Io sono Giorgio

Mario Mancini
4 min readJan 2, 2022

L’autobiografia di Giorgio Agamben :)

di Alberto Saibene

L’autore non è responsabile della copertina la quale è semplicemente una parodia di una famosa battuta tratta dal “Marchese del Grillo” di Mario Monicelli con musiche di Nicola Piovani. Se risultasse irrivirente, teniamo a precisare la nostra sincera ammirazione per il pensiero di Agamben.

In vista degli 80 anni, l’editore Neri Pozza manda in libreria l’autobiografia di Giorgio Agamben, Io sono Giorgio (22 euro, con un sedicesimo di illustrazioni [non cercatelo, però!]).

L’idea editoriale è avvicinare al grande pubblico un personaggio controverso, balzato all’onore delle cronache assieme al più noto Cacciari per le prese di posizione contro la “dittatura sanitaria”.

Le prime pagine del libro sono dedicate al mistero di un cognome che qualcuno vuole sia di origine armena, altri veneziana, altri ancora ciociara.

Il piccolo Giorgio cresce a Roma ed è un bambino solitario, precocemente calvo, che scrive con lo pseudonimo di Don Ferrante articoli pensosi sul giornalino scolastico, collegando ad esempio il rincaro delle merendine con l’adesione dell’Italia al Patto Atlantico.

L’enfant prodige si legge per ora solo in filigrana. Certo l’isolamento dei compagni di classe è pesante, ma Giorgio si sfoga nella lettura dei classici in originale e in solitari campionati di petanque a squadre.

Sboccia quando si iscrive alla facoltà di giurisprudenza, non tanto per i sofismi che gli procurano le botte dei rozzi compagni di corso, quanto per la frequentazione dell’ambiente culturale romano.

Nelle cene in trattoria Moravia, la Morante, Pasolini, Giovanni Urbani, sono incuriositi da questo giovane precoce e sofisticato che li intrattiene su autori come Simone Weil, Iris Murdoch, Barbara Bouchet.

Enzo Siciliano, invidioso, lo accusa di dileguarsi sempre al momento del conto. Entrambi sono chiamati da Pasolini a recitare nel Vangelo secondo Matteo.

Giorgio è illuso dalle sirene del cinema (il padre fu un noto proprietario di sale cinematografiche, la madre una chimica. Festeggiarono la nascita di Giorgio andando a vedere un film con Alida Valli, anche se fu un compromesso.

Una commedia sexy di Straub e Huillet, un musicarello con Gianni Morandi sono all’orizzonte, ma i progetti uno dopo l’altro sfumano e la delusione è immensa.

Non gli resta che emigrare in Francia con un basco in testa e una baguette sotto il braccio. È nota la sua passione per i travestimenti.

A Parigi conosce Klossowski, Calvino, fa colpo su Françoise Hardy; per anni confonde Derrida con Debord. “Il pensiero, non la persona!”, protesta. È invitato ai famosi seminari estivi di Martin Heidegger a Le Thor, nel sud della Francia.

La prima volta ha la cattiva idea di presentarsi in uniforme nazista. Scherzo o un eccesso di zelo? L’autore lascia in sospeso la risposta.

Mette però in chiaro il suo sistema di idee che, partendo da Walter Benjamin vi fa ritorno, passando per Alexander Kojève, Carl Schmitt, Antonio Juantorena, San Paolo, Pol Pot, Pot Pourri (un mistico bretone).

Un pensiero così up-to-date viene accolto con entusiasmo negli Stati Uniti, dove Agamben viene più volte invitato a tenere corsi e seminari.

Memorabile quello per la Fondazione Tupperware di Boca Raton in cui ridefinisce, con le armi della filologia, l’origine della pasta alla Griscia, che il nostro fa derivare non da Grisciano, una frazione di Accumuli, e neppure da Gricio, come venivano chiamati nella Roma rinascimentale i panettieri che arrivavano dai Grigioni o dalla Foresta Nera (e qui ritorna Heidegger, ma più stringente appare il rapporto tra i due nel tutorial dedicato ai dessert), ma piuttosto dal padre dal romanziere John Grisham che fu tra i liberatori di Roma nel giugno del ‘44.

Allo snodo del millennio il suo pensiero si concentra su alcune parole d’ordine: Homo Sacer, Puella Sancta, Tertium Non Datur. È ormai un’autorità mondiale.

Grazie a Google Translator i suoi libri sono tradotti e acquistano un senso in più di 80 lingue e dialetti del mondo (esiste perfino un libro di proverbi sardi tratti dai pensieri del nostro).

Pur essendo ormai una celebrity in campo culturale e non solo, Agamben è molto schivo nel raccontare la sua vita privata. Conferma solo cose già note e aggiunge qualche dettaglio che manderà in sollucchero i suoi fan: il piacere di una grattachecca a Ferragosto, una gita ai Castelli sul Maggiolino di Ingeborg Bachmann e poco altro.

Mentre è intento nell’organizzazione dell’opera omnia scoppia la pandemia Covid-19. È costretto ad annullare un tour mondiale, con gli Stones che avrebbero dovuto fargli da apripista musicali.

Ma non si dà per vinto. La pandemia è un complotto contro di lui ed è una misura di cosa è diventata quella parte di umanità che ancora non ha letto i suoi libri.

Seppellisce antiche polemiche e crea con Massimo Cacciari e altre personalità minori la Commissione Dubbio e Precauzione (CODUPRE) che si allea con altre sigle come la VAM (Vergini Al Matrimonio), la COCOCO (Contro il Costo del Coperto) e l’associazione dei Piatti del Buon Ricordo, per combattere la dittatura sanitaria.

Il fronte è eterogeneo ma l’idea è di far saltare il totalitarismo pandemico dal basso (attentati a farmacie e parafarmacie, astensione dall’uso di aspirina, garze e cerotti, tarocco dei tamponi).

È una lotta di minoranza, ma lo fu anche la Resistenza scrive Aga, così lo chiamano gli amici del CODUPRE, in una pagina commossa che chiude il libro, certo che porterà nuovi aderenti a una lotta destinata a cambiare i destini dell’umanità.

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Mario Mancini

Laureatosi in storia a Firenze nel 1977, è entrato nell’editoria dopo essersi imbattuto in un computer Mac nel 1984. Pensò: Apple cambierà tutto. Così è stato.