Istruzioni generale per gli affratellati nella “Giovine Italia”
Libertà — Eguaglianza — Umanità — Indipendenza — Unità (1831)
La Giovine Italia fu fondata a Marsiglia da Mazzini nel 1831 e la prima stesura di un suo ordinamento è costituita dal Piano della grande Associazione nazionale ad oggetto di liberare l’Italia. Quel Piano fu successivamente rielaborato dal Mazzini e diede luogo alla Istruzione generale per gli affratellati nella Giovine Italia che qui si riproduce integralmente, tranne il giuramento con il quale terminava.
Tra i due documenti, anche se scritti a breve distanza di tempo, vi è una differenza di grande rilievo per una valutazione non soltanto del pensiero politico mazziniano in generale, ma dei due anni che l’esule trascorse in Francia, dal marzo 1831 al giugno 1833: nel Piano vi sono ancora, più o meno espliciti, residui della mentalità Carbonara, nell’Istruzione, invece, ogni rapporto con la vecchia azione settaria è rotto; nel giuramento, l’affiliato alla Giovine Italia si impegnava, infatti, solennemente a non appartenere ad altre associazioni.
La rottura completa tra Mazzini e il mondo carbonaro avvenne dopo il fallimento dei moti del 1831. Lo scrisse, del resto, lo stesso Mazzini nella rivista che portava il medesimo nome della nuova associazione, e che dal marzo 1832 al giugno 1834 ebbe il compito di diffonderne i principi: «Coi moti italiani del 1831 s’è consumato il divorzio tra la Giovine Italia e gli uomini del passato».
La contrapposizione tra Carboneria e Giovine Italia fu netta e decisa: da un lato fiducia nei principi, progetto di una confederazione di monarchie per l’Italia, attesa di aiuti dall’estero, dall’altro completa sfiducia nei principi e fiducia soltanto nel popolo, repubblica unitaria, nessuna speranza in aiuti dal di fuori e ferma convinzione della necessità di agire da soli, facendo iniziare in Italia il moto delle nazionalità europee. Certo anche la Giovine Italia era una associazione segreta, perché in regime assolutistico non vi era altra possibilità di esistenza, ma segreta soltanto perché non si conoscevano i nomi degli aderenti o i luoghi di ritrovo, non per il programma che anzi veniva propagandato il più possibile, con tutti i mezzi a disposizione perché al momento dell’azione nessuno ignorasse, come avveniva invece nei moti carbonari, gli scopi dell’insurrezione.
Il documento che qui di seguito si riporta è tratto da G. Mazzini, Scritti editi ed inediti, vol. II (Politica, vol. I), Imola, 1907 (pp. 45–54). Nello stesso volume è riportato (pp. 59–63) il Piano della grande Associazione nazionale ad oggetto di liberare l’Italia.
Sul problema cfr. il Mazzini di G. Salvemini, scritto nel 1905, riedito ultimamente in G. Salvemini, Scritti sul Risorgimento & cura di P. Pieri e C. Pischedda, Milano, Feltrinelli, 1961 (pp. 145-240), A. M. Ghisalberti, Il movimento nazionale dal 1831 alla vigilia della prima guerra d’indipendenza nella citata Storia d’Italia coordinata da N. Valeri, vol. VII, pp. 533-712; E. Morelli, Giuseppe Mazzini in Nuove questioni del Risorgimento e dell’unità d’Italia cit., vol. II, pp. 113–31. In particolare cfr. S. Mastellone, Mazzini e la Giovine Italia (1831-1834), Pisa, Domus mazziniana, 1960, voll. 2.
Libertà — Eguaglianza — Umanità — Indipendenza — Unità
1. — La Giovine Italia è la fratellanza degli Italiani credenti in una legge di Progresso e di Dovere; i quali convinti che l’Italia è chiamata ad essere Nazione — che può con forze proprie crearsi tale — che il mal esito dei tentativi passati spetta non alla debolezza, ma alla pessima direzione degli elementi rivoluzionari — che il segreto della potenza è nella costanza e nell’unità degli sforzi — consacrano, uniti in associazione, il pensiero e l’azione al grande intento di restituire l’Italia in Nazione di liberi ed eguali, Una, Indipendente, Sovrana.
2. — L’Italia comprende: 1. L’Italia continentale e peninsulare fra il mare al sud, il cerchio superiore dell’Alpi al nord, le bocche del Varo all’ovest e Trieste all’est; 2. Le isole dichiarate italiane dalla favella degli abitanti nativi, e destinate ad entrare, con un’organizzazione amministrativa speciale, nell’unità politica italiana.
La Nazione è l’universalità degli Italiani, affratellati in un patto e viventi sotto una legge comune.
3. — Basi dell’Associazione
Quanto più l’intento di un’associazione è determinato, chiaro, preciso, tanto più i suoi lavori procederanno spediti, sicuri, efficaci.
La forza d’una associazione è riposta non nella cifra numerica degli elementi che la compongono, ma nella omogeneità di questi elementi, nella perfetta concordia dei membri circa la via da seguirsi, nella certezza che il dì dell’azione li troverà compatti e serrati in falange, forti di fiducia reciproca, stretti in unità di volere intorno alla bandiera comune. Le associazioni che accolgono elementi eterogenei e mancano di programma, possono durare apparentemente concordi per l’opera di distruzione, ma devono infallibilmente trovarsi il dì dopo impotenti a dirigere il movimento, e minate dalla discordia tanto più pericolosa, quanto più i tempi richiedono allora unità di scopo e d’azione.
Un principio implica un metodo; in altri termini: quale il fine, tali i mezzi. Finché il vero e pratico scopo di una rivoluzione si rimarrà segreto ed incerto, incerta pure rimarrà la scelta dei mezzi atti a promuoverla e consolidarla. La rivoluzione procederà oscillante nel suo cammino, quindi debole e senza fede. La storia del passato lo insegna.
Qualunque, individuo o associazione, si colloca iniziatore d’un mutamento nella nazione, deve sapere a che tende il mutamento ch’ei provoca. Qualunque presume chiamare il popolo all’armi, deve potergli dire il perché. Qualunque imprende un’opera rigeneratrice, deve avere una credenza: s’ei non l’ha è fautore di torbidi e nulla più, promotore d’un’anarchia alla quale ei non ha modo d’imporre rimedii e termine. Nè il popolo si leva mai per combattere quand’egli ignora il premio della vittoria.
Per queste ragioni, la Giovine Italia dichiara senza reticenza a’ suoi fratelli di patria il programma in nome del quale essa intende combattere. Associazione tendente anzi tutto a uno scopo d’insurrezione, ma essenzialmente educatrice fino a quel giorno e dopo quel giorno, essa espone i principii pe’ quali l’educazione nazionale deve avverarsi, e dai quali soltanto l’Italia può sperare salute e rigenerazione. Predicando esclusivamente ciò ch’essa crede verità, l’associazione compie un’opera di dovere e non d’usurpazione. Preponendo al fatto la via ch’essa crede doversi tenere dagli Italiani per raggiunger lo scopo; innalzando davanti all’Italia una bandiera e chiamando ad organizzarsi tutti coloro che la stimano sola rigeneratrice, essa non sostituisce questa bandiera a quella della Nazione futura. La Nazione libera e nel pieno esercizio della sovranità, che spetta a lei sola, darà giudizio inappellabile e venerato intorno al principio, alla bandiera e alla legge fondamentale della propria esistenza.
La Giovine Italia è repubblicana e unitaria.
Repubblicana: perché, teoricamente, tutti gli uomini d’una Nazione sono chiamati, per la legge di Dio e dell’Umanità, ad esser liberi, eguali e fratelli; e l’istituzione repubblicana è la sola che assicuri questo avvenire — perché la sovranità risiede essenzialmente nella nazione, sola interprete progressiva e continua della legge morale suprema — perché dovunque il privilegio è costituito a sommo dell’edificio sociale, vizia l’eguaglianza dei cittadini, tende a diramarsi per le membra, e minaccia la! libertà del paese — perché dovunque la sovranità è riconosciuta esistente in più poteri distinti è aperta una via alle usurpazioni, la lotta riesce inevitabile tra questi poteri, e all’armonia, ch’è legge di vita alla società, sottentra necessariamente la diffidenza e l’ostilità organizzata — perché l’elemento monarchico, non potendo mantenersi a fronte dell’elemento1 popolare, trascina la necessità d’un elemento intermediario d’aristocrazia, sorgente d’ineguaglianza e di corruzione all’intera nazione — perché dalla natura delle cose e dalla storia è provato, che la monarchia elettiva tende a generar l’anarchia, la monarchia ereditaria a generare il dispotismo — perché dove la monarchia non s’appoggia, come nel medio-evo, sulla credenza, oggi distrutta, del diritto divino, riesce vincolo mal fermo d’unità e d’autorità nello Stato — perché la serie progressiva dei mutamenti europei guida inevitabilmente le società allo stabilimento del principio repubblicano, e l’inaugurazione del principio monarchico in Italia trascinerebbe la necessità d’un’altra rivoluzione tra non molti anni.
Repubblicana: perché praticamente l’Italia non ha elementi di monarchia; non aristocrazia venerata e potente che possa piantarsi fra il trono e la nazione; non dinastia italiana che comandi, per lunghe glorie e importanti servizi resi allo sviluppo della nazione, gli affetti o le simpatie di tutti gli Stati che la compongono — perché la tradizione italiana è tutta repubblicana: repubblicane le grandi memorie; repubblicano il progresso della nazione e la monarchia s’introdusse quando cominciava la nostra rovina e la consumò: fu serva continuamente dello straniero, nemica al popolo e all’unità nazionale — perché le popolazioni dei diversi Stati italiani, che s’unirebbero, senza offesa alle ambizioni locali, in un principio, non si sottometterebbero facilmente ad un Uomo, uscito dall’un degli Stati, e le molte pretese trascinerebbero il Federalismo — perché il principio monarchico messo a scopo dell’insurrezione italiana trascinando con sé per forza di logica tutte le necessità del sistema monarchico, concessioni alle corti straniere, rispetto alla diplomazia, e fiducia in essa, e repressione dell’elemento popolare, unico potente a salvarci, e autorità fidata ad uomini regii interessati a tradirci, rovinerebbe infallibilmente l’insurrezione — perché il carattere assunto successivamente dai moti tentati in Italia insegna l’attuale tendenza repubblicana — perché a sommuovere un intero popolo è necessario uno scopo che gli parli direttamente, e intelligibilmente, di diritti e vantaggi suoi — perché, destinati ad avere i governi contrari tutti per sistema e terrore all’opera della nostra rigenerazione, ci è forza, per non rimanere soli nell’arena, di chiamarvi con noi i popoli levando in alto una bandiera di popolo e invocandoli a nome di quel principio, che domina in oggi tutte le manifestazioni rivoluzionarie di Europa.
La Giovine Italia è unitaria: perché senza unità non v’è veramente Nazione — perché senza unità non v’è forza, e l’Italia, circondata da nazioni unitarie, potenti e gelose, ha bisogno anzitutto d’es- ser forte — perché il Federalismo, condannandola all’impotenza della Svizzera, la porrebbe sotto l’influenza necessaria d’una o d’altra delle nazioni vicine — perché il Federalismo, ridando vita alle rivalità locali, oggimai spente, sospingerebbe l’Italia a retrocedere verso il medio evo — perché il Federalismo, smembrando in molte piccole sfere la grande sfera nazionale, cederebbe il campo alle piccole ambizioni e diverrebbe sorgente di aristocrazia — perché, distruggendo l’unità della grande famiglia italiana, il Federalismo distruggerebbe dalle radici la missione che l’Italia è destinata a compiere nell’Umanità — perché la serie progressiva dei mutamenti europei guida inevitabilmente le società europee a costituirsi in vaste masse unitarie — perché tutto quanto il lavoro interno dell’incivilimento italiano tende da secoli, per chi sa studiarlo, alla formazione dell’unità — perché tutte le obbiezioni fatte al sistema unitario si riducono ad obbiezioni contro un sistema di concentrazione e di dispotismo amministrativo che nulla ha di comune coll’unità. La Giovine Italia non intende che l’unità nazionale implichi dispotismo, ma concordia e associazione di tutti. La vita inerente alle località dev’essere libera e sacra. L’organizzazione amministrativa dev’esser fatta su larghe basi e rispettate religiosamente le libertà di comune; ma l’organizzazione politica destinata a rappresentare la Nazione in Europa deve essere una e centrale. Senza unità di credenza e di patto sociale, senza unità di legislazione politica, civile e penale, senza unità di educazione e di rappresentanza non v’è Nazione.
Su queste basi e sulle loro conseguenze dirette esposte negli scritti dell’associazione, la Giovine Italia è credente, e non accoglie nei suoi ranghi se non chi le accetta. Sulle applicazioni minori, e nelle molte questioni secondarie di organizzazione politica da proporsi, essa lavora e lavorerà; ammette ed esamina le divergenze, e invita i membri dell’associazione ad occuparsene. L’associazione pubblicherà via via scritti appositi su ciascuna delle basi accennate e sulle principali questioni che ne derivano, esaminate dall’alto della legge di Progresso che regola la vita dell’Umanità e della Tradizione Nazionale Italiana.
I principii generali della Giovine Italia comuni agli uomini di tutte le Nazioni, e gli accennati fin qui sulla nazione italiana in particolare verranno predicati, svolti e tradotti popolarmente dagli iniziatori agli iniziati, e dagli iniziati, quanto più possono, all’universalità degli Italiani.
Iniziati e iniziatori non dimenticheranno mai che le applicazioni morali di principii siffatti sono le prime e le più essenziali — che senza moralità non v’è cittadino — che il principio d’una santa impresa è la santificazione dell’anima colla virtù — che dove la condotta pratica degli individui non è in perfetta armonia co’ principii, la predicazione de’ principii è una profanazione infame e una ipocrisia — che solamente colla virtù i fratelli della Giovine Italia potranno conquistare le moltitudini alla loro fede — che se noi non siamo migliori d’assai di quanti negano i nostri principii, non siamo che meschini settari — che la Giovine Italia è non setta, o partito, ma credenza ed apostolato. Precursori della rigenerazione italiana, noi dobbiamo posare la prima pietra della sua religione.
4. — I mezzi dei quali la Giovine Italia intende valersi per raggiungere lo scopo sono l’educazione e l’insurrezione. Questi due mezzi devono usarsi concordemente ed armonizzarsi. L’educazione, cogli scritti, coll’esempio, colla parola, deve conchiudere sempre alla necessità e alla predicazione dell’insurrezione; l’insurrezione, quando potrà realizzarsi, dovrà farsi in modo che ne risulti un principio d’educazione nazionale. L’educazione, necessariamente segreta in Italia, è pubblica fuori d’Italia. I membri della Giovine Italia devono contribuire a raccogliere ed alimentare un fondo per le spese di stampa e di diffusione. La missione degli esuli italiani è quella di costituire l’apostolato. L’intelligenza indispensabile ai preparativi dell’insurrezione è, dentro e fuori, segreta.
L’insurrezione dovrà presentare nei suoi caratteri il programma in germe della nazionalità italiana futura. Dovunque l’iniziativa dell’insurrezione avrà luogo, avrà bandiera italiana, scopo italiano, linguaggio italiano. Destinata a formare un Popolo, essa agirà in nome del Popolo e si appoggerà sul Popolo, negletto finora. Destinata a conquistare l’Italia intera, essa dirigerà le sue mosse dietro un principio d’invasione, d’espansione, il più possibilmente vasto ed attivo. Destinata a ricollocare l’Italia nell’influenza tra i popoli e nel loro amore, essa dirigerà i suoi atti a provare loro l’identità della causa.
Convinti che l’Italia può emanciparsi colle proprie forze — che a fondare una Nazionalità è necessaria la coscienza di questa nazionalità, e che questa coscienza non può aversi, ogni qualvolta l’insurrezione si compia o trionfi per mani straniere — convinta d’altra parte che qualunque insurrezione s’appoggi sull’estero dipende dai casi dell’estero e non ha mai certezza di vincere — la Giovine Italia è decisa a giovarsi degli eventi stranieri, ma non a farne dipendere l’ora e il carattere dell’insurrezione. La Giovine Italia sa che l’Europa aspetta un segnale, e che, come ogni altra nazione, l’Italia può darlo. Essa sa che il terreno è vergine ancora per l’esperimento da tentarsi — che le insurrezioni passate non s’appoggiarono che sulle forze d’una classe sola, non mai sulle forze dell’intera nazione — che ai venti milioni d’italiani manca, non potenza per emanciparsi, ma la fede sola. Essa ispirerà questa fede, prima colla predicazione, poi coi caratteri e coll’energia dell’iniziativa.
La Giovine Italia distingue lo stadio dell’insurrezione dalla rivoluzione. La rivoluzione incomincerà quando l’insurrezione avrà vinto. Lo stadio dell’insurrezione, cioè tutto il periodo che si stenderà dall’iniziativa alla liberazione di tutto il territorio italiano continentale, dev’essere governato da un’autorità provvisoria, dittatoriale, concentrata in un piccolo numero d’uomini. Libero il territorio, tutti i poteri devono sparire davanti al Concilio Nazionale, unica sorgente d’autorità nello Stato.
La guerra d’insurrezione per bande è la guerra di tutte le Nazioni che s’emancipano da un conquistatore straniero. Essa supplisce alla mancanza, inevitabile sui principii delle insurrezioni, degli eserciti regolari — chiama il maggior numero d’elementi sull’arena — si nutre del minor numero possibile d’elementi — educa militarmente tutto quanto il popolo — consacra colla memoria de’ fatti ogni tratto del terreno patrio — apre un campo d’attività a tutte le capacità locali — costringe il nemico ad una guerra insolita — evita le conseguenze d’una disfatta — sottrae la guerra nazionale ai casi d’un tradimento — non la confina a una base determinata d’operazioni — è invincibile, indistruttibile. La Giovine Italia prepara dunque gli elementi a una guerra per bande, e la provocherà, appena scoppiata l’insurrezione. L’esercito regolare, raccolto e ordinato con sollecitudine, compirà l’opera preparata dalla guerra d’insurrezione.
Tutti i membri della Giovine Italia lavoreranno a diffondere questi principii d’insurrezione. L’associazione li svolgerà cogli scritti, ed esporrà, a tempo, le idee e i provvedimenti che devono governare lo stadio dell’insurrezione.
5. — Tutti i fratelli della Giovine Italia verseranno nella cassa sociale una contribuzione mensile di 50 centesimi. Quei tra loro che potranno, s’astringeranno nel momento della loro iniziazione all’offerta mensile di una somma maggiore, corrispondente alle loro facoltà.
6. — I colori della Giovine Italia sono il bianco, il rosso, il verde.
La bandiera della Giovine Italia porta su quei colori scritte da un lato le parole: Libertà, Uguaglianza, Umanità, dall’altro: Unità, Indipendenza.
Fonte: Rosario Romeo e Giuseppe Talamo (a cura di), Documenti storici. Antologia, vol. II L’età conteporanea, Loescher, Torino, 1966.