Il fallimento della mitica Silicon Graphics (SGI)

Un caso di mancata innovazione in un mercato che cambia

Mario Mancini
12 min readJul 28, 2019

Vai agli altri articoli della serie “L’industria del computer e la sua storia

Un computer per la grafica 3d

Silicon Graphics, Incorporated (SGI) è stata fondata nel 1981 da Jim Clark, Abbey Silverstone e Kurt Akeley (tutti laureati a Stanford) con l’ausilio di finanziamenti di venture capitalist. La sua missione era costruire workstation dedicate alla grafica complessa e ricca di dettagli di tipo 3D. Grazie a questa precisa focalizzazione SGI divenne il leader indiscusso dei sistemi di computer graphic. Lo divenne in virtù di due caratteristiche importanti che la distinguevano dai concorrenti: a) workstation veloci ed ottimizzate e b) librerie grafiche ben progettate ed efficienti. Le librerie grafiche divenatrono la base per lo standard OpenGL, ampiamente utilizzato nel mondo della computer graphic.

Negli anni ’90, le workstation SGI venivano utilizzate dai principali studi cinematografici di Hollywood per creare effetti speciali nei film. Si trattava di una destinazione che offriva a SGI molta pubblicità e, in effetti, contribuì grandemente alla sua reputazione e al suo successo. Gli straordinari effetti speciali di film come Terminator 2 e Jurassic Park sono stati creati su stazioni di lavoro SGI.

Gli effetti grafici di Jurassic Park (un film del 1993 diretto da Steven Spielberg) sono stati realizzati con stazioni di lavoro Silicon Graphics.

SGI raggiunse il picco del successo a metà degli anni Novanta. I suoi ricavi crebbero da 167 milioni di dollari nel 1988 a poco più di un miliardo nell’anno fiscale 1993. Una crescita dovuta al successo ottenuto in nicchie importanti, come quelle della ricerca scientifica e della progettazione industriale. Le stazioni di lavoro di SGI venivano, infatti, utilizzate da strutture che si occupavano di ingegneria meccanica, chimica computazionale, modellistica molecolare, effetti speciali cinematografici, ricerca scientifica e simulazioni.

A quel tempo, l’architettura di SGI era all’avanguardia nel campo delle workstation grafiche. Aveva un processore RISC sviluppato dalla MIPS (SGI acquisì MIPS nel 1992), un insieme di circuiti integrati specifici per le applicazioni SGI (ASIC), chiamato “Geometry Engine “ e la libreria grafica di SGI, con elementi integrati direttamente nell’hardware.

La concorrenza del PC

Il gruppo iniziale di tecnologi della SGI. Da sinistra verso destra Jim Clark, Marcia Allen, Diane Wilford, Kurt Akeley, Marc Hannah, Tom Davis, Rocky Rhodes e Mark Grossman.

Il fondatore di SGI, Jim Clark, era consapevole che SGI non poteva fare affidamento per sempre sulla vendita di workstation grafiche e voleva portare l’azienda in nuove direzioni. Non riusciva, però, a persuadere il CEO, Ed McCracken e gli altri manager di SGI a seguire le sue intuizioni. Clark pensava che il futuro della grafica 3D risiedeva nella televisione via cavo e nelle consolle dei videogiochi. Nel 1993 Clark negoziò un accordo con Nintendo per fornire i chip di elaborazione grafica per il sistema di gioco Nintendo a 64 bit.

Poco dopo, però, la direzione di SGI decise di non dare seguito all’accordo con Nintendo perché pensava che fosse un elemento di distrazione dal core business delle workstation. Clark, non riuscendo a convincere il management di SGI a seguire le sue idee e neppure del fatto che il mercato delle workstation grafiche stava per finire, nel 1994 lasciò la società per via di queste differenze.

In effetti, nel 1994, emerse un nuovo concorrente temibile per la workstation SGI. Si trattava di più PC collegati in rete (chiamati render farm) con Linux o un altro sistema operativo basato su Unix. Su ciascun PC della rete era montata una scheda di accelerazione grafica. Per i consumatori questa era un’opzione decisamente più economica rispetto alle costose stazioni di lavoro SGI. Inoltre i progressi nelle prestazioni grafiche 3D delle schede di accelerazione grafica, NVidia e ATI, avevano reso questa opzione molto interessante anche per gli utenti di fascia alta, cioè le grandi imprese.

Nonostante che concorrenza di SGI provenisse dai personal computer, SGI decise di non dedicare la l’attenzione necessaria al mercato dei PC. Piuttosto prientò la propria strategia nella parte opposta, quello dei sistemi ad alta prestazione destinati al mercato delle grandi organizzazioni.

Il declino

Una workstatio Silicon Graphics Professional IRIS 4D/50GT, utilizzata dal NASA Ames Research Center e donata al Museo del computer di Mountain View.

Nel 1996, SGI entrò nel mercato dei supercomputer acquistando Cray Research. Due anni dopo annunciò un piano per sviluppare una nuova architettura di sistema ottimizzata per il chip Intel Itanium. Sfortunatamente il rilascio del chip Itanium fu ritardato e, una volta disponibile, non dimostrò di avere le prestazioni che ci si attendeva.

Successe quindi che il progetto di SGI di introdurre la propria famiglia di workstation basate su Intel con Windows NT si rivelò un disastro finanziario e scosse anche la fiducia dei clienti nell’impegno di SGI sulla propria linea MIPS basata su RISC.

Nel 2000, quando SGI iniziò a perdere importanti quote di mercato a favore del PC e di altri costruttori di workstation grafiche, la società decise di cedere i supercomputer Cray alla Tera Computer Company. Nel 2001 l’azienda dovette tagliare parecchi posti di lavoro. Inoltre, per tenere il passo del mercato delle workstation grafiche e compensare le perdite, SGI decise di vendere numerosi brevetti a Microsoft. Nel 2004 dovette disfarsi anche del suo gioiello: il software Maya sviluppato da Alias (il programma più popolare per creare grafica e animazioni 3D) fu ceduto al fondo privato KKK che poi lo passò ad Autodesk.

Alla fine SGI uscì dal mercato: l’8 maggio 2006 dichiarò lo stato fallimentare. La capitalizzazione di mercato di SGI era crollata da oltre sette miliardi di dollari nel 1995 ad appena120 milioni di dollari al momento del delisting.

Il contrasto tra i tecnologi fondatori e la direzione

La sede di SGI a Milpitas, un agglomerato che fronteggia Palo Alto dall’altro lato della Bay Area.

La partenza di Jim Clark da SGI non fu l’unica causa del declino della società, né si può dire con certezza che, se SGI avesse seguito le idee di Clark, si sarebbe salvata dal fallimento. La storia e il coinvolgimento di Clark nella società offrono degli indizi su come la società fu gestita e sugli errori commessi dal vertice.

I venture capitalist, che sostennero inizialmente SGI, nominarono un CEO e un team manageriale per dirigere l’azienda e affiancare i tecnologi fondatori che, ormai, possedevano ben poco della società che avevano avviato. Gli investitori disponevano di un piano ben delineato. Continuare a investire nelle tecnologie di base in grado di produrre proditti per l’azienda (cioè le workstation grafiche) e in altre tecnologie strettamente correlate a quel core business. Per esempio, SGI produsse per un po’ di tempo schede di accelerazione grafica per PC.

Clark pensava ci fosse bisogno di perseguire nuove opportunità, altrimenti l’azienda avrebbe incontrato delle difficoltà e sarebbe diventata “il computer Cray degli anni ‘90”. La tensione crebbe tra Clark e il team esecutivo. Questa situazione causò anche una frattura tra il team tecnologico e la direzione. Lo scontro di Clark con il management e il fatto che quest’ultimo non volesse tenere in considerazione le idee del team dei tecnici, erano una prova evidente della disconnessione del management dalle radici tecnologiche dell’azienda. La direzione non capiva in quali nuove aree SGI avrebbe dovuto entrare e così decise di focalizzarsi quasi esclusivamente sulle workstation grafiche.

In realtà le idee di Clark sulla televisione interattiva e le console dei videogiochi avevano un fondamento come stava mostrando il successo dei PC Media Center e delle console di videogiochi di aziende come Microsoft, Sony e Nintendo. Il management decise anche di interrompere la produzione delle schede grafiche per PC, che Kurt Akeley, uno dei co-fondatori di SGI, ritenne una decisione sbagliata.

La sottovalutazione del fenomeno del PC

Il RISC Processors, MIPS (1994-96)

Uno degli errori più distruttivi di SGI fu la sottovalutazione della concorrenza dei PC (i render farm con Linux). SGI si era concentrato sulla produzione di costose workstation e persino di supercomputer in un momento in cui il mercato si orientava verso soluzioni meno costose e più agili. I computer con schede grafiche NVidia o ATI potevano essere collegati in rete e fare lo stesso lavoro delle workstation SGI.

Invece di provare a creare una soluzione migliore per i personal computer, SGI decise di passare all’utilizzo del microprocessore Intel Itanium sulle sue workstation. C’era la convinzione che questo chip avrebbe migliorato le prestazioni a confronto dell’architettura MIPS/RISC e, in tal modo, avrebbe dato alle stazioni di lavoro SGI la potenza di elaborazione necessaria per essere superiore alla concorrenza.

Successe invece che le prestazioni del chip Itanium risultarono deludenti. Inoltre Itanium fu rilasciato con due anni di ritardo sulle previsioni. Due anni che costarono a SGI la perdita di una grossa quota di mercato a favore dei concorrenti.

Questo caso conferma la validità della legge di Bell sulle classi di computer, cioè l’avvento di nuove classi di computer produce nuovi applicazioni e nuovi mercati che soppiantano quelli dei sistemi più anziani. Cioè è avvenuto con il passaggio dai mainframe ai mini/microcomputer, da questi ultimi alle workstation e infine dalla workstation ai personal computer in rete. Se non si riesce ad adeguarsi a questa evoluzioni diventa impossibile sopravvivere nell’industria del computer.

Lo smarrimento della clientela

Il modello SGI Octane in distribuzione tra il 1997 e il 2000.

Il cambiamento nell’architettura del sistema progettato da SGI non fu solo deludente, ma ebbe anche un effetto negativo sul modo in cui i clienti vedevano l’azienda. Prima dell’annuncio del passaggio a Itanium, l’architettura MIPS di SGI si avvaleva di un sistema operativo basato su Unix. Dopo l’annuncio del passaggio a Itanium, SGI iniziò a sperimentare sistemi basati su Windows NT. Il passaggio ad architetture e sistemi operativi diversi e concorrenti portò i clienti a chiedersi quale tecnologia sarebbe stata infine supportata.

I clienti che utilizzavano l’architettura basata MIPS si sentirono abbandonati. Nell’analizzare il modello di business di SGI, Robert Weinberger, responsabile marketing del comparto workstation di HP, ha dichiarato: “Le grandi aziende Fortune 1000 di tutto il mondo vogliono assicurarsi che le cose che stanno acquistando oggi siano garantite dal fornitore anche nel futuro. E la voce che giunge dalla Silicon Graphics è: ‘Accidenti, non è così. È qualcosa che facevamo, ma ora stiamo facendo qualcos’altro’”.

I clienti sono poco disposti ad acquistare una costosa workstation se temono che non sarà supportata a lungo termine. SGI aveva sviluppato il sistema operativo Irix basato su Unix e lo aveva installato su tutte le sue workstation. Alcune delle versioni di Irix non erano più compatibili con hardware e software SGI precedente. Ciò metteva i clienti nella difficile situazione di acquistare nuovo hardware e riscrivere totalmente il software, oppure rifornirsi di software per il nuovo sistema operativo. Questo problema di compatibilità non aiutò SGI a fronteggiare la nuova concorrenza

L’arrivo di nuovi competitor

Man mano che il successo di SGI cresceva, entravano nella competizione sempre nuove iniziative con lo scopo di prendersi un pezzo del mercato di SGI. Non solo SGI dovette fronteggiare la competizione dei PC, ma anche quella di aziende che cercavano di fare soldi con le workstation grafiche. Questo tipo di competizione era del tutto nuova per SGI, perché era abituata a essere leader in un mercato di nicchia, senza molta concorrenza.

Nei suoi primi anni, SGI aveva schivato la concorrenza di HP, Sun, DEC e altri perché queste aziende avevano sottovalutato l’importanza della grafica 3D. HP e tutti gli altri venditori di workstation avevano lasciato sguarnito un bel segmento del mercato. SGI era stato abbastanza abile dal riconoscerlo e conquistarlo.

Bob Pearson, direttore del marketing dei sistemi desktop SGI, una volta ha detto:

Il visual computing è stato una nicchia e SGI è fiorito in quella nicchia, ma ora sta diventando mainstream e le regole di un gioco allargato sono diverse da quelle di un gioco di nicchia. Qui conta volume, prezzo e distribuzione. È facile per Sun o HP clonare ciò che SGI ha fatto in volumi più alti e a prezzi più contenuti.

In effetti SGI fu costretta a competere con società che offrivano soluzioni simili a prezzi più bassi e questo la portò a sviluppare una più ampia gamma di prodotti con diversi livelli di prezzo. Il problema per SGI era che per i clienti, improvvisamente, c’erano molte più opzioni nel mercato delle workstation grafiche e SGI non era più sempre all’avanguardia come era accaduto prima. Kurt Akeley ha affermato che

Anche il modello di business di SGI era costoso. Fin dall’inizio si era deciso di optare più per il margine prodotto dai clienti che lo sceglievano per risolvere problemi difficili, che per il volume della produzione (come aveva fatto Sun). Ho sempre avuto la sensazione che questa decisione fosse sostanzialmente impossibile da invertire, o almeno estremamente difficile. Ed è successo che un numero crescente di clienti ha scelto le opzioni più economiche di SGI e SGI ha perso quote di mercato.

La scommessa sulla fascia alta del mercato

Il supercomputer Cray-1 rilasciato nel 1976. Il design a C-esadecagono presentava una base sporgente rivestita di ecopelle che alloggiava alcune unità di refrigerazione Freon che circondavano una serie di dodici alette a forma di cuneo che incorporavano gli elementi della tubazione. I primi sistemi venivano venduti a 9 milioni di dollari. Si può vedere esemplare del Cray-1 al Museo degli strumenti di calcolo di Pisa.

Nel tentativo di entrare in nuovi mercati, SGI acquistò Cray Research e Alias Research. Alias, una sofware house fondata nel 1984 a Toronto in Canada, aveva sviluppato un’applicazione, Maia, per la creazione di computer grafica 3D. La Cray Research, fondata nel 1972 a Seattle, aveva sviluppato una linea di supercomputer di successo. La strategia a lungo termine di SGI era quella di fondere la loro linea di server di fascia alta con le linee di prodotti Cray.

Inoltre SGI sperava di trarre vantaggio da Maya come valore aggiunto delle proprie workstation. Alla fine, però, SGI decise di vendere entrambe le società. In effetti, SGI aveva già venduto Starfire, la parte del business Cray basata su architettura UltraSPARC, a Sun Microsystems, poco dopo l’acquisto di Cray.

Sun lo usò questa tecnologia per creare la gamma di server Enterprise 10000 (spesso venduti a oltre un milione di dollari) che ebbe un enorme successo e l’aiutò a competere con IBM nel mercato dei server di fascia alta.

Kurt Akeley ha commentato così l’acquisizione di Cray:

Non ho mai capito la motivazione per acquisire Cray, poiché i gruppi acquisiti devono continuare a fare ciò che è nel loro miglior interesse commerciale e non quello del compratore. Questo errore commerciale viene commesso continuamente (anche da Microsoft).

In effetti, SGI aveva effettuato queste acquisizioni per lanciare l’azienda in nuovi mercati, ma SGI non aveva né la visione, né l’esperienza per trarre veramente vantaggio dalle acquisizioni.

Perdere la visione e la leadership di Jim Clark fu un altro errore di SGI che avrebbe potuto essere evitato. Clark è stato un leader di prima grandezza nell’industria del computer e ha dimostrato, a più riprese, di avere la visione e la capacità di avviare progetti di successo.

Dopo aver lasciato SGI Clark si unì a Marc Andreessen che aveva sviluppato il browser Mosaic. Clark fornì i capitali di avvio per costituire la Mosaic Communications Corporation che si stabilì a Mountain View nella Bay Area di San Francisco. Ma nuova società rilasciò nel 1994 il browser Internet Netscape Navigator che dominò il web fino agli anni duemila.

Inizialmente Clark cercò di vendere la tecnologia “Geometry Engine”, fondativa di SGI, a IBM e DEC, ma quando fu bloccato, decise di avviare una propria azienda. Il successo iniziale di SGI dimostrò che IBM e DEC avevano commesso un errore quando rifiutarono la tecnologia di Clark.

Poco dopo aver lasciato SGI, Clark co-fondò Mosaic Communication, che in seguito avrebbe creato il famoso browser Internet Netscape Navigator. Successivamente, Clark avviò con successo il progetto Healtheon che sarebbe poi stato acquisito da WebMD. Clark è un imprenditore perspicace e capace, e perdere la sua leadership fu una perdita decisiva per SGI.

Le ragioni del fallimento di SGI

Ci sono state tre cause principali del fallimento di SGI:

1. I vertici non sono riusciti a comprendere il futuro dell’industria della computer grafica per assumere le giuste decisioni per l’azienda. Hanno messo da parte tecnologie che avrebbero potuto avere successo e hanno deciso di concentrarsi su tecnologie in declino. Se esiste una disconnessione nella relazione tra il vertice aziendale e lo staff tecnologico di un’azienda — le cui idee sono ignorate — capita un danno per il futuro di un’azienda, perché le idee innovative, di cui non si può fare a meno per sopravvivere ed entrare in nuovi mercati, non vengono adeguatamente recepite e messe in atto. Questo è quello che è accaduto ad SGI.

2. SGI ha fatto affidamento su una classe di computer e un prodotto per troppo tempo. La classe della workstation stava perdendo quote di mercato a favore di quella del personal computer in rete e SGI non è stata in grado di cambiare il focus e iniziare a competere con successo in questo nuovo mercato.

3. Quando SGI ha iniziato ad avere una concorrenza più pesante, non ha innovato a un ritmo abbastanza veloce da tenere la testa al gruppo. I sistemi SGI erano troppo costosi rispetto alle offerte della concorrenza, senza poter offrire un incentivo tecnologico che potesse giustificare un prezzo più alto.

SGI non si è mai ripreso da questi problemi ed è fallito nel 2006.

La fonte di questo post è il contributo di Chris Scoville, dell’Università di Washington, allo studio Failures of Large Computer Companies, 2006, University of Washington.

--

--

Mario Mancini
Mario Mancini

Written by Mario Mancini

Laureatosi in storia a Firenze nel 1977, è entrato nell’editoria dopo essersi imbattuto in un computer Mac nel 1984. Pensò: Apple cambierà tutto. Così è stato.

Responses (1)