L’apocalisse di allora

… e quella di oggi. L’ultimo libro di Peter Frankopan

Mario Mancini
12 min readMar 5, 2023

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Un particolare del post “I quattro cavalieri dell’apocalisse”, un film di Vincente Minnelli del 1962 con Glenn Ford, Ingrid Thulin e Charles Boyer.

Storia naturale e storia dei sapiens

Lo storico e imprenditore alberghiero, Peter Frankopan, è professore di storia globale a Oxford e direttore dell’Oxford Centre for Byzantine Research. Frankopan ha recentemente pubblicato con Bloomsbory un libro di 750 pagine molto importante, The Earth Transformed: An Untold History, Bloomsbury Publishing PLC, 2023.

È un libro di storia globale nel senso più lato del termine, una storia del tutto. Infatti considera le connessioni e il rapporto di causa effetto tra l’evoluzione naturale, i fenomeni ambientali e l’azione degli insediamenti umani nel modellare la storia globale del mondo.

Il tema centrale del libro e la trasformazione della Terra da parte queste forze che si intersecano in ogni momento della storia. Non contento di esplorare come le fortune del sapiens siano state modellate dal clima, cerca anche di spiegare come il sapiens ha trasformato le fortune della Terra.

Fino al 15° secolo, la narrazione si muove avanti e indietro tra shock climatici esogeni e l’espansione dell’uso del suolo utilizzato dal sapiens. L’equilibrio si sposta su quest’ultimo una volta avvenuta la conquista europea delle Americhe.

In questo intervento Frankopan ripercorre migliaia di anni di shock climatici e disastri naturali e si chiede che cosa possiamo imparare dalla risposta che l’umanità ha dato a questi fenomeni per capire che cosa fare oggi.

Buona lettura!

Il fattore clima

Tre cose esercitano un’influenza costante sulle menti degli uomini”, scriveva Voltaire a metà del XVIII secolo: “il clima, il governo e la religione”. Le ultime due non sorprenderebbero nessun giovane storico: sono argomenti classici in quasi tutti i saggi di storia. Il clima, invece, potrebbe sembrare un’aggiunta singolare di Voltaire al suo elenco. Tendiamo a pensare al cambiamento climatico come a una preoccupazione precipuamente di noi contemporanei.

I cambiamento nel mondo di oggi avvengono con una inusitata velocità, un’accelerazione che è dovuta principalmente al comportamento e ai modelli di consumo dell’uomo. Se non si interviene di più per ridurre i gas serra, presto nell’atmosfera ci sarà più carbonio di quanto ce ne sia stato per milioni di anni.

Come ha detto l’autorevole scrittore David Wallace Wells, circa l’85% dell’utilizzo di combustibili a base di carbonio è avvenuta dalla fine della Seconda guerra mondiale, oltre la metà di tale utilizzo si è avuto da quando è stato trasmesso il primo episodio di Seinfeld (su Netflix) o da quando Boris Becker ha vinto il suo terzo e ultimo titolo di Wimbledon. Cioè dal 1989 a oggi.

Se la domanda di energia e l’emissione di grandi quantità di gas serra hanno avuto un impatto sulle concentrazioni di anidride carbonica nell’atmosfera, anche il degrado dell’ambiente naturale dovuto ad altre fonti è stato brutale.

L’inquinamento da polveri sottili causato dalla combustione di combustibili fossili, di rifiuti o semplicemente dall’usura dei pneumatici delle auto, ha causato 10 milioni di morti premature nel 2018 in tutto il mondo. Poi ci sono i detriti della plastica che sono presenti in tutti i principali bacini oceanici da oltre un decennio. Le indagini sull’Artico hanno rilevato una media di 40 particelle di microplastica per ogni metro cubo di acqua marina.

Siamo arrivati al punto in cui gli scienziati ci dicono che non solo siamo di fronte a una possibile estinzione di massa, ma che questa è già in corso. La storia — e non solo quella umana — può aiutarci a dare una risposta alle preoccupazioni dell’era moderna relative al clima?

La fragilità degli ecosistemi

L’ansia per la fragilità degli ecosistemi è antica quanto il mondo. La storia della Creazione è al centro delle fedi abramitiche dell’Ebraismo, del Cristianesimo e dell’Islamve tutte si concentrano sulle idee di abbondanza, stabilità e benevolenza divina. La sfida ai comandamenti di Dio, invece, non solo portò all’espulsione di Adamo ed Eva dal Giardino dell’Eden, ma lasciò loro e i loro discendenti — tutti gli esseri umani e la natura, in altre parole — in balia di siccità e inondazioni, fame e sofferenza.

La storia è molto simile nei differenti sistemi di credenze e di pensiero: irritare Dio o gli dei provocava punizioni che di solito portavano conseguenze ambientali nefaste. Il “mandato del cielo” che conferiva ai governanti imperiali delle varie dinastie cinesi l’autorità e la legittimità di governare era in parte legato a principi di moralità, ma si manifestava in modo più evidente (o meno) attraverso l’effettuarsi di condizioni climatiche favorevoli: i governanti che godevano del favore divino erano benedetti da piogge e da un sole benigno; quelli che non ne godevano erano puniti con violenti eventi atmosferici avversi che spazzavano via i raccolti, o con l’assenza totale di precipitazioni.

Oppure si verificavano castighi ancor più drammatici, come la distruzione di Sodoma e Gomorra, che erano così infestate dal peccato che Dio scelse di far piovere zolfo ardente dal cielo, avvolgendo le città con “un fumo denso che si levava dalla terra, come il fumo di una fornace”.

Questo è un modo per dare una spiegazione all’esplosione di un corpo cosmico (il fumo denso che sale dalla terra come il fumo di una fornace) che all’incirca ne 1650 a.C. ha raso al suolo la città di Tall el-Hammam, nella valle meridionale del Giordano. Le massicce mura della città, spesse quattro metri, sono state distrutte, così come gran parte del complesso dei palazzi.

Le ricostruzioni dell’evento stimano che le temperature superarono i 2.000°C. Tutti gli insediamenti nel raggio di 25 km furono abbandonati per secoli, in parte a causa dell’effetto dell’ipersalinità del suolo in seguito all’afflusso di sale dovuto all’esplosione — qualcosa che potrebbe anche spiegare la storia della moglie di Lot, che secondo il Libro della Genesi sarebbe stata trasformata in una colonna di sale.

Eventi come questi indicano gli sforzi di chi viveva migliaia di anni fa per dare un senso agli shock climatici. È vero che c’è molto da imparare dagli impatti delle eruzioni vulcaniche, dell’attività solare, dell’eccentricità dell’orbita terrestre e delle variazioni del fenomeno climatico di El Niño-Oscillazione Meridionale.

Lo sfruttamento del suolo e consumi non sostenibili

Tuttavia, quando si parla di vulnerabilità, le principali fonti di rischio in ogni periodo della storia dell’umanità — e non solo nel presente — derivano soprattutto dai problemi causati dall’eccessivo sfruttamento del suolo e da abitudini di consumo non sostenibili.

Un buon esempio è dato dal ruolo svolto dalle città nella storia. I primi insediamenti urbani — in regioni come la Mesopotamia, il Nilo e i fiumi Giallo e Yangtze — hanno portato all’evoluzione delle gerarchie politiche e religiose, alla nascita del concetto di proprietà privata e di possesso della terra, nonché allo sviluppo di sistemi di scrittura e di leggi, tutti elementi che hanno permesso alle élite di estendere e concentrare il proprio potere.

Ciò ha reso le città e le loro popolazioni il punto focale delle analisi degli storici, nel senso che entrambe erano vulnerabili agli shock di approvvigionamento, sia come sbocco di conflitti, sia come conseguenza di una domanda superiore all’offerta o di eventi meteorologici avversi che potevano produrre carenza di risorse che a loro volta alimentavano l’inflazione, i disordini sociali e, nei casi peggiori, la diffusione di morti su larga scala a causa di carestie e malattie.

I popoli nomadi, il cui ruolo nella storia non è stato abbastanza trascurato, non erano certo esenti da tali shock. Infatti, alle volte, nelle steppe dell’Asia centrale, le perdite di bestiame a causa di eccezionali ondate di freddo potevano provocare la morte di milioni di animali che erano fonte di proteine e tessuti, oltre che di status e potere.

All’inizio del VII secolo, la confederazione nomade dei Turchi crollò proprio quando stava per creare quello che sarebbe stato uno dei più grandi imperi della storia. Invece, questo risultato fu ottenuto 700 anni dopo dai Mongoli, che riuscirono a collegare insieme terre che si estendevano dal Pacifico fino all’Europa centrale.

La forza lavoro

Le città era in competizione per la manodopera. Alcune delle prime– come Shimao, nell’attuale Cina, o Babilonia, nell’attuale Iraq — avevano difese molto più grandi di quelle che qualsiasi armata ostile avrebbe potuto superare: Erodoto descrive le mura di Babilonia come spesse più di 20 metri e alte 100. Sebbene le mura imponenti potessero essere una ostentazione della magnificenza di una città, sembra probabile che in molti casi il ruolo svolto dalle mura non fosse quello di tenere lontane le persone.

In molti casi pare che il ruolo svolto dalle mura non fosse quello di tenere fuori le persone, ma piuttosto di tenerle dentro. Rimodellare la natura per soddisfare le esigenze umane richiedeva forza lavoro per piantare, coltivare e mietere i raccolti essenziali per gli abitanti della città. Le mura servivano anche a evitare che i rivali potessero sfruttare la forza-lavoro per i propri scopi.

Dello stesso fenomeno si ritrova quando si parla di lavoro coatto in altri periodi e in altre parti del mondo. Ad esempio, quando gli sforzi europei per creare un complesso di piantagioni nell’Africa occidentale si rivelarono vani, l’attenzione si spostò su regioni del Sud America, dei Caraibi e della parte meridionale degli Stati Uniti, con climi e terreni ideali per la coltivazione di colture da reddito come il cotone, lo zucchero e il tabacco, le quali richiedevano un notevole apporto di manodopera.

La fertilità del suolo

Ciò è dovuto in gran parte alla causalità dei grandi cambiamenti climatici del passato: durante il Cretaceo, 145–166 milioni di anni fa, il mondo era più caldo e il livello del mare più alto di oggi. Nella parte meridionale degli Stati Uniti, enormi formazioni calcaree furono state sollevate dal plancton compresso e da altre forme di vita marina che si sono estinte quando il mondo si è raffreddato e il livello del mare si è abbassato.

Ne risultarono terreni estremamente fertili, ricchi e scuri, ideali per l’agricoltura intensiva. Si cercava manodopera al prezzo più basso possibile. Questa necessità, a sua volta, ha portato alla coercizione, alla sofferenza, alla disuguaglianza e ai pregiudizi razziali — e ha dato forma alla politica globale.

Era semplice, scriveva Daniel Defoe nel XVIII secolo: “senza schiavitù in Africa non ci sarebbe stato lo zucchero; se non c’era lo zucchero, non c’erano le isole; se non c’erano le isole, non c’erano il continente e il commercio. E senza commercio non ci sarebbe stato l’impero”.

C’è un parallelo evidente con la distribuzione dei principali giacimenti mondiali di idrocarburi, la cui importanza è salita alle stelle con la rivoluzione petrolifera del XX secolo e che ha portato il Medio Oriente e la Russia al centro della geopolitica, con conseguenze che oggi sono estremamente evidenti.

La lotteria ecologica

Questa lotteria ecologica e climatica è stata fondamentale per la storia. Per esempio, la maggior parte del carbone che ha alimentato la Rivoluzione industriale si è formata da detriti vegetali nel Carbonifero e nel primo Permiano, circa 300 milioni di anni fa, a causa di un massiccio calo dei livelli di anidride carbonica nell’atmosfera.

Accidentalmente, nel caso della Cina, i giacimenti di carbone erano situati lontano dai centri abitati che ne abbisognavano, a differenza del Regno Unito, dove i giacimenti erano poco costosi da sfruttare e il carbone facile da trasportare a Londra e nelle altre città che di conseguenza fiorirono. Nel 1850, 18 milioni di persone in Gran Bretagna consumavano tanta energia quanta ne consumavano 300 milioni in Cina.

La comprensione del ruolo che l’ambiente naturale ha avuto nel plasmare la storia dell’uomo va ancora oltre: i terreni e i suoli più adatti a forme di agricoltura meno intensiva, come la coltivazione del grano, richiedevano livelli di input più bassi e profitti minori, con il risultato che tali terreni hanno favorito una migliore distribuzione delle risorse tra la popolazione e hanno avuto la tendenza, nel corso della storia, a essere più egualitari.

Lo sfruttamento delle risorse

E, naturalmente, forse il più importante di tutti è stato il modo in cui la Terra è stata trasformata dallo sfruttamento delle risorse. Queste sono cambiate nel tempo, a volte a causa del cambiamento dei gusti, a volte come risultato dell’emergere di nuove tecnologie, che a loro volta sono state spesso legate alla disponibilità di beni che potevano essere derivati dalla flora e dalla fauna.

Alla fine del 1890, in quella che oggi è la Malesia, erano stati piantati solo 145 ettari di alberi della gomma; entro la Prima guerra mondiale, mezzo milione di ettari erano stati disboscati per piantare semi di hevea (gomma) provenienti dall’Amazzonia, al fine di soddisfare la domanda, soprattutto, in Europa e negli Stati Uniti.

Oppure c’era la corsa all’avorio, utilizzato per qualsiasi cosa, dagli stuzzicadenti alle palle da biliardo, ai tasti del pianoforte, tutti molto ricercati nelle case che diventavano sempre più prospere nel XIX secolo; o all’olio di balena, che era una fonte primaria di combustibile per le lampade; o al guano — escremento di uccelli — che aveva qualità quasi miracolose come fertilizzante.

Tutto ciò ha rimodellato il mondo in cui viviamo, scatenando conflitti come la Guerra del Pacifico (1879–1884). Oppure le massicce migrazioni degli ultimi 200 anni, che hanno coinvolto 100 milioni di persone tra il XIX e l’inizio del XX secolo e che oggi si rispecchiano nei movimenti di popolazione, soprattutto in Asia, dove gli ultimi tre decenni è avvenuto il processo di urbanizzazione più grande della storia.

Il rimodellamento del rapporto uomo-ambiente

Tutti questi fattori hanno contribuito a rimodellare il nostro modo di vivere e l’ambiente naturale che ci ospita. Livelli di scambio più elevati hanno stimolato non solo il commercio, ma anche la diffusione delle idee, consentendo progressi nelle scienze e nelle discipline umanistiche.

La rapidità dei viaggi e delle comunicazioni ha unito i diversi angoli del mondo, aprendo così la strada alla globalizzazione e alle sue conseguenze, sia positive che negative, negli ultimi decenni.

Alcuni economisti si concentrano sugli aspetti positivi della globalizzazione, come l’aumento dei livelli di alfabetizzazione, la riduzione delle morti per parto e della mortalità infantile, il maggiore accesso all’acqua potabile e all’istruzione.

Ma l’aspetto negativo più significativo è stato chiaramente la trasformazione dell’ambiente in modi che sono non solo insostenibili ma anche fatali per la vita sulla Terra. Il più preoccupante, ovviamente, è il riscaldamento globale.

Secondo alcuni ricercatori, un quarto della superficie degli Stati Uniti, dove attualmente vivono 100 milioni di persone, sarà esposto a temperature massime estive di poco superiori ai 50°C, così come avverrà in aree dell’Italia, della Spagna e della Francia.

Ci stiamo avviando verso un futuro in cui centinaia di milioni di persone sono a rischio nelle regioni densamente popolate dell’Asia sud-occidentale, nell’Asia meridionale, nelle valli fluviali dell’Indo e del Gange e nella Cina orientale a causa dell’effetto di “temperature bulbo umido”, che rende anche gli esseri umani più sani incapaci di tollerare più di qualche ora di esposizione anche in condizioni di ombra e ventilazione.

Nel Regno Unito, le infrastrutture energetiche risentono anche di modesti innalzamenti del livello del mare, con tutte le principali centrali elettriche in Scozia, Galles e Irlanda del Nord situate in zone costiere.

Come abbiamo visto nell’estate del 2022, l’evaporazione dei principali fiumi in Europa è stata così forte che il traffico fluviale non è stato in grado di svilupparsi; oppure c’è la Cina, dove la peggiore ondata di caldo degli ultimi 60 anni ha provocato carenze idroelettriche e la chiusura forzata di fabbriche, comprese quelle gestite da fornitori chiave di Apple e Intel.

La fragilità del sistema

Le minacce alla nostra stessa esistenza non si limitano soltanto allo sfruttamento sconsiderato delle risorse. Lo sviluppo di armi di distruzione di massa con la capacità di distruggere città e uccidere su scala immensa — e che porterebbero anche a cambiamenti drammatici delle condizioni atmosferiche, rendendo difficile la sopravvivenza per coloro che non sono direttamente colpiti da un evento di questo tipo — è solo un promemoria della fragilità della nostra stessa esistenza, con la vita sulla Terra appesa alla pressione su un pulsante.

E, naturalmente, non dobbiamo dimenticare il potere della natura e la sua capacità di plasmare il futuro di tutta la vita sulla Terra, compresa la nostra. La competizione per le risorse che sfocia in scontri, carestie e malattie fa parte di un ciclo costante di sopravvivenza e adattamento che riguarda tutte le specie.

Qui sta il problema: guardare indietro ai millenni, ai milioni di anni di storia, può fornire importanti prospettive su come il passato ha plasmato il mondo moderno. Può anche fornire alcune lezioni e indicazioni su come gli episodi di cambiamento del passato sono stati affrontati, con successo o meno.

Gli shock di approvvigionamento sono un esempio: le catene di approvvigionamento possono rompersi rapidamente sotto la pressione anche modesta di interruzioni dovute a malattie, instabilità politica e, naturalmente, impatti climatici.

Ciò che conta in questi momenti è la capacità di assorbire questa pressione, che può essere alleviata dall’indipendenza dell’approvvigionamento — soprattutto di cibo ed energia — e dalla disponibilità di scorte e riserve preventive. Come diceva Benjamin Franklin, se non ci si prepara, ci si prepara a fallire.

Se questo richiama gli echi dei problemi causati dalla recente pandemia, lo stesso vale per l’importanza del processo decisionale politico. In tempi di stress e di collasso, la distribuzione del benessere è stata fondamentale.

Uno dei motivi per cui l’Inghilterra ha prosperato nel XVII secolo e oltre è stato il fatto che alle parrocchie è stata affidata la responsabilità di prendersi cura dei poveri — cosa che ha spostato il rischio dal centro politico, ha incoraggiato le comunità a prendersi cura l’una dell’altra e ha scomposto i grandi problemi in piccoli problemi locali.

C’è un motivo per cui gli imperi sorgono e cadono, per cui le città vanno e vengono, per cui le istituzioni funzionano e per cui falliscono. Con le sfide di domani che iniziano ad arrivare oggi, non c’è momento migliore per pensare a come comprenderle, in modo da poter fare del nostro meglio per trovare soluzioni il più velocemente possibile.

Da: Peter Frankopan, Apocalypse then, “The Financial Times”, 4 marzo 2023

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Mario Mancini

Laureatosi in storia a Firenze nel 1977, è entrato nell’editoria dopo essersi imbattuto in un computer Mac nel 1984. Pensò: Apple cambierà tutto. Così è stato.