La questione della democrazia in Cina
Senza democrazia il potere è una menzogna
di Wei Jingsheng
✎ Think|Tank. Il saggio del mese [Agosto 2020]
La storia di Wei Jingsheng è il simbolo delle contraddizioni del governo di Deng Xiaoping i Cina. Wei Jingsheng è oggi una bandiera del Movimento per la Democrazia in Cina.
Il suo nome iniziò a circolare durante la protesta Muro della democrazia del 1978, iniziata due anni dopo la morte di Mao con la successione ancora aperta. Il Muro della democrazia divenne il centro della protesta del movimento dei postulanti che presentavano innumerevoli recriminazioni per i torti subito nel periodo della rivoluzione culturale.
Wei Jingsheng fu fra i più attivi partecipanti al movimento e i suoi scritti ebbero fin dall’inizio una grande diffusione. Fondò la rivista Esplorazioni, dopo che un suo scritto, La Quinta Modernizzazione: la Democrazia, affisso qualche giorno prima come tazibao, aveva ricevuto molta attenzione.
Il movimento risultò utile a Deng Xiaoping per pendere il controllo del partito e quindi del paese. Ma questo sbocco mise fine alla utilità politica del movimento sempre più critico nei confronti del sistema. A darli voce erano gli scritti di Wei Jingsheng che spingeva riteneva indispendabile un passaggio alla democrazia.
Nel 1978 Wei Jingsheng fu arrestato, processato e condannato a 15 anni di carcere.
Rimase in prigione fino al 16 novembre 1997 quando fu liberato su pressioni dell’amministrazione Clinton ed estradato negli Stati Uniti.
Oggi è membro del Consiglio generale del Partito Radicale Transnazionale.
Chi è Wei Jingsheng
di Ilaria Maria Sala
Fanatico maoista
Wei Jingsheng (il cui nome significa «nato nella capitale»), nasce a Pechino il 20 maggio 1950, da genitori dell’Anhui, nel sud-est della Cina. Quadri di partito di basso livello, compiono una notevole scalata nella gerarchia del Partito Comunista Cinese, verso cui nutrono completa fiducia, accompagnata ad una forte fede nei confronti della personalità di Mao.
Come conseguenza dell’educazione familiare, Wei diventa un «fanatico maoista», secondo la sua stessa definizione nell’autobiografia, La mia formazione dai sedici ai ventinove anni.
Nel ’66 scoppia la Rivoluzione Culturale, e Wei, con alcuni compagni di liceo, con cui aveva formato un «gruppo di studio e discussione filosofica», si butta nel nuovo movimento.
Nel ’66, Wei è membro fondatore della prima organizzazione di Guardie Rosse: il Comitato d’Azione Unita, gruppo radicale, che si rifà alle teorie marxiste-leniniste originarie e che dirige le sue attenzioni contro Jiang Qing, accusata di manipolare il marito ignaro. Col tempo, la completa buona fede di Mao appare poco probabile, per quanto ammettere un pensiero del genere avesse una portata enorme.
Arresto e peregrinaggio
Per queste attività, Wei è arrestato una prima volta per tre mesi alla fine del ’67, anche se, date le condizioni di illegalità e caos dell’epoca, Wei non considera come tale questa esperienza carceraria. In fuga per evitare arresti successivi, comincia coi suoi compagni un lungo peregrinare attraverso il paese che li porta a conoscere realtà inimmaginate: gli incontri coi mendicanti e gli affamati alle stazioni, con le vittime delle persecuzioni politiche confinate in regioni remote, e i laogai (i campi di lavoro) alimentano dubbi profondi sulla bontà del sistema abbracciato con fervore fino a quel momento.
Ricercato, Wei è costretto ad evitare le grandi città, dove la polizia vuole sgomberare il campo dalle Guardie Rosse più agguerrite e contrarie alla Banda dei Quattro. Si rifugia in campagna nell’Anhui, da parenti. Lì, le macabre tracce della carestia dei «tre anni di catastrofi naturali» sono ancora evidenti, e, parlando con i contadini, Wei si rende conto che in realtà il disastro fu causato da errori umani, e dalla folle politica economica e agricola del «Grande Balzo in Avanti» del 1958.
L’esperienza nell’esercito
Quando diminuisce il rischio di arresto, Wei entra nell’esercito, grazie all’intercessione paterna, evitando di essere inviato in campagna come succedeva ai «giovani istruiti». Dal ’69 al 73, da soldato, ha di nuovo la possibilità di viaggiare, approfondendo ulteriormente la conoscenza delle realtà del paese censurate dalla stampa, e di cui nessuno parla.
Il suo carattere indipendente lo rende sospetto agli occhi dei superiori: è ammesso alla Lega della Gioventù Comunista, ma non nel Partito, e cambia nuovamente strada. Nel 74 ritorna a Pechino, dove viene assunto come operaio elettricista allo zoo. Di qui la leggenda del «dissidente operaio»: Wei in realtà accede a questa posizione grazie ai privilegi paterni, mentre i suoi coetanei sono per la maggior parte in campagna. Restano in città solo i figli di alcuni quadri altolocati.
In questi anni Wei si innamora di Ping Ni, una giovane tibetana, il cui padre è in prigione per «attività indipendentiste», e che lo fa riflettere sulla questione tibetana, e sulla discriminazione di cui sono vittime sia le «minoranze etniche» che gli stranieri (Ping Ni è indiana per parte di madre).
La democrazia, ovvero la quinta modernizzazione
È il 1978, e Deng Xiaoping cerca di ottenere consensi dando il via alle «quattro modernizzazioni», inneggiando ad un nuovo periodo sotto il segno della legalità. Inizia la protesta del «Muro di Xidan». Il primo dazibao affisso da Wei è quello che lo ha reso famoso: «La Quinta Modernizzazione: La Democrazia». Firmandosi «Jing Shen», indica un indirizzo al quale essere contattato per continuare a discutere degli argomenti trattati.
Con altre ex-Guardie Rosse conosciute al Muro crea la rivista «Tansuo» (Esplorazioni), di ricerca politica e sociale, distribuita a Xidan.
La repressione e l’incarceramento
Nel 1979 Deng decide di reprimere il movimento per la democrazia, e Wei è fra i primi ad essere arrestati, per le sue critiche dirette contro i nuovi mandarini post-maoisti. Accusato di spionaggio per aver commentato la guerra sino-vietnamita con un giornalista inglese, dopo un processo-farsa viene condannato a quindici anni di prigione.
Per molti anni, non si hanno più notizie: corre voce che sia morto sotto tortura, che sia impazzito, che sia gravemente malato. Prigionieri rilasciati dichiarano di averlo incontrato in alcuni campi di lavoro, ma per la maggior parte del tempo è tenuto nel massimo isolamento.
Liberato e ri-processato
Nel ’94, a sei mesi dallo scadere della pena, le autorità cinesi lo liberano sperando di ottenere i giochi olimpici del 2000, che invece vanno a Sydney. Rimane in libertà per sei mesi. Fin dall’inizio si impegna a ridare impeto al Movimento per la Democrazia, cercando anche di organizzare una rete di assistenza per i feriti e i familiari delle vittime del massacro di Tienanmen.
Pubblica diversi articoli sulla stampa internazionale, e concede interviste a giornalisti e autorità straniere. Dopo esser stato visitato da John Shattuck, segretario di stato per i diritti umani statunitense, viene prelevato dalla polizia. L’arresto è formalizzato solo più di un anno dopo.
Accusato di essere un sovversivo anti-governativo, è processato in cinque ore, e condannato a quattordici anni. Ricorre in appello, ma la condanna è confermata, dopo un processo ancora più breve.
Viene candidato candidato al Premio Nobel per la Pace 1996.
La liberazione definitiva
Rimarrà in carcere solo fino al 16 novembre 1997, quando sarà rilasciato per “motivi medici” e subito esiliato negli Stati Uniti, su pressioni internazionali, e in particolare su richiesta dell’allora presidente americano Bill Clinton
Riconoscimenti
Nel 1996, Wei Jingsheng ha ricevuto il Premio Sacharov per la libertà di pensiero e il Premio Robert F. Kennedy per i diritti umani. L’anno successivo è stato insignito del National Endowment for Democracy Award. Tra gli altri riconoscimenti il Premio Olof Palme Memorial nel 1994 e l’International Activist Award della Gleitsman Foundation nel 1993.
Autodifesa al primo processo (1979)
Ritengo che le accuse formulate contro di me dal Pubblico Ministero del Tribunale Intermedio del Popolo di Pechino siano prive di fondamento. Che io abbia pubblicato delle riviste e dei dazibao è del tutto conforme all’Articolo 45 della Costituzione, che sancisce:
«I cittadini godono della libertà di parola, di corrispondenza, di stampa, di riunione, di associazione, di manifestazione, di dimostrazione e di sciopero; inoltre hanno il diritto di esprimere liberamente le loro opinioni, anche sotto forma di dibattiti e di dazibao».
Il nostro scopo, con queste pubblicazioni, era quello di riflettere sui problemi della Cina, e di permettere al paese di incamminarsi sulla strada della forza e della prosperità.
Solo una libera ricerca, priva di ostacoli e basata sullo studio dei fatti può realizzare questi obiettivi. Il Dipartimento di Pubblica Sicurezza e il Tribunale Intermedio del Popolo di Pechino hanno descritto le nostre attività, condotte in conformità ai principi sopradescritti, come controrivoluzionarie, e questo è inaccettabile. Le mie obiezioni nei confronti delle imputazioni che mi vengono mosse sono le seguenti.
Prima obiezione
L’Accusa sostiene che io abbia divulgato segreti militari riguardanti il nostro paese a un cittadino straniero, e che questo fatto costituisce un crimine controrivoluzionario. Per quanto ricordo, sia il nuovo che il vecchio Codice Penale, nella sezione riguardante le pene da infliggere ai controrivoluzionari (interruzione del giudice: Wei jingsheng, parla più lentamente!) sanciscono: fornire informazioni al nemico costituisce tradimento di stato.
La Pubblica Accusa reputa che nel corso delle mie conversazioni con giornalisti inglesi e francesi io abbia tradito il mio paese: significa questo che i giornalisti britannici e francesi sono il nemico? Vorrei ricordare all’Accusa che quando Hua Guofeng concesse interviste a giornalisti provenienti da quattro paesi dell’Europa Occidentale, questi furono apertamente accolti come amici.
La Costituzione sancisce che i cittadini hanno il dovere di proteggere i Segreti di Stato, eppure l’Accusa ha sostituito quest’espressione inequivocabile con quella, molto meno chiara, di «informazioni militari». Come tutti sanno, al giorno d’oggi la maggior parte delle informazioni militari è ottenuta, in ogni Paese, tramite i mezzi di informazione pubblici, come la radio e i giornali. Secondo l’Accusa, dunque, anche la radio e i giornali sono colpevoli di aver tradito dei Segreti di Stato?
È ovvio che l’espressione «informazioni militari» è troppo vaga. Se è un dovere dei cittadini mantenere i segreti di Stato, è necessario che ai cittadini venga indicato con chiarezza che cosa costituisce un Segreto di Stato. Inoltre bisogna indicare loro con chiarezza che cosa costituisce Segreto di Stato e cosa Segreto Militare.
Dall’inizio della guerra sino-vietnamita, non ho mai ricevuto informazioni classificate come «Segrete». Pertanto, è del tutto impossibile che io abbia divulgato a chicchessia informazioni legalmente definibili come «Segreto». Le conversazioni che ho avuto con giornalisti e diplomatici provenienti da Paesi amici non possono aver avuto niente a che fare con questo tipo di problemi (uno dei giurati l’interrompe: «Wei Jingsheng, parla più lentamente!»).
Sono dell’opinione che i contatti con i giornalisti e i diplomatici non possano altro che rafforzare la comprensione e l’amicizia reciproche fra i popoli delle varie nazioni, e anche la solidarietà fra i lavoratori delle diverse nazioni. Una volta scoppiata, la guerra sino-vietnamita è diventata un problema importante sia per i cittadini cinesi che per il mondo intero. Per questo era inevitabile che nel corso delle discussioni che ho avuto con giornalisti e diplomatici stranieri questa questione fosse affrontata (il giudice: Wei, più lentamente!).
Come potevo sapere che il nostro tema di conversazione contenesse informazioni che il governo non voleva che io rivelassi? Non sono altro che un semplice cittadino. Le mie fonti di informazione sono solo per sentito dire, e non documenti ufficiali di Governo.
Dal momento che non ho mai visto documenti segreti, non ho modo di sapere se parte delle informazioni in mio possesso coincidano con documenti considerati segreti ma, secondo le valutazioni che ho fatto prima di parlare, le informazioni sulle quali ho discusso non potevano in alcun modo avere un effetto deleterio sulla situazione al fronte.
Per esempio, ho menzionato il nome del comandante in servizio al fronte. Ma si è mai sentito dire che una guerra sia stata vinta perchè il nome del comandate in carica era stato mantenuto segreto? O si è mai sentito dire che una guerra sia stata persa perchè il nemico era a conoscenza del nome del comandante in carica? No, mai.
In che modo l’aver rivelato il nome del comandante in carica potrebbe danneggiare la situazione generale al fronte? Dall’antichità ai giorni nostri, nessuno ha mai sentito dire che il nome di un comandante in carica fosse uno dei fattori determinanti nell’esito di una guerra. Dunque, l’accusa che mi è rivolta non sta in piedi. Certo, la Pubblica Accusa può dire che, secondo «l’usanza cinese», questo è reputato un Segreto Militare.
Nel periodo della Banda dei Quattro, c’era «l’usanza» di tenere il Paese nel più stretto isolamento, le relazioni con l’estero erano interrotte e anche solo poche parole scambiate con stranieri potevano essere considerate come «relazioni illecite con Potenze Straniere».
L’Accusa preferisce che i cittadini obbediscano alla legge o alle «usanze» della Banda dei Quattro? Il Dipartimento di Pubblica Sicurezza ha già comunicato che avrei dovuto rispettare il regolamento sulla protezione dei Segreti, ma questo regolamento non mi è mai stato reso noto.
Per quanto ne so, evidentemente anche il regolamento deve essere un Segreto. Non si tratta di una legge promulgata pubblicamente e che i cittadini son tenuti a rispettare, è solo un regolamento interno. È un dovere dei cittadini rispettare la Costituzione e le leggi, ma non è loro dovere rispettare dei regolamenti interni di cui non sono stati messi a conoscenza.
Ricapitolando:
1. Non ho mai avuto intenzione di tradire il mio Paese;
2. Non ho divulgato niente al nemico;
3. Le conversazioni che ho avuto con amici non hanno mai riguardato né Segreti di Stato né Segreti Militari.
L’imputazione di tradimento di Stato, rivolta contro di me dalla Pubblica Accusa, è priva di fondamento. Se l’Accusa ritiene che ciò di cui ho discusso con degli stranieri riguarda argomenti che il governo non desiderava che io affrontassi, e che per questa ragione ho commesso un errore, sono disposto ad accettare interamente questa critica.
E se le richieste del governo sono ragionevoli, in futuro sarò del tutto disposto a proteggere informazioni reputate segrete che dovessero venire in mio possesso, perchè questo è il dovere di ogni cittadino. Ma in ogni caso, mi auguro che il governo vorrà definire con maggiore chiarezza i limiti entro i quali i cittadini devono proteggere i Segreti di Stato, invece che lasciarli nell’ignoranza di quali siano i loro doveri.
Appare evidente che le «usanze» in vigore sotto la Banda dei Quattro non sono più applicabili oggi. Se continueremo invece a conformarci alle norme istituite dalla Banda dei Quattro, ciò significherà soltanto che i cittadini non avranno idea di quello che ci si aspetta da loro, e ciò non farà altro che nuocere alle relazioni di amicizia fra il popolo cinese e gli altri Paesi, e porterà al caos giudiziario. Di questo non può beneficiare in alcun modo né il Popolo, né il Paese.
Seconda obieizione
La Pubblica Accusa sostiene che io abbia distribuito propaganda contro-rivoluzionaria. I miei articoli, come La Quinta Modernizzazione: la democrazia, e altri, sono stati definiti articoli reazionari, e anche la mia rivista — Esplorazioni — è stata chiamata reazionaria. In queste circostanze, si dovrebbe prima di tutto chiarire che cosa sia considerato rivoluzionario e che cosa, invece, controrivoluzionario.
A causa dei lunghi anni dominati dal dispotismo culturale della Banda dei Quattro, alcune persone la vedono così: agire in accordo col volere dei dirigenti attuali è rivoluzionario, opporsi al volere dei dirigenti attuali è controrivoluzionario.
Non posso accettare una concezione così volgare della Rivoluzione.
La Rivoluzione è un’azione che segue il senso della storia, che si colloca all’avanguardia contro tutto ciò che è antico e conservatore e in opposizione al cammino della storia. La rivoluzione è una lotta fra il nuovo e il vecchio.
Coloro che etichettano costantemente come «rivoluzionaria» la volontà della gente al potere non fanno altro che annientare le ideologie diverse dalla propria. Coloro che credono nello slogan «il potere è la verità», accettano semplicemente la concezione volgare della Rivoluzione adottata dalla Banda dei Quattro, e da altri prima di loro, e che è stata una delle armi più potenti per reprimere il Popolo e i rivoluzionari per più di venti anni.
Ma, per il momento, voglio soffermarmi su un secondo problema, e cioè fino a che punto sia lecito utilizzare il termine «controrivoluzionario».
Nel senso stretto, il termine definisce un concetto politico che permette di osservare i problemi da un punto di vista storico. In politica, non esistono concetti invariabili. Le correnti rivoluzionarie cambiano a seconda delle diverse epoche. Se assumiamo come criteri attuali concetti appartenenti a un’altra epoca, compiamo un’identificazione erronea.
Nel corso di un periodo rivoluzionario, i diversi livelli di coscienza del popolo modificano la comprensione del concetto di controrivoluzionario. Utilizzare un concetto politico in perenne mutamento come criterio per determinare la colpevolezza di qualcuno è come utilizzare una manica a vento per determinare l’altezza: sarebbe impossibile ottenere una misura precisa.
Questo è il motivo per cui negli ultimi trent’anni abbiamo avuto un così alto numero di processi che si sono conclusi con ingiustizie, sentenze sbagliate e accuse infondate. Questa è anche una delle ragioni per cui la Banda dei Quattro è potuta salire al potere malgrado l’opposizione del Popolo.
Assumere come criterio della legalità un concetto fluttuante, quale un’idea politica del momento, porta necessariamente all’adozione di punti di vista controrivoluzionari, esponendo all’errore.
Dunque, si pone un ultimo problema, e cioè quello della relazione fra i miei articoli e la corrente controrivoluzionaria. Oggi, la corrente rivoluzionaria è quella della democrazia, una corrente che si oppone al feudalesimo, al fascismo, al totalitarismo e alla dittatura.
Lo sviluppo raggiunto dalla società cinese fino a questo momento ci pone il seguente problema: se non si vuole trasformare il sistema sociale, se non si vogliono eliminare le radici sociali del dispotismo, del fascismo e della dittatura, e se non garantiamo i diritti democratici del popolo, la società cinese non può progredire, e non sarà possibile realizzare in Cina la modernizzazione del socialismo.
È per questo motivo che la corrente per la democrazia è la corrente rivoluzionaria attuale. Chi si oppone alla democrazia, e alla corrente in favore della democrazia, rappresentando le tendenze conservatrici dispotiche, deve essere definito controrivoluzionario dei giorni nostri.
Il tema principale dei miei articoli, come per eesmpio La Quinta Modernizzazione: la democrazia, è il seguente:
Senza democrazia, le quattro modernizzazioni non sono realizzabili. Se la quinta modernizzazione — la democrazia — non sarà realizzata, tutte le altre modernizzazioni non saranno altro che una nuova menzogna.
Come può questo principio essere considerato controrivoluzionario?
Piuttosto, quelli che vi si oppongono devono essere considerati controrivoluzionari. Ovviamente, né i miei argomenti né l’insieme delle mie tesi sono automaticamente corretti, ed è necessario sottoporli alla prova del tempo e alle critiche, da qualunque parte esse provengano. Solo in questo modo si può sperare di raggiungere una maggiore precisione. Ma anche se le mie basi argomentative, o i miei stessi argomenti, fossero in parte scorretti, la natura rivoluzionaria della mia tesi centrale rimarrebbe intatta.
Terza obiezione
L’Accusa mi imputa di aver calunniato il marxismo-leninismo e il pensiero di Mao Zedong dal momento che ho affermato, a questo proposito, che «differivano a malapena da rimedi da ciarlatani». La calunnia, secondo il mio giudizio, è un’accusa priva di fondamento.
Non mi risulta che parlare di «rimedio» sia lanciare un’accusa! L’Accusa ha deformato le mie affermazioni isolandole dal loro contesto. Questo non può essere utilizzato per accusarmi di calunnia. Se attacco il marxismo nei miei articoli, non si tratta del marxismo espresso più di un secolo fa, ma di quello di uomini politici bugiardi come Lin Biao e la Banda dei Quattro.
Non credo che esistano al mondo delle teorie completamente giuste. Nessuna teoria è isolabile dalle condizioni storiche che l’hanno creata. Tutte le teorie trattano di una realtà relativa, e tutte sono relativamente assurde. Una teoria può essere relativamente giusta in un certo momento e luogo, e diventare assurda in un altro momento e in un altro luogo. Una teoria può essere giusta sotto certi aspetti, e sbagliata sotto altri.
Tutte le teorie possono essere vere e assurde allo stesso tempo. Il marxismo non sfugge a questa regola. In più di un secolo di storia, il marxismo ha creato numerose scuole: il kautskismo, il leninismo, il trotskismo, lo stalinismo, il maoismo, l’eurocomunismo, eccetera. Tutte queste scuole seguono, almeno in parte, i principi fondamentali del marxismo, pur avendo tutte apportato revisioni o modifiche all’applicazione del modello marxista.
Quindi, possono tutte essere considerate marxiste, per quanto nessuna di esse rappresenti il marxismo originario. Una parte importante del marxismo originario si occupa di descrivere un’ipotetica società ideale; ma questo concetto di un mondo ideale non è esclusivamente marxista. Si trattava, all’origine, di un desiderio comune alla classe lavoratrice e agli intellettuali europei, che aspiravano all’uguaglianza, alla collettività dei beni, e alla giustizia sociale. Per raggiungere questo ideale, il marxismo propone di combinare la democrazia universale con la dittatura di un potere centralizzato.
Questa è la caratteristica più evidente del marxismo. Un secolo di esperienza ha dimostrato che tutti i governi che si basano sulla dittatura di un potere centralizzato — l’Unione Sovietica, il Vietnam, la Cina prima dell’arresto della Banda dei Quattro — sono, senza eccezioni, degenerati, diventando dei governi fascisti in cui una minoranza della classe dirigente esercita la dittatura sulle masse lavoratrici.
Inoltre, i despoti fascisti al potere in questi regimi hanno smesso rapidamente di utilizzare la dittatura del proletariato come strumento per la realizzazione dell’ideale comunista.
Al contrario:
Senza eccezioni, hanno tramutato l’ideale comunista in uno strumento per rafforzare la dittatura di un manipolo di dominatori, che però insistono col chiamare «dittatura del proletariato».
Il destino del marxismo somiglia a quello subito nel corso della storia da innumerevoli religioni: dopo due o tre generazioni, ha perso la sua essenza rivoluzionaria. Il suo ideale non è più che un pretesto per mantenere il popolo in schiavitù, un semplice strumento di oscurantismo. La sua natura è cambiata radicalmente.
Il suo ideale si è mutato in un «ismo», pretesto per un sistema schiavista e strumento di oscurantismo. Noi, lo definiamo «idealismo». Altri, lo chiamano «fideismo». La dittatura dispotica, fascista, feudale della Banda dei Quattro segna l’apogeo del suo sviluppo.
Un bell’ideale viene utilizzato per nutrire le credenze e le superstizioni moderne. Fascismo che inganna il popolo e lo precipita nell’oscurantismo! Non è forse questo un inganno moderno? Non si tratta forse di un rimedio di poco superiore a quello dei ciarlatani?
Le conclusioni che ho raggiunto sullo sviluppo storico del marxismo possono essere tanto giuste quanto sbagliate. Per saperlo, è necessario condurre ricerche. Tutte le critiche saranno bene accette. Ma indipendentemente dalla natura delle mie conclusioni, in virtù del principio di libertà di espressione e di stampa, le ricerche teoriche e gli scambi di idee non possono e non devono essere considerati dei delitti.
Ogni impianto ideologico, antico o moderno, deve essere affrontato con spirito critico. Questo è, fra l’altro, l’atteggiamento marxista. Perchè non potremmo adottarlo nei confronti del marxismo stesso? Chi non ci consente di criticare il marxismo lo considera dunque una religione!
Chiunque ha il diritto di credere nella teoria che reputa corretta, e di seguirla, ma nessuno ha il diritto di promulgare leggi che obblighino gli altri a seguire la teoria da lui prediletta. Altrimenti, si tratta di una violazione della libertà altrui.
Quarta obiezione
L’Accusa sostiene che io abbia «sventolato la bandiera della cosiddetta libertà di parola, della democrazia e dei diritti umani, con l’intento di incitare al sovvertimento della dittatura del proletariato e del sistema socialista».
Prima di tutto, vorrei segnalare che la libertà di parola non può essere definita ‘cosiddetta’. È un diritto stabilito con chiarezza dalla Costituzione, la quale stabilisce che ogni cittadino ha il diritto di goderne pienamente.
Che l’Accusa utilizzi questo tono per fare riferimento ai diritti garantiti dalla Costituzione indica non solo che l’Accusa non è esente da pregiudizi, ma anche che ha dimenticato il suo dovere di difendere i diritti democratici dei cittadini.
Ai suoi occhi, dunque, questi diritti non sono altro che oggetto di scherno. L’Accusa ha modificato le mie frasi a suo piacimento per determinare il mio delitto, e credo che sia inutile controbattere punto per punto. Mi basta segnalare la negligenza dell’Accusa.
In particolare, ha utilizzato la metà di una frase: «la monarchia feudale si è fatta bella con un mantello socialista». La dittatura fascista della Banda dei Quattro non sarebbe dunque una monarchia feudale ricoperta da un mantello socialista?
Altra mezza frase: «che non divenga uno strumento moderno utilizzato da governanti dispotici per alimentare le loro ambizioni». L’altra metà della frase, ricordo, era: «vogliamo che la vita del popolo sia modernizzata».
La Pubblica Accusa vorrebbe dunque diventare uno strumento moderno utilizzato da governanti dispotici per perseguire le loro ambizioni o rifiutando che la vita del popolo divenga più moderna? Non lo credo. E non posso credere che l’Accusa mi impedisca di criticare il fascismo feudale della Banda dei Quattro. A cosa servono tutte queste citazioni?
Preferisco non fare commenti presuntuosi, ma so con certezza che non è possibile dimostrare tramite le mie frasi che io stessi cercando di rovesciare il potere politico del sistema socialista, né che io stessi danneggiando la causa democratica popolare.
Redigendo la nostra rivista — Esplorazioni — non abbiamo mai partecipato ad alcuna cospirazione, né ad azioni violente. Esplorazioni era una rivista di ricerca teorica, venduta alla luce del sole. Non ha mai avuto per obiettivo il rovesciamento del governo, ma si considera un elemento della ricerca popolare della democratizzazione. In che modo avremmo potuto voler sabotare questa stessa causa?
Ogni volta che ci è stato proposto di partecipare alla lotta armata, o di prendere parte ad azioni volte a rovesciare il governo, abbiamo sempre risposto in maniera inequivocabile. Non penso che la lotta armata sia un mezzo indispensabile per instaurare una politica democratica.
Sono del parere che la propaganda legale e i movimenti per la democrazia siano i mezzi fondamentali e indispensabili per instaurare una politica democratica. Rovesciare il potere non implica necessariamente l’istituzione di una politica democratica.
Un sistema politico democratico può essere implementato solo gradualmente, man mano che la maggioranza della popolazione lo approva, e una volta che il vecchio sistema politico sia stato riformato. Questo punto di vista è uno dei principi fondamentali della nostra rivista.
Yang Guang, Lu Lin, Chao Nan, Liu Qing e gli altri possono testimoniare in questo senso, dal momento che mi hanno sentito ripeterlo più volte.
L’Accusa mi addebita di aver cercato di rovesciare il sistema socialista, ma questo non trova alcuna conferma nei fatti.
L’Accusa sostiene di aver esaminato i miei articoli: se è così, allora dovrebbe aver notato che in La Quinta Modernizzazione: la democrazia, c’è un capitolo su Socialismo e Democrazia che espone il mio punto di vista sul socialismo.
Nel corso delle numerose discussioni che ho sostenuto con l’Accusa, ho ripetutamente affrontato questo argomento, e dunque l’Accusa non può affermare di non esserne stata al corrente. È vero, l’interpretazione del sistema socialista dell’Accusa è molto diversa dalla mia, ma secondo me il sistema socialista è multiplo, e non monolitico.
Quinta obiezione
Non credo che sia necessario confutare punto per punto le imputazioni che l’Accusa ha formulato contro di me isolando le mie frasi dal contesto, e desidero solamente sottolineare due cose: la prima, che il motivo per cui la Costituzione garantisce ai cittadini il potere di criticare i governanti è perché questi ultimi sono comuni esseri umani; potranno commettere meno errori solamente venendo sottoposti al controllo critico del Popolo, evitando di diventare dei sovrani che opprimono la loro gente, e solo così potranno veramente conquistare la fiducia del Popolo.
La seconda, che se vogliamo applicare le riforme nel sistema socialista cinese, dobbiamo affidarci all’intera nazione per scoprire quali sono i difetti del sistema attuale, attraverso critiche aperte e discussioni. In caso contrario, le riforme non potranno avere successo. Per questo motivo, criticare cose e persone irragionevoli costituisce un diritto e un dovere inalienabile di ogni cittadino; è un diritto sovrano nel quale nessuna persona, e nessun organo di governo, ha il diritto di interferire.
Le critiche non saranno piacevoli da ascoltare, e forse non saranno nemmeno del tutto corrette. Ma se pretendiamo l’impossibile dalle critiche, e cioè che siano sempre infallibili sotto pena di punizioni severe, tutto quello a cui arriveremo è una messa al bando di ogni critica, che equivale ad una messa al bando di ogni riforma, che equivale a conferire ai dirigenti il ruolo di divinità in terra.
Di certo non vogliamo seguire le orme della Banda dei Quattro e scadere in pratiche di superstizione moderna. Ovviamente le critiche devono essere basate sui fatti, e gli attacchi personali, così come le ingiurie, non devono essere permessi — questo è il principio di base della nostra pubblicazione, e la dichiarazione di intenti fatta il giorno della presentazione della rivista Esplorazioni ne è la prova.
Se la Pubblica Accusa trova che io sia stato inadempiente a questo riguardo, sono disposto ad accettare critiche dalla Pubblica Accusa, come da chiunque altro.
Quanto sopra, costituisce la mia difesa.
16 ottobre 1979
Autodifesa al secondo processo (1995)
Onorevoli Giudici e Giurati,
Le accuse mosse contro di me sono, secondo la mia opinione, pure montature fabbricate interamente tramite un’interpretazione distorta dei fatti, citazioni prese dai miei articoli e dalle mie lettere estrapolandole dal contesto originale, esagerazioni consapevoli e gratuite, nonché un’applicazione arbitraria di etichette politiche incriminanti. L’accusa di «cospirazione per sovvertire il governo» non può in nessun modo essere sostenuta. Quanto segue è la mia difesa.
1. L’Accusa sostiene che la breve lettera da me scritta ad amici all’estero nella quale spiegavo quale assistenza fosse necessaria costituiva un «piano di azione facente parte di una cospirazione per sovvertire il governo». Questa è una grossolana distorsione dei fatti del tutto priva di fondamento, e che confonde due cose assolutamente distinte.
Prima di tutto, la mia lettera e il cosiddetto «piano di azione» sono di natura del tutto diversa, e non c’è motivo per collegarle.
Punto due, secondo un principio che ho sempre ribadito, nel ricercare e nell’accettare assistenza estera è necessario assicurarsi che non vi siano condizioni di alcun tipo, e in particolare di carattere politico. Qualsiasi genere di assistenza ricercata o accettata seguendo questo principio non è in alcun modo condizionabile dagli individui o dalle organizzazioni che la offrono.
Il fatto di accettare assistenza non può essere quindi utilizzato per provare l’esistenza di una sottomissione a un piano di azione offerto allo stesso tempo. Se chi mi offre assistenza è in possesso di un «piano di azione» o meno, non è cosa che mi riguardi, e non esiste alcuna prova che dimostri che io lo abbia mai accettato. Che sia possibile muovere contro di me un’accusa talmente infondata mi sembra davvero sorprendente.
2. L’Accusa elenca attività puramente economiche, sindacali, umanitarie e perfino attività artistiche e culturali, come istanze di «cospirazione antigovernativa». Questo è un esempio, peggiore del precedente, di fabbricazione di prove false ai miei danni, e di deliberata menzogna. È un’imputazione che fa pensare alle distorsioni consapevoli, alle esagerazioni e alle false accuse che dilagavano durante i caotici anni della Rivoluzione Culturale.
È risaputo che la nefasta influenza di queste mistificazioni ha causato la rovina di molti individui e della società in generale. Che queste influenze esistano tutt’ora è un fatto grave, che dovrebbe richiamare l’attenzione di ciascuno, comprese le persone ora al potere e i membri dell’Accusa, dato che anche loro ebbero a soffrirne.
La Mostra di arte moderna cinese, coreana e giapponese, per esempio, doveva essere un’occasione artistica. Era stato dichiarato con chiarezza che la mostra costituiva un evento indirizzato solo agli artisti e agli appassionati di arte, un’occasione volta a promuovere gli scambi fra artisti contemporanei dell’Asia orientale, per contribuire allo sviluppo dell’arte moderna, e che il suo fine ultimo era formare una scuola di arte moderna che avesse delle specifiche caratteristiche estremo-orientali.
Eppure un simile progetto, di natura puramente artistica, senza nessuna traccia di ideologia politica, viene ora etichettato come parte di una «cospirazione antigovernativa». Questa è davvero un’accusa ingiustificabile, e una riedizione dei metodi impiegati negli anni della Rivoluzione Culturale, quando la pratica di muovere accuse tendenziose ed esagerazioni gratuite era diffusa. Questa non è altro che una burla ai danni della democrazia, del governo e della legge.
Fu precisamente tramite l’adozione su vasta scala di queste pratiche che la Rivoluzione Culturale finì con l’imporre una dittatura fascista e feudale praticamente su tutte le attività artistiche e culturali e sugli artisti stessi, provocando danni irreparabili alla cultura cinese. Eppure, ancor oggi, c’è gente che adotta i vecchi trucchi della Banda dei Quattro colpendo per prime proprio le arti. La società tutta dovrebbe stare in guardia contro le conseguenze potenziali di questo.
3. Dire che «partecipare alle attività di protesta dei lavoratori e dei contadini e aiutarli in tali attività» costituisce una «cospirazione antigovernativa» è riformulare la stessa accusa che fu lanciata più di settanta anni fa dai governi dei «signori della guerra», basati su leggi reazionarie; un’accusa che fu confutata molto tempo fa da Shi Yang, noto avvocato dell’epoca, e che fu confutata anche dal Partito Comunista Cinese, nonché dall’opinione pubblica.
Chi avrebbe mai pensato che, più di settant’anni dopo, una volta che il Partito Comunista Cinese, leader della maggior parte dei movimenti dei lavoratori e dei contadini, fosse rimasto al potere per più di mezzo secolo, le attività sindacali sarebbero nuovamente state etichettate come «cospirazione antigovernativa»!
Che presa in giro del Partito al potere! Come può un governo che sostiene di operare sotto la direzione dell’avanguardia operaia e contadina, un governo che appartiene «alle classi lavoratrici proletarie» essere rovesciato da attività sindacali? Questa è davvero una sfida alla ragione, e il linguaggio impiegato non è certo logico.
4. Compilare liste di vittime politiche, sollecitare donazioni per offrire aiuto e assistenza a individui bisognosi, sono atti di pura carità, e sono considerati tali da tutti i governi, antichi e moderni, cinesi e stranieri, che tutti hanno sostenuto simili attività o, se non altro, evitato di ostacolarle. È dunque possibile che nella Cina socialista le attività umanitarie siano etichettate come «cospirazione antigovernativa» e considerate crimini «talmente gravi» che chi li compie, stando all’Accusa, non merita altro che la pena di morte? Questo è davvero spaventoso.
Lasciatemi sottolineare che offrire aiuto alle vittime politiche non significa necessariamente impegnarsi in attività politiche, o perseguire disegni politici di alcun genere. Ma il fatto rimane, gli inabili e i bisognosi ricevono assistenza dal governo, e anche dalle organizzazioni caritatevoli, ma le persone che si ritrovano inabili o hanno perso il loro lavoro in conseguenza delle persecuzioni politiche delle quali sono state vittime, o per altre ragioni di carattere politico, non ricevono aiuto dalle organizzazioni caritatevoli ufficiali, che operano secondo alleanze politiche più che evidenti.
Vorremmo stabilire che le difficoltà e le sofferenze di queste persone non meritano la nostra compassione? Meritano forse di essere condannati a una vita di stenti, senza nemmeno una casa nella quale abitare, solo perché le loro opinioni politiche differiscono da quelle ufficiali? Probabilmente esistono delle persone che sono in grado di provare compassione solo per chi ha visioni politiche simili alle proprie, ed è in questo modo che le organizzazioni caritatevoli ufficiali seguono determinati criteri politici per offrire la loro assistenza.
Io non faccio parte di esse. I miei amici ed io ci rifiutiamo di seguire qualsivoglia criterio politico nel selezionare i beneficiari dell’aiuto che possiamo offrire, e a questo fine evitiamo di fare domande sulle convinzioni politiche delle persone. La nostra unica preoccupazione è sapere se queste persone abbiano bisogno di aiuto o meno, e se siano incapaci di ottenerlo da altre fonti. E profondamente triste che le persone che appartengono a questa categoria siano per la maggior parte «vittime politiche». E questa è l’origine dell’appellativo.
Il tipo di lavoro che abbiamo svolto è paragonabile a quello della Croce Rossa. Non c’era nulla di politico nelle nostre attività, così come non può essere considerato un atto di guerra l’assistenza alle vittime di guerra. La professoressa Ding Zilin e il professor Jiang Peikun, che erano impegnati in questo tipo di lavoro, possono confermare la fondatezza delle mie parole.
C’è motivo di dubitare della condizione psicologica di coloro che etichettano attività puramente caritatevoli come «cospirazione antigovernativa». È esattamente questo tipo di ideologia che portò alle persecuzioni e al diffondersi di fanatici persecutori durante la Rivoluzione Culturale e durante le campagne politiche successive. Questa è la fonte di tutte le infelicità che si sono abbattute su decine di migliaia di persone. I cittadini cinesi, e i partiti politici, dovrebbero trarre insegnamento dalle tragedie del passato, per riuscire a non ripetere gli stessi errori.
5. Per consentire una migliore gestione economica delle attività legali menzionate sopra, ho ritenuto opportuno cercare di affidare i fondi ottenuti a una banca, e, dal momento che le banche di Stato generalmente rifiutano denaro destinato ad attività prive di approvazione ufficiale, avevo in mente di recarmi al Credito municipale di Xibianmen (mio fratello possiede un ottavo delle azioni del Credito), una banca cooperativa non governativa che avrebbe potuto accettare di amministrare i fondi per le attività legali non ufficiali sopra descritte.
Ma dal momento che sono stato arrestato, questa è rimasta un’intenzione che non ho potuto mettere in pratica. Né la Banca né mio fratello hanno dunque niente a che vedere con questo caso, e non devono essere implicati in nessuna maniera.
Anche nel caso in cui io avessi acquistato parte delle azioni della banca e avessi messo sotto la sua amministrazione i fondi per le attività che ho appena descritto, si tratterebbe ugualmente di un’istituzione finanziaria legale, da non ritenersi colpevole di nessun crimine, malgrado il fatto che sia stata etichettata come «Banca del Movimento della democrazia». La sua legalità non deve essere compromessa a causa delle azioni legali nelle quali è stata coinvolta.
6. La Pubblica Accusa cerca di etichettare queste attività legali come «cospirazione antigovernativa», legandole ripetutamente al «Movimento per la Democrazia». L’accusa, in realtà, è più contro l’ideologia che contro l’azione, ma le leggi attualmente in vigore non riconoscono la possibilità di sporgere denuncia per motivi puramente ideologici, e non esistono parametri giudiziari che stabiliscano che tipo di ideologia violi la legge.
La definizione di «Movimento per la democrazia» varia da paese a paese. Partiti politici diametralmente opposti dal punto di vista ideologico si sono tutti fatti belli della parola «democrazia» e hanno fondato, o partecipato a «Movimenti per la Democrazia». Questo vale anche per i partiti comunisti.
Lo stesso Partito comunista cinese è l’organizzazione «democratica» meglio strutturata in Cina, un’organizzazione che non ha mai risparmiato richiami al Popolo affinché la democrazia e il governo della legge venissero perfezionati. Dovremmo dunque ritenere che anche il Partito comunista cinese debba essere accusato di «cospirazione antigovernativa»? Appare dunque chiaro che l’assimilazione del «Movimento per la democrazia» a una «cospirazione antigovernativa» non ha senso.
Piuttosto, quello che salta agli occhi è che «Movimento per la democrazia» è un termine vasto e ambiguo, che può essere applicato a tutti i gruppi che lottano per la democrazia. Accusare di «cospirazione antigovernativa» è dunque un’estensione eccessiva dei crimini così definiti, dal momento che quasi tutte le attività politiche e culturali potrebbero esservi automaticamente incluse, compresi la Costituzione cinese e il Partito comunista cinese.
Un atteggiamento simile non differisce in nulla da quello della Banda dei Quattro, e dalla sua pratica di «incolpare con la stessa accusa qualsiasi persona». E nostro dovere mantenerci all’erta contro le gravi conseguenze a cui può portare un’applicazione così vasta di una simile accusa.
La realtà è che si possono dare molte interpretazioni diverse del «Movimento per la democrazia». Stando alla teoria ufficiale del Partito comunista cinese, la democrazia è una dittatura democratica, da ottenersi tramite una presa del potere violenta. Questo è il motivo per cui il Partito crede erroneamente che un movimento per la democrazia sia un movimento violento, dal momento che il «potere nasce dalla canna di un fucile».
La mia interpretazione di «Movimento per la democrazia» è che la democrazia non è un dono che un qualche salvatore possa elargire al popolo: la democrazia appartiene al popolo tutto, lavoratori e contadini inclusi. Per questo motivo, reputo necessario dare inizio a una campagna di largo respiro e lunga durata affinché il popolo possa educare sé stesso e autoliberarsi, per aumentare gradualmente la consapevolezza dei propri diritti, e rafforzare la propria capacità di difendere questi diritti e la portata dell’autogestione.
È necessario creare un’atmosfera di tolleranza e fiducia reciproca, perché solo così potranno venire espressi, discussi e risolti in modo legale problemi e conflitti di ogni tipo. Così, tutti i cittadini cinesi, con interessi diversi, diverse opinioni, diverse origini etniche e provenienti da diverse regioni saranno capaci di mantenere le loro posizioni coesistendo pacificamente, risolvendo via via gli eventuali problemi con procedure trasparenti e legali.
Questa è l’interpretazione che dò al concetto di «Movimento per la democrazia». Non ha niente a che vedere con la «cospirazione antigovernativa». Un governo può e deve essere modificato. I processi tramite i quali questi cambiamenti possono avere luogo sono scritti nella Costituzione e nei Codici legali del paese. Solo i tentativi di cambiare un governo con mezzi illegali costituiscono una cospirazione contro il governo. Il nostro movimento per la democrazia non ha impiegato nessun mezzo illegale, né abbiamo intenzione di sovvertire il governo con mezzi illeciti. Ci siamo limitati ad attività politiche di massa di largo respiro, e ad attività culturali e artistiche. Nulla potrebbe essere più lontano da una «cospirazione antigovernativa».
7. L’Accusa mi imputa anche di aver segretamente contattato Liu Qing, che vive all’estero, e Wang Dan, che è stato imprigionato per «propaganda contro rivoluzionaria», con lo scopo di mettere a punto delle cosiddette «strategie di lotta».
Questa è un’accusa del tutto infondata. La legge non proibisce i contatti fra le persone, indipendentemente dal fatto che queste persone abbiano scontato delle pene detentive o siano residenti all’estero. Solo durante la Rivoluzione Culturale si utilizzavano accuse di questo tipo.
A quell’epoca, chi aveva contatti con persone residenti all’estero veniva accusato del crimine di «mantenere relazioni illecite con paesi stranieri» e gli individui che venivano rilasciati dopo aver scontato pene detentive continuavano a essere etichettati come «ex-prigionieri riformati col lavoro», categorie inavvicinabili.
L’insostenibilità dell’imputazione rivoltami fa sorgere un dubbio: la Rivoluzione Culturale è davvero finita, o è ancora viva e vegeta? Inoltre, l’accusa che io «mi sia unito agli appelli rivolti agli Stati Uniti affinché continuino la loro pressione sulla Cina» non è nemmeno vicina alla verità.
Dico questo perché fino ad ora non mi sono mai unito ad appelli su nulla, e non ho fatto nessun appello agli Stati Uniti affinché revocassero la Clausola di Nazione Più Favorita (MFN). Utilizzare la clausola MFN come strumento per esercitare pressione è stata una decisione presa dal Governo e dal Congresso americani. E tutto ciò avvenne molto tempo prima della mia scarcerazione. Come potrebbe tutta questa faccenda avere qualcosa a che vedere con un cittadino cinese come me?
Punto due. La Costituzione e la legge cinesi conferiscono ai cittadini il diritto di esprimere le loro opinioni. Questo diritto è garantito dalla libertà di parola, di stampa, di assemblea, di associazione, di critica contro il Governo, e include anche il diritto di fare appelli e perfino di esercitare pressione diretta sul Governo. Questi sono diritti inalienabili che appartengono al Popolo, che è sovrano nel paese. Ne consegue che «fare appello a una certa controparte affinché continui la sua pressione sul governo cinese» non viola nessuna legge, ma è al contrario un diritto legittimo, che ogni cittadino ha la libertà di esercitare.
Le false accuse fabbricate ai miei danni hanno lo scopo di dimostrare che non è colpa del Governo se le relazioni estere della Cina si trovano in pessimo stato, ma che la colpa dovrebbe essere attribuita a certi membri del «Movimento per la democrazia» che chiedono al governo di rispettare i diritti umani, dal momento che i loro appelli hanno portato alla pressione esercitata sulla Cina dall’opinione pubblica internazionale.
Questa non costituisce tanto un’accusa legale, quanto un tentativo da parte del Governo cinese di utilizzare il suo potere per creare capri espiatori per la sua incompetenza. Per questo motivo, si rende necessario che io riassuma ciò che è veramente accaduto, e che ne spieghi le ragioni.
Prima di tutto, sostengo apertamente le giuste richieste dell’opinione pubblica mondiale, inclusa quella degli Stati Uniti, ovvero che il Governo cinese migliori la tutela dei diritti umani all’interno del paese.
Nella situazione attuale, in cui il Governo cinese utilizza l’esercito, la polizia e gli organi giudiziari per conculcare il diritto di parola del Popolo e il suo diritto all’informazione, è impossibile per il Popolo cinese esercitare il suo diritto di controllo e condizionamento del Governo. Il Popolo cinese è privato perfino del diritto di criticare il Governo, di esercitare pressione diretta su di esso e di fargli rispettare i propri desideri e la propria volontà.
In queste circostanze, diventa ancora più importante per il Popolo cinese ricevere aiuto dall’opinione pubblica internazionale e dagli amici che abbiamo in tutto il mondo e che amano la democrazia e la libertà. I cittadini dei vari paesi che amano la democrazia e la libertà pretendono che i loro governi utilizzino i metodi che reputano più appropriati per costringere il Governo cinese a rispettare la volontà e i diritti del Popolo cinese.
Sono del tutto d’accordo con questo tipo di solidarietà internazionale generosa e altruistica. Sarebbe vergognoso per chiunque rifiutare o calunniare questo aiuto temendo le probabili, benché illegali, punizioni. Ho fiducia nel fatto che il Popolo cinese non cadrà così in basso, e per quel che mi riguarda, non voglio essere un tale vigliacco.
In secondo luogo, per quel che riguarda il danno che l’economia cinese riporterebbe in seguito alla revoca della MFN, la mia opinione è diversa da quella dei nostri amici stranieri. Non credo che questo sarebbe il metodo migliore, dal momento che la prima vittima di una misura del genere sarebbe il Popolo cinese stesso, già impoverito.
Una nostra maggiore povertà non sarebbe una minaccia per i burocrati e i dirigenti corrotti che controllano il Governo, dal momento che a loro non interessa affatto che il Popolo viva o muoia. Al contrario, troverebbero un comodo espediente nel poter dare la colpa di tutte le nostre difficoltà «alle interferenze imperialiste nei nostri affari interni» e approfitterebbero dell’opportunità di istigare un nazionalismo estremo che invece di accelerare l’avvento della democrazia e delle riforme, potrebbe costituire una minaccia per la pace nel mondo.
Quindi, per quanto io sostenga la necessità di continuare i nostri sforzi per costringere il Governo cinese a migliorare la tutela dei diritti umani nel paese, mi auguro che si seguano strade diverse dalle sanzioni economiche — alternative più sicure che non danneggino il Popolo cinese.
Ho sostenuto queste opinioni coerentemente, e le ho comunicate sia alla stampa che a ogni membro del Congresso americano e del Governo americano che mi è venuto a visitare. Parlando con John Shattuck, l’Assistente Segretario di Stato americano per i diritti umani e le questioni umanitarie, oltre a quanto affermato sopra, espressi la speranza che, indipendentemente dal risultato finale dei negoziati diplomatici fra gli Stati Uniti e la Cina, l’America non revocasse la MFN.
Shattuck rispose che capiva la mia posizione e che avrebbe trasmesso il mio messaggio al Presidente Bill Clinton e al Segretario di Stato Warren Cristopher. I fatti menzionati sopra possono essere verificati con Shattuck e con Deborah Kingsland, Primo Segretario dell’ambasciata americana. Invito la Corte a richiedere la loro testimonianza.
Questo dovrebbe mostrare che, malgrado io e i miei amici abbiamo agito separatamente e senza consultarci, abbiamo tutti mantenuto un atteggiamento responsabile in merito alle relazioni sino-americane, così come sul problema dei diritti umani, muovendoci contro le conseguenze negative di un disastro economico e del caos generalizzato che seguirebbe a una crisi diplomatica.
Le difficoltà che il Governo cinese sta incontrando nelle relazioni estere sono interamente dovute alla sua ostinazione nell’opporsi al rispetto dei diritti umani e della democrazia, e al suo contraddire lo spirito dei tempi. Incolpare di questo gli altri non servirà a nulla.
8. Citando mezza frase e il titolo, non scritto da me, di un mio articolo, l’accusa mi imputa di «cercare di dividere la madrepatria». Questo è un caso esemplare di inquisizione letteraria, fatta tramite citazioni avulse dal loro contesto, esagerazioni tendenziose, e distorsioni deliberate. Questi metodi servono solo a incriminare falsamente, ma non sono assolutamente sostenibili.
La mezza frase citata dall’Accusa è presa da una lettera che scrissi a Deng Xiaoping dal carcere nel 1992. Scopo principale della lettera era di discutere dei maggiori errori fatti dal Partito comunista cinese nella sua politica nei confronti del Tibet negli ultimi quarant’anni.
Scopo della lettera era anche esortare il gruppo dirigente del Partito comunista cinese, capeggiato da Deng, ad adottare, nei confronti del Tibet, una politica più pratica e realistica, in modo da riuscire a risolvere la questione tibetana ed evitare la divisione del Paese.
Lo scopo della lettera dovrebbe essere evidente a chiunque l’abbia letta senza pregiudizi, mentre ora le mie teorie vengono distorte e trasformate in un’«intenzione di dividere la madre patria». Queste mistificazioni non reggeranno.
Nella lettera ho avanzato opinioni su diverse questioni accademiche e storiche. Dal momento che sono opinioni diverse da quelle che circolano abitualmente, sono sicuramente criticabili, ma nessuno ha il diritto di distorcere le intenzioni dell’autore.
Distorcere le intenzioni della nostra controparte in un dibattito accademico è spregevole, e nel mondo intero chi ricorre a questi mezzi è tenuto in cattiva considerazione. Quanto questa pratica abbia arrecato dolore al Popolo tedesco, sovietico e cinese è sotto gli occhi di tutti.
Il Popolo cinese, liberatosi solo recentemente da tali calamità, dovrebbe stare ancora più in guardia di altri contro il ritorno di certi metodi.
9. La pubblicazione di articoli all’estero esula dalla giurisdizione cinese. Fintanto che nessuna legge locale è stata violata, pubblicazioni di questo tipo devono essere considerate legali. La Cina non ha diritto di estendere la sua giurisdizione a paesi e regioni al di fuori dei suoi confini nazionali.
Anche all’interno della frontiera cinese, bisogna agire nel rispetto delle leggi in vigore nella regione in cui avvengono i fatti, dal momento che alcune leggi cambiano da una regione all’altra. Se la legge locale non considera l’azione in questione un atto criminoso, allora tale azione è legale.
Leggi di altre regioni non possono essere valide oltre i loro confini. Quindi, incriminando sulla base di articoli pubblicati all’estero, l’Accusa si rende colpevole di valicare i limiti della legge, un atto illegittimo e che va rifiutato.
Inoltre, non ho lasciato pubblicare articoli di giornale contenenti le mie lettere dal carcere fino a quando non ne ho ottenuto l’esplicita autorizzazione dalle autorità cinesi. Gli ufficiali di polizia della Prima sezione del Dipartimento di sicurezza pubblica possono testimoniare a questo proposito. Anche se gli articoli fossero stati pubblicati all’interno del paese, sarebbe stato solo un legale esercizio del diritto di libertà di stampa e di espressione.
Incriminare un cittadino per un’azione attraverso la quale esercita i propri diritti di libertà di parola, stampa ed espressione corrisponde a un tentativo di privare gradualmente i cittadini dei loro diritti. Dovunque ciò avvenga, in Cina o in qualunque altro paese, si tratta di un segno premonitore di maggiori calamità contro cui l’intera società dovrebbe stare in guardia.
Vale anche la pena di sottolineare che la frase «non sono mai esistiti dei salvatori, né dobbiamo affidarci ad alcun dio o imperatore» fu ufficialmente etichettata sedici anni fa come «istigazione controrivoluzionaria».
Sedici anni fa, spiegai come questa frase, presa dall’inno «L’Internazionale», rifletta una teoria di base del Partito comunista cinese che ci è stata insegnata strenuamente dai veterani della rivoluzione.
Come potevo immaginare che sedici anni dopo questa stessa frase sarebbe stata ripresa, e questa volta con l’obiettivo ben più grave di accusarmi di «cospirazione antigovernativa»!
Questo non può essere spiegato come negligenza, ma dimostra solo che l’«inquisizione letteraria» è diventata un metodo tanto prediletto dal sistema giudiziario del nostro paese da colpire anche i documenti e le basi teoriche dello stesso Partito Comunista.
Un’ideologia così feudale e autoritaria è l’antitesi della democrazia e del governo della legge, nonché il maggior ostacolo alle riforme e alla politica di apertura. I veri controrivoluzionari non sono coloro che lottano per la democrazia e le riforme in sintonia con il momento storico; i veri reazionari sono invece i conservatori autocratici, che danno miglior prova dei loro talenti nel gioco della «inquisizione letteraria», e che cercano di bloccare la strada delle riforme e del progresso.
10. Per riassumere, l’errore fondamentale dell’Accusa consiste nel confondere la difesa dei diritti umani e la promozione della democrazia e delle riforme con la «cospirazione antigovernativa».
Per questo, qualunque cosa possa essere collegata al «Movimento per la democrazia» o ai «diritti umani» viene considerata un atto sovversivo e cospirativo. Queste accuse sono insostenibili per le ragioni che seguono.
Primo. Se il Governo che formula accuse di questo genere difendesse davvero i diritti umani e la democrazia, ogni esortazione a promuoverli maggiormente e ogni critica dei mali esistenti potrebbero solo aiutare il Governo a consolidarsi e a perfezionarsi, non certo contribuire a rovesciarlo.
Dal momento che un tale Governo sarebbe in sintonia con il movimento per i diritti umani e la democrazia, ogni interazione fra i due produrrebbe esclusivamente convergenze positive. Né l’uno né l’altro cospirerebbero ai reciproci danni.
Un Governo che può essere ribaltato dal movimento per i diritti umani e la democrazia può solo essere considerato un Governo dalla natura contradditoria, un Governo che non rispetta i diritti umani e che non promuove la democrazia, una dittatura feudale e fascista.
Non voglio credere che l’Accusa che mi sta incriminando rappresenti un Governo del genere.
Perché, stando alla nostra Costituzione e alle nostre leggi, il sovrano e padrone di questo paese è il Popolo, e il Governo è solo un suo rappresentante. Il Governo deve rispettare la sovranità popolare, le libertà individuali e i diritti politici di ogni cittadino, incluso il diritto del Popolo all’informazione, alla critica, e al controllo del Governo, e anche il suo diritto di cambiarlo.
Se il Governo abolisce o sopprime questi diritti democratici, allora diventa un Governo illegale e perde la sua legittimità, che è basata esclusivamente sulla Costituzione cinese. Quindi, se le imputazioni rivolte dall’Accusa al movimento per la democrazia e per i diritti umani dovessero essere valide, ciò dimostrerebbe solo che l’Accusa non rappresenta il Governo cinese legale, e che le sue imputazioni stesse sono illegali.
Come è dimostrato dall’analisi qui esposta, indipendentemente dalla natura del Governo che formula i capi di accusa, le azioni volte alla promozione dei diritti umani e della democrazia, e volte a smascherare e combattere i nemici della democrazia e dei diritti umani, non costituiscono reato e sicuramente non costituiscono il reato di «cospirazione antigovernativa». La situazione è tale perché così viene determinato dalla natura della Repubblica Popolare Cinese.
13 dicembre 1995
Fonte: Wei Jingsheng, Rivoluzione e democrazia, traduzione di Ilaria Maria Sala, Il Manifestolibri, 1996