Lo scoppio della Prima guerra mondiale

L’ultimatum austriaco alla Serbia (20 luglio 1914)

Mario Mancini
6 min readMar 26, 2020

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L’assassinio dell’arciduca Francesco Ferdinando e della moglie, compiuto nella cittadina di Serajevo (Bosnia-Erzegovina), in territorio appartenente alla monarchia austro-ungarica, il 28 giugno 1914, fu dovuto a membri della società irredentistica serba della “Mano Nera”, a tendenze estremistiche e terroristiche.

Molti membri di essa appartenevano anche alla “Narodna Obrana” (difesa nazionale), altra società anch’essa irredentistica ma a carattere non terroristico, e dotata perciò di maggiori possibilità di azione sul piano legale; e appunto attraverso la “Narodna Obrana” la “Mano Nera” poté stabilire contatti, al di là del confine, nella Bosnia-Erzegovina.

Nell’attentato erano implicate personalità in posizione elevata nell’amministrazione serba: ma l’inchiesta ordinata dalle autorità austro-ungariche non poté accertarne immediatamente le responsabilità, che furono rivelate solo più tardi, sì che il governo di Vienna preferì non rendere noti in sede internazionale i risultati dell’inchiesta.

Tuttavia, nei circoli dirigenti della monarchia austro-ungarica, e particolarmente nel cancelliere conte Leopold Berchtold, spinto in questo senso dal capo di stato maggiore generale, Franz Conrad von Hoetzendorf (mentre sulle prime si mostrò decisamente avverso il presidente del consiglio ungherese, conte Istvàn Tisza, contrario ad un ulteriore accrescimento del numero degli slavi nella Monarchia), si fece subito strada la persuasione che l’Impero asburgico non poteva tollerare questa nuova gravissima provocazione serba senza esporsi alla totale dissoluzione interna a causa delle tensioni nazionali, e alla perdita dello “status” di grande potenza di fronte all’estero: e che perciò si doveva mirare a distruggere il focolaio di agitazione antiasburgica costituito dallo Stato serbo, piuttosto che accontentarsi di un semplice successo diplomatico.

Questo punto di vista venne approvato il 5 luglio dall’imperatore di Germania Guglielmo II, in un colloquio nel Neues Palais di Potsdam con l’ambasciatore austriaco a Berlino, conte Làszlò Szògyény-Marich, e confermato il giorno dopo dal cancelliere germanico Theobald von Bethmann-Hollweg. La linea politica tedesca era dunque favorevole a uno schiacciamento militare della Serbia da parte dell’Austria-Ungheria, considerato ormai indispensabile per la salvaguardia del prestigio internazionale dell’alleata.

La Germania confidava però di poter localizzare il conflitto ed evitare che esso degenerasse in guerra europea mediante un aperto schieramento dell’Impero tedesco a fianco dell’Austria, che, si sperava, avrebbe dissuaso le altre potenze, e anzitutto la Russia, dall’intervento, analogamente a quanto era avvenuto nel 1908 in occasione della crisi bosniaca.

In tal modo il governo austriaco preparò un ultimatum consapevolmente formulato in termini inaccettabili per la Serbia. Per la consegna si attese dapprima la conclusione dell’inchiesta e poi la partenza del presidente della repubblica francese Poincaré e del presidente del consiglio Réné-Raphaèl Viviani per una visita ufficiale a Pietroburgo, in modo che alla notizia dell’ultimatum il governo francese si trovasse provvisoriamente privo dei suoi supremi dirigenti.

In tal modo, però, la consegna dell’ultimatum, effettuata il 23 luglio alle ore 18 dall’ambasciatore austriaco a Belgrado, barone Wladimir Giesl, giunse a quasi quattro settimane dall’attentato di Serajevo, quando l’indignazione prodotta nel mondo si era in buona parte attenuata, e l’Austria perdette così un importante vantaggio psicologico davanti all’opinione pubblica mondiale.

La risposta serba, inviata dopo frenetiche consultazioni, fu assai abile nella sua moderazione: il governo serbo accettava infatti tutte le richieste austriache tranne quelle evidentemente lesive della sovranità serba, e offriva di sottoporre il problema al tribunale internazionale dell’Aja se l’Austria non fosse stata soddisfatta.

Senonché, il 25 luglio 1914, alle 18, l’ambasciatore austriaco Giesl, considerando insoddisfacente la risposta serba, lasciò Belgrado; e, nonostante i tentativi britannici di mediazione, l’Austria, com’è noto, dichiarò guerra alla Serbia il 28 luglio.

Si rivelò allora l’errore di calcolo della diplomazia tedesca: nonostante gli sforzi della Germania per ottenere una “localizzazione” del conflitto, la Russia ordinò dapprima la mobilitazione parziale e poi la mobilitazione generale delle sue forze armate (29 luglio).

Scattò in tal modo il meccanismo delle mobilitazioni, dominato dal fattore tempo nel timore di ciascuno di essere sopravanzato dall’avversario: fattore specialmente importante per la Germania, che contava su uno schiacciamento rapido della Francia prima che le forze russe potessero agire efficacemente.

Ma anche ciò finì per volgersi contro i tedeschi, perché l’invasione del Belgio, ritenuta indispensabile per l’aggiramento delle difese francesi, finì per provocare anche l’imprevisto schieramento dell’Inghilterra a fianco della Russia e della Francia.

Cfr. in Strupp, Documents, cit., vol. III, p. 10 l’originale francese dell’ultimatum e ivi, p. 14, la risposta serba. Si dà qui la traduzione italiana dell’ultimatum in E. Anchieri, Antologia storico-diplomatica. Raccolta ordinata di documenti diplomatici, politici, memorialistici, di trattati e convenzioni dal 1815 al 1940, pp. 349–50. Sulle vicende che portarono all’ultimatum, cfr., nella immensa letteratura, Albrecht-Carrié, Storia diplomatica dell’Europa dal Congresso di Vienna ad oggi, trad. ital., Bologna, Cappelli; 1964, pp pp. 427 sgg.

Il testo dell’ultimatim

L’I. R. Governo si vede costretto ad esigere dal Governo serbo un’assicurazione ufficiale che esso condanna la propaganda rivolta contro l’Austria-Ungheria… Al fine di dare a questi impegni un carattere solenne, il R. Governo serbo pubblicherà sulla prima pagina del suo organo ufficiale del 26/13 luglio la seguente dichiarazione:

«Il Governo reale di Serbia condanna la propaganda diretta contro l’Austria-Ungheria, ossia l’insieme di quelle tendenze che mirano, in ultimo a distaccare dalla Monarchia austro-ungarica territori che le appartengono, e deplora sinceramente le conseguenze funeste di queste azioni delittuose. Il Governo reale serbo è dolente che ufficiali e funzionari serbi abbiano partecipato a tale propaganda e abbiano compromesso con ciò le relazioni di buon vicinato a cui il Governo reale si era impegnato con la sua dichiarazione del 31 marzo 1909. Il Governo reale, che disapprova e respinge ogni idea ed ogni tentativo d’ingerenza nel destino degli abitanti di qualsiasi parte dell’Austria-Ungheria, considera come suo dovere avvertire formalmente gli ufficiali e i funzionari e tutta la popolazione del Regno che, d’ora in poi, procederà col massimo rigore contro le persone che si rendessero colpevoli di simili azioni, che esso porrà ogni sforzo nel prevenire e reprimere.

Il Governo reale serbo s’impegna inoltre:

1. — A sopprimere ogni pubblicazione che ecciti all’odio e al dispregio della Monarchia o sia in genere diretta contro l’integrità territoriale di essa;

2. — sciogliere immediatamente la «Narodna-Odbrana», a sequestrare tutti i suoi mezzi di propaganda e a procedere nello stesso modo contro le altre società ed associazioni della Serbia che svolgono una propaganda contro l’Austria-Ungheria;

3. — Ad eliminare senza indugio dalla scuola pubblica ogni persona ed ogni mezzo didattico che serva o possa servire ad alimentare la propaganda contro l’Austria-Ungheria;

4. — Ad allontanare dal servizio militare e dall’amministrazione tutti gli ufficiali e i funzionari colpevoli di propaganda contro l’Austria-Ungheria;

5. — Ad accettare la collaborazione in Serbia di rappresentanti dell’I.R. Governo per la repressione del movimento sovversivo diretto contro l’integrità territoriale della Monarchia;

6. — Ad aprire un’inchiesta giudiziaria contro i partecipi al complotto del 28 giugno che si trovino in territorio serbo; organi delegati dall’I. R. Governo parteciperanno alle indagini relative;

7. — A procedere con ogni urgenza all’arresto del maggiore Voija Tankosic e di Milan Ciganovic, funzionario serbo, i quali risultano compromessi dai risultati dell’indagine;

8. — Ad impedire con efficaci misure la partecipazione di funzionari serbi al traffico illecito di armi e di esplosivi attraverso la frontiera; a licenziare e a punire severamente i funzionari di frontiera che a Schabatz e a Loznica avevano facilitato l’uscita agli autori del delitto di Serajevo;

9. — A fornire all’I. R. Governo spiegazioni sulle ingiustificabili dichiarazioni di alti funzionari serbi in Serbia e all’estero i quali non hanno esitato, dopo l’attentato del 28 giugno, malgrado la loro posizione ufficiale, ad esprimersi in alcune interviste in modo ostile verso l’Austria-Ungheria;

10. — A notificare senza indugio all’I. R. Governo l’esecuzione delle misure contemplate nei punti precedenti.

L’I. R. Governo attende la risposta del Governo Reale al più tardi fino a sabato 25 c. m., ore 6 pomeridiane.

Fonte: Rosario Romeo e Giuseppe Talamo (a cura di), Documenti storici. Antologia, vol. II L’età conteporanea, Loescher, Torino, 1966.

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Mario Mancini
Mario Mancini

Written by Mario Mancini

Laureatosi in storia a Firenze nel 1977, è entrato nell’editoria dopo essersi imbattuto in un computer Mac nel 1984. Pensò: Apple cambierà tutto. Così è stato.

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