Il femminismo delle celebrità aiuta il movimento?

di Crystal Melisa Corrieri

Mario Mancini
3 min readAug 13, 2022

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Patto faustiano

In un lungo articolo sul “New York Times” dal titolo Feminism Made a Faustian Bargain With Celebrity Culture. Now It’s Paying the Price, la giornalista Premio Pulitzer Susan Faludi, che sta preparando un libro sul femminismo contemporaneo, prende in causa i recenti avvenimenti che hanno scosso gli attivisti e le attiviste femministe (il rovesciamento della sentenza Roe vs Wade e la sentenza del processo Depp-Heard) per riflettere proprio sui metodi d’azione del movimento.

Indubbiamente, il processo Depp-Heard ha messo in cattiva luce il movimento #MeToo e, più in generale, il femminismo, ma bisogna ricordare che il problema non è mai stato la sentenza in sé, quanto piuttosto il modo in cui i media ne hanno parlato. Si tratta di una questione assolutamente privata che è diventata immotivatamente il simbolo di un movimento più grande.

Anche per questo motivo trovo esagerato ricondurre il rovesciamento della sentenza Roe vs Wade alla sentenza del processo Depp-Heard, che può essere vero in parte ma risulta comunque un’analisi incompleta del contesto che ci ha condotti fino a qui. Invece, può essere considerata più indicativa la reazione della società, che a sua volta è indice di una cultura ancora troppo lontana dal movimento femminista.

Il femminismo delle celebrità è arretramento

Secondo Susan Faludi, il femminismo pop delle celebrità è il principale responsabile dell’arretramento forzato del progresso femminile. E anche qui non mi trovo del tutto d’accordo.

Forse sì, “la rappresentazione del femminismo da parte delle celebrità è un’arma a doppio taglio”, ma credo che i vantaggi siano di gran lunga più importanti dei pericoli.

Il femminismo della quarta ondata ha avuto il grandissimo pregio di diffondere il movimento a livello globale raggiungendo una potenza inaudita anche nelle aree più marginali e meno sviluppate del mondo. Di conseguenza, ha ampliato il proprio sguardo, diventando intersezionale e coinvolgendo nella lotta ogni parte oppressa della società.

Le celebrità e i social network non sempre diffondono la forma perfetta del femminismo, ma il femminismo non era perfetto neanche ai tempi della seconda ondata (che era principalmente bianco e borghese). Adesso tutte le persone che hanno internet possono avere accesso a migliaia di spunti diversi sul tema e partecipare alle discussioni aggiungendo il proprio punto di vista. È pressoché impossibile usare quotidianamente i social network o leggere il giornale online senza mai imbattersi nella parola “femminismo”.

Inoltre, il femminismo delle celebrità non ha certo dimenticato gli insegnamenti e le abitudini della seconda ondata: le femministe scendono ancora in piazza per manifestare e creano ancora collettivi o organizzazioni per riunirsi.

Il femminismo delle celebrità aiuta

Probabilmente (e purtroppo) non ha ancora portato a vittorie politiche significative, ma ha certamente avuto un impatto importante nel dibattito sociale e politico, e soprattutto sull’educazione delle nuove generazioni. Non si può pretendere di vedere immediatamente i risultati, anche perché il mondo è ancora governato principalmente da uomini anziani, bianchi ed etero che prendono le decisioni e portano avanti il loro pensiero conservatore.

I diritti delle donne sono e saranno sempre in pericolo se non cambiano le fondamenta su cui poggia la società. Ma sovvertire la struttura patriarcale che caratterizza e organizza da sempre la società richiede un impegno costante e la consapevolezza che ci vorrà molto tempo, perché si tratta di cambiare radicalmente la cultura.

Dunque, io e Susan Faludi non condividiamo il medesimo punto di vista, ma l’articolo ci offre importanti spunti di riflessione che invito ad approfondire.

Crystal Melisa Corrieri, 22 anni, è attivista transfemminista. Studia presso la Scuola di scienza politica “Cesare Alfieri” dell’Università di Firenze. Un suo racconto ha vinto il contest letterario “We are Back” istituito in occasione della ripresa delle attività del Laboratorio Multimediale della “Cesare Alfieri” e del Dipartimento di Scienze Politiche e Sociali.

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Mario Mancini

Laureatosi in storia a Firenze nel 1977, è entrato nell’editoria dopo essersi imbattuto in un computer Mac nel 1984. Pensò: Apple cambierà tutto. Così è stato.