La costituzione giacobina del 1793
La centralizzazione del potere
La Convenzione nazionale, eletta con un sistema che aveva notevolmente allargato il diritto elettorale abolendo la distinzione dei cittadini francesi in attivi e passivi, iniziò i suoi lavori dopo l’annuncio della vittoria di Valmy e la proclamazione della Repubblica.
Essa fu dominata dal violento contrasto tra Girondini e Giacobini che assumerà toni sempre più accentuati e drammatici: i Girondini vogliono rafforzare l’autonomia dei dipartimenti per cercare in tal modo di impedire che la volontà di Parigi finisca per sovrapporsi a quella di tutta la Francia.
I Giacobini, al contrario, intendono creare un potere il più possibile accentrato, spezzando la resistenza dei dipartimenti, e rafforzando il peso che nella vita politica francese aveva Parigi, i cui interessi — si dice — coincidono con l’interesse generale del paese. Parigi diviene così il problema sul quale più violentemente si scontrano i fautori della sua funzione di città-guida della rivoluzione e quanti si preoccupano dello strapotere della città a danno delle province.
E proprio un’insurrezione parigina, fra il 30 e il 31 maggio, impedisce la votazione di un progetto di costituzione girondina. Si forma invece un comitato dominato dai Giacobini che porta a termine con grande rapidità il proprio compito e il 10 giugno il nuovo progetto di costituzione è già pronto per la discussione, che si concluderà il 24 giugno con l’approvazione per acclamazione dell’Atto costituzionale, preceduto da una Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino (che qui appresso si riporta, dal citato volume di A. Saitta, Costituenti e Costituzioni della Francia moderna, pp. 118-121).
La nuova Dichiarazione è caratterizzata non soltanto dalla tendenza accentratrice di cui si è detto, che mirava a togliere qualsiasi potere ai dipartimenti, ma da una decisa e inequivocabile affermazione circa il diritto popolare all’insurrezione («Quando il Governo viola i diritti del popolo, l’insurrezione è per il popolo e per ciascuna parte del popolo il più sacro dei diritti e il più indispensabile dei doveri») che, come ha scritto Lefebvre, costituiva una «giustificazione costituzionale» al colpo antigirondino di qualche settimana prima.
La Costituzione giacobina del 1793 rappresenta il momento culminante della rivoluzione, quando più vive si fanno sentire le istanze egualitarie, oramai fortemente critiche nei confronti degli stessi principi “liberali” dell’89, giudicati un mezzo di cui si erano servite le classi abbienti per mantenere e consolidare il proprio potere economico e politico.
Per un inquadramento generale cfr. G. Lefebvre, La rivoluzione francese trad, it., Torino, Einaudi, 1958, e J. Godechot, La grande nazione, trad, it., Bari, Laterza, 1962. Un esame particolareggiato del problema in A. Saitta, Le costituenti francesi del periodo rivoluzionario, 1789-1795, Firenze, Sansoni, 1946, «Collana studi storici per la Costituente», n. 2.
Costituzione del 24 giugno 1793
Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino
Il popolo francese, convinto che l’oblio e il disprezzo dei diritti naturali dell’uomo sono le sole cause delle sventure del mondo ha deciso di esporre in una dichiarazione solenne questi diritti sacri e inalienabili, affinché tutti i cittadini potendo paragonare incessantemente gli atti del Governo con il fine di ogni istituzione sociale, non si lascino opprimere ed avvilire dalla tirannia, affinché il popolo abbia sempre davanti agli occhi le basi della sua libertà e della sua felicità, il magistrato la regola dei suoi doveri; il legislatore l’oggetto della sua missione. Di conseguenza, esso proclama, al cospetto dell’Essere Supremo, la seguente dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino.
Art. 1. — Lo scopo della società è la felicità comune. — Il Governo è istituito per garantire all’uomo il godimento dei suoi diritti naturali e imprescrittibili.
Art. 2. — Questi diritti sono l’uguaglianza, la libertà, la sicurezza, la proprietà.
Art. 3. — Tutti gli uomini sono uguali per natura e davanti alla Legge.
Art. 4. — La Legge è l’espressione libera e solenne della volontà generale; essa è la stessa per tutti, sia che protegga, sia che punisca; può ordinare solo ciò che è giusto e utile alla società; non può vietare se non ciò che le è nocivo.
Art. 5. — Tutti i cittadini sono ugualmente ammissibili agli impieghi pubblici. I popoli liberi non conoscono altri motivi di preferenza nelle loro elezioni, che le virtù e le capacità.
Art. 6. — La libertà è il potere che appartiene all’uomo di fare tutto ciò che non nuoce ai diritti degli altri; essa ha per principio la natura, per regola la giustizia, per salvaguardia la Legge; il suo limite morale è in questa massima: «Non fare agli altri ciò che non vuoi sia fatto a te».
Art. 7. — Il diritto di manifestare il proprio pensiero e le proprie opinioni, sia con la stampa sia in tutt’altra maniera, il diritto di riunirsi in assemblea pacificamente, il libero esercizio dei culti, non possono essere interdetti.
La necessità di enunciare questi diritti presuppone o la presenza o il ricordo recente del despotismo.
Art. 8. — La sicurezza consiste nella protezione accordata dalla società ad ognuno dei suoi membri per la conservazione della persona, dei suoi diritti e delle sue proprietà.
Art. 9. — La Legge deve proteggere la libertà pubblica e individuale contro l’oppressione di quelli che governano.
Art. 10. — Nessuno deve essere accusato, arrestato né detenuto, se non nei casi determinati dalla Legge e secondo le forme da essa prescritte. Ogni cittadino citato o arrestato dall’autorità della Legge deve ubbidire sull’istante; egli si rende colpevole con la resistenza.
Art. 11. — Ogni atto esercitato contro un uomo fuori dei casi e senza le forme che la Legge determina è arbitrario e tirannico; colui contro il quale lo si volesse eseguire con la violenza, ha il diritto di respingerlo con la forza.
Art. 12. — Coloro che procurano, spediscono, firmano, eseguiscono o fanno eseguire degli atti arbitrari, sono colpevoli, e devono essere puniti.
Art. 13. — Ogni uomo essendo presunto innocente fino a quando non sia stato dichiarato colpevole, se si giudica indispensabile arrestarlo, ogni rigore che non fosse necessario per assicurarsi della sua persona deve essere severamente represso dalla Legge.
Art. 14. — Nessuno deve essere giudicato e punito se non dopo essere stato ascoltato o legalmente citato, e in virtù di una legge promulgata anteriormente al delitto. La legge che punisse dei delitti commessi prima che essa esistesse, sarebbe una tirannia; l’effetto retroattivo dato alla legge, sarebbe un crimine.
Art. 15. — La Legge deve decretare solo pene strettamente ed evidentemente necessarie: le pene devono essere proporzionate al delitto, e utili alla società.
Art. 16. — Il diritto di proprietà è quello che appartiene ad ogni cittadino di godere e disporre a suo piacimento dei suoi beni, delle sue rendite, del frutto del suo lavoro e della sua operosità.
Art. 17. — Nessun genere di lavoro, di cultura, di commercio, può essere interdetto all’operosità dei cittadini.
Art. 18. — Ogni uomo può impegnare i suoi servizi, il suo tempo; ma non può vendersi, né essere venduto; la sua persona non è una proprietà alienabile. La Legge non riconosce domesticità; può esistere solo un vincolo di cure e di riconoscenza tra l’uomo che lavora e quello che lo impiega.
Art. 19. — Nessuno può essere privato della benché minima parte della sua proprietà, senza il suo consenso, tranne quando la necessità pubblica legalmente constatata lo esige, e sotto la condizione di una giusta e preventiva indennità.
Art. 20. — Nessun contributo può essere stabilito se non per l’utilità generale. Tutti i cittadini hanno il diritto di concorrere alla determinazione dei contributi, di sorvegliarne l’impiego, e di esigerne il rendiconto.
Art. 21. — I soccorsi pubblici sono un debito sacro. La società deve la sussistenza ai cittadini disgraziati, sia procurando loro del lavoro, sia assicurando i mezzi di esistenza a quelli che non sono in età di poter lavorare.
Art. 22. — L’istruzione è il bisogno di tutti. La società deve favorire con tutto il suo potere i progressi della ragione pubblica, e mettere l’istruzione alla portata di tutti i cittadini.
Art. 23. — La garanzia sociale consiste nell’azione di tutti, per assicurare a ognuno il godimento e la conservazione dei suoi diritti; questa garanzia riposa sulla sovranità nazionale.
Art. 24. — Essa non può esistere, se i limiti delle funzioni pubbliche non sono chiaramente determinati dalla Legge, e se la responsabilità di tutti i funzionari non è assicurata.
Art. 25. — La sovranità risiede nel popolo; essa è una indivisibile, imprescrittibile e inalienabile.
Art. 26. — Nessuna parte di popolo può esercitare il potere del popolo intero; ma ogni sezione del Sovrano riunito in assemblea deve godere del diritto di esprimere la sua volontà con una completa libertà.
Art. 27. — Ogni individuo che usurpa la sovranità, sia all’istante messo a morte dagli uomini liberi.
Art. 28. — Un popolo ha sempre il diritto di rivedere, riformare e cambiare la propria Costituzione. Una generazione non può assoggettare alle sue leggi generazioni future.
Art. 29. — Ogni cittadino ha un eguale diritto di concorrere alla formazione della Legge ed alla nomina dei suoi mandatari o dei suoi agenti.
Art. 30. — Le funzioni pubbliche sono essenzialmente temporanee; esse non possono essere considerate come distinzione né come ricompense, ma come doveri.
Art. 31. — I delitti dei mandatari del popolo e dei suoi agenti non devono mai essere impuniti. Nessuno ha il diritto di considerarsi più inviolabile degli altri cittadini.
Art. 32. — Il diritto di presentare quelle petizioni ai depositari dell’autorità pubblica non può, in nessun caso, essere interdetto, sospeso né limitato.
Art. 33. — La resistenza all’oppressione è la conseguenza degli altri diritti dell’uomo.
Art. 34. — Vi è oppressione contro il corpo sociale quando uno solo dei suoi membri è oppresso. Vi è oppressione contro ogni membro quando il corpo sociale è oppresso.
Art. 35. — Quando il Governo viola i diritti del popolo, l’insurrezione è per il popolo e per ciascuna parte del popolo il più sacro dei diritti e il più indispensabile dei doveri.
Fonte: Rosario Romeo e Giuseppe Talamo (a cura di), Documenti storici. Antologia, vol. II L’età moderna, Loescher, Torino, 1966.