La pace di Westfalia
Il nuovo ordine europeo (1648)
Negoziati per la pace tra i contendenti della guerra dei Trent’Anni erano stati aperti fin dal 1636 a Colonia e ripresi l’anno successivo ad Amburgo. Essi si trascinarono per anni, finché, il 23 dicembre 1641, fu concluso ad Amburgo un trattato preliminare che prevedeva il trasferimento delle trattative a Münister e Osnabrück (in Westfalia).
Si scelsero due sedi per evitare rincontro tra i rappresentanti del pontefice e quelli delle potenze protestanti, e anche per il gran numero dei partecipanti; ma restava inteso che le due assemblee venivano considerate come un unico congresso.
Si era fissata l’apertura dei negoziati al 25 marzo 1642, ma tra varie questioni e ritardi trascorsero due anni prima che le trattative si avviassero effettivamente.
Ad esse parteciparono tutti gli Stati europei, ad eccezione dell’Inghilterra, della Polonia, della Moscovia e della Turchia.
L’imperatore era rappresentato dal conte Massimiliano von Trauttmansdorff, la Francia da Enrico d’Orléans, duca di Longueville, (ma effettivamente da Abel Servien, marchese di Sablé e da Claude de Mesmes, conte d’Avaux), e la Svezia da Giovanni Oxenstierna, figlio del Cancelliere Axel, e da Giovanni Adler Salvius.
Il 1° giugno 1645 la Francia a Münster e la Svezia a Osnabriück presentarono le proprie proposte di pace. Esse furono discusse dagli Stati dell’Impero dall’ottobre 1645 all’aprile 1646. I problemi religiosi furono decisi tra il febbraio i646 e il marzo 1648, e quelli politici nell’estate del 1648.
I due trattati — quello di Münster tra la Francia e l’Impero, e quello di Osnabrück tra la Svezia e l’Impero — furono firmati il 24 ottobre 1648.
È noto che con la pace di Westfalia nasce un nuovo sistema internazionale, in cui il sistema politico delle potenze europee si sostituisce all’antica unità della Respublica Christiana. Sul piano territoriale, come risultante dei vari trasferimenti, l’Impero perdette 40.000 kmq di territorio e rimase con una frontiera indifendibile verso la Francia; mentre questa e la Svezia, come garanti della pace, ottennero un diritto costante di intervento negli affari tedeschi.
L’autorità imperiale svanì nel nulla, a profitto della sostanziale indipendenza dei più che 300 diversi Stati tedeschi; e l’evoluzione della Germania verso l’unità nazionale venne ritardata di secoli.
Il testo del trattato di Münster, in latino, e di quello di Osnabrück, in francese, si legge in J. Dumont, Corps universel diplomatique, tomo VI, parte I, Amsterdam-L’Aja, 1728, pp. 430–461, pp. 469–490, i due trattati nel testo latino sono ora in Quellen zur neueren Geschichte, Instrumenta Pacis Westphalicae, ed. K. Müller, Bern, 1949.
Una accessibile esposizione delle trattative che condussero alla pace e delle sue clausole principali, nella voce di R. Quazza, in Enciclopedia Italiana (Treccani), vol. XXXV, pp. 233–234.
1. Trattato di Munster
… Secondo questa base di reciproca amicizia e di universale amnistia, tutti e ciascuno degli elettori, principi e stati del Sacro Romano Impero (compresa la nobiltà immediata dell’Impero) e i loro vassalli, sudditi, cittadini e abitanti, ai quali in occasione degli eventi di Boemia o di Germania e delle alleanze contratte in seguito, è stato recato in qualunque modo pregiudizio o danno dall’una o dall’altra parte, siano restituiti (tanto per ciò che riguarda i diritti e i beni, feudali, suffeudali, e allodiali, quanto per ciò che riguarda le dignità, immunità, diritti e privilegi), pienamente in quel medesimo stato, nello spirituale e nel temporale, di cui godevano, o poterono legittimamente godere, prima della privazione, non opponendosi ma restando annullati tutti i mutamenti avvenuti nel frattempo in senso contrario…
E benché da questa precedente regola generale si possa facilmente giudicare chi e come sia da rimettere in possesso, tuttavia, a istanza di alcuni, piacque di fare speciale menzione di certe questioni di più grave momento; in modo tuttavia che coloro che espressamente non sono nominati o esclusi non perciò siano da ritenere omessi o esclusi…
In seguito la conferenza di Münster e Osnabrück trattò la questione del Palatinato in maniera che la lite sorta da lungo tempo intorno ad essa si è decisa nel modo seguente: anzitutto, per ciò che riguarda la Casa di Baviera, la dignità elettorale che gli Elettori Palatini possedettero in passato con tutte le regalie, gli uffici, le precedenze, le insegne e i diritti spettanti a questa dignità, nessuno eccettuato, come anche tutto l’Alto Palatinato insieme con la contea di Cham, con tutte le loro pertinenze, regalie e diritti, come sono state finora, così anche in avvenire rimangano presso Massimiliano Conte Palatino del Reno e i suoi figli e tutta la linea guglielmina[1], fino a quando vi saranno eredi maschi ad essa appartenenti… per ciò che riguarda la Casa Palatina, l’Imperatore e l’Impero nell’interesse della pubblica tranquillità consentono che in virtù della presente convenzione sia istituito un ottavo elettorato, del quale d’ora in poi godranno Carlo Lodovico, Conte Palatino del Reno, e i suoi eredi ed agnati[2] di tutta la linea rudolfina i[3], secondo l’ordine di successione determinato nella Bolla d’oro; tuttavia allo stesso Carlo Lodovico ed ai suoi successori non spetti nessun diritto su ciò che è stato attribuito insieme con la dignità elettorale all’elettore di Baviera e a tutta la linea guglielmina, ad eccezione dell’investitura simultanea…
Affinché poi si provveda che in seguito non sorgano controversie nell’ordine politico, tutti e ciascuno degli Elettori, dei Principi e degli Stati dell’Impero romano, in virtù di questo trattato, siano stabiliti e confermati nei loro antichi diritti, prerogative, libertà, privilegi, nel libero esercizio del diritto del paese, tanto nelle cose ecclesiastiche quanto nelle politiche, nelle signorìe e regalie e nel possesso di tutte queste cose, in modo che mai da nessuno possano o debbano esser turbati sotto qualunque pretesto di fatto; godano senza contrasto del diritto di voto in tutte le deliberazioni sugli affari dell’Impero, specialmente quando saranno da approvare o interpretare leggi, dichiarare guerre, stabilire tributi, istituire leve o alloggi di soldati, costruire nuove fortificazioni di carattere pubblico tra i confini degli Stati o da rinforzare con presidii le vecchie, ed inoltre quando saranno da fare pace e alleanze, ed altri negozi di tal genere; e niente di ciò o alcunché di simile da ora in poi sia mai fatto o ammesso, se non con il libero voto ed il consenso di tutti gli Stati dell’Impero nella Dieta; ma in primo luogo sia in perpetuo concesso ai singoli Stati il diritto di fare alleanze tra loro e con i paesi esteri per la conservazione e sicurezza propria e di ciascuno, in maniera però che tali alleanze non siano contro l’Imperatore e l’Impero e la sua pubblica pace, o soprattutto contro questo trattato, e salvo in ogni caso il giuramento da cui ciascuno è legato all’Imperatore, e all’Impero;
… si tenga poi la Dieta dell’Impero entro sei mesi dalla data della firma della pace, e poi tutte le volte che la pubblica utilità o necessità lo richiederà. Nella prossima Dieta si correggano i difetti delle assemblee precedenti, e inoltre, con il comune consenso degli Stati, si tratti e si regoli l’elezione del re dei Romani, della capitolazione imperiale da definire in modo stabile e preciso, del modo e dell’ordine da seguire nel mettere l’uno o l’altro Stato al bando dell’Impero (oltre quello che altrimenti è descritto nelle costituzioni imperiali), della ricostituzione dei circoli, del rinnovo della Matricola, del modo di ridurre gli Stati che ne sono esenti, della moderazione e remissione delle imposte imperiali, della riforma del governo e della giustizia e dei diritti che si pagano alla Camera imperiale, del modo di ben formare i deputati ordinari secondo le esigenze e l’utilità dello Stato, dei veri doveri dei direttori dei collegi dell’Impero, e di simili affari che qui non hanno potuto essere portati a termine;
– alle città libere dell’Impero non meno che agli altri Stati dell’Impero spetti il voto deliberativo tanto nelle Diete universali che in quelle speciali, e ad esse rimangano intatte e confermate le regalie, le imposte, i redditi annui, le libertà, i privilegi di confisca e di fissare imposte e tutto ciò che ne deriva e gli altri diritti legittima- mente ottenuti dall’Imperatore e dall’Impero o avuti, posseduti ed esercitati, per lungo uso e prima di questi ultimi eventi, con ogni giurisdizione entro le mura e nel territorio; restando cassate, annullate e in futuro vietate le cose che per rappresaglie, ordinanze, interruzioni di comunicazioni e altri atti pregiudizievoli, sia che siano state fatte in contrario durante la guerra sotto qualsiasi pretesto e tentate di propria autorità, sia che da ora in poi potranno esser fatte e tentate senza alcun legittimo precedente di diritto e senza mandato di esecuzione. Per il resto tutte le lodevoli consuetudini e le costituzioni e leggi fondamentali del Sacro Romano Impero in avvenire siano religiosamente osservate, ed eliminate tutte le confusioni che si sono introdotte durante la guerra…
– affinché poi la detta pace e amicizia tra l’Imperatore e il Re Cristianissimo possa essere consolidata e si provveda meglio alla sicurezza pubblica, col consenso, parere e volontà degli Elettori, Principi e Stati dell’Impero, nell’interesse della pace si è convenuto: Primo. Che il supremo dominio, i diritti di sovranità e tutte le altre cose sui vescovati di Metz, Toul e Verdun e le città dello stesso nome e le loro diocesi e particolarmente Moyenvic, in quel modo che finora spettavano all’Impero romano, in avvenire debbano spettare in perpetuo e irrevocabilmente alla Corona di Francia ed essere incorporate ad essa, rimanendo tuttavia riservato il diritto metropolitano pertinente all’arcivescovato di Treviri…
Secondo. L’Imperatore e l’Impero cedono e trasferiscono al Re Cristianissimo e ai suoi successori nel regno il diritto di diretto dominio e di sovranità e qualunque altra cosa che finora spettava e poteva spettare a sé e al Sacro Romano Impero su Pinerolo.
Terzo. L’Imperatore per sé e per tutta la serenissima casa d’Austria e insieme l’Impero, cedono con tutti i diritti, proprietà, domimi, possessi e giurisdizioni che finora spettavano a sé, all’Impero e alla dinastia austriaca sulla città di Brisach, sul langraviato dell’Alsazia superiore e inferiore, sul distretto di Sundgau e sulla prefettura delle dieci città imperiali situate in Alsazia… e tutti i villaggi e gli altri qualsiasi diritti che dipendono dal detto distretto, ed esse tutte e ciascuna di esse trasferiscono al Re Cristianissimo e al regno di Francia, così come la detta città di Breisach con le città di Hochstadt, Niederrsimsing, Harten e Acharren, pertinenti alla città di Breisach, con ogni territorio e giurisdizione quanto è esteso ab antiquo, salvi tuttavia i privilegi e le immunità della medesima città finora ottenuti dalla casa d’Austria…
Quarto. Sia concesso alla Maestà Cristianissima e ai suoi successori nel regno, col consenso dell’Imperatore e di tutto l’Impero, il diritto di tenere un presidio nel castello di Philippsburg, limitato tuttavia a un numero conveniente, che non possa offrire ai vicini giusto motivo di sospetto; da mantenere tuttavia a spese della Corona di Francia. Inoltre al re dovrà essere liberamente aperto il transito attraverso le terre e le acque dell’Impero per introdurre soldati, viveri e altre cose di cui volta a volta vi sarà bisogno…
Inoltre, affinché le controversie tra i signori della Savoia e i duchi di Mantova a causa del Monferrato, definite e terminate ad opera della insigne memoria di Ferdinando li imperatore e di Luigi xiii re di Francia, genitori delle LL.MM., non abbiano a riardere a danno della repubblica cristiana si è convenuto che il trattato di Cherasco del 6 aprile 1631, con la successiva esecuzione circa il medesimo ducato del Monferrato, resterà fermo e valido in perpetuo in tutti i suoi articoli, ad eccezione tuttavia di Pinerolo e pertinenze, definiti tra S. M. Cristianissima e il Duca di Savoia, e acquistati al re cristianissimo e al regno di Francia per mezzo di particolari trattati, che avranno la medesima stabilità e validità in tutte quelle parti che riguardano il trasferimento o cessione di Pinerolo e delle sue pertinenze…
Contro questo trattato o qualsiasi articolo o clausola di esso non vengano mai allegati uditi o ammessi diritti canonici o speciali decreti di concilii, privilegi, indulti, editti, azioni legali, proibizioni, mandati, decreti, rescritti, litispendenze, sentenze emanate in qualsiasi epoca, cosa giudicate, capitolazioni imperiali ed altre regole o esenzioni di ordini religiosi, proteste sia passate che future, contraddizioni, appelli, investiture, trattati, giuramenti, rinunce, patti deditizi o altri, e meno che ogni altro l’editto del 1629 o la pace di Praga con le sue appendici, o concordati con i pontefici o Yinterim del 1548 o di tutti quegli altri statuti, decreti politici od ecclesiastici, dispense o assoluzioni e qualunque altra eccezione sotto qualunque nome o pretesto possano essere escogitate né d’ora in avanti contro questo trattato in sede di giudizio petitorio o possessorio sarà riconosciuto alcun decreto o azione legale, sia per divieto, petizione o possesso.
1. Trattato di Osnabruck.
Or poiché le lagnanze che erano dibattute tra gli elettori, principi e Stati dell’Impero dell’una e dell’altra religione, sono state in parte causa e hanno dato occasione alla presente guerra è stato convenuto e transatto come segue:
Art. V
par. I — L’accordo promosso a Passau nel 1552, la pace religiosa che lo confermava nel 1555, come pure quanto convenuto ad Augusta nel 1566 e susseguentemente nelle varie assemblee generali del Sacro Romano Impero, sono stati confermati in tutti i loro particolari per unanime consenso dell’Imperatore, Elettori, Principi e Stati di ciascuna religione; devono essere considerati ratificati dalla prima all’ultima parola e devono essere osservati lealmente e inviolabilmente. Perciò quanto è stato decretato per comune accordo da ambedue le parti circa alcuni articoli discussi dei summenzionati accordi sarà osservato in maniera legale e non, finché non sarà raggiunta per grazia di Dio l’unità della religione; [tale accordo verrà applicato] nonostante le opposizioni o proteste, che potrebbero venire avanzate da qualsiasi autorità ecclesiastica o politica, entro o fuori l’Impero in qualsiasi momento; in virtù della presente disposizione tutte queste opposizioni sono considerate nulle e senza alcun valore.
In tutte le altre materie verrà osservata una esatta e reciproca eguaglianza tra tutti gli Elettori, Principi e Stati di ciascuna religione, per quanto può essere conforme agli interessi del comune benessere, alle costituzioni dell’Impero ed al presente accordo, affinché ciò che è giusto per una parte, lo sia anche per l’altra e qualsiasi violenza, anche fisica, è proibita in perpetuo in queste ed altre materie, ad ambedue le parti.
par. 2 — Il momento, da cui si dovranno iniziare la restituzione dei possedimenti ecclesiastici e l’annullamento di ogni mutamento politico, che sia stato compiuto a tal riguardo, sarà il primo giorno di gennaio 1624…
par. 3 — Per quanto riguarda i possedimenti ecclesiastici, siano essi arcivescovati, vescovati, prelature, abbazie, prefetture, parrocchie, commende o libere istituzioni secolari od altre con i redditi, le rendite ed ogni altra cosa simile, situate entro o fuori le città, gli Stati cattolici e quelli che seguono la confessione d’Augusta, qualunque cosa posseggano al primo giorno di gennaio 1624, la possederanno completamente, senza riserve, pacificamente e senza opposizione, finché non venga raggiunto un accordo definitivo (che sia volere di Dio raggiungere) sulle contese riguardanti la religione; e non sarà legale per alcuna delle due parti di molestare l’altra giudizialmente o con altri mezzi, né di importunarla o recare offesa. B qualora non fosse possibile accordare amichevolmente le differenze religiose (che il volere di Dio non lo permetta) il presente accordo sarà come legge permanente e la Pace avrà validità perpetua…
par. 12 — È stato inoltre deciso che a tutti i seguaci della confessione d’Augusta che sono sudditi di cattolici, come pure ai cattolici che sono sudditi di Stati della confessione d’Augusta, che non hanno ancor goduto alcuna volta, prima del 1624, della pubblica o privata pratica della loro religione, o che dopo la pubblicazione della tregua professeranno od abbracceranno in futuro una religione differente da quella professata dal signore delle terre in cui vivono, sarà concesso pacificamente e con libera coscienza di frequentare privatamente i luoghi del loro culto, senza essere soggetti ad inchieste o importunati, e non sarà loro impedito di partecipare alla pubblica professione della loro religione nelle loro vicinanze, dove e quante volte essi lo desidereranno o di mandare i loro figli in scuole appartenenti alla loro religione o da precettori privati in casa…
par. 16 — In attesa del definitivo accordo cristiano per le diversità di religione sia tra i cattolici ed i seguaci della confessione di Augusta come tra gli stessi Stati della confessione d’Augusta, siano sospese la legge diocesana e la giurisdizione ecclesiastica in ogni loro forma diretta contro gli Elettori, Principi, Stati (inclusa la libera nobiltà dell’Impero) e sudditi professanti la confessione d’Augusta, e tali legge diocesana e giurisdizione ecclesiastica siano limitate ai confini dei loro territorii.
Art. VII
Per unanime consenso di Sua Imperiale Maestà e di tutti gli Stati dell’Impero, si è ritenuto opportuno che lo stesso diritto o privilegio che tutte le altre costituzioni Imperiali, la pace religiosa, il presente trattato pubblico e la risoluzione delle lagnanze in essi contenute, accordano agli Stati cattolici, ai sudditi e a quelli della confessione d’Augusta, sia accordato pure a coloro che si dicono riformati, eccettuati sempre i patti, privilegi, dichiarazioni ed altri accordi, che gli Stati denominantisi protestanti hanno concordato tra loro stessi ed i sudditi per mezzo dei quali sono stati stabiliti, fino ad ora, dei regolamenti riguardanti la religione, la sua pratica ed ogni cosa ad essa connessa, per gli Stati ed i sudditi di ogni luogo, e salva pure la libertà di coscienza di ognuno. E poiché le differenze di religione tra i Protestanti non sono ancora determinate, essendo riservate ad una sistemazione definitiva, e poiché per tal ragione essi formano due partiti, è stato consensualmente stabilito tra le due parti relativamente alla legge della riforma, che qualora un principe o signore di terre od un patrono di qualche chiesa volesse passare alla religione dell’altra parte, o qualora avesse ricevuto od ottenuto per diritto di successione, o in virtù del presente trattato, o sotto altro titolo, un principato od una signoria, dove fosse pubblicamente professata la religione dell’altra parte in quel momento, gli sarà concesso, senza alcuna opposizione, di avere presso di sé e nella sua residenza speciali predicatori della sua religione, anche per la sua Corte; ciò tuttavia non potrà avvenire a spese o a pregiudizio dei suoi sudditi. Ma non sarà legale che muti la religione praticata ufficialmente o le leggi e costituzioni ecclesiastiche precedentemente in vigore, o che sottragga a tale religione i suoi templi, scuole, ospedali o rendite pensioni e stipendi, per concederli ai membri della propria religione ed ancor meno che costringa i propri sudditi ad accogliere come propri ministri di altra religione, col pretesto di leggi territoriali od episcopali o di patronato o ancora con altri pretesti, o che colpisca o faccia opposizione, direttamente o indirettamente alla religione dei suoi sudditi. Ed al fine che tale accordo sia ancor più efficacemente osservato, in caso di tali mutamenti, sarà concesso alle comunità in questione di presentare o — nel caso non ne avessero il diritto — di designare dei ministri capaci, sia per le scuole che per la Chiesa, che saranno esaminati e nominati dalle assemblee dei ministri pubblici della località, sempre che appartengano alla medesima religione delle comunità, che li presentano o li designano; in caso contrario essi saranno esaminati e nominati nel luogo scelto dalla stessa comunità e saranno definitivamente confermati dal principe o signore senza opposizione.
Se tuttavia, quando sorge la questione del cambiamento, la comunità ha abbracciato la religione del proprio signore e chiede di avere a sue spese gli stessi riti, di cui il suo signore o principe gode, sarà legale per lo stesso principe o signore concedere tale privilegio a quella comunità senza pregiudizio per gli altri sudditi e senza possibilità da parte dei successori di abolirlo. Ma i Concistori, gli Ispettori per le questioni religiose e gli insegnanti di Teologia e Filosofia alle Scuole ed Università non potranno appartenere ad altra religione che a quella pubblicamente professata in quel tempo in ciascun luogo. E poiché si devono intendere queste clausole in riferimento ai mutamenti, che potrebbero verificarsi nel futuro, esse non dovranno recare alcun pregiudizio ai diritti, che in tal senso competono al principe di Anhalt o ad altri principi; ma ad eccezione della religione summenzionata nessun’altra sarà tollerata nel Sacro Romano Impero.
X. In seguito, avendo chiesto la Serenissima Regina di Svezia che la si indennizzasse per la restituzione che essa è tenuta a fare delle piazze da Lei occupate durante questa guerra, e che si provvedesse con mezzi legittimi al ristabilimento della pace pubblica nell’Impero, Sua Maestà Imperiale a questo fine, col consenso degli Elettori, Principi e Stati dellTmpero, e particolarmente degli interessati, cede alla predetta Serenissima Regina, e ai suoi eredi e successori, in virtù del presente trattato, le province seguenti, di pieno diritto, in feudo perpetuo e immediato dellTmpero:
1. Tutta la Pomerania Citeriore, comunemente detta Vor-Pom- mern, insieme con l’isola di Rügen, contenute nei limiti che avevano sotto gli ultimi duchi di Pomerania. Inoltre nella Pomerania Ulteriore, le città di Stettino, Gartz, Damm, Gollnau e l’isola di Wollin, con il fiume Oder e il braccio di mare che si chiama comunemente Frischeff Haff. Inoltre i tre sbocchi di Peine, di Swine e di Diewenow e la terra adiacente da ambedue i lati, dall’inizio del Territorio regio sino al mar Baltico, in quella larghezza della riva orientale che sarà convenuta in via amichevole tra i commissari regi ed elettorali, che saranno nominati per il regolamento esatto dei confini e altre particolarità…
2. L’Imperatore, col consenso di tutto l’Impero, cede inoltre, alla Serenissima Regina, e ai Re suoi eredi e successori, e al Regno di Svezia, in feudo perpetuo e immediato dell’Impero, la città e il porto di Wismar, con il forte di Walfisch; come anche il distretto di Poel (eccettuati i villaggi di Schedorf, Weidendorf, Brandenhusen e Wangern, appartenenti agli Ospedali dello Spirito Santo della città di Lubecca) e quello di Newencloster, con tutti i diritti e pertinenze, così come i duchi di Mecklemburgo li hanno posseduti fino ad ora…
3. L’Imperatore, col consenso di tutto l’Impero, cede inoltre, in virtù del presente trattato, alla Serenissima Regina, ai Re suoi eredi e successori, e alla Corona di Svezia, in feudo perpetuo e immediato dell’Impero, l’arcivescovato di Brema e il vescovato di Verden, con la città e il distretto di Wilshusen, e tutto il diritto che era appartenuto agli ultimi arcivescovi di Brema sul capitolo e la diocesi di Amburgo…
4. L’Imperatore insieme con l’Impero, in ragione di tutte le predette province e feudi, riceve come Stato immediato dell’Impero la Regina Serenissima e i suoi successori nel Regno di Svezia, in modo che la predetta Regina e i predetti Re saranno da ora in poi invitati alle Diete Imperiali con gli altri Stati dell’Impero, col titolo di duchi di Brema, di Verden e di Pomerania, come anche con quello di Principi di Rùgen e di signori di Wismar…
Art. XVIX
Contro tale Trattato od alcun suo articolo o clausola non può essere avanzata, ascoltata od ammessa alcuna obiezione, anche [se provenga dal] diritto civile o canonico, generale o particolare, da decreti conciliari, privilegi, indulti, editti, commissioni, divieti, ordini, decreti, rescritti, casi legali, sentenze emesse in qualche momento, verdetti giudiziarii, convenzioni Imperiali od altre regole od esenzioni di Ordini religiosi, dichiarazioni passate o future, opposizioni, appelli, investiture, trattati, giuramenti, rinunce, patti di ogni sorta, o dall’Editto del 1629 o dal Trattato di Praga con le sue aggiunte, dai Concordati Papali o dell’Interim del 1548 o da qualsiasi altro statuto politico o decreto, dispensa, solvimento ecclesiastico, o da ogni altra opposizione, sotto qualsiasi nome o pretesto sia avanzata, né d’ora in avanti sarà riconosciuto alcun processo o azione legale, sia per divieto, petizione o possesso, contro questo Trattato.
Fonte: Rosario Romeo e Giuseppe Talamo (a cura di), Documenti storici. Antologia, vol. II L’età moderna, Loescher, Torino, 1966.