La Normale alla scuola di Barbiana

di Paolo Marcucci

Mario Mancini
7 min readJan 9, 2021

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La facciata della sede storica della Scuola Normale Superiore, Pisa.

Quel giorno del 1954…

Quando nel 1954, in una mattina d’inverno toscano, Lorenzo Milani sale per la prima volta la strada sconnessa, impervia e solitaria che porta a Barbiana, la Normale ha già 144 anni.

Risale infatti al 18 ottobre 1810, Il decreto napoleonico relativo agli “stabilimenti di istruzione pubblica” in Toscana, diventata provincia dell’impero francese nel 1807, che “stabilisce l’istituzione a Pisa di un “Pensionato accademico” per gli studenti universitari. Venticinque posti del pensionato vengono messi a concorso per studenti delle facoltà di Lettere e Scienze, per creare una succursale dell’École Normale Supérieure di Parigi.

Nasce così, per volontà di Napoleone, la Scuola Normale Superiore di Pisa. Il termine “Normale” si riferisce alla sua missione didattica primaria, formare insegnanti di scuola media superiore che trasmettessero le “norme”, cioè che educassero i cittadini all’obbedienza alle leggi e all’Imperatore.[1]

Quel giorno del 1954, merita di essere raccontato[2]:

“Nei pressi di Vicchio il camioncino si guastò e fu costretto a fermarsi per essere riparato. Don Lorenzo, che voleva arrivare di giorno a Barbiana, proseguì da solo facendosi accompagnare con una macchina che svolgeva servizio pubblico. L’auto salì per quella strada sconnessa e sterrata fino a quando si trasformò in un sentiero e don Lorenzo dovette continuare a piedi la ricerca della sua nuova chiesa. Intorno a sé niente, solo silenzio e bosco.

Sa bene che in quel niente tutto deve rinascere ripartendo da capo. «Se faccio fiasco anche lassù», aveva scritto a don Rossi, «non mi resterà che farmi monaco, di quelli murati vivi per salvarmi almeno l’anima». Mentre cammina verso la sua chiesa lotta in solitudine con la coscienza. Nel frattempo il cielo si oscura e si scatena un violento temporale.

Arrivò che era quasi buio, bagnato e infreddolito. Non c’era nessuno ad accoglierlo. Entrò in chiesa, si inginocchiò nell’ultima panca vicino alla porta, pregò con la testa fra le mani. Il lume delle poche candele facevano a malapena intravedere le sagome del parroco uscente che dall’altare recitava la novena per la Madonna. Alla funzione erano presenti solo tre donne e due ragazzetti. Tra le tre donne l’Eda e la Giulia che erano arrivate la mattina. Dei due ragazzetti uno era il nipote del prete uscente e l’altro Agostino, uno dei primi sei ragazzi per i quali don Lorenzo organizzerà la scuola di Barbiana in canonica.

Pregò per tutto il tempo della novena. Quando si rialzò era già un uomo diverso. Diverso dal ricco benefattore dei poveri, diverso dallo stesso Cappellano di San Donato. Come Giacobbe, aveva vinto la lotta con l’Angelo, ma ne era uscito sciancato. Ora è l’uomo che ha intrapreso il cammino che lo porterà ad essere povero tra i poveri.

Nella solitudine e nel silenzio di quei monti ricomincia il suo cammino pastorale per la elevazione umana, sociale e religiosa di quelle poche creature che ancora erano rimaste nella parrocchia di Sant’Andrea a Barbiana.

La mattina dopo un carro senza ruote, trainato a strascico, tipo slitta, da due buoi di un contadino, andò a recuperare la mobilia che il camioncino aveva scaricato ai piedi della mulattiera, in fondo alla salita. Purtroppo il temporale della sera prima aveva rovinato tutto. Era rimasta solo roba fradicia e pezzi di mobili scollati e galleggianti nelle pozzanghere d’acqua. Aveva perso tutto.”

Lezione in classe a Barbiana

Barbiana e Pisa

Barbiana e Pisa geograficamente vicine, però lontane e divise da un abisso culturale immenso che le due scuole rappresentavano, ma che le recenti interviste[3] di Luigi Ambrogio direttore della Normale, finite sui media qualche giorno fa, in qualche modo le avvicinano e rimandano alla somiglianza delle tesi della scuola di don Milani:

“Una delle criticità da affrontare è la sempre più alta estrazione sociale dei nostri allievi. Sempre più spesso i normalisti sono figli di genitori laureati, di insegnanti e di altri professionisti. Prima non era così».

Per esempio Adriano Prosperi[4], nato a Cerreto Guidi da una famiglia di contadini. “Per lui la Normale fu un trampolino per allargare i propri orizzonti e le proprie possibilità”, oppure Elena Ferrante[5] “per la quale negli anni Sessanta la Normale ha rappresentato «uno strumento straordinario di emancipazione e libertà”. Ma questa funzione e questo ruolo hanno subito una forte contrazione:

“Pensiamo alla conoscenza delle lingue: è ovvio che sia più sviluppata in chi ha avuto più occasioni di viaggiare e quindi più risorse economiche. Il nostro compito è valorizzare quegli studenti capaci che, per ragioni familiari, non hanno avuto queste possibilità”.

Non uno di meno

Anche se il tema oggi appare di difficile e controversa interpretazione, perché la scala sociale[6] si può salire usando altri mezzi, diversi dalla competenza, data dai percorsi anche scolastici, basti vedere in questo periodo, ad esempio, la selezione di almeno una parte della classe politica, l’Istat certifica i numeri, a cui accennava il direttore, nel recente rapporto 2020[7]:

“Emerge che le opportunità di accesso alla classe più elevata sono state favorevoli e crescenti per i figli dei medi dirigenti e professionisti nati fino alla fine degli anni ’60 mentre si sono fortemente ridotte nell’ultima generazione (coefficienti concorrenziali medi rispettivamente di 3,17 e 1,92). Le chances di passaggio dalla classe media impiegatizia verso la classe più elevata sono state assai più contenute e, a tratti, svantaggiate, denotando scarse opportunità di salire; del resto la stessa classe media impiegatizia vede ridursi anche le opportunità di ascesa nella più prossima classe dei medi dirigenti e professionisti (da 1,75 a 1,26). Oltre alla riduzione delle chances di ascesa verso medi dirigenti e professionisti, questa classe registra un aumento dello svantaggio medio di retrocedere verso i lavoratori a bassa qualificazione del terziario (era inferiore all’unità fino ai nati alla fine degli anni Cinquanta e sale a 1,46 e 1,19 nelle ultime due generazioni.”

È lo stesso sentimento che proviene anche dalla scuola Sant’Anna, altra eccellenza pisana, attraverso la rettrice Sabina Nuti:

«Abbiamo un tesoro nascosto nel cassetto e troppo spesso rischia di rimanere chiuso lì. Ogni anno lanciamo una chiamata alle armi alle scuole d’Italia, chiedendo loro di segnalarci 120 studenti particolarmente promettenti provenienti da contesti socio-economici fragili. Questi ragazzi vengono poi inseriti in un percorso di orientamento curato dagli stessi allievi della Sant’Anna».

Parole che, in chiusura, rimandano alla dottrina sociale della scuola di Barbiana[8]:

Se si perde loro (gli ultimi) la scuola non è più scuola. E’ un ospedale che cura i sani e respinge i malati.

La scuola ha un problema solo. I ragazzi che perde. La vostra “scuola dell’obbligo” ne perde per strada 462.000 l’anno. A questo punto gli unici incompetenti di scuola siete voi (insegnanti) che li perdete e non tornate a cercarli. Non c’è nulla che sia ingiusto quanto far parti uguali fra disuguali.

Voi dite d’aver bocciato i cretini e gli svogliati. Allora sostenete che Dio fa nascere i cretini e gli svogliati nelle case dei poveri. È più facile che i dispettosi siate voi” (Lettera a una professoressa).

Questa tecnica di amore costruttivo per la legge l’ho imparata insieme ai ragazzi mentre leggevamo il Critone[9], l’Apologia di Socrate, la vita del Signore nei quattro Vangeli, l’autobiografia di Gandhi, le lettere del pilota di Hiroshima. Vite di uomini che son venuti tragicamente in contrasto con l’ordinamento vigente al loro tempo non per scardinarlo, ma per renderlo migliore (L’obbedienza non è più una virtù).

E allora il maestro deve essere per quanto può, profeta, scrutare i “segni dei tempi”, indovinare negli occhi dei ragazzi le cose belle che essi vedranno chiare domani e che noi vediamo solo in confuso (Lettera ai giudici).

Note

[1] https://www.sns.it/it/scuola-normale-superiore/storia

[2] Michele Gesualdi: anniversario dell’arrivo a Barbiana di Don Lorenzo — 7 dicembre 1954 — su https://www.donlorenzomilani.it

[3] Valeria Strambi, Repubblica, 15–12–2020

[4] Adriano Prosperi (Cerreto Guidi, Firenze, 21 agosto 1939) è uno storico. Si è formato presso l’Università di Pisa e la Scuola Normale Superiore, dove è stato allievo di Armando Saitta e Delio Cantimori. Ha insegnato Storia moderna presso l’Università della Calabria, l’Università di Bologna, l’Università di Pisa e la Scuola Normale Superiore. È membro dell’Accademia Nazionale dei Lincei. I suoi principali interessi di studio hanno riguardato la storia dell’Inquisizione romana, la storia dei movimenti ereticali nell’Italia del Cinquecento, la storia delle culture e delle mentalità tra Medioevo ed età moderna. (Wikipedia)

[5] Elena Ferrante (Napoli, 5 aprile 1943) è una scrittrice italiana. Il settimanale “Time” nel 2016 l’ha inserita tra le 100 persone più influenti al mondo: tra gli altri, L’amore molesto, e L’amica geniale. (Wikipedia)

[6] O ascensore sociale, come viene chiamato in questo periodo storico.

[7] https://www.istat.it/storage/rapporto-annuale/2020/Rapportoannuale2020.pdf

[8] https://www.donlorenzomilani.it/lha-detto-don-lorenzo/

[9] Dialogo giovanile di Platone.

Paolo Marcucci ha svolto tutta la sua esperienza lavorativa nel mondo bancario. È stato relatore a convegni/incontri a carattere economico, docenze a master universitari sul risk management. È stato assessore alla cultura e all’industria del Comune di Montelupo Fiorentino. Da sempre interessato alla storia e all’economia locale, la sua ultima pubblicazione è Storia della Banca Cooperativa di Capraia, Montelupo e Vitolini. Una banca territoriale toscana e l’economia locale al tempo della globalizzazione.

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Mario Mancini

Laureatosi in storia a Firenze nel 1977, è entrato nell’editoria dopo essersi imbattuto in un computer Mac nel 1984. Pensò: Apple cambierà tutto. Così è stato.