Je vous salue, Jean-Luc

Quattro film di Godard su Mubi, più uno

Mario Mancini
8 min readJan 3, 2025

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I poster dei film appesi sulla facciata di un edificio di Cinecittà in una scena de “Il disprezzo”. A sinistra si vede Michel Piccoli con il cappello. Tiene sempre il cappello anche nella vasca da bagno.

Spero che qualcuno di voi abbia avuto l’opportunità di assistere a qualche proiezione o di partecipare a uno degli eventi del Mubi Fest a Milano, ospitato negli spazi dell’ADI Museum lo scorso weekend.

Milano rappresenta la tappa finale di un ciclo di iniziative promosse dalla piattaforma, iniziato lo scorso luglio a Manchester e proseguito a livello globale attraverso sette grandi città.

Mubi

Mubi è una piattaforma “speciale” nel panorama dello streaming. Lo slogan di Mubi coglie l’essenza del problema attuale di questi servizi: “Passa meno tempo a cercare ottimi film e più tempo a guardarli”.

Mubi infatti dedica una cura editoriale alle sue proposte, una qualità che difetta sulle grandi piattaforme, dove tocca allo spettatore districarsi nella “foresta pluviale” di un catalogo vasto e disomogeneo.

Mubi è un servizio con 15 milioni di abbonati, diciamo per intenderci, di cinema d’essai. È stato lanciato nel 2007 con un’altra denominazione che mostra la sua natura, “Auteurs”.

L’idea è venuta a un giovane americano di origine turche, Efe Çakarel, spinto dalla frustrazione per l’allora scarsa offerta online di “film di qualità”, virgolette doverose per gli altri film.

È curioso come le idee migliori spesso nascano dalla frustrazione: così è accaduto anche a Brian Chesky, il culturista che ha dato vita ad Airbnb, rivoluzionando il settore dell’ospitalità.

MYmoviesONE

MYmovieONE, il servizio di streaming italiano, condivide con Mubi una visione sostanzialmente affine. Anch’esso intende offrire un’esperienza di visione curata e selezionata.

La piattaforma consente di accedere ai film dei principali festival in contemporanea con le loro proiezioni ufficiali e di vedere anteprime esclusive, permettendo di scoprire opere ancor prima del loro arrivo nelle sale.

Sia Mubi che MYmoviesONE si stanno impegnando nella produzione di film e nella distribuzione. Mubi, per esempio, ha acquistato i diritti di “The Susbtance” di Coralie Fargeat, un film con ambizioni da Oscar.

Rubavo soldi per fare film

Attualmente su Mubi potete trovare quattro film di Jean Luca Godard, il cineasta franco-svizzero, scomparso nel 2022 a 91 anni, con una consapevole scelta sul fine vita.

Questo suo modo non convenzionale di affrontare la vita e pure la morte si riflette pienamente anche nei suoi film migliori tanto da far intendere la vita stessa come parte di un film.

Le immagini che scorrono sullo schermo sembrano episodi di vita reale, una sorta di presa diretta della realtà priva di qualsiasi mediazione narrativa. E invece c’è molta autorialità.

Nel personaggio di Michel (Jean-Paul Belmondo) nel suo film più noto, “Fino all’ultimo respiro” (1959), c’è proprio Godard in prima persona che, come Hitchcock uno dei suoi ispiratori, ci offre anche un cameo di sé.

Quando i suoi genitori rifiutarono di supportarlo economicamente, Godard iniziò a rubare soldi: dai familiari, dagli amici e anche dall’ufficio della rivista “Cahiers du Cinema”.

“Rubavo soldi per poter vedere e fare film” ha dichiarato in una intervista del 2007, almeno lo faceva con uno scopo a differenza del Michel dell’“ultimo respiro”, di che cosa?, se non di ribellione.

Nel 1974, quando decise di trasferirsi a Grenoble e poi a Ginevra, salì in auto e prese l’autostrada, proprio come fa Belmondo-Michel dopo l’episodio accidentale di Marsiglia.

Quattro film di Godard più uno

Per certe persone il cinema di Godard spesso disorienta e talvolta urta, provocando rigetto. L’ho verificato direttamente dopo la proiezione di un film dissacrante come “Je vous salue, Marie”.

Seppure possa essere vissuto con imbarazzo, il cinema di Godard risulta sempre sorprendente nelle sue innovazioni tecniche, nel linguaggio filmico, nei contenuti e nella stessa mimica.

Il suo approccio anticonvenzionale, lo stile narrativo frammentato e l’inclinazione per la politica radicale rivoluzionarono il cinema degli anni ’60, lasciando un’impronta forte e duratura nella storia del cinema.

La pagina di presentazione dei film di Godard su Mubi riporta una citazione che sintetizza il suo metodo: “Un film è composto da un inizio, un centro e una fine, anche se non necessariamente in quest’ordine”.

Su Godard ognuno può avere la sua rispettabile opinione, o persino non averne alcuna, ma è indubbio che i quattro film proposti da Mubi rappresentino un’esperienza da intraprendere.

A questi ne aggiungerei un quinto: “Questa è la mia vita”. Nei suoi dodici episodi, il film trova un pendant letterario negli Esercizi di stile di Raymond Queneau. Sono proprio 12 saggi di stile in forma filmica.

Purtroppo, questa straordinaria opera non è inclusa su Mubi né su alcun servizio di streaming, nonostante, a mio avviso, sia il film più rappresentativo del cinema di Jean-Luc Godard.

Il tributo della Cinématheque française

Per il 90º compleanno di Godard, nel 2020, la Cinémathèque Française gli ha dedicato una retrospettiva intitolata “Honneur à votre ego, M. Godard”, cogliendo il senso di un tratto della personalità del cineasta, l’egocentrismo.

È stato in quell’occasione che, dopo tanti anni, ho avuto la possibilità di rivedere la versione restaurata di “Fino all’ultimo respiro” in una sala gremita, presso la sede del Parc de Bercy dell’istituzione francese.

Penso che la frase conclusiva del testo di presentazione della rassegna racchiuda meglio di qualsiasi altra il senso del lavoro di questo straordinario cineasta. Dice:

“Jean-Luc Godard non è l’unico a filmare come respira, ma gli viene con naturalezza, meglio di tutti. È rapido come Rossellini, arguto come Sacha Guitry, musicale come Orson Welles, immediato come Pagnol, vulnerabile come Nicholas Ray, preciso come Hitchcock, profondo, profondo, profondo come Ingmar Bergman e insolente come nessun altro.
Sì, così grande, perché intrinsecamente il più critico, innovativo e appassionato tra i registi”.

Per rintracciare le fonti di ispirazione di Godard, basterebbe osservare i poster dei film che ha scelto di appendere sui muri di Cinecittà durante le riprese di una scena de “Il disprezzo”.

Abbiamo “Hatari!” di Howard Hawks che compare due volte, “Vanina Vanini” di Roberto Rossellini, “Psycho” di Alfred Hitchcock e il suo “Questa è la mia vita” girato l’anno prima de “Il disprezzo”.

Si citano poi “Rio Bravo” di Howard Hawks, “Dietro lo specchio” di Nicholas Ray e ancora Rossellini con “Viaggio” in Italia, nel cartellone del Silver Cinema di Roma, dove si tiene una scena del film.

Lo Studio d’Orphée

Un’ultima cosa: se vi trovate a Milano, o avete in programma di andarci, cercate di visitare lo Studio d’Orphée al primo piano della Galleria Sud della Fondazione Prada.

Questo spazio, fedelmente ricostruito, raccoglie gli strumenti, i libri e gli oggetti personali di Jean-Luc Godard, trasferiti, nel 2019 per sua volontà, dallo studio-abitazione di Rolle in Svizzera alla Fondazione.

Qui potrete entrare in stretto contatto con l’ambiente di lavoro del regista, un luogo che conserva le tracce e le fasi del suo percorso creativo nel trasferire un’idea sulla celluloide.

Lo stesso Jean-Luc Godard ha progettato “Accent-soeur”, un intervento sonoro collocato nell’ascensore della Torre della Fondazione, dove è arrangiata la colonna sonora di “Histoire(s) du cinéma”, una delle sue opere più complesse.

Buona visita e buona visione!

I cinque film

Fino all’ultimo respiro (À bout de souffle)

Francia / 1959 / 90 min
regia di
Jean-Luc Godard
soggetto di François Truffaut.
con Jean-Paul Belmondo, Jean Seberg, Henri-Jacques Huet, Jean-Pierre Melville.
Orso d’argento per il miglior regista al Festival di Berlino
Mubi, Prime Video (su Mubi disponibile ancora per 13 giorni)

A bordo di un’auto rubata, Michel Poiccard, un giovane ribelle e spiantato, uccide un poliziotto motociclista durante una fuga. Arrivato a Parigi, cerca di sfuggire alla polizia e incontra Patricia, una giovane americana che fa la strillona dell’“Herald Tribune” sugli Champs-Élysées. Nonostante l’attrazione che c’è tra i due, la loro relazione è turbolenta e segnata dall’incertezza. Il finale è un brano di cinema che ha pochi eguali. Lo propongo qui sotto, ma se non avete ancora visto il film, soprassedete.

Il disprezzo (Le Mépris)

Francia, Italia / 1963 / 110 min
regia di
Jean-Luc Godard
tratto dall’omonimo romanzo di Alberto Moravia
con Brigitte Bardot, Michel Piccoli, Jack Palance, Fritz Lang, Giorgia Moll
Mubi

Paul (Piccoli) viene ingaggiato da un produttore americano (Jack Palance) per rielaborare l’adattamento de “L’Odissea”, diretto da Fritz Lang. Mentre è immerso nel progetto, il suo rapporto con la moglie, Camille (Bardot, spesso nuda), si deteriora, segnato da incomprensioni, gelosie e conflitti che minano la loro relazione.

Brigitte Bardot
Il libro che copre il fondoschiena della Bardot stesa nuda al sole nella ex-villa di Curzio Malaparte a Capri è Frappet sans entrer del giallista americano John Godey. Ma esiste veramente questo libro? L’altro volume che Jerry Prokosch (Jack Palance) regala a Paul, per ispirarsi, e Roma/Amor, un tomo illustrato di grosso formato sull’arte erotica degli antichi romani.
La presenza della Bardot introduce molto erotismo nel film, volutamente ricercato come ha detto lo stesso Godard in modo brutale, come gli capitava spesso, “Per me era solo un corpo”. Almeno il regista non era un ipocrita e non lo è mai stato. Il rapporto sul set tra il regista e l'attrice non fu facile e si nota un certo disagio nella recitazione della Bardot. La Bardot aveva accettato la parte di Camille per entrare nel territorio nel cinema d'autore, del quale Godard era il simbolo.

Addio al linguaggio (Adieu au langage)

Francia, Svizzera / 2012 / 70 min
regia di
Jean-Luc Godard
con Héloïse Godet, Kamel Abdelli, Richard Chevallier
Premio della giuria al Festival di Cannes
Mubi

Amanti separati dal destino si ritrovano. Un cane randagio (è il cane di Godard) vaga per paesaggi mutevoli. I protagonisti si ricongiungono e il cane diventa il trait-d’union. Tutto appare simile, eppure ogni cosa è diversa. Un nuovo racconto si intreccia al precedente, passato e il presente si confondono in un continuo cambiamento. Film sperimentale con digressioni molto attuali sulla società, la guerra. Non facile stargli dietro.

Crepa padrone, tutto va bene (Tout va bien)

Francia, Italia / 1972 / 95 min
regia di
Jean-Luc Godard, Jean-Pierre Gorin
con Jane Fonda, Yves Montand, Vittorio Caprioli, Anne Wiazemsky
Mubi, Prime Video

Nel 1972, Yves Montand è un regista disilluso che, dopo le turbolenze del ’68, abbandona il cinema per gli spot pubblicitari. Jane Fonda è la moglie corrispondente radiofonica americana che ha trovato notorietà nel 68, ma adesso è in declino. Entrambi, testimoni di una società francese in profondo cambiamento, sono il simbolo di una generazione smarrita tra sogni infranti e nuove improbabili identità. Un film ricco di monologhi politici, molto interessanti per capire il clima dell’epoca in Francia.

Questa è la mia vita (Vivre sa vie)

Francia, Italia / 1962 / 90 min
regia di
Jean-Luc Godard
con Anna Karina, Sady Rebbot, André S. Labarthe
Leone d’argento al Festival di Venezia
DVD

Nanà (Anna Karina, moglie del regista), giovane commessa parigina in difficoltà economiche, si avventura nel mondo della prostituzione per sopravvivere. Sotto il controllo oppressivo di un protettore, sogna una vita diversa e più dignitosa. Godard, con uno stile sociologico ed esistenzialista, ritrae il suo percorso in 12 tappe in una frenetica Parigi tra alienazione e desiderio di libertà. Dialoghi da manuale, come quello in un caffè parigino tra Nanà e Brice Parain, il filosofo del linguaggio, proprio sul significato del linguaggio nella vita quotidiana.

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Mario Mancini
Mario Mancini

Written by Mario Mancini

Laureatosi in storia a Firenze nel 1977, è entrato nell’editoria dopo essersi imbattuto in un computer Mac nel 1984. Pensò: Apple cambierà tutto. Così è stato.

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