Ipnotizzati dallo spirito di Miyazaki
“La città incantata” festeggia 20 anni. Per Nigel Andrews continua ad essere l’amore della sua vita
di Nigel Andrews
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Amore a prima vista
Le storie d’amore, come molte cose, sono soggette alle leggi del tempo e del cambiamento. Perciò sono tutt’oggi un po’ disorientato dal fatto che sono ancora disorientato da un film d’animazione giapponese al quale una volta ho dato sei stelle su cinque. È stato amore a prima vista. È ancora amore, all’ennesima vista.
La città incantata (Spirited Away) di Hayao Miyazaki ha 20 anni. L’ho incontrato al Festival di Berlino del 2001, dove ha vinto l’Orso d’Oro come miglior film. Qualche mese dopo ha vinto l’Oscar per il miglior film d’animazione.
È il miglior film che abbia mai visto? Molto probabilmente. Sicuramente il miglior film d’animazione. Sì, lo vorrei su un’isola deserta. Sì, la mia vita sarebbe più povera senza di esso. E non ho mai, in 46 anni di attività di recensore cinematografico, dato quel voto di 6 su 5 a qualcos’altro; né ho mai pensato di farlo.
Il tutto
“Di cosa parla?” mi è stato chiesto l’altro giorno. Risposta semplice: “Di tutto”. Parla dell’infanzia, della crescita, degli eventi che cambiano la vita, della saggezza, dell’amore, del bene e del male. E di altro ancora.
Soprattutto, il film è un’esplosione di invenzione artistica e narrativa, così ricca di stile e così mercuriale nei cambiamenti d’umore che potremmo definirlo shakespeariano. Miyazaki, però, potrebbe non esserne stato “influenzato”. Ma alcune opere di immaginazione crescono a tal punto che si espandono oltre ogni misura che sembrano sovrapporsi o nutrirsi di altri universi autoriali.
Il film parla di regni, di spiriti e di passioni onnivore. Una bambina, Chihiro, si smarrisce con i suoi genitori in un parco a tema abbandonato perfettamente funzionante con un grande complesso di bagni pubblici chiamato Aburaya. La famiglia vi si è persa cercando la nuova casa in una nuova città.
Tra gli spiriti che vagano nel bagno, i più scenografici sono due mostri onnivori, il mostro puzzolente e il proteiforme e struggente Senza-volto. Al secondo arriveremo tra poco. Il primo è lì per renderci edotti, in un cameo rabelaisiano, dell’evangelismo ambientale di Miyazaki.
Sei quello che mangi
Vasto, grigio-marrone e squallido, questo mostro ha mangiato tutto l’immaginabile e lo vomita, durante la sua detersione emetica, in uno tsunami di vecchie biciclette, rottami metallici, oggetti domestici, spazzatura…
Tu sei quello che mangi. Ti abbuffi a tuo rischio e pericolo. Gli stessi genitori di Chihiro, nella prima spaventosa e divertente svolta del film, sono diventati maiali dopo essersi ingozzati nel parco a tema in una misteriosa bancarella di cibo gratis.
Piombata nell’incubo, Chihiro deve ora trovare lavoro nel bagno pubblico per sopravvivere; non finanziariamente ma spiritualmente. Cioè: per ritrovare se stessa e la sua vera o nuova identità.
Fa amicizia con Haku, uno spirito del fiume che si trasforma in un drago volante e in un principe operaio. Confusi? Preparatevi ad esserlo. Le identità multiple sono la chiave del fillm.
Pensate a Il flauto magico in versione anime. La protagonista deve combattere la sua confusione e le sue perplessità per capire chi è chi, chi è buono e chi è cattivo e cosa c’è a fondamento di tutti quelli che incontra. Compresa se stessa.
La multiformità
Gli altri personaggi principali sono multicaratterizzati. Yubaba è la maga che governa il bagno con pugno di ferro, con una grande acconciatura e abito blu (Maggie Thatcher in versione grand guignol). Ha una sorella gemella identica, leggermente più gentile, Zeniba.
Poi c’è Senza-volto, il fantasma mascherato da kabuki che può ingoiare le vittime, assumere le loro personalità per un breve periodo, poi sputarle fuori, ancora vive, per subito riprendere il suo normale, placido aspetto.
La città incantata è una storia di formazione. “Guarda, ecco la tua nuova scuola”, dice la madre di Chihiro nella prima scena, mentre attraversano la città in macchina. Non è la sua scuola, ovviamente. O non ancora.
La sua scuola sarà il parco a tema, stantio, e quella sauna delle dimensioni bibliche abitata dagli spiriti che fanno nascere domande sulla vita, la morte e l’aldilà. (Alcuni interpreti azzardano l’ipotesi che il film di Miyazaki sia ambientato nell’aldilà).
Le sfaccettature
Anche Chihiro è sfaccettata. Accelerata nella crescita da un’orfanizzazione emotiva, ha poi il suo nome rubato da Yubaba. Chihiro può essere alternativamente sconcertata, terrorizzata, addolorata, speranzosa, disperata, ossessiva, determinata, provocatoria. È un’eroina enormemente attraente, immaginata in modo complesso.
Non sono solo i temi e i personaggi del film di Miyazaki a dargli dinamismo e incanto. La forma corrisponde al contenuto, è una forma così libera che sconfina nell’iperbolico, a volte nell’esilarante.
Il lascito di Spirited Away
Cosa ha lasciato Spirited Away in eredità al cinema? Può darsi che le giovani eroine esuberanti e rivoluzionarie, che scorazzano in mondi mistici, mitici o magici, fossero comunque un bagliore nell’occhio dell’epoca a venire. Sono state certamente pensate, o hanno ricevuto vita memorabile, nelle anime iper-popolari come La ragazza che saltava nel tempo (2006) e Your Name (2016).
E i mondi inventati che si arrovellano con l’invenzione visiva? Non sono mancati nemmeno negli ultimi 20 anni di cinema fantastico-d’azione, da Tokyo o da Hollywood. È solo che nessun inventore, sostengo, ha eguagliato la poesia, l’arguzia, il controllo della visione, la bellezza a volte straziante di Spirited Away.
Forse il capolavoro di Miyazaki va meglio interpretato come un film che corona la sua carriera più che incoronare futuri registi. Lui stesso non ne ha mai fatto uno migliore, anche se ci sono meraviglie come Il castello errante di Howl (Howl’s Moving Castle), Ponyo e Si alza il vento (The Wind Rises).
Ma Welles non ha mai superato Quarto potere (Citizen Kane), né Hitchcock La donna che visse due volte (Vertigo).
Spirited Away è il grande tesoro dell’animazione del XXI secolo, e forse lo diremo ancora quando il XXI secolo finirà.
Da: Nigel Andrews, Still blown away by Spirited Away, “The Financial Times”, 21 settembre 2021
Nigel Andrews (1947) è un critico cinematografico britannico, a lungo chief film critic del “Financial Times”. Ha lavorato per 46 anni al quotidiano finanziario di Londra.
Ha scritto libri su John Travolta, Arnold Schwarzenegger e il film Lo squalo (1975) di Spielberg.
Il 20 dicembre 2019, è stato annunciato dal Financial Times che Andrews avrebbe lasciato la carica di loro critico cinematografico dopo 46 anni nella posizione.
Nel 1985 e nel 2002, Andrews è stato nominato critico dell’anno ai British Press Awards.
Andrews, che ha partecipato al sondaggio dei critici di Sight & Sound del 2012, ha elencato i suoi dieci film preferiti:
Aguirre, futore di Dio (Aguirre, der Zorn Gottes, 1972) di Werner Herzog;
Io e Annie (Annie Hall, 1977) di Woody Allen;
Quarto potere (Citizen Kane, 1949) di Orson Welles;
Il padrino: Parte II (The Godfather, Part II, 1974) di Francis Ford Coppola;
L’ora del lupo (Vargtimmen, 1968) di Ingmar Bergman;
Melancholia (2011) di Lars von Trier;
La città incantata (Spirited Away, 2001) di Hayao Miyazaki;
Lo zio Boonmee che si ricorda le vite precedenti (Lung Bunmi Raluek Chat, Thailandia, 2010) di Apichatpong Weerasethakul;
La donna che visse due volte (Vertigo, 1958) di Alfred Hitchcock;
Il mucchio selvaggio (The Wild Bunch, 1969) di Sam Peckinpah.
Beh potete organizzarci un ciclo di proiezioni per gli amici.