La Predica della Rinnovazione di Girolamo Savonarola
Firenze, 13 gennaio 1495
Tra le numerose prediche pronunziate dal Savonarola, questa del 13 gennaio 1493, è certamente una delle più note non per la novità dei concetti espressi o dei problemi affrontati, ma perché raccoglie organicamente idee già manifestate intorno alla riforma della Chiesa e alla “conversione” di Firenze.
«La Italia ha tutta andare sottosopra, e Roma, e di poi si ha a rinnovare la Chiesa», dice Savonarola. Ora, gli avvenimenti del 1494 avevano profondamente scosso l’equilibrio politico della penisola: i Medici erano stati scacciati da Firenze, il papa Alessandro VI Borgia era stato costretto a rinchiudersi in Castel Sant’Angelo, una grave crisi aveva investito lo stesso regno aragonese nel Mezzogiorno.
Savonarola aveva, almeno in parte, preannunciato tutto questo e l’avverarsi delle sue profezie contribuiva a dare alle sue prediche, e a questa in particolare, un tono di ispirata sicurezza, sorretta dalla appassionata convinzione di essere soltanto un mezzo di cui si serviva la divinità per esprimere il suo volere: «Credimi, Firenze, che non io, ma Iddio è quello che dice queste cose».
Le prove addotte dal Savonarola per dimostrare non la possibilità, ma l’ineluttabilità della riforma della Chiesa sono fondate tutte sull’autorità delle Sacre Scritture: la corruzione diffusa al vertice dell’organizzazione ecclesiastica, l’esclusione dei giusti dai posti di maggiore responsabilità, il perseverare nel peccato, la povertà della fede, la freddezza della devozione, la generale attesa del giusto castigo sono tutti sintomi di un prossimo rinnovamento interno della Chiesa.
A questo problema è dedicata la parte della predica che qui si riporta, raccolta, come le altre del 1495, da un notaio, il Violi, e rapidamente diffusa come Predica della Rinnovazione. È tratta dall’edizione curata da F. Cognasso, Prediche italiane ai Fiorentini, II: Giorni festivi del 1495, Perugia-Venezia, 1930, pp. 33–40.
Ecce gladium Domini super terram cito et velociter.
La intenzione nostra questa mattina è repetere tutto quello che abbiamo detto e predicato a Firenze questi anni passati circa la renovazione della Chiesa, la quale omnino sarà, e presto…
Ma io ti dico, Firenze, che questo lume [della profezia] mi è stato dato per te e non per me; perché questo lume non fa grato l’uomo a Dio. E voglio che tu sappi che io cominciai a vedere queste cose già più di quindici anni sono e forse venti, ma da dieci anni in qua ho cominciato a dire, e prima a Brescia quando vi predicai dissi qualche cosa. Di poi permise Iddio che io venissi a Firenze che è l’ombilico d’Italia, acciò che tu ne dessi notizia a tutte le altre città d’Italia; ma tu, Firenze, hai udito con gli orecchi tuoi, non me, ma Iddio.
Ma li altri dell’Italia hanno udito sempre pel detto d’altri e però non arai excusatione alcuna, tu, Firenze, se tu non ti converti, e credimi, Firenze, che non io, ma Iddio è quello che dice queste cose. Questo puoi comprendere, perché tu hai veduto questa gente che era per la mala via che è ritornata a penitenzia e credi che questo effetto non lo aria potuto operare uno povero fraticello, se Iddio non avessi operato Lui. Credi adunque, Firenze, e convertiti e non pensare che sia passato il flagello tuo, perché io vedo la spada che torna indietro. La pietra per sua natura si conduce al basso e non sa perché; la rondine fa el nido di terra e non sa perché; ma quello fanno per istinto naturale e non sanno la cagione perché così operano, ma l’uomo è menato da libero arbitrio.
A questa similitudine sono stati alcuni che per simplicità loro hanno predetto molte cose, e non hanno saputo la cagione perché. Ed alcuni altri sono stati che hanno predetto molte cose non per simplicità, ma hanno saputo la cagione e ragione perché. Sì che in qualunque di questi due modi tu voglia dire che si possa predire una cosa, io te l’ho predetta, che la Italia ha tutta andare sottosopra, e Roma, e di poi si ha a rinnovare la Chiesa. Ma tu non credi: doverresti pure credere, perché più presto Iddio te l’ha detto che io.
Ora cominciamo alle ragioni che io ti ho allegato da parecchi anni in qua, che ti dimostrano e pruovano la renovazione della Chiesa. Alcune ragioni sono probabili, ché gli si può contradire; alcune sono dimostrative, ché non gli si può contradire, perché sono fondate nella Scrittura Santa e quelle che io ti dirò sono tutte demonstrative, fondate tutte nella Scrittura Santa. La prima è propter pottutionem prelatorum. Quando tu vedi uno capo buono, di che il corpo sta bene; quando el capo è cattivo, guai a quel corpo. Però, quando Iddio permette che nel capo del reggimento sia ambizione, lussuria, ed altri vizi, credi che il flagello di Dio è presso. Io te lo pruovo; va, leggi al quarto de’ Re, a l’ultimo di Sedechia, dove dice Dominus irascitur contra Hierusalem. Item primo Regum, dove dice che Iddio permise che David peccassi per punire il popolo: il medesimo si legge di Manasses. Adunque, quando tu vedi che Iddio permette e capi della Chiesa traboccare nelle scelleratezze e simonie, di che il flagello del populo è presso. Io non dico che sia ne’ capi della Chiesa, ma dico quando tu lo vedrai.
La seconda è propter absumptìonem de’ buoni e giusti: ogni volta che Iddio leva via e santi e buoni, di che il flagello è presso. Pruovasi questo: quando Iddio volse mandare il diluvio, levò Noè e la sua famiglia; item cavò Loth di Sogdoma quando la volse ardere. Guarda quanti uomini si truova oggidì, che si possa chiamare giusto e buono, e però di che il flagello è presso e l’ira con la spada di Dio è commossa.
La tertia è propter exclusionem iustorum, quando tu vedi che alcuno signore o capo del reggimento non vuole li buoni e li giusti appresso, ma gli discacciano, perché non vogliono che gli sia detta la verità, di che il flagello di Dio è presso.
La quarta è propter desiderium iustorum, quando tu vedi che tutti gli uomini di buona volontà desiderano e chiamano il flagello, credi che ha a venire di corto. Guarda oggi se ti pare che ognuno chiami il flagello. E credimi, Firenze, che la punizione tua sarebbe già venuta, se non fussi stato li prieghi ed orazioni de’ buoni. Credimi che tu saresti oggi uno giardino.
La quinta è propter obstinationem peccatorum: quando e peccatori sono obstinati e non vogliono convertirsi a Dio e non stimono, né apprezzono quelli che gli chiamano a la buona via, ma sempre vanno di male in peggio e sono obstinati ne’ vizi loro, di che Dio è adirato.
Queste ragioni e le due precedenti si pruovano per quello che Iddio fece a Jerusalem, quando li mandò tanti profeti e santi uomini a volere convertire quel popolo, ma sempre stette obstinato e discacciava e profeti e lapidava, dove tutti e buoni allora pareva che chiamassino il flagello. Così a Faraone furono mandati tanti miracoli, ma sempre stette obstinato. E però Firenze aspetta il flagello, che sai quanto tempo ti è stato detto che tu ti converta e sempre se’ stata obstinata.
E tu, Roma, Roma, anche a te è stato detto e tu pure stai nella obstinazione e però aspetta l’ira di Dio.
La sesta è propter multitudinem peccatorum. Per la superbia di David fu mandata la peste. Guarda se Roma è piena di superbia, di lussuria, avarizia e simonia. Guarda se in lei si multiplicano sempre peccati, e però di che il flagello è presso.
La settima è propter exclusionem virtutum primarum, scilicet charitatis et fidei. Nel tempo della primitiva chiesa non si viveva se non con tutta fede e tutta carità: guarda oggi quanta n’è al mondo. Tu, Firenze, vuoi pure attendere alla tua ambizione ed ognuno ad esaltarsi, credi che tu non hai remedio se non penitenzia, perché il flagello di Dio è presso.
La ottava è propter negationem credendorum. Guarda che oggi non pare che nessuno creda ed abbi più fede ed ognuno quasi dice: che sarà poi? Quando tu vedi questo, di che el flagello è presso.
La nona è propter perditum cultum divinum. Va’, vedi quello che si fa per le chiese di Dio e con che divozione vi si sta. E però è oggi perduto il culto divino. Tu dirai che ci è tanti religiosi e tanti prelati più che ne fussi mai: così ce ne fussi meno. O cherica, cherica, propter te orta est haec tempestasi Tu se’ cagione di tutto questo male; ed oggidì ad ognuno gli pare esser beato chi ha il prete in casa ed io ti dico che verrà tempo e presto, che si dirà: beata quella casa che non ha cherica rasa.
La decima è propter universalem opinionem. Vedi, ognuno pare che predichi ed aspetti il flagello e le tribulazioni ed a ognuno pare che sia giusta cosa che la punizione di tante iniquità debba venire; l’abate Giovachino e molti altri predicano ed annunziano che in questo tempo ha a venire questo flagello. Queste sono le ragioni per le quali io t’ho predicato la renovazione della Chiesa…
Fonte: Rosario Romeo e Giuseppe Talamo (a cura di), Documenti storici. Antologia, vol. II L’età moderna, Loescher, Torino, 1966.