sfuggiti alle vostre armi si sono annegati nei laghi. Quaranta bandiere, gli stendardi della guardia imperiale di Russia, centoventi cannoni, venti generali, più di 30.000 prigionieri, sono il risultato di questa giornata, che resterà celebre per sempre. Questa fanteria così vantata, e in numero superiore, non ha potuto resistere al vostro urto, e ormai voi non avete più da temere rivali. Così, in due mesi, questa terza coalizione è stata vinta e dissolta. La pace non può più essere lontana; ma, come ho promesso al mio popolo prima di passare il Reno, io farò solo una pace che ci dia delle garanzie, e che assicuri ricompense ai nostri alleati.

Soldati, quando il popolo francese pose sulla mia testa la corona imperiale, io mi affidai a voi per mantenerla sempre in quell’alto splendore di gloria che solo poteva darle pregio ai miei occhi. Ma nello stesso momento i nostri nemici pensavano a distruggerla e ad avvilirla! E quella corona di ferro, conquistata col sangue di tanti francesi, volevano obbligarmi a porla sulla testa dei nostri più crudeli nemici! Progetti temerari e insensati che, nel giorno stesso dell’anniversario dell’incoronazione del vostro imperatore, voi avete annientati e confusi! Voi avete insegnato loro che è più facile sfidarci e minacciarci che non vincerci.

Soldati, quando tutto ciò che è necessario per assicurare la felicità e la prosperità della nostra patria sarà compiuto, io vi ricondurrò in Francia; là voi sarete l’oggetto delle mie più tenere sollecitudini. Il mio popolo vi rivedrà con gioia, e vi basterà dire Io ero alla battaglia di Austerlitz, perché si risponda, Ecco un valoroso.

Fonte: Rosario Romeo e Giuseppe Talamo (a cura di), Documenti storici. Antologia, vol. II L’età moderna, Loescher, Torino, 1966.

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Mario Mancini
Mario Mancini

Written by Mario Mancini

Laureatosi in storia a Firenze nel 1977, è entrato nell’editoria dopo essersi imbattuto in un computer Mac nel 1984. Pensò: Apple cambierà tutto. Così è stato.

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