Il muskismo, la nuova fase extraterrestre del capitalismo

di Jill Lepore

Mario Mancini
10 min readNov 14, 2021

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Jill Lepore

Jill Lepore è una figura unica nel panorama culturale americano. È docente di Storia americana all’università di Harvard e scrive regolarmente sul “New Yorker”. Grazie a questa doppia attività (academica e giornalistica), i suoi libri sono sempre autorevoli e originali, accurati e intriganti e presentano una scrittura vivacissima, ironica, immaginosa che fa intravedere una cultura immensa che abbraccia molti saperi che lei sa legare in un nodo gordiano all’attualità.

Ha spesso incrociato il fioretto con il collega di Harvard, il compianto Clayton M. Christensen, teorico dell’innovazione distruttiva. Il suo Dilemma dell’innovatore è ancora una sorta di manuale delle marmotte per i disrupter della Silicon Valley e delle altre valli tecnologiche.

La Lepore non ha risparmiato critiche all’approccio di Christensen all’innovazione. Soprattutto per le implicazioni della innovazione distruttiva sul piano sociale e materiale.

I saggi della Lepore sono tradotti in tutto il mondo. Nel 2013 è stata finalista al National Book Award per la saggistica e nel 2014 ha vinto l’American History Book Prize. Nel 2019. Queste verità: Una storia degli Stati Uniti d’America, Rizzoli, è stato segnalato tra i “libri dell’anno” dal “New York Times” e dal “Washington Post”. Il suo ultimo libro è If Then: How the Simulmatics Corporation Invented the Future. Una, diremmo, microstoria rispetto al suo precedente lavoro che però apre uno spaccato su un fenomeno decisivo della storia americana dell’ultimo secolo.

Siamo lieti di offrire ai nostri lettori la traduzione di un suo saggio breve pubblicato nella sezione “Opinion-Guest essay” del “New York Times” dal titolo Elon Musk Is Building a Sci-Fi World, and the Rest of Us Are Trapped in It.

Buona lettura! Merita davvero più di qualche articolo di “Domani” che pubblica i migliori in Italia!

Passatempi da tecno-miliardari

L’ultima settimana di ottobre, Bill Gates (patrimonio netto: 138 miliardi di dollari) ha festeggiato il suo 66° compleanno in una località costiera della Turchia, trasportando con un elicottero gli ospiti dal suo yacht al Sea Me Beach Club di Fethiye. Tra gli ospiti, secondo i giornali locali, c’erano Jeff Bezos (patrimonio netto: 197 miliardi di dollari), che dopo la festa è tornato al suo yacht, che però non è il “superyacht” da 500 milioni di dollari che sta costruendo.

La persona più ricca del mondo, Elon Musk (valore netto: 317 miliardi di dollari), non ha partecipato. Era molto probabilmente in Texas, dove la sua azienda SpaceX si stava preparando per un lancio spaziale.

Nemmeno Mark Zuckerberg (valore netto: 119 miliardi di dollari) era presente. Il giorno dopo la festa di Gates ha annunciato il suo piano per il metaverso, una realtà virtuale dove, indossando un visore e un equipaggiamento speciale che chiude la porta al mondo reale, si può trascorrere la giornata come una diversa personalità facendo cose di ogni tipo come andare a una festa su una remota località dell’Egeo o salire su un lussuoso yacht o orbitare in una navicella, insomma fare cose come se si fosse oscenamente ricchi.

Il Muskismo, fase extraterrestre del capitalismo

Il metaverso è allo stesso tempo un progetto futuristico e un tentativo di sviare l’attenzione da una svolta più ampia e preoccupante nella storia del capitalismo. I tecno-miliardari del mondo stanno forgiando un nuovo tipo di capitalismo: il Muskismo.

Elon Musk, che ama burlarsi dei suoi rivali, ha deriso il metaverso di Zuckerberg. Ma dalle missioni su Marte e sulla luna al metaverso stesso, tutto è Muskismo, cioè capitalismo estremo, extraterrestre, dove i prezzi delle azioni non sono guidati dai guadagni ma dalle fantasie della fantascienza.

Metaverso è un termine che viene da un romanzo di fantascienza del 1992 di Neal Stephenson, ma l’idea è molto più antica. C’è una versione di esso, il “ponte ologrammi” (holodeck), nel franchise di Star Trek, del quale Jeff Bezos era ossessionato da bambino. Il mese scorso Bezos, ha mandato nello spazio William Shatner, l’attore che ha impersonato il capitano Kirk nella serie originale. Jeff in persona ha fatto anche una comparsata agghindato da alieno in Star Trek Beyond di J.J. Adams.

I miliardari, avendo letto da ragazzi le storie sulla costruzione di nuovi mondi, sono ora abbastanza ricchi, come uomini, per costruire proprio quei mondi. Il resto di noi è intrappolato in essi.

Iain Banks, il socialista

Stranamente, il muskismo, una forma stravagante di capitalismo, è ispirato proprio da narrazioni e autori che incriminano… proprio il capitalismo. Amazon Studios sta producendo un adattamento televisivo del Ciclo della Cultura, la serie di romanzi e racconti di fantascienza dello scrittore scozzese Iain M. Banks, lo scrittore preferito da Jeff Bezos.

Mark Zuckerberg ha messo un volume del Ciclo in una lista di sei libri che tutti dovrebbero leggere e Musk una volta ha twittato: “Se vi interessa, io sono un anarchico utopico del genere ben descritto da Iain Banks”.

Ma Banks era un socialista dichiarato. In un’intervista del 2010, tre anni prima della sua morte, ha descritto i protagonisti dei romanzi del Ciclo della Cultura come “hippy comunisti iper-armati con una profonda sfiducia sia nella “mercoidolatria”(Marketolatry) che nell’“avidismo” (Greedism).

Sì è detto anche stupito per il fatto che qualcuno possa leggere i suoi libri come patrocinatori del libertarianismo e del libero mercato, domandandosi: “Quale parte che nega la proprietà privata e la povertà nei romanzi del Ciclo della Cultura è sfuggita a queste persone?”

Un fanta fraintendimento

Certamente, è possibile che il fandom fantascientifico di questi uomini non sia altro che un blaterare da macho-tecnologi-pontificatori, ma siamo di fronte a persone molto intelligenti e si ha la sensazione che abbiano davvero letto questi libri. Gates, un filantropo, non sembra molto coinvolto in tutto questo tipo di narrazione fantascientifica. “Non sono un tipo da Marte”, ha detto lo scorso inverno.

Gates ha letto un sacco di fantascienza da bambino, ma l’ha per lo più lasciata alle spalle. Lo dico per la massima trasparenza: una volta Gates ha messo uno dei mei lavori in una lista di libri consigliati, quindi non sono nella posizione di discutere sui gusti dell’uomo.

Il muskismo, a quanto pare, effettua una lettura fuorviante di Banks e degli autori di fantascienza.

La missione X

Il muskismo ha origini nella Silicon Valley degli anni ’90, quando Elon Musk ha abbandonato il dottorato a Stanford per avviare la sua prima azienda e poi la seconda, X.com.

Mentre il divario tra i ricchi e i poveri diventa sempre più ampio, le ambizioni delle start-up della Silicon Valley diventano sempre più grandi. Google ha aperto una divisione di R&S chiamata X, il cui scopo è “risolvere alcuni dei problemi più difficili del mondo”.

Le aziende tecnologiche hanno iniziato a parlare della loro missione e la loro missione viene sempre magnificamente esagerata: trasformare il futuro del lavoro, collegare tutta l’umanità, rendere il mondo un posto migliore, salvare l’intero pianeta.

Il muskismo è una sorta di capitalismo in cui le aziende si preoccupano — molto pubblicamente e in modo febbrile — di tutti i tipi di disastri mondiali, dalla catastrofe fin troppo reale del cambiamento climatico fino ai misteriosi “rischi esistenziali”, o x-rischi, compresa l’estinzione dell’umanità, da cui solo i tecno-miliardari, apparentemente, possono salvarci.

Le origini del muskismo

Ma il muskismo ha anche origini lontane, anche nella storia personale di Elon Musk. Gran parte del muskismo discende dal movimento tecnocratico fiorito nel Nord America negli anni ’30. Questo movimento aveva proprio nel nonno di Musk, Joshua N. Haldeman — un ardente anticomunista — uno dei suoi leader.

Come il muskismo, la tecnocrazia prendeva ispirazione dalla fantascienza e si basava sulla convinzione che la tecnologia e l’ingegneria potessero mandare a risoluzione tutti i problemi politici, sociali ed economici.

I tecnocrati, come si definivano, non avevano fiducia nella democrazia o nei politici, nel capitalismo o nella moneta. Inoltre, si opponevano all’uso dei nomi come segno distintivo dell’identità. Un tecnocrate è stato presentato a un raduno come “1x1809x56”. Il figlio più giovane di Elon Musk si chiama X Æ A-12 [Qui trovate la spiegazione dell’appellativo, geniale! MM].

Infatti ci sono molti Gorilla K2 in giro (con rispetto per i primati chiamati un causa) [aggiunto da MM].

Il nonno di Musk, un signore amante dell’avventura, trasferì la sua famiglia dal Canada al Sudafrica nel 1950, due anni dopo l’inizio del regime di apartheid. Negli anni ’60, il Sudafrica reclutava immigrati pubblicizzandosi come un paradiso fastoso, soleggiato, costruito su misura per soli bianchi. Elon Musk è nato a Pretoria nel 1971.

Per essere chiari, Elon Musk era un figlio dell’apartheid, non un suo sostenitore. Ha anche lasciato il Sudafrica a 17 anni per evitare di essere arruolato nell’esercito che lo faceva rispettare.

Arriva la “Guida galattica” di Douglas Adams

Da adolescente, Musk ha letto Guida galattica per gli autostoppisti di Douglas Adams; un libro che lo ha influenzato a tal punto da convincerlo a chiamare la prima navicella spaziale SpaceX per Marte “Heart of Gold”, il nome dell’astronave di Marvin l’Androide Paranoico, il robot 50.000 volte più intelligente di un umano, ideato da Adams.

Nella Guida per gli autostoppisti non c’è un metaverso, ma c’è un pianeta chiamato Magrathea, i cui abitanti costruiscono un enorme computer, Pensiero Profondo, per porgli “Domanda Fondamentale sulla Vita, sull’Universo e Tutto quanto” (The Ultimate Question of Life, the Universe and Everything). Dopo sette milioni e mezzo di anni Pensiero Profondo risponde: “42”.

Musk dice che il libro gli ha insegnato una cosa importante: “se riesci a formulare correttamente la domanda, allora la risposta è la parte più facile”.

Ma questa non è l’unica lezione di Guida per autostoppisti, un contenuto che non è nato per essere un libro. Adams lo scrisse per BBC Radio 4, e, a partire dal 1978, fu trasmesso in tutto il mondo — anche a Pretoria.

Le origini della letteratura di fantascienza

Dice il narratore proprio nel primo episodio della Guida galattica.

“Anticamente, nelle nebbie del tempi più remoti, nei grandi giorni gloriosi dell’ex Impero Galattico, la vita era selvaggia, aspra e forte, e in gran parte esentasse. Molti uomini naturalmente diventarono ricchissimi, ma questo era perfettamente naturale e non c’era affatto da vergognarsene, anche perché nessuno era veramente povero, o almeno, nessuno degno di un minimo di considerazione”.

Guida per autostoppisti, in altre parole, è un’estesa e molto, molto divertente requisitoria sulla disuguaglianza economica, una tradizione fantascientifica che risale fino alle storie distopiche di H.G. Wells, un socialista.

La prima letteratura di fantascienza emerse durante l’epoca dell’imperialismo: le storie sui viaggi in altri mondi erano generalmente storie sull’impero britannico. Come disse lo stesso Cecil Rhodes:

“Annetterei i pianeti se potessi”.

La migliore fantascienza degli inizi era una critica all’imperialismo. Wells iniziò il suo romanzo del 1898, La guerra dei mondi, nel quale i marziani invadono la Terra. Commentando l’espansione coloniale britannica in Tasmania Wells scrive:

“A dispetto della loro evidente umanità, i tasmaniani sono stati interamente spazzati via nello spazio di cinquant’anni in una guerra di sterminio condotta dagli immigrati europei. Possiamo ergerci ad apostoli della misericordia lamentandoci se i marziani ci aggrediscono con lo stesso spirito?”.

Qui Wells non stava giustificando i marziani; stava accusando gli inglesi.

Abbasso! i super-ricchi

Douglas Adams era per il Sudafrica quello che H.G. Wells era per l’Impero Britannico. L’Assemblea Generale delle Nazioni Unite nel 1973 denunciò l’apartheid come violazione del diritto internazionale. Tre anni dopo, la polizia aprì il fuoco su migliaia di studenti neri durante una protesta a Soweto, un’atrocità ampiamente documentata dalla BBC.

Adams ha scritto Guida per autostoppisti per la BBC nel 1977. Prende particolarmente di mira i mega-ricchi, con le loro astronavi di proprietà privata che stabiliscono colonie su altri pianeti. Scrive:

“E per tutti i commercianti più ricchi e più arrivati, la vita cominciò, inevitabilmente, a diventare noiosa e scipita. Essi pensarono a un certo punto che la colpa fosse dei mondi che avevano conquistato: nessuno era del tutto soddisfacente. O il clima non era tanto buono nel tardo pomeriggio, o la giornata era di mezz’ora troppo lunga, o il mare aveva la sfumatura di rosa sbagliata. E così si crearono le condizioni per inaugurare un nuovo, sconcertante tipo d’industria specializzata: la fabbricazione su ordinazione di pianeti di lusso.”

Questo sembra essere esattamente ciò che Bezos e Musk vogliono fare con i loro piani per la luna e Marte: annetterebbero i pianeti se potessero.

E Douglas Adams? Ha scritto Guida per autostoppisti su una macchina da scrivere Hermes. Aveva decorato quella macchina da scrivere con un adesivo. C’era scritto:

“FINE APARTHEID”.

E la signora Brown dove la mettiamo?

Come hanno fatto questi uomini intelligenti ad equivocare così gravemente questi libri? Un indizio sta nella fantascienza che sembrano, per lo più, ignorare: la new wave, l’afrofuturismo, la fantascienza femminista e post-coloniale, il lavoro di scrittori come Margaret Atwood, Vandana Singh, Octavia Butler e Ted Chiang.

Ursula K. Le Guin una volta scrisse un saggio, una sorta di riff su uno scritto di Virginia Woolf (Mr Bennett e Mrs Brown, 1924), su come, cioè, il soggetto di tutti i romanzi sia l’essere umano ordinario, umile e imperfetto. La Woolf lo chiamava “Mrs Brown”.

Le Guin pensava che la fantascienza di metà secolo — quella scritta da Isaac Asimov e da Robert Heinlein, come da altri scrittori così ammirati dal Musk e da Bezos — avesse perso completamente le tracce della signora Brown.

Questa versione della fantascienza, si preoccupava, anzi sembrava essere “intrappolata per sempre nelle grandi, luccicanti astronavi che sfrecciano attraverso la galassia”, navi che lei descriveva come “capaci di contenere eroici capitani in uniformi nere e argentate” e “capaci di far esplodere altre, inimiche navi in mille pezzi con i loro apocalittici, olocaustici fucili a raggi, e di portare carichi di coloni dalla Terra a mondi sconosciuti”, e infine “navi capaci di tutto, assolutamente tutto, tranne una cosa: non riuscire a contenere Mrs Brown”.

Neanche il futuro immaginato dal muskismo e dal metaverso — i mondi reali e virtuali costruiti dai tecno-miliardari –contiene Mrs Brown.

Fraintendendo sia la storia che la finzione, non può nemmeno immaginarla. Penso che qualcuno dovrebbe fare un adesivo. Vi si potrebbe leggere:

“VIA DAL METAVERSO”.

Da: Jill Lepore, Elon Musk Is Building a Sci-Fi World, and the Rest of Us Are Trapped in It, The New York Times, 4 novembre 2021

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Mario Mancini

Laureatosi in storia a Firenze nel 1977, è entrato nell’editoria dopo essersi imbattuto in un computer Mac nel 1984. Pensò: Apple cambierà tutto. Così è stato.