La dottrina di Monroe

L’America agli americani (2 dicembre 1823)

Mario Mancini
6 min readFeb 22, 2020

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Tra le molte interpretazioni della Dottrina Monroe per lungo tempo ha primeggiato l’idea che gli Stati Uniti volessero delimitare il territorio del continente americano come una propria ed esclusiva sfera di influenza.

Fin dall’inizio l’opinione pubblica americana guardò con estrema simpatia la lotta iniziata nel 1806 dalle colonie spagnole contro la madrepatria, che appariva ispirata ai medesimi principi e agli ideali che avevano guidato la rivoluzione e la guerra per l’indipendenza degli Stati Uniti.

Nel 1823 ben pochi territori americani restavano nelle mani delle potenze europee, ad eccezione del Canadà, di alcune isole delle Indie occidentali e di qualche territorio sulla costa settentrionale del Sud-America. I territori di La Piata, Paraguay, Brasile, Perù, Haiti, Colombia e Messico si erano eretti a Stati indipendenti, e nel 1822 avevano ottenuto il riconoscimento degli Stati Uniti.

L’opinione pubblica e il governo americano ritennero però che una grave minaccia si delineasse per questi risultati in seguito alla spedizione francese che nel 1823 restaurò l’assolutismo in Spagna; e il problema delle colonie ex-spagnole venne in effetti discusso dagli esponenti della Santa Alleanza nel Congresso di Verona (1822). Tuttavia, è ormai accertato che nessun serio proposito di intervento nell’America latina venne allora coltivato dalle Potenze europee.

Nonostante ciò, il timore di un intervento della Santa Alleanza, e la volontà di impedire la restaurazione dei vincoli al commercio dei terzi che erano esistiti al tempo del dominio spagnolo e che erano stati infranti dalla rivolta delle colonie, indussero il ministro degli esteri inglese George Canning a proporre al governo americano una dichiarazione comune contro un eventuale intervento europeo.

Gli Stati Uniti erano allora preoccupati anche della minaccia di una ulteriore penetrazione russa (dall’Alaska) nei territori di nord-ovest del continente americano: con un ukase del 4 settembre 1821 lo Zar aveva infatti dichiarato di esclusiva sovranità russa i territori dell’Alaska fino al 51° parallelo, e vietato inoltre la navigazione straniera entro cento miglia dalla costa di quel territorio, dallo stretto di Bering fino allo stesso parallelo.

La proposta del Canning suscitò dunque vivaci discussioni in seno al governo americano: e attraverso di esse prevalse la tesi del segretario di Stato John Quincy Adams a favore di una separata dichiarazione degli Stati Uniti: e all’Adams si deve in realtà gran parte del testo del messaggio del Presidente James Monroe del 2 dicembre 1823, in cui è appunto formulata la «dottrina di Monroe».

Questa “dottrina” aveva del resto alcuni precedenti nelle direttive della politica americana espresse già nel «Messaggio d’Addio» del Presidente George Washington del 19 settembre 1796. Essa consisteva essenzialmente nell’affermazione di due principi:
a) esclusione di ogni ulteriore colonizzazione europea nel continente americano;
b) esclusione di ogni intervento americano in Europa e di ogni intervento europeo in America.

Gli ulteriori sviluppi e deduzioni da questi principi si devono considerare piuttosto che come espressione del loro contenuto giuridico — ché la dottrina di Monroe non è fondata su alcun accordo internazionale — come l’applicazione delle direttive politiche via via seguite dagli Stati Uniti nell’America latina.

La storia della dottrina di Monroe in buona parte coincide perciò con la storia di quella politica. E da notare, comunque, che l’opinione pubblica latino-americana nel XX secolo ha manifestato una crescente avversione per la dottrina di Monroe, considerata strumento delle mire egemoniche degli Stati Uniti sul continente.

Ciò indusse il governo americano, fra il 1930 e il 1936, ad accettare il principio della illegalità dell’intervento di uno Stato americano negli affari interni o esteri degli altri Stati americani. In questo quadro gli appelli alla dottrina di Monroe nella politica latino-americana degli Stati Uniti si sono venuti facendo sempre più rari, mentre la questione centrale, per il governo di Washington, si è venuta spostando dal terreno dell’opposizione a eventuali interventi europei a quello della lotta contro la penetrazione comunista nella parte meridionale del continente americano.

Il testo del documento in K. Strupp, Documents pour servir à l’histoire du droìt des gens, 2a ed., Berlin, 1923, vol. 1, pp. 218–220 e ora in Quellen zur neueren Geschichte, Botschaften der Prasidenten der Vereinigten Staaten von Amerika zur Aussenpolitik 1793-1947 [I messaggi dei Presidenti degli Stati Uniti d’America sulla politica estera 1793-1947], ed. H. Strauss, Berti, 1957, pp. 25-29. Se ne dà qui la traduzione italiana di E. Anchieri, Antologia storico-diplomatica. Raccolta ordinata di documenti diplomatici, politici, memorialistici, di trattati e convenzioni dal 1815 al 1940, pp. 31-33. Per il commento e l’inquadramento storico cfr. le voci dedicate alla dottrina di Monroe da L. Pietromarchi in Enciclopedia italiana, vol. XXIII, pp. 704-706, da J. L. Dexter Perkins in Encyclopedia Britannica, vol. XV, pp. 735-738 e da A. Bushnell Hart in The Encyclopedia Americana, vol. XIX, pp. 373-377.

Cfr. inoltre i documenti con introduzione riportati in L. M. Hacker, The shaping of the American Tradition [La configurazione della tradizione americana], New York, Columbia University Press, 1947, pp. 334-345; e la esposizione in S.E. Morison-H.S. Commager, Storia degli Stati Uniti d’America, trad. ital., 2° ed., Firenze, La Nuova Italia, 1961, pp. 630–639.

§ 7 — …l’occasione è stata giudicata propizia per affermare come un principio, nel quale i diritti e gli interessi degli Stati Uniti sono implicati, che i continenti americani, nella condizione libera e indipendente che hanno assunto e mantengono, non devono più d’ora innanzi essere considerati soggetti a future colonizzazioni da parte di Potenze europee…

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I, § 48, 49 ~ Non abbiamo mai preso parte alcuna alle guerre delle Potenze europee fra di loro; la nostra politica non lo comporta. È soltanto quando i nostri diritti sono intaccati o seriamente minacciati che noi ci consideriamo offesi e ci prepariamo alla difesa. Noi abbiamo, di necessità, rapporti più immediati coi movimenti di questo emisfero, per ragioni che sono chiare ad ogni osservatore illuminato ed imparziale. Il sistema politico delle Potenze alleate è essenzialmente diverso da quello dell’America. Questa differenza proviene da quella che esiste nel loro rispettivo Governo: e a difendere il nostro Governo, che è stato conquistato a prezzo di tante perdite di sangue e di ricchezze e sotto il quale abbiamo goduto una felicità senza pari, e maturato dalla saggezza dei cittadini più illuminati, tutta la nazione è votata. Noi dobbiamo tuttavia alla nostra buona fede ed alle relazioni amichevoli esistenti fra gli Stati Uniti e le Potenze alleate di dichiarare che noi consideriamo ogni tentativo da parte loro di estendere il loro sistema ad una qualunque parte di questo emisfero come pericolosa per la nostra pace e la nostra sicurezza. Non siamo mai intervenuti e non interverremo nelle colonie esistenti e nelle dipendenze delle Potenze europee. Ma quanto ài Governi che hanno dichiarato la loro indipendenza, che l’hanno mantenuta e di cui abbiamo riconosciuto l’indipendenza in seguito a gravi riflessioni e in base ai princìpi di giustizia, noi non potremmo vedere l’intervento di una qualunque Potenza europea allo scopo di opprimerli o di controllare in qualche modo il loro destino se non come una manifestazione di dispsizioni ostili (un friendly) verso gli Stati Uniti. Nella guerra fra questi Governi e la Spagna noi dichiarammo la nostra neutralità all’epoca del loro riconoscimento, ad essa ci siamo attenuti e ci atterremmo finché non vi saranno mutamenti che nel giudizio delle autorità competenti del Governo rendano necessari, da parte degli Stati Uniti, mutamenti indispensabili alla nostra sicurezza.

§ 49 — …La politica che abbiamo adottato verso l’Europa all’inizio delle guerre che hanno così a lungo agitato questa parte del globo, è sempre rimasta la stessa e cioè: non intervenire negli affari interni di alcuna Potenza europea; considerare il Governo de facto come Governo legittimo per noi; coltivare con esso relazioni amichevoli e mantenerle con una politica franca, ferma e coraggiosa, ammettendo senza distinzione i giusti reclami di ogni Potenza ma senza subire le offese di nessuna. Ma nei riguardi del nostro continente le condizioni sono profondamente diverse. È impossibile che le Potenze alleate estendano il loro sistema politico ad una parte qualunque di questi continenti senza porre in pericolo la nostra pace e la nostra felicità (happiness); e nessuno può credere che i nostri fratelli del sud, abbandonati a se stessi, adotterebbero tale sistema per loro spontaneo accordo. Ci è parimenti impossibile, pertanto, di assistere indifferenti a un simile intervento, in qualsiasi forma avvenga. Se noi consideriamo ora comparativamente le forze e le risorse della Spagna e dei nuovi Governi [dell’America] e la distanza che li separa, risulta evidente che la Spagna non potrà mai sottometterli. La vera politica degli Stati Uniti è di lasciare a se stesse le parti contendenti, nella speranza che le altre Potenze adotteranno lo stesso atteggiamento.

Fonte: Rosario Romeo e Giuseppe Talamo (a cura di), Documenti storici. Antologia, vol. II L’età conteporanea, Loescher, Torino, 1966.

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Mario Mancini

Laureatosi in storia a Firenze nel 1977, è entrato nell’editoria dopo essersi imbattuto in un computer Mac nel 1984. Pensò: Apple cambierà tutto. Così è stato.