Lo cunto de li cunti

Eros e Thanatos nel cinema sull’età di mezzo

Mario Mancini
7 min readApr 16, 2023

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Individuare la lista dei film che vi propongo ha richiesto una certa fatica, anche di visione: mi piace perciò condividerla, sfidandone la pazienza, con i lettori.

Lancillotto e Ginevra

1974; regia di Robert Bresson; con Luc Simon (Lancillotto); Laura Duke Condominas (Ginevra); 1h 25m; in DVD San Paolo

Non c’è un grano di eros nell’asciutto film di Bresson. C’è invece molto del suo gemello, il senso di morte cadenzato dallo sferraglìo delle corazze, dallo scalpicciare dei cavalli disarcionati che patiscono la violenza insensata degli uomini. Solo la raccapricciante scena finale, esposta in tutta la sua crudezza, è la cifra con cui il regista ritrae la drammatica fine del sodalizio d’onore dei cavalieri della Tavola rotonda e del sodalizio d’amore tra Lancillotto e Ginevra.
Spunto di riflessione: La purezza è il culmine dell’eros. [Ma di purezza si muore].

Trilogia della vita

Decameron, I racconti di Canterbury, Il fiore delle mille e una notte
1971–1974; regia di Pier Paolo Pasolini; con Ninetto Davoli, Franco Citti, Laura Betti, Ines Pellegrini; 6h 15m; su
YouTube

C’era una volta la brama di vita e un tempo nel quale quella brama si materializzava nell’erotismo spontaneo e arcaico dei corpi innocenti. Poi venne il potere e il capitale a sovvertire questo stato di felice spontaneità. Accadde che la gente ne smarrì la pratica e il senso, rimossa e sostituita dalla frode del consumismo. Tre film che mostrano quel mondo perduto e travalicano, come le opere che ne sono l’ispirazione, il tempo, le mode e i costumi. Nel film conclusivo della trilogia, Il fiore delle mille e una notte, Pasolini raggiunge una vetta insuperata del suo cinema di poesia. Costumi, scenografie e location straordinari. Poi Pasolini ha “abiurato” la trilogia.
Spunto di riflessione: Il corpo è bellezza. La proibizione è immorale.

Il settimo sigillo

1957; regia di Ingmar Bergman; con Max von Sydow, Gunnar Björnstrand, Bengt Ekerot; 1h 36m; B/N; su Prime video, Apple TV a noleggio

Ecco che il nobile cavaliere Antonius Block ritorna dalle Crociate e chi trova ad attenderlo? La morte incappucciata con la falce. Antonius ottiene, però, un rinvio: tutto si giocherà in una partita finale a scacchi. In questo iato il cavaliere affronta un viaggio che lo costringe a confrontarsi con il dolore, la paura, la distruzione della peste, con l’ignoto, ma anche con la vitalità e la voglia di vivere. Finché arriva l’ultima ora, quella dello scacco matto perché alla morte “niente e nessuno sfugge”. E invece qualcosa le sfugge. Immenso capolavoro del cinema di tutti i tempi.
Spunto di riflessione: Pure il Partito comunista cinese viaggia con la falce e gioca a scacchi con il mondo. Ci sta aspettando per darci scacco matto? [Sì, ma arriverà prima la falce].

Racconti immorali

1974; regia di Walerian Borowczyk, Florence Bellamy (Lucrezia Borgia), Jacopo Berinizi (Papa Alessandro VI); Lorenzo Berinizi (Cesare Borgia); 1h 45m; su Prime Video

Film a episodi nel quale l’erotismo è spogliato di qualsivoglia sovrastruttura ed è esposto nella sua essenza di corpi, desiderio e carnalità. Una vera e propria sfida al “comune senso del pudore” che fu raccolta già all’epoca e che forse oggi neppure potrebbe esistere. In rigorosa decrescita temporale si arriva all’episodio di Lucrezia Borgia dove nelle stanze vaticane tra crocifissi e paramenti sacri si consumano gli “scandalosi comportamenti” la cui furiosa denuncia condurrà il frate Girolamo Savonarola al rogo. Molto esplicito, nonostante i tagli imposti dalla censura e dal comune senso del pudore.
Spunto di riflessione: Papa Francesco farà la fine del Savonarola denunciando certe abitudini di ecclesiastici e credenti? [Francesco ha un’enorme intelligenza triste; la curia è solo furbacchiona].

Andrej Rublëv

1966; regia di Andrej Tarkovskij; con Anatolij Solonicyn; 3h 26m; B/N; su Film Box, YouTube (russo con sottotitoli in inglese)

Russia del 1400 attraversata da violenza e razzie. Il pittore errante Andrej Rublëv ha deciso di smettere di dipingere e perfino di parlare. Nel suo desolato errare tra guerra, terrore, torture e morte, si imbatte in un miracolo della vita: il giovane figlio di un mastro campanaro, morto con il suo segreto, forgia una enorme campana di bronzo scongiurando l’efferata rappresaglia dei tartari invasori. Tutti si sciolgono in un pianto liberatorio e Rublëv decide di tornare a parlare e dipingere.
Spunto di riflessione: Dal fango spesso scaturisce la vita. [Tripudio finale dell’apparizione dei colori…]

Mandragola

1965; regia di Alberto Lattuada; con Rosanna Schiaffino, Philippe Leroy, Romolo Valli, Totò; 1h 37m; su YouTube

Regista colto, raffinato, molto sensibile al fascino dei sensi, con questo film Lattuada inaugura, come leggiamo su Wikipedia, il genere cinematografico “decamerotico colto”. Questa Mandragola è un assai libero adattamento della commedia di Machiavelli con svariate aggiunte. Leggo che l’arcivescovo di Urbino, città in cui fu in parte girato il film, vietò a Lattuada e alla sua troupe l’accesso ai conventi e a ogni edificio ecclesiastico dell’urbinate. Una meravigliosa Rosanna Schiaffino nella parte di Lucrezia Calpucci. Volto ben poco fiorentino quello di Philippe Leroy nella parte di Callimaco.
Spunto di riflessione: Il desiderio non ha bisogno di vestire Prada. [VERO, però aiuta…]

Maraviglioso Boccaccio

2015; regia di Paolo e Vittorio Taviani; con Lello Arena, Kasia Smutniak, Carolina Crescentini, Riccardo Scamarcio, Kim Rossi Stuart; 2h; su Prime Video, RaiPlay

Questo “maraviglioso” Decameron è un colto divertimento dei Fratelli Taviani, ultraottantenni al ciak del film. Le cinque novelle boccaccesche scelte dai registi sono svolte in modo casto, cortese e idealizzato. Non vi ritroviamo affatto il mondo popolare, corporeo e materiale di Pasolini, ma quello cavalleresco permeato di valori di fedeltà, lealtà, gentilezza e nobiltà d’animo. Il disordine pasoliniano si muta in una prospettiva di ottimismo e in un atto di fiducia nei confronti dei giovani e del futuro. Si potrebbe interpretare come il testamento etico dei due registi toscani.
Spunto di riflessione: I giovani sono il futuro del mondo. [VERO, però aiuta poco…]

Romeo e Giulietta

1968; regia di Franco Zeffirelli; con Olivia Hussey, Leonard Whiting; 2h18m; su Prime Video

Film raffinato, estetizzante ed elegante che si è aggiudicato due premi Oscar e infiniti riconoscimenti anche da parte della critica più severa. Interpreti due attori giovanissimi, ancora minorenni: Olivia Hussey 16 anni e Leonard Whiting 17. Zeffirelli voleva rimanere aderente al testo shakespeariano che segue due adolescenti nella Verona dilaniata dalla rivalità tra le famiglie dei Capuleti e dei Montecchi. Il film, permeato di un sottilissimo erotismo che scaturiva dalla grazia dei gesti e delle posture dei protagonisti (di cui era facilissimo innamorarsi), incappò nelle furie della censura in Italia e negli Stati Uniti. Alla Hussey fu addirittura proibita la visione della scena dove scopre il seno. Sembra che abbia detto al censore: “Signore, io lo vedo tutte le mattine”. Superba la fotografia d Pasqualino De Santis e i costumi di Danilo Donati, entrambi premiati con l’Oscar. Zeffirelli al top.
Spunto di riflessione: Fratelli, a un tempo stesso, Amore e Morte / Ingenerò la sorte… [Eh, Giacomino sì che se ne intende].

Il racconto dei racconti

2015; regia di Matteo Garrone; con Salma Hayek, Vincent Cassel, Toby Jones; 1h 34m; su Netflix, RaiPlay

Grande prova di Matteo Garrone che ha ottenuto sette minuti di applausi alla proiezione a Cannes e ben sette David di Donatello. Muovendosi tra location bellissime sulle quali insiste e indugia la macchina da presa e nelle quali si dispiegano i comportamenti dispotici e nefandi di regine e re spogli di pietà e morale, il finale del racconto dei racconti sembra suggellare l’affermazione della passione, della solidarietà e del desiderio sull’ossessione, l’inganno e l’indecenza. Il “sembra” però è d’obbligo. Coraggioso e intenso il discorso sulla diversità.
Spunto di riflessione: L’oscenità del potere, l’energia della diversità.

Dante

2022; regia di Pupi Avati; con Sergio Castellitto, Alessandro Sperduti, Carlotta Gamba; 1h 34m; Al cinema

Un tema davvero difficile da svolgere al cinema quello della vita di Dante Alighieri. Pupi Avati ci riesce ammirevolmente affidandosi alla mediazione di Giovanni Boccaccio e al suo Trattatello in laude di Dante. Vediamo un Dante-persona nella sua dimensione terrena e concreta di giovane, di innamorato, di soldato, di priore e ambasciatore, di profugo e di poeta che va sempre con i suoi pensieri alla città e agli affetti che ha lasciato e che non avrà occasione di ritrovare. C’è molta poesia dei sentimenti. Stupisce il fatto che nessuna scena sia stata girata in Toscana e che neppure il film abbia ottenuto il contributo della Toscana Film Commission che si sarebbe affiancato a quelli delle regioni Emilia Romagna e Umbria che hanno elargito.
Spunto di riflessione: Firenze ha ancora un conto aperto con Dante? (Eccome !!! Deve ancora chiedergli scusa per l’esilio).

Ultima segnalazione, ma solo per i duri.

Il cuore del tiranno. Boccaccio in Ungheria

1981; regia di Miklós Jancsó; con György Cserhalmi, Ninetto Davoli; 1h 42m: su Internet Archive (qui, solo in ungherese)

Ho visto questo film in ungherese e pertanto ne parlo con una certa difficoltà. Film caotico, anarcoide, magmatico richiama anche un certo surrealismo del primo Buñuel. È la pienezza dell’inconfondibile stile del regista ungherese. In questa pellicola Jancsó spiluzzica dai suoi grandi maestri, Fellini per certe scene circensi, oniriche e visionarie, e Antonioni per la tecnica del piano sequenza. Ma il minestrone è gustoso. Il film è una invettiva corrosiva, bruciante e definitiva contro il potere liberticida. Bello e quasi impossibile da guardare.
Spunto di riflessione: non tutti sono quelli che dichiarano di essere. Bisogna fare attenzione alle mentite spoglie.

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Mario Mancini

Laureatosi in storia a Firenze nel 1977, è entrato nell’editoria dopo essersi imbattuto in un computer Mac nel 1984. Pensò: Apple cambierà tutto. Così è stato.