La “Dichiarazione dei diritti e doveri dell’uomo e del cittadino” nella costituzione della repubblica cispadana

La breve stagione repubblicana di Bologna, Ferrara, Modena e Reggio (gennaio-luglio 1797)

Mario Mancini
5 min readFeb 2, 2020

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L‘avveniristica stazione ferroviaria AV Mediopadana, progettata da Santiago Calatrava, alle primi luci dell’alba.

Il 16 ottobre 1796 si riunirono a Modena i rappresentanti delle quattro principali città che avrebbero dovuto costituire dopo poco più di due mesi la Repubblica Cispadana: Bologna e Ferrara, già facenti parte dello Stato Pontificio, e Modena e Reggio, appartenenti, invece, agli Estensi. Essi decisero la creazione di una Confederazione Cispadana.

In un secondo congresso convocato a Reggio Emilia il 27 dicembre di quello stesso anno venne proclamata la Repubblica Cispadana, adottata la bandiera tricolore e decisa la formazione di un governo centrale unico con poteri superiori a quelli dei vari governi provvisori, sorti dopo l’arrivo delle truppe francesi.

Il 21 gennaio, infine, iniziò i suoi lavori a Modena un terzo congresso che discusse per oltre un mese un progetto di Costituzione presentato da un apposito comitato. Dopo essere stato approvato dall’assemblea, il testo costituzionale venne votato, nel marzo, da parte delle assemblee primarie ed approvato con oltre 76.000 voti favorevoli e circa 14.000 contrari.

Si tennero subito dopo le elezioni per il corpo legislativo e per le autorità amministrative locali, ma pochi mesi più tardi, nel luglio del 1797, la Repubblica Cispadana veniva fusa, dal Governo francese, con la Repubblica Cisalpina costituitasi il 29 giugno di quell’anno.

Il documento che qui appresso si riporta — la Dichiarazione dei diritti e dei doveri dell’uomo e del cittadino — costituiva il preambolo alla predetta Costituzione e richiama in maniera evidentissima, talvolta alla lettera, gli articoli della Dichiarazione premessa alla Costituzione francese del 1795 (cfr. pp. 180 sgg. ) : non si parla più di diritti naturali e inalienabili, ma si indicano specificamente questi diritti (libertà, uguaglianza, sicurezza, proprietà) e si precisa cosa doveva intendersi per uguaglianza («la legge è la stessa per tutti, e quando protegge, e quando punisce»).

Tra le due tendenze che si erano scontrate a Modena durante la discussione, la moderata e la giacobina, aveva nettamente prevalso la prima non soltanto perché nelle elezioni i moderati ebbero sempre largamente la meglio ma anche perché la Francia, dopo la caduta di Robespierre e il successo dei termidoriani, aveva decisamente rinunciato ad ogni forma di democrazia giacobina e socialmente avanzata.

Il testo del documento che segue è tratto da Le costituzioni italiane a cura di A. Aquarone, M. D’Addio, G. Negri, Milano, ed. Comunità, 1958, pp. 42–43 (con bibliografia). Per un generale orientamento sul periodo cfr. E. Giuntella, L’Italia dalle repubbliche giacobine alla crisi del dispotismo napoleonico (1796–1814), in «Storia d’Italia», coordinata da N. Valeri, 2° ed., III vol., pp. 241–377, con accurata bibliografia; J. Godechot, La grande nazione, trad, it., Bari, Laterza, 1962. In particolare, sulla costituzione della Repubblica Cispadana, cfr. G. De Vergottini, La costituzione della Repubblica Cispadana, Firenze, Sansoni, 1946.

Costituzione della repubblica cispadana (27 marzo 1797) Dichiarazione dei diritti e doveri dell’uomo e del cittadino

Il popolo cispadano in faccia a Dio proclama la seguente dichiarazione dei diritti e doveri dell’uomo e del cittadino.

I diritti dell’uomo, che vive in società, sono la libertà, l’uguaglianza, la sicurezza, la proprietà.

La libertà consiste in poter fare ciò, che non nuoce ai diritti altrui. Nessuno può essere costretto a fare ciò che la legge non comanda.

Ciò, che non è vietato dalla legge, non può essere impedito.

Niuno può essere impedito a dire, scrivere, e pubblicare, anche con le stampe, i suoi pensieri, fuorché nei casi determinati dalla legge, e non può se non in questi essere responsabile di ciò, che ha scritto, o pubblicato.

in. L’uguaglianza consiste in questo, che la legge è la stessa per tutti, e quando protegge, e quando punisce.

Essa non ammette veruna distinzione di nascita, né alcun potere ereditario.

La sicurezza risulta dal concorso di tutti per assicurare i diritti di ciascheduno.

La proprietà è il diritto di godere, e di disporre dei propri beni, delle proprie rendite, del frutto del proprio lavoro e della propria industria.

Ognuno può impegnare il tempo, e l’opera sua; ma niuno può vendersi, né essere venduto. La persona è una proprietà inalienabile.

La sovranità risiede essenzialmente nell’universalità de’ cittadini.

Nessun individuo, e nessuna unione parziale di cittadini può attribuirsi la sovranità.

Senza delegazione legittima non si può esercitare alcuna funzione pubblica.

Ogni cittadino ha un eguale diritto di concorrere immediatamente, o mediatamente alla formazione della legge, alla nomina de’ suoi rappresentanti e de’ pubblici funzionari. Le pubbliche funzioni non possono passare in proprietà di quelli che le esercitano.

Niuno può portare segni distintivi, che ricordino funzioni antecedentemente esercitate, o servigi prestati.

I funzionari pubblici non hanno altra superiorità che quella, che è relativa all’esercizio delle loro funzioni.

La Legge è la volontà generale espressa dal maggior numero o de’ cittadini, o de’ rappresentanti.

Nessuna legge può essere giusta, quando sia in opposizione ai diritti dell’uomo vivente in società.

Nessuna legge civile o criminale può avere un effetto retroattivo.

La Legge non deve imporre se non pene strettamente necessarie, e proporzionate quanto più si possa al delitto.

vili. Niuno può essere chiamato in giudizio, accusato, arrestato, detenuto, fuorché ne’ casi determinati dalla legge, e secondo le forme dalla legge prescritte.

Qualunque trattamento, che aggravi la pena determinata dalla legge, è un delitto.

Qualunque rigore non necessario per assicurarsi di un delinquente, o indiziato, dev’essere severamente represso dalla legge.

Quelli che sollecitano, spediscono, firmano, fanno eseguire atti arbitrarii, o arbitrariamente li eseguiscono, sono colpevoli, e debbono essere puniti.

Niuno può essere giudicato se non a norma della legge, dopo essere stato ascoltato, o legittimamente citato.

Ogni contribuzione è stabilita a norma dei pubblici bisogni, ed interessi. Ogni contribuzione diretta viene ripartita fra i contribuenti in proporzione delle loro facoltà.

La garanzia sociale non può esistere, se i poteri non sono divisi, ed equilibrati, se i limiti de’ medesimi non sono circoscritti, e se non è assicurata la responsabilità de’ funzionari pubblici.

La conservazione della società richiede, che tutti gl’individui della medesima conoscano, siccome i propri diritti, così pure i propri doveri, e li adempiano.

Tutti i doveri dell’uomo, e del cittadino, derivano da questi due principii. — Non fate agli altri ciò, che non vorreste fatto a vol. I- Fate costantemente agli altri quel bene, che ne vorreste ricevere.

Ognuno ha l’obbligo colla società di difenderla, di servirla, di ubbidire alle leggi, e di rispettare coloro che ne sono gli organi.

Fonte: Rosario Romeo e Giuseppe Talamo (a cura di), Documenti storici. Antologia, vol. II L’età moderna, Loescher, Torino, 1966.

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Mario Mancini
Mario Mancini

Written by Mario Mancini

Laureatosi in storia a Firenze nel 1977, è entrato nell’editoria dopo essersi imbattuto in un computer Mac nel 1984. Pensò: Apple cambierà tutto. Così è stato.

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