La professione di fede tridentina
Le conclusioni dei Concilio di Trento (1563)
Com’è noto, il Concilio di Trento, indetto dal papa Paolo III con la bolla Laetare Hierusalem per il 15 marzo 1545, e chiusosi il 4 dicembre 1563, non segnò alcun rinnovamento nelle dottrine della Chiesa e ribadì puntualmente tutte le posizioni cattoliche nei confronti delle nuove posizioni assunte dalle correnti riformate.
Il documento che qui si riporta fu emanato dalla Chiesa il 13 novembre 1564, quando oramai il concilio tridentino era terminato da circa un anno, e racchiude, a partire dal Credo, in rapida ed efficace sintesi, tutte le posizioni dogmatiche confermate dal concilio nel corso delle sue sessioni: è negata la Sacra Scrittura come “unica” fonte della rivelazione e riaffermata la validità della tradizione e l’autenticità della “Vulgata” (8 aprile 1546), ribadita la necessità per salvarsi, oltre che della fede, della grazia santificante che rende l’uomo capace di compiere opere buone (13 gennaio 1547); precisato in sette il numero dei sacramenti (1547); riaffermata la presenza “reale” di Cristo nell’eucarestia (11 ottobre 1531); precisati la natura e il significato della messa (17 settembre 1562), nonché le dottrine relative all’esistenza del purgatorio, alle indulgenze, al culto dei santi (3-4 dicembre 1563). Tutta questa elaborata serie di principi, sui quali il Concilio aveva tanto a lungo discusso, venne concentrata in questo decreto che fu considerato perciò la summa delle conclusioni alle quali era giunta la grande assise cristiana.
Nonostante però la mancanza di nuove posizioni dottrinali, qualche autorevole storico (come Lucien Febvre) ha parlato di una «nuova religione» che sarebbe sorta dal concilio tridentino. Altri, forse più giustamente, ha parlato di «un potenziamento della religione antica e quasi di una nuova armatura». In realtà chi non limiterà il suo esame alle formulazioni dottrinali, ma passerà ad esaminare la vita interna della Chiesa non tarderà a scorgere una nuova organizzazione, un ringiovanimento (come ebbe a scrivere Leopold von Ranke) che diede un nuovo vigore al cattolicesimo consentendogli di tener testa al protestantesimo sia mediante un più elevato livello morale stabilito all’interno delle comunità sia con una vigorosa utilizzazione dei nuovi o rinnovati ordini religiosi.
Il testo è da vedere in H. Denzinger-A. Chonmetzer, Enchiridion symbolorum, definitionum et declarationum de rebus fidei et morum, 32a ediz., Freiburg i. Br., 1963, pp. 425-427.
Per inquadrare l’intero periodo cfr. V. de Caprariis, L’Italia nell’età della Controriforma (1559–1700), in «Storia d’Italia» coordinata da N. Valeri, Torino, UTET, 2° ed., 1965, II vol., pp. 383–776. Sullo stato degli studi pubblicati in questo secondo dopoguerra cfr. G. Alberigo, Studi e problemi relativi all’applicazione del Concilio di Trento in Italia (1945–58), in «Rivista storica italiana», 1958. Per un’impostazione del problema cfr. H. Jedin, Riforma cattolica o Controriforma?, trad. it. Brescia, 1937, e, dello stesso autore, la grande Storia del Concilio di Trento, trad. it. Brescia, 1949–1962, giunta al 2° volume.
Io N. con ferma fede credo e professo tutto ciò che si contiene nel simbolo della fede usato dalla Santa Chiesa di Roma, cioè: [segue il testo del «Credo»].
Ammetto ed abbraccio fermamente le tradizioni apostoliche ed ecclesiastiche e le altre regole e costituzioni della medesima Chiesa.
Inoltre ammetto la Sacra Scrittura secondo l’interpretazione che ha seguito e segue la Santa Madre Chiesa, a cui spetta giudicare del vero senso e delle interpretazioni delle Sacre Scritture, né mai la intenderò e interpreterò se non secondo l’unanime consenso dei Padri.
Professo inoltre che veramente e propriamente sono sette i sacramenti della Nuova Legge istituiti dal Signore Nostro Gesù Cristo e necessari per la salvezza del genere umano, benché non tutti a ciascuno, cioè il battesimo, la cresima, l’eucarestia, la penitenza, l’estrema unzione, l’ordine e il matrimonio, che essi conferiscono la grazia e che di essi il battesimo, la cresima e l’ordine non possono essere ripetuti senza sacrilegio.
Accolgo ed ammetto inoltre i riti ricevuti e approvati della Chiesa cattolica nella solenne amministrazione di tutti i predetti sacramenti.
Accolgo ed abbraccio tutto ciò che è stato definito e dichiarato intorno al peccato originale e alla giustificazione nel sacrosanto concilio tridentino.
Professo parimenti che nella Messa viene offerto a Dio un vero, proprio e propiziatorio sacrificio per i vivi e i morti, e che nel santissimo sacramento dell’eucarestia è veramente, realmente, e sostanzialmente il corpo e il sangue, insieme con l’anima e la divinità di Nostro Signore Gesù Cristo e che vi si attua la conversione di tutta la sostanza del pane in corpo e di tutta la sostanza del vino in sangue, la quale conversione la Chiesa cattolica chiama transustanziazione.
Riconosco inoltre che sotto una specie soltanto viene preso tutto e intero Cristo e il vero sacramento.
Ritengo fermamente che il Purgatorio esiste e che le anime ivi rinchiuse si giovino dei suffragi dei fedeli.
Analogamente che i Santi regnanti insieme con Cristo sono da venerare e invocare e che offrono per noi orazioni a Dio, e che le loro reliquie devono essere venerate.
Fermamente affermo che si debbono avere e confermare le immagini di Cristo e della Madre di Dio sempre Vergine e degli altri santi, e che ad esse va tributato il dovuto onore e la dovuta venerazione.
Inoltre affermo che la potestà delle indulgenze fu lasciata da Cristo nella Chiesa, e che l’uso di esse è sommamente salutare al popolo cristiano.
Riconosco la Santa cattolica e apostolica Chiesa di Roma, madre e maestra di tutte le chiese, e prometto e giuro sincera obbedienza al Romano Pontefice, successore del beato Pietro, principe degli apostoli, e vicario di Gesù Cristo.
Similmente accolgo e liberamente riconosco ogni cosa tramandata, definita e affermata dal sacrosanto Concilio Tridentino, e similmente condanno e ripudio tutte le cose contrarie e tutte le eresie condannate e rigettate dalla Chiesa.
Io stesso N. prometto, mi impegno e giuro di mantenere e confessare integra e immacolata sino all’estremo di mia vita, costantemente, con l’aiuto di Dio, questa vera fede cattolica (fuori della quale nessuno può essere salvo), che adesso spontaneamente professo e tengo per vera; e che curerò, per quanto sarà in me, che sia osservata, insegnata e predicata dai miei sottoposti, o da coloro la cui cura spetterà a me nell’ambito del mio ufficio: così mi aiutino Iddio e questi santi Evangeli.
Fonte: Rosario Romeo e Giuseppe Talamo (a cura di), Documenti storici. Antologia, vol. II L’età moderna, Loescher, Torino, 1966.