Lo strano caso di Michel Foucault

di Ross Douthat

Mario Mancini
6 min readJun 5, 2021

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A sinistra lo scorcio di una manifestazione degli studenti durante il maggio di Parigi del 1968 e a destra un rally dei sostenitori di Donald Trump nel 2020. Naturalmente entrambi sono un fotomontaggio.

Biopolitica e cultura di sinistra

Una delle stranezze dell’ultimo anno nel dibattito politico in Occidente è questa: solo raramente è venuto fuori il nome del defunto filosofo Michel Foucault.

Non certo per mancanza di occasioni. Uno dei concetti chiave di Foucault, la “biopolitica”, una teoria che riguarda la capacità del sistema di potere statuale moderno di entrare nella vita biologica dei suoi cittadini, si è ampiamente attuata nelle risposte dei governi alla pandemia del Covid-19.

È stato il momento nel quale la cultura di sinistra, all’interno della quale il lavoro di Foucault è stato finora inscritto, ha improvvisamente scoperto che la propria egemonia si estende fin dentro i consigli di amministrazione della corporate America e perfino nelle stanze della C.I.A.

Qualcuno ha visto Foucault?

Forse non si è parlato troppo di Foucault per via di uno scandalo legato alla vita del filosofo? Foucault è stato accusato di aver pagato dei teenager a Tunisi negli anni ’60–70 per fare sesso . È proprio il tipo di situazione che potrebbe aprire un dibattito pan-ideologico sul fatto che l’icona del postmodernismo dal cranio rasato meriti o meno di andare incontro a una sorta di cancellazione culturale.

Quando ho cercato sulle pagine di questo giornale (una cartina di tornasole decente per misurare la rilevanza) quale attenzione abbiamo ricevuto, negli ultimi 12 mesi, le idee e gli scandali di Foucault ho scoperto al massimo qualche menzione e qualche passaggio qua e là.

Su Google Scholar, un diverso tipo di barometro per misurazioni di rilevanza, le citazioni che riguardano Foucault sono effettivamente diminuite nel 2020.

Soprattutto è successo che nei dibattiti sul lockdown, le quarantene e altri argomenti di attualità che si possono ricondurre al suo lavoro sociologico e antropologico, Foucault risultava largamente assente nel discorso liberal e di sinistra.

Lo scivolamento di Foucault

Non è stato lo scandalo Foucault a far sparire il filosofo dal dibattito pubblico nell’ambito del sistema di pensiero progressista, ma la ricollocazione delle sue idee.

Si veda a questo proposito l’intervento del giovane storico dell’Università di Chicago, Blake Smith, su una testata di stampo conservatore dal titolo [intraducibile] The unwoke Foucault.

La collocazione di Foucault nel 2021 non è solo una questione di interesse accademico; la sua mutevole collocazione ci dice molto sulle recenti evoluzioni sia della sinistra che della destra. La migliore guida a questo cambiamento è il lavoro di un docente della New York University di nome Geoff Shullenberger. Shullenberger ha scritto un paio di saggi che esplorano la valenza politica delle idee foucaultiane.

Foucault e le teoriucole del mondo Trump

È meglio leggere i contributi di Shullenberger in ordine cronologico inverso: iniziare con il suo lungo pezzo nell’ultimo numero di “American Affairs”, Come abbiamo dimenticato Foucault, che discute la singolare assenza del filosofo dai dibattiti sulla pandemia, per poi passare al saggio precedente, Theorycels in Trumpworld, che tratta della fioritura di teorie e di temi postmoderni tra quattro figure trumpiste della destra: Andrew Breitbart, Julia Hahn, Darren Beattie e Peter Tiel. Tutte queste figure prendo l’abbrivio dalla teoria critica della scuola di Francoforte, una sorta di marxismo critico culturale.

Nel loro insieme, queste teoriucole abbracciano una narrazione che può apparire senza senso all’inizio, ma diventa sempre più comprensibile una volta che se ne accettano le premesse: se il pensiero di Foucault postula una critica radicale di tutte le forme di potere e di controllo amministrativo, allora man mano che la sinistra culturale diventa egemonica e la destra culturale più marginale, la sinistra avrà meno bisogno delle teorie di Foucault, le quali possono iniziare a diventare invece patrimonio della nuova destra.

Una certa ambiguità politica, nota Shullenberger, esiste nello stesso pensiero di Foucault, che durante la sua vita si è fatto dei nemici nella sinistra marxista e ha trovato curiose affinità con il radicalismo islamico e il neoliberismo.

Il quasi-satanismo di Foucault

Per essere provocatori, si potrebbe dire che il filosofo francese è stata una figura quasi-satanica nei molteplici sensi del termine.

Personalmente rifiutava limiti agli appetiti individuali; che le accuse della Tunisia siano vere o meno, Foucault sosteneva esplicitamente la legittimità della pederastia.

Filosoficamente era uno scettico, un critico ultra raffinato— proprio come il Satana-angelo celeste che appare nel Libro di Giobbe — della crudeltà e della ipocrisia di qualsiasi ordine costituito all’interno del capitalismo maturo. Mirava a decostruire qualsiasi sistema di potere che pretendesse di avere la verità e la virtù dalla sua parte.

Questo orientamento rende il suo lavoro una leva per qualsiasi movimento in guerra con il “potere-conoscenza” costituito, tanto per usare il gergo foucaultiano stesso. Una affiliazione che può però diventare imbarazzante per un movimento, come quello della sinistra, che oggi si trova addosso la responsabilità dell’ordine del mondo, a partire dall’America.

La identificazione con il “potere-conoscenza”

E così gli spostamenti ideologici avvenuti nell’era pandemica e il riallineamento stesso del pensiero di Foucault, ci dice molto sull’equilibrio di potere in Occidente — dove la sinistra culturale si identifica sempre più come la nuova istituzione del “potere-conoscenza”, che esige compassione e lealtà piuttosto che accusa e critica, autorità piuttosto che ribellione.

Questo complesso di fenomeni è diventato ancora più evidente nel dibattito sul Covid-19. Si potrebbe immaginare uno scenario nel quale la sinistra, correttamente, avrebbe potuto farsi portavoce dello scetticismo nei confronti del parere degli esperti, delle chiusure indifferenziate e della vaccinazione di massa — impiegando proprio categorie foucaultiane per difendere l’autonomia corporea dell’individuo contro il sistema di controllo dello stato, corroborando il sospetto popolare contro il sapere ufficiale, rifiutando la gestione burocratica della salute come una forma mascherata per irrobustire il potere centrale. La sinistra poteva mettere in discussione il discorso dell’emergenza sanitaria pubblica, anche in nome della sua tradizione di pensiero.

Ma in questo modo i militanti di sinistra avrebbero finito con l’identificarsi di fatto con la destra populista e cospirativa.

La scelta della sinistra

Nel frattempo, la sinistra in generale ha optato per incapsulare la tecnocrazia nell’deologia progressista. Si è fatta propugnatrice di una visione del mondo nella quale la scienza ha sempre ragione. Ha ragione quando richiede l’isolamento per combattere le pandemie, ma si deve fare eccezione per le marce del movimento “Black Trans Lives” perché il Covid e il razzismo strutturale sono entrambe emergenze di salute pubblica. In questo caso legittimità scientifica e politiche identitarie sono intrecciate.

L’impulso ad associare legittimità e ordine informa molte azioni della sinistra in questi giorni. L’idea che la sinistra sia relativista appartiene a un’epoca in cui i progressisti si definivano principalmente nella contrapposizione al patriarcato cristiano etero-normativo bianco, con l’acido foucaultiano come solvente del vecchio regime.

Nessuno, guardando il progressismo di oggi all’opera, la chiamerebbe relativista: invece, l’obiettivo è sempre più quello di trovare nuove regole, nuove gerarchie, nuove categorie morali per governare il mondo post-cristiano, post-patriarcale, post-cisgender.

Un nuovo ordine morale

A questo scopo, le categorie dell’identità, originariamente viste come liberazione dalle rigidità del vecchio regime, sono sempre più usate per strutturare un proprio ordine morale: per definire chi si inchina a chi, chi può fare proposte sessuali a chi e quando, chi parla a nome di quale gruppo, chi riceve un rispetto speciale e chi un esame speciale, quale vocabolario è corretto e quali parole sono sospette e il tipo di corporazione e di protocolli burocratici che costituiscono la norma.

Nel frattempo, i conservatori, i nemici designati di questo regime emergente, si trovano attratti da idee che offrono ciò che Shullenberger chiama una “critica sistematica delle strutture istituzionali con cui opera il potere moderno” — anche quando queste idee appartengono ai loro vecchi nemici relativisti e postmodernisti.

Attenzione ai rimescolamenti

Questa è una tentazione la destra dovrebbe essere capace di resistere per non indirizzarsi verso derive inesplorate. Far diventare foucaultiani i conservatori non vale neppure l’ironia che questa metamorfosi alla Samsa può suscitare.

Sì, il filosofo francese era senza dubbio un certo tipo di genio; sì, come scrive Shullenberger, “le sue critiche alle istituzioni mettono in luce i limiti dei modi dominanti di fare politica”, incluso il modo che è in crescita a sinistra.

Ma l’antica critica conservatrice allo spirito corrosivo del relativismo è ancora ampiamente corretta. Ed è per questo che, anche quando essa sferra colpi decisivi contro il potere progressista, molto di ciò che sembra postmoderno nella destra dell’era Trump ha anche l’apparenza di essere malvagio, ingannevole, persino diabolico.

Alla fine, si può rifiutare il nuovo progressismo, opporsi al credo dell’intersezionalità — e avere ancora una sana paura di ciò che potrebbe accadere se si usano gli stessi strumenti del diavolo per abbattere il diavolo.

Da Ross Douthat, How Michel Foucault Lost the Left and Won the Right, The New York Times, 25 maggio 2021

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Mario Mancini

Laureatosi in storia a Firenze nel 1977, è entrato nell’editoria dopo essersi imbattuto in un computer Mac nel 1984. Pensò: Apple cambierà tutto. Così è stato.