Luma-Arles: uno spazio per coltivare la creatività

Il distretto artistico del futuro

Mario Mancini
7 min readJul 25, 2021

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Un scorcio del nuovo complesso artistico Luma ad Arles con la torre cangiante progettata da Frank Gehry

Un’iniziativa totalmente privata

Il 28 giugno 2021 è stato inaugurato Luma, un complesso artistico di 27 acri ad Arles, un’antica località famosa per le rovine romane, per Vincent van Gogh e per la Camarque, il delta fluviale del Rodano più grande e più biodiversificato d’Europa.

È il coronamento di un progetto lungo 13 anni. Luma comprende sei edifici che ospitano spazi per mostre e installazioni, un archivio, una residenza e un atelier per artisti e performer, un laboratorio di design e ricerca, un ristorante, caffè e bar, un hotel e un parco di totale nuova creazione, il tutto costruito su uno scalo ferroviario dismesso al centro della cittadina. È il Parc des Ateliers.

Luma è stato concepito e finanziato dalla mecenate e filantropa svizzera Maja Hoffmann, erede della fortuna della casa farmaceutica Hoffmann-La Roche. Questo progetto tentacolare riflette le passioni della sua vita: l’arte, gli artisti e le artiste, l’ecologia e la conservazione artistica e ambientale.

A sinistra: uno scorcio della torre progettata da Gehry, coperta con 10.752 pannelli di acciaio inossidabile che riflettono la luce. A destra Maja Hoffmann, erede della fortuna famiglia svizzera Hoffmann-La Roche, che ha ideato, progettato e finanziato il complesso.

Tutto è in divenire

Luma-Arles non si inscrive nell’idea dominante di museo, collezione d’arte o centro culturale che si voglia. Certo è anche questo. Infatti c’è un curatore senior (Vassilis Oikonomopoulos), ci saranno mostre di opere provenienti dalla collezione Hoffmann e dalla Emanuel Hoffmann Foundation (istituita dai nonni di Maja), oltre a personali di artisti come Philippe Parreno, Pierre Huyghe, Etel Adnan e John Akomfrah. Eppure Luma non ha un programma definito di mostre, iniziative artistiche o performance.

“Dalla creazione artistica al collezionismo, dalla produzione alla politica, tutto è in cambiamento, tutto è in trasformazione a Luma”, ha affermato la Hoffmann in un’intervista dalla sua casa di Londra una settimana prima dell’apertura del centro. Ci saranno altre iniziative a settembre, ha detto, “perché è impossibile concludere tutto adesso”.

Questa parziale inaugurazione non sembra disturbarla. Alla Hoffmann piacciono le cose un po’ incompiute, aperte all’imprevisto e al cambiamento.

Con la sua molteplicità di spazi, la Hoffmann ha fatto di Luma “un luogo dove è possibile produrre arte di tutti i tipi, non solo collezionarla”.

Un arcipelago del futuro

Hans Ulrich Obrist, uno dei direttori artistici di Luma (insieme a Tom Eccles), ha descritto il complesso come “un’istituzione dove si crea il futuro”. La Hoffmann, a parere di Obrist ha voluto:

Costruire un arcipelago, cioè luoghi ed edifici differenti per collegare persone, discipline, progetti, ospitalità, insediamento a diversi livelli. Perché l’arte non si dà solo nei grandi spazi delle gallerie.

L’elemento più prominente a Luma — quello che probabilmente attirerà le folle ad Arles — è l’edificio progettato da Gehry: una sorta di torre di 10 piani ricoperta da 10.752 pannelli d’acciaio inossidabile, scintillanti, inclinati e dentellati per catturare e riflettere la luce da migliaia di angoli.

La piattaforma circolare alla base della torre è un riferimento esplicito all’anfiteatro romano di Arles.

Nonostante la sua forma non convenzionale, l’edificio di Gehry è la struttura più simile a un museo all’interno del campus di Luma. Ha infatti spazi espositivi cubiformi bianchi, una biblioteca e un archivio e ai piani inferiori, un caffè, uffici, studi, sale per seminari e una terrazza panoramica. Le scintillanti pareti bianche in mattoni fatti con sale locale compresso e i pannelli creati con semi di girasole testimoniano l’ampiezza della visione della Hoffmann.

Uno dei pilastri del progetto Luma è l’Atelier Luma, un laboratorio di design e ricerca che lavora prodotti locali come sale, girasoli, riso, alghe e specie di erba e li trasforma in una varietà di materiali da costruzione e tessuti, molti dei quali usati in tutto il sito.

A sinistra, dentro l’edificio di Gehry: “Take your Time”, l’installazione di Ólafur Elíasson che ha collocato uno specchio rotante sopra una scala a doppia elica. A destra: Il tamburo circolare attraverso il quale i visitatori entrano alla base della torre. È un esplicito riferimento all’anfiteatro romano di Arles.

I legami della Hoffman con Arles

“L’idea è che artisti, scienziati e ricercatori possano lavorare insieme e ottenere risultati imprevedibili”, ha detto Mustapha Bouhayati, amministratore delegato di Luma.

Le discipline non sono separate l’una dall’altra, cercheremo di portare un pensiero nuovo e pratiche nuove.

Ha quindi aggiunto:

In Francia, diciamo: “Si fa così”. Maja dice: ‘Forse potrebbe essere fatto in modo diverso’”.

I legami di Maja Hoffmann con Arles e l’area circostante della Camargue sono profondi. Suo padre, Luc Hoffmann, un ornitologo, vi si trasferì con l’intera famiglia quando creò una stazione di osservazione e un centro di conservazione per i volatili. Maja ha fatto le scuole ad Arles. Così nel 2010 ha contribuito a creare la Fondazione Van Gogh in città.

Aveva circa 12 anni, ricorda, quando furono istituiti i Rencontres d’Arles, un festival di fotografia che ogni estate attrae decine di migliaia di visitatori. Gli obiettivi e la portata internazionale del festival hanno fatto un’enorme impressione su di lei.

Nel 2007, la città di Arles ha aperto la rinnovata Grande Halle, uno dei grandi edifici industriali dell’ormai abbandonato scalo ferroviario della città, chiuso nel 1984. A quel punto, la Hoffman, che possiede una casa ad Arles, ha deciso di portarvi la Fondazione Luma (dal nome dei suoi due figli).

“A questo punto ho capito che era il momento giusto “, ha detto la Hoffmann della sua decisione di chiedere alla città se poteva elaborare un programma per il Parc des Ateliers. Ha quindi aggiunto:

Desideravo che tutte le diverse iniziative e i progetti che avevo intrapreso, trovassero un luogo dove riunirsi, un posto dove fosse possibile produrre arte di tutti i tipi, non solo collezionarla.

Luma esporrà opere della collezione della Hoffmann e della Fondazione Emanuel Hoffmann, oltre a proposte di Philippe Parreno, Pierre Huyghe e John Akomfrah.

L’iter del progetto

Maja Hoffmann ha chiamato Frank Gehry e ha formato un “ristretto gruppo” di consulenti del mondo dell’arte, tra cui artisti, curatori e accademici. Ha avviato un lungo dialogo con la città, i funzionari regionali e il festival Rencontres e, infine, nel 2013 ha comprato il terreno.

Non è andato proprio tutto liscio. La città ha chiesto di cambiare la posizione della torre di Gehry, e ci sono stati alcuni problemi con François Hebel, il direttore del festival, che non era troppo convinto della decisione di vendere il terreno alla Hoffmann.

“Non si è mai discusso di escluderli”, ha detto la Hoffmann, sottolineando che il festival avrà uno spazio espositivo per i prossimi cinque anni nella Méchanique, un grande edificio precedentemente utilizzato come officina motori.

La Méchanique, insieme agli altri quattro edifici esistenti, è stata ristrutturato dall’architetto newyorkese Annabelle Selldorf e l’architetto paesaggista belga Bas Smets è stato ingaggiato per creare un parco pubblico intorno agli edifici così anche da collegarli. “Il più piccolo papavero è importante quanto la più grande opera d’arte”, ha detto Maja Hoffmann alla conferenza stampa di apertura.

Sarà un ecosistema

In un’intervista telefonica, Smets ha detto: “Quando ho camminato per la prima volta in quella piattaforma di cemento nello scalo ferroviario — nella calura, con tutti quegli edifici abbandonati, senza alberi, niente che ci crescesse — ho pensato: ‘Wow, è meraviglioso!’. Ho subito creato una simulazione al computer di ciò che sarebbe successo nei prossimi 100, 200, 300 anni se la natura fosse stata lasciata al suo corso. Poi, seguendo, ci siamo rimessi della natura e accelerato quel processo”, ha detto Smets, aggiungendo di aver usato 140 specie di piante per il parco, tutte provenienti dalla regione ricchissima di biodiversità.

La Hoffmann ritiene difficile prevedere l’evoluzione della programmazione a Luma. Sarà “un ecosistema”, ha detto, che terrrà conto dell’input del gruppo ristretto e delle delle risposte alle idee e agli eventi che si presenteranno.

Le mostre potrebbero durare un anno, ha detto, o essere relativamente impermanenti. Ha quindi concluso:

“L’arte, con qualsiasi mezzo, è un altro linguaggio ed è in grado di intuire le cose prima che siano sviluppate altrove. Può avere un certo impatt o sociale, fare la differenza. È bene agire senza soccombere alla malinconia . Penso che sia quello che sta succedendo ad Arles”.

Vista di Arles dalla torre di Gehry

Da: A Space for Cultivating Creativity, 13 Years in the Making, di Roslyn Sulcas, di Roslyn Sulcas, The New York Times, 25 giugno 2021
Le foto sono tratte da questo articolo. Foto di James Hill.

Potresti anche leggere:
Maja Hoffmann Fights to Build Her Cultural Capital in Arles, di Nina Siegal, The New York Times, 5 ottobre 2018
Luma Arles — from railway yard to arts complex with Frank Gehry tower, di Caroline Roux, The Financial Times, 30 giugno 2021
Billionaires have franchised the modern art museum, di John Gapper, The Financial Times, 8 agosto 2018 2021
Van Gogh Gets a Home in Arles, di Jake Cigainero, The New York Times, 18 giugno 2014
Arles and the Luma Foundation, di Caroline Roux, The Financial Times, 25 aprile 2014

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Mario Mancini

Laureatosi in storia a Firenze nel 1977, è entrato nell’editoria dopo essersi imbattuto in un computer Mac nel 1984. Pensò: Apple cambierà tutto. Così è stato.