La ragione del sonno

di Paolo Marcucci

Mario Mancini
7 min readApr 11, 2021

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Fabrizio Clerici (1913–1993), Sonno romano, Galleria nazionale d’arte moderna,

La brama del sonno

Se un tempo il sonno della ragione generava mostri[1], oggi sembra invece che sia la mancanza di sonno della ragione a essere tornata al centro dell’interesse, visto che sempre più spesso non riusciamo ad addormentarci la sera e svegliarci al mattino. Se non altro per il business individuato dall’industria sul tema. Ikea ha lanciato lo slogan “Tomorrow starts tonight” (domani inizia stanotte), con vendita di accessori che accompagnino bene la persona verso il letto. Principio simile a quello adottato da Procter&Gamble per il lancio di integratori “ZzzQuil”, con testimone Fabio Rovazzi, che recita “Fenomeno? No, ho solo dormito meglio”.

Il modello aziendale americano, di matrice anglosassone, a differenza dei paesi latini dove le condizioni ambientali invece lo imponevano, aveva bocciato il riposino, il pisolino, la pennichella, perché la produzione non si doveva fermare. Tanto che, nella prima metà del secolo scorso, la scienza cercava la cura per il sonno, quasi fosse una malattia, una disfunzione, così da potere dedicare più tempo al lavoro e al tempo libero per i consumi.

Nell’ultimo periodo invece si sta scoprendo il valore che può avere il riposo postprandiale, definendolo addirittura “power siesta”, anche perché supportata da ricerche sui benefici produttivi in ambito lavorativo che un riposo di venti minuti può generare.

Anche i giapponesi, pur nella loro particolare e per molti versi anche non condivisibile, organizzazione lavorativa, praticano l’inemuri (dormicchiare alla scrivania o in pubblico, alle conferenze, ecc.), che infatti è considerato un segno di dedizione e attaccamento al lavoro.

La necessità del sonno

Cavallo che dorme

Ma che ragioni biologiche ci sono alla necessità del sonno? Sembra che tutti gli organismi con un sistema nervoso abbiano bisogno di dormire, dalle meduse ai pesci, dai topolini ai cani, per finire all’uomo. Le ragioni devono essere importanti, fondamentali alla vita stessa, se un comportamento simile si è conservato e confermato nel corso di tutta l’evoluzione, perché espone gli esseri viventi, senza nessuna difesa in quei momenti, ai predatori e ai nemici.

Una delle ultime ipotesi sembra sia quella che il sonno permette la riparazione dei danni al DNA dei neuroni, che piano piano si accatastano durante il periodo di veglia. Manutenzione resa possibile dal fatto che il cervello in sonno riceve stimoli in numero molto limitato, quasi fosse un’autostrada che dopo le ore di punta si possa riparare solo quando il traffico diminuisce sensibilmente.

In natura però esistono sempre le eccezioni, che non rientrano nello schema medio delle persone, e cioè che del sonno non possiamo farne a meno, come il caso narrato dalle cronache di una persona del Vietnam, Thai Ngoc, che pare non avere dormito per oltre 40 anni da quando all’età di 31 anni è stato colpito da una febbre non identificata[2].

Il Tormentum insomniae

Aldilà di questi casi limite, la mancanza di sonno è molto pericolosa e può portare a danni fisici irreparabili e anche alla morte: lo sanno bene gli uomini, di ogni epoca, che hanno usato spesso questo mezzo come forma di tortura[3]. Come Perseo nel 166 a.C., o Antonio Gramsci nelle carceri di Mussolini. Celebre è anche quanto raccontato da Begin, primo ministro israeliano alla fine degli anni ’70, che subì questa tortura in Unione Sovietica:

«La mente del prigioniero interrogato era offuscata, come se si fosse creata una nebbia. Il suo spirito è stanco a morte, le sue gambe sono instabili, e ha un unico desiderio: quello di dormire. Chiunque abbia sperimentato questa tortura sa che nemmeno la fame e la sete sono paragonabili a questo».

L’origine della tortura, come ci ricorda Franco Cardini[4], si perde nel tempo e la radice è più etico-pedagogica che giuridica e volta a cercare soprattutto la verità, anche pro reo e, per questo, codificata nel diritto greco e romano. Spesso, prima di arrivare, in extrema ratio, alle coercizioni fisiche dirette, si provavano altre vie come la prigione “stretta” che prevedeva digiuno e soprattutto privazione del sonno.

Il Tormentum insomniae, che prevedeva almeno 40 ore di veglia forzata, con secchiate di acqua e carboni ardenti, per arrivare alla confessione. Ne aveva scritto, Ippolito Marsili[5], per cercare di non arrivare alle pene corporali più atroci. Un caso famoso, diventato anche un film[6], fu anche quello del reverendo John Lowes, in Inghilterra, che fu accusato di stregoneria da Matthew Hopkins[7], e condannato a morte per impiccagione. Fu “immerso nel fossato”, e tenuto sveglio per tre giorni e tre notti, poi costretto a camminare senza riposo finché i suoi piedi non ebbero le vesciche. Sembra che, appreso il negato beneficio del clero, Lowes abbia recitato il proprio servizio funebre mentre andava al patibolo.

Le creature della notte

Tornando invece al rapporto degli uomini con il sonno e il ciclo circadiano entro il quale ci muoviamo, ci sono delle persone che non si allineano perfettamente allo schema sonno/veglia e, magari, ne approfittano per scrivere capolavori letterari, come Marcel Proust, Nabokov, Kafka che si definiva “creatura della notte”, riuscendo a dormire solo un paio d’ore nel pomeriggio.

Gabriel Garcia Marquez in Cent’anni di solitudine, racconta di Rebeca che soffre della malattia dell’insonnia e la trasmette al paese, passando quindi da uno stato individuale a collettivo, con la conseguente perdita della memoria per la mancanza di sonno.

Endimione dormiente, frammento di un gruppo con Selene, copia romana (originale greco del II secolo)

Già i miti avevano creato figure bellissime legate al sonno, come il greco Endimione, rappresentato spesso nel suo sonno senza fine sotto le stelle e la luna, interpretato da Plinio il Vecchio perché pareva essere il primo uomo ad avere osservato le fasi lunari. Per questo rapporto con le stelle diventa l’amante di Selene, la divinità lunare greca arcaica, che lo guarda mentre dorme.

O come Arianna, che viene rappresentata spesso dormiente, perché la leggenda narra che, dopo avere aiutato Teseo, con il suo filo, a uscire dal labirinto, fu abbandonata mentre dormiva. Arianna ripresa infinite volte nell’arte, come nelle numerose tele metafisiche di De Chirico.

Vagare nel sonno

Secondo James Hillman[8], un aspetto essenziale delle tradizioni antiche e primitive, è l’idea che durante il sonno l’anima si separi dal corpo e si metta a «vagare». La sua logica, quindi, non procede linearmente, per passi successivi, e la sua attenzione non si fissa sugli scopi del giorno. Durante il sonno, l’anima si muove in maniera diversa, un po’ secondo lo stile della phantasia, che nel pensiero greco era spesso associata al «di-vagare», mossi da urgenze dell’anima non soggette alla ragione.

L’arte nel corso dei secoli ha sempre rappresentato, affascinata, il tempo del sonno, dai classici, come abbiamo visto, passando da Artemisia Gentileschi, a Luca Giordano per arrivare a Tamara de Lempicka e alle opere di Henry Moore che ritrae i dormienti nella metro di Londra, fino a oggi e alle mostre di fotografia e d’arte contemporanea.

Arianna addormentata, arte romana, II sec. d. C., Gallerie degli Uffizi

Come “Infinito”, mostra fotografica esposta a Expo 2015 con una foto per ciascuna Regione italiana, scattata nelle camere da letto. Come “My bed”, l’opera d’arte di Tracey Emin, che è la storia di un letto disfatto, e della vita che c’è passata sopra con bottiglie vuote, preservativi e mozziconi di sigarette, dove abbiamo sognato e dormito.

Tracey Emin, My Bed, 1998

Letti dove vi ritroviamo sì delle difficoltà con il sonno e i fantasmi che a volte la sua mancanza genera, ma che, per fortuna, si può accettare come effetto collaterale di impieghi lavorativi che non ci lasciano sfibrati e sfiniti e soprattutto non abbiamo nessun carceriere che ogni notte venga sistematicamente ogni ora a svegliarci.

EXPO 2015, Le camere da letto degli italiani, Calabria, Gioia Tauro, Valentina prima del matrimonio

Note

[1] Francisco Goya, 1797, pittore spagnolo

[2] Focus, marzo 2015

[3] Dal tardo latino, “torcimento”, da torquere, torcere le membra e, da qui, qualsiasi forma di coercizione fisica esercitata a un prigioniero, un imputato.

[4] Storia della tortura giudiziaria.

[5] Nato a Bologna, 1451–1529, giurista e docente.

[6] Il grande inquisitore, 1968, di Michael Reeves e interpretato da Vincent Price e Ian Ogilvy.

[7] 1620–1647, inglese, avvocato e avvocato e cacciatore di streghe.

[8] Psicoanalista, saggista e filosofo statunitense. (1926–2011) ne Il sogno e il mondo infero.

Paolo Marcucci ha svolto tutta la sua esperienza lavorativa nel mondo bancario. È stato relatore a convegni/incontri a carattere economico, docenze a master universitari sul risk management. È stato assessore alla cultura e all’industria del Comune di Montelupo Fiorentino. Da sempre interessato alla storia e all’economia locale, la sua ultima pubblicazione è Storia della Banca Cooperativa di Capraia, Montelupo e Vitolini. Una banca territoriale toscana e l’economia locale al tempo della globalizzazione.

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Mario Mancini

Laureatosi in storia a Firenze nel 1977, è entrato nell’editoria dopo essersi imbattuto in un computer Mac nel 1984. Pensò: Apple cambierà tutto. Così è stato.