La “petizione del diritto”

Lo scontro tra Parlamento e Corona in Inghilterra (1628)

Mario Mancini
7 min readDec 31, 2019

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Un particolare dell’illustrazione sul frontespizio dell’opera di Thomas Hobbes, “Il Leviatano”, 1651

Agli inizi del regno di Carlo I Stuart il Parlamento inglese richiamò il sovrano all’osservanza di alcune fondamentali “libertà” che risalivano almeno alla Magna Charta, concessa da Giovanni Senzatetto nel 1215. In particolare si chiedeva al re che fosse garantita l’inviolabilità personale, cioè che nessun cittadino potesse essere arrestato soltanto su ordine del re o di un suo ministro senza che fosse formulata a suo carico una precisa imputazione e fosse quindi istruito un regolare processo. Nessun cittadino inglese inoltre avrebbe dovuto essere obbligato a fare donativi o a pagare tasse o imposte di qualsiasi genere se non ci fosse stata al riguardo una esplicita approvazione da parte del Parlamento. Infine era ritenuto contrario alle leggi e ai costumi inglesi l’obbligo, che si andava sempre più diffondendo, di ospitare nelle proprie case soldati e marinai.

Queste richieste vennero presentate a Carlo I in un momento in cui egli versava in particolari difficoltà, soprattutto di natura finanziaria, a causa di una serie di rovesci militari subiti in alcune imprese volte ad aiutare gli ugonotti francesi contro Richelieu. In tale situazione quindi il sovrano inglese, in cambio di alcuni “sussidi”, fu costretto ad accettare questa “petizione del diritto”, ma subito dopo proseguì nella sua politica di sistematica violazione delle libertà appena confermate con questo atto. Si rese quindi sempre più difficile quella collaborazione tra Parlamento e Corona che ancora agli inizi del regno di Carlo Stuart era sinceramente auspicata da molti membri del Parlamento e ci si avviò invece verso una soluzione di rottura che troverà il suo drammatico epilogo nella rivoluzione del 1648.

Il testo inglese si trova nelle Quellen zur neueren Geschichte, Die englischen Freiheitsrechte des 17. Jahrhunderts [I diritti di libertà inglesi del XVII secolo], Bern, 1962, pp. 7-10. Ne diamo la traduzione italiana da Le carte dei diritti, a cura di F. Battaglia, Firenze, Sansoni, 2° ediz. 1946, pp. 19-25.

Sulla “Petizione del diritto” cfr. The Dictionary of English Law [Dizionario del diritto inglese], London 1959, sub voce, per una informazione più generale cfr. G. M. Trevelyan, Storia d’Inghilterra, Milano, Garzanti, 1967, e, in particolare, dello stesso autore, England under the Stuarts [L’Inghilterra sotto gli Stuart], 3° ediz., Londra, 1946.

Alla Eccellentissima Maestà del Re.

1. — I Lords spirituali e temporali e i Comuni, riuniti in Parlamento, fanno osservare molto umilmente al nostro Sovrano Signore il Re che è dichiarato e fissato da uno statuto fatto sotto il regno di Edoardo i, conosciuto sotto il nome di statuto de tallagio non concedendo, che il Re o i suoi eredi non impongano né levino imposte o aiuti in questo regno, senza il buon volere ed assenso degli arcivescovi, vescovi, conti, baroni, cavalieri, borghesi ed altri uomini liberi dei comuni di questo regno; che, dall’autorità del Parlamento, convocato nel 250 anno del regno del Re Edoardo ili, è dichiarato e stabilito che nessuno potrà essere, in avvenire, costretto a prestare del denaro al Re contro la sua volontà, perché ciò sarebbe contrario alla ragione e alle libertà del paese; che altre leggi del regno proibiscono di gravare con carichi o altre tasse conosciute sotto il nome di “benevolence” o altre imposizioni analoghe; che, per i detti statuti od altre buone leggi di questo regno, i vostri sudditi hanno ereditato questa sicurezza di non potere essere costretti a contribuire a nessuna tassa, imposta, contributo od altro onere simile, senza il comune consenso, dato in Parlamento.

2. — Considerando tuttavia che sono state stabilite, dopo poco, diverse commissioni indirizzate ai commissari in parecchie contee, con istruzioni per le quali il vostro popolo è stato riunito in diversi luoghi e richiesto di prestare certe somme di denaro a V.M.; e che rifiutandosi qualcuno, è stato a questi fatto prestare giuramento, e sono stati obbligati a comparire e a presentarsi, contro tutte le leggi e gli statuti di questo reame, davanti al vostro Consiglio privato o in altri luoghi; che altri sono stati arrestati e imprigionati, turbati e molestati in diverse altre maniere; che diverse altre tasse sono state imposte e esatte sui vostri sudditi nelle contee dai lords luogotenenti, dai luogotenenti-deputati, dai commissari per l’esercito, dai giudici di pace e da altri, per ordine di V.M. o del vostro Consiglio privato, contro le leggi e i liberi costumi di questo reame.

3. — Considerando che è anche fissato e stabilito, dallo statuto chiamato la “Grande Carta delle libertà d’Inghilterra”, che nessun uomo libero potrà essere arrestato o messo in prigione, né spossessato del suo libero allodio, né delle sue libertà o franchigie, né messo fuori dalla legge o esiliato, né molestato in nessun’altra maniera, se non in virtù di una sentenza legale dei suoi pari o delle leggi del paese.

4. — Considerando che è stato anche dichiarato e stabilito, dall’autorità del Parlamento del 28° anno del regno del Re Edoardo ni, che nessuno, di qualsiasi rango o condizione sia, potrà essere spogliato della sua terra o delle sue tenute, né arrestato, né imprigionato, né privato del diritto di trasmettere i suoi beni per successione, o messo a morte senza essere stato ammesso a difendersi in un processo legale.

5. — Considerando tuttavia che, nonostante questi statuti ed altri statuti e buone leggi del vostro reame aventi il medesimo oggetto, parecchi dei vostri soggetti sono stati recentemente imprigionati senza che ne sia stata indicata la causa; e che, quando furono condotti davanti ai vostri giudici, conformemente ai bills di V.M. sull ‘habeas corpus, per subire e ricevere ciò che la corte stabilirà, e quando fu ingiunto ai loro carcerieri di far conoscere le cause della loro detenzione, questi non hanno dato altre ragioni se non che l’arresto aveva avuto luogo per un ordine speciale di V.M., notificato dai lords del vostro Consiglio privato; che essi furono in seguito restituiti nelle loro differenti prigioni, senza che fosse portato contro essi un capo d’accusa dal quale essi potessero discolparsi conformemente alla legge.

6. — Considerando che considerevoli distaccamenti di soldati e marinai sono stati recentemente dispersi in parecchie contee del reame, e che gli abitanti sono stati costretti a riceverli ed albergarli loro malgrado, contro le leggi e costumi di questo reame, con grande gravame ed oppressione del popolo.

7. — Considerando che è stato anche dichiarato e fissato dall’autorità del Parlamento nel 25° anno del regno del re Edoardo ili, che nessuno potrà essere condannato a morte o alla mutilazione, se non nelle forme indicate dalla Grande Carta e dalle leggi del paese; e che, per la detta Grande Carta e le altre leggi e statuti del vostro reame, nessun uomo deve essere condannato a morte, se non per mezzo delle leggi stabilite nel reame e delle consuetudini che vi sono in vigore, o di un atto del Parlamento; che, da un altro lato, nessun criminale, di qualsiasi condizione sia, può essere esentato dalle forme della giustizia ordinaria, né evitare le pene che gli infliggono le leggi e gli statuti del reame; che tuttavia, dopo poco, parecchie commissioni date sotto il gran sigillo di V.M. hanno investito certe persone di mandato e potere ed autorità di procedere, conformemente alla legge marziale, contro i soldati o marinai, od altre persone che si fossero unite ad essi, per commettere qualche assassinio, furto, fellonia, sedizione o altro crimine o delitto qualsiasi, di conoscere sommariamente le cause, e di giudicare, condannare, eseguire e mettere a morte i colpevoli, seguendo le forme della legge marziale e i modi usati in tempo di guerra nelle armate.

8. — Che, sotto il pretesto di questo potere, i commissari hanno mandato a morte parecchi dei sudditi di V.M., allorquando, se avessero meritato l’ultimo supplizio secondo le leggi e statuti del paese, essi non avrebbero potuto né dovuto essere condannati e giustiziati che per mezzo di queste stesse leggi e statuti e non altrimenti.

9. — Che diversi grandi criminali hanno anche, in tal modo, reclamato una esenzione, e sono riusciti a sottrarsi alle pene in cui erano incorsi per le leggi e statuti del reame, in seguito al rifiuto ingiustificato di parecchi dei vostri ufficiali e commissari di giustizia di procedere contro questi criminali secondo le leggi e gli statuti, col pretesto che essi dipendevano dalla legge marziale e dalle commissioni sopra ricordate, le quali commissioni e tutte le altre della stessa natura, sono direttamente contrarie alle leggi e agli statuti del vostro reame.

10. — Per queste ragioni, supplicano umilmente la Vostra Eccellentissima Maestà che nessuno, in avvenire, sia costretto a fare alcun dono gratuito, alcun prestito di danaro, alcun particolare presente, né a pagare alcuna tassa o imposta senza il consenso comune dato per atto del Parlamento; che nessuno sia chiamato in giustizia, né obbligato a prestare giuramento, né obbligato a un servizio, né arrestato, inquietato o molestato in occasione di queste tasse, o del rifiuto di pagarle; che nessun uomo libero sia arrestato o detenuto nella maniera indicata sopra; che piaccia a V.M. di far ritirare i soldati e i marinai dei quali si è sopra parlato, ed impedire che in avvenire il popolo sia oppresso in tal modo; che le commissioni incaricate di applicare la legge marziale siano revocate e annullate e che non ne siano più deliberate di simili a nessuno per paura che, sotto questo pretesto, qualcuno dei vostri soggetti sia molestato o mandato a morte contro le leggi e libertà del paese.

11. — Tutte queste cose essi domandano umilmente a V.M. come loro diritti e loro libertà, secondo le leggi e gli statuti di questo reame; supplicano anche V.M. di dichiarare che tutto ciò che si è fatto a questo riguardo, procedure, sentenze ed esecuzioni in danno del vostro popolo non produrrà conseguenze od esempi; supplicano anche che piaccia a V.M. degnare di dichiarare graziosamente, per una più grande soddisfazione e sicurezza del vostro popolo, che vostra intenzione e volontà reale è che nelle cose qui sopra dedotte, i vostri ufficiali e ministri vi servano conformemente alle leggi e agli statuti di questo reame, e che abbiano in vista l’onore di V.M. e la prosperità di questo reame.

Fonte: Rosario Romeo e Giuseppe Talamo (a cura di), Documenti storici. Antologia, vol. II L’età moderna, Loescher, Torino, 1966.

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Mario Mancini
Mario Mancini

Written by Mario Mancini

Laureatosi in storia a Firenze nel 1977, è entrato nell’editoria dopo essersi imbattuto in un computer Mac nel 1984. Pensò: Apple cambierà tutto. Così è stato.

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