Il colbertismo

Il protezionismo, mercantilismo e intervento dello Stato (1669-1683)

Mario Mancini
9 min readJan 4, 2020

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Nei documenti che seguono si riflettono alcuni dei caratteri principali di quella forma classica della politica economica del mercantilismo che va sotto il nome di “colbertismo”: la pressione diplomatica e militare sulle potenze minori, per ottenerne concessioni sul piano economico (doc. I: da intendere per altro nella prospettiva della futura guerra d’Olanda, che scoppierà due anni dopo, nell’estate 1672; e anche doc. 4); lo sforzo di ottenere una produzione uniforme delle manifatture in tutto il regno, e la costante sorveglianza esercitata per ottenere l’esatta osservanza delle disposizioni e dei regolamenti diretti a tal fine, sia attraverso gli appositi inspecteurs des manufactures, sia attraverso gli intendenti (docc. 2–3); la gelosa sorveglianza diretta a impedire o ostacolare al massimo la fuga all’estero di operai esperti nei procedimenti di fabbricazione francesi (doc. 4) e lo sforzo costante di attirare invece in Francia imprenditori od operai capaci di introdurvi le tecniche in uso nei paesi stranieri (docc. 5–6); il protezionismo, che in taluni casi come in quelli rievocati nel doc. 4, si spingeva, sino al divieto di importazione delle manifatture estere, al quale spesso si accompagnavano dazi o addirittura divieti per ciò che riguardava la esportazione dal paese di materie prime utilizzabili dall’industria nazionale.

E a tutto ciò si aggiungeva, come è noto, l’appoggio alla protezione industriale, attuato talora nella forma di anticipi di capitale da parte del tesoro regio, talora con la concessione di monopoli a carattere locale e regionale o, più raramente, estesi a tutto lo Stato, e talora, infine, mediante la istituzione di manifatture di proprietà dello Stato. Un posto cospicuo avevano anche gli sforzi per l’espansione coloniale, la istituzione di compagnie per il commercio oltremare (doc. 1) ecc.

Com’è noto, la politica del Colbert ebbe successo soprattutto nello sviluppo di talune industrie francesi, e specialmente di quelle di lusso (merletti, velluti, taffetas, specchi); mentre furono coronati solo in parte da successo i suoi tentativi di unificare il mercato francese con la soppressione di tutte le dogane interne (solo la Rivoluzione vi riuscirà) e di aumentare le esportazioni riducendo al tempo stesso le importazioni.

Il testo dei documenti qui riportati (in francese) in Collection des documents inédìts sur l’histoire de France, Correspondance administrative sous le règne de Louis XIV [Corrispondenza amministrativa sotto il regno di Luigi XIV], a cura di G, B. Depping, tomo III, Paris, 1852, pp. 419-424, 839-40, 862, 883-84. Per un primo orientamento sui problemi del mercantilismo si vedano le voci: Colbert e Mercantilismo di G. Luzzatto in Enciclopedia Italiana (Treccani), rispettivamente, voli, X, pp. 716-17 e XXXI, pp. 875-77. Fondamentale C. W. Cole, Colbert and a Century of French Mercantilism [Colbert e un secolo di mercantilismo francese] 2 voll., 1939.

1. Memoria del re per Melchior de Harod de Senevas, Marchese Saint-Romain, ambasciatore di Francia in Portogallo

Parigi, 16 marzo 1669

Il signor Saint-Romain sa bene della cura che S. M. si è presa per formare la Compagnia [delle Indie Orientali][1], della potente protezione che le fornisce, e delle grandi somme di denaro che le ha dato dal tesoro reale per la sua sistemazione e per sopportare le grandi perdite già subite e che continuerà a subire durante gli inizi fino a che i direttori che sono attualmente nelle Indie abbiano attivato il commercio, e superato le difficoltà che si presentano agli, inizi di tutte le imprese di questo tipo…

È dunque certo che delle quattro maggiori nazioni europee che ora commerciano nelle Indie, cioè i Francesi, gli Inglesi, i Portoghesi e gli Olandesi, i Portoghesi sono stati a lungo soli padroni di questo commercio, dopo aver sottomesso al loro dominio tutte le isole dell’Asia e posto diversi stabilimenti considerevoli su tutte le coste dell’Africa, della Persia, delle Indie, della Cina e del Giappone, e che questa grande potenza è notevolmente diminuita dopo che gli Olandesi hanno introdotto il loro commercio in quei medesimi paesi e che essa si trova ora ridotta ai soli possessi di Goa, Diu e qualche altro minore sulle coste di Coromandel.

Gli Olandesi sono ora padroni di tutte le isole e anche di tutti i paesi produttori di spezie, e il loro impegno a conservarsi questo commercio è tale che essi distruggono e spopolano tutti i paesi che ne possono produrre, sia per la difficoltà di rendersi i padroni assoluti sia perché essi ritengono che il vantaggio non richiede che ve ne sia una così grande abbondanza. E se il loro impegno giunge fino a questo punto, lo oltrepassa senz’altro quando tende a scacciare, potendolo, tutte le altre nazioni e rendersi padroni di tutto…

Questa grande differenza tra le due potenze, e l’impegno degli Olandesi a conservarsi e ad ingrandirsi, dimostra chiaramente la necessità di un rimedio potente ed efficace per i Portoghesi al fine di evitare la loro completa rovina.

Il solo rimedio consiste nell’offrire la partecipazione a questo commercio e insieme alla divisione dei paesi ancora sottomessi e degli stabilimenti che essi possiedono a qualcuna delle altre nazioni che, avendo gli stessi interessi, aggiunga la propria potenza alla loro [dei Portoghesi], e in questo modo siano più temibili per gli Olandesi, e si pongano in condizione, applicandole non soltanto per contenere gli Olandesi entro i limiti della loro potenza, ma anche per riprendere loro una parte del commercio e degli stabilimenti che essi hanno usurpato con la forza.

Soltanto i Francesi sono capaci di procurare ai Portoghesi questo grande vantaggio, dando loro, per mezzo di trattati solidi che potrebbero essere fatti tra i re, parte negli stabilimenti e nel commercio che resta loro, visto che la religione degli Inglesi non permette ai Portoghesi di chiamarli in tale alleanza.

Per ciò S. M. vuole che il predetto sig. di Saint-Romain, reso edotto da tutte le ragioni contenute in questa memoria, e insieme di tutte quelle che la sua capacità, la sua esperienza e la conoscenza che ha dei Portoghesi gli forniranno, le suggerisca in ogni occasione al principe, alla regina e a tutti i ministri, e lavori instancabilmente per condurli a trattare con S. M. intorno a qualcuno dei loro stabilimenti nelle Indie, e, insieme, a fare una unione di commercio tra Francia e Portogallo alle condizioni da stabilire per il comune vantaggio delle due nazioni, e quando, per mezzo dei rapporti che egli invierà a S. M. circa lo stato di questi tentativi, vi sarà qualche speranza di poterli portare a termine, ella gli invierà i poteri necessari.

Intanto la predetta Maestà vuole che, dando al principe la lettera allegata del viceré di Goa, lo si ringrazi per il buon trattamento che il predetto viceré ha fatto ai direttori della compagnia francese, e chieda nel contempo, a nome di S. M., gli ordini allo stesso viceré e a tutti i governatori delle piazze che devono accogliere le navi, direttori e… della predetta compagnia, di permettere loro di stabilire dei magazzini in tutte le predette piazze, far dare le navi necessarie per questo con un pagamento ragionevole, e liberarli da ogni sorta di imposizioni, di qualsiasi natura e tipo possano essere.

Sarebbe necessario far spedire questi triplici ordini perché potessero essere posti sulle diverse navi.

S.M. vuole che il predetto sig. di Saint-Romain domandi al predetto principe la facoltà di poter stabilire un magazzino nella riviera di Lisbona, in un luogo che sarà ritenuto il più comodo, per tenervi ogni tipo di attrezzi e di mercanzie necessarie, in caso che si fosse obbligati a rifugiarsi nella detta riviera, cosa che accade assai spesso, il che torna di vantaggio al Portogallo, e senza pagare alcun diritto.

2. Colbert a Barillon, intendente

Saint Germain, 7 marzo 1670

Il solo mezzo di rendere le manifatture perfette e di stabilire un buon ordine nel commercio consistendo nel renderle tutte uniformi, è necessario di far eseguire puntualmente il regolamento generale dell’anno 1669, tanto più che è facile eseguirlo e che in seguito gli operai vi troveranno il loro vantaggio. A tal fine io ritengo dunque che essi debbano lavorare in questo mese alla modifica dei loro telai, perché mettano il numero di fili e di portata adatti alla larghezza relativa, e bontà delle stoffe; e le mercanzie che saranno contrassegnate soltanto durante il detto presente mese con un marchio particolare, che sarà rotto in vostra presenza dopo che il mese sarà scaduto, avranno il loro smercio. A ciò io vi prego di adoperarvi in modo che tutti i manufatti del regno possano essere d’una pari lunghezza e larghezza, e il pubblico possa trarne il frutto che il re si è ripromesso.

3. Ancora Colbert a Barillon

2 settembre [1670]

Di tutte le città del regno dove vi sono delle manifatture, non ve n’è una dove con un po’ di sollecitudine e di applicazione non si siano obbligati mercanti e operai ad eseguire statuti e regolamenti che sono stati inviati. Tuttavia, da quanto mi si scrive da quelle che si fanno ad Amiens o nei dintorni, io vedo che gli scabini son ben lungi dal cooperare all’osservanza dei suddetti statuti, ed è stato impossibile finora ottenere da essi una sola condanna esemplare contro quelli che hanno fabbricato stoffe difettose. Io vi confesso che questa condotta mi sembra tanto più straordinaria in quanto, nel momento in cui il re si sforza di riordinare tutte le manifatture, e di procurare in tal modo qualche sollievo ai suoi sudditi, gli scabini predetti si applicano così poco a ciò che va a vantaggio degli abitanti della predetta città. Io vi prego, quando vi sarete arrivato, di far loro sapere quanto il re desidera che essi cooperino all’esecuzione dei predetti statuti e regolamenti; e che avendo dato tutti gli ordini necessari nelle province del regno per visitare e confiscare le mercanzie di Amiens che non saranno conformi ai regolamenti, i mercanti e gli operai di questa città riceveranno senza dubbio la punizione della loro mala fede.

4. Colbert all’arcivescovo di Lione

Parigi, 17 ottobre 1670

Voi avete fatto molto bene a far mettere il nominato Questant a Pierre-Scites, bisogna senz’altro punirlo severamente, per impedire che le manifatture stabilite nel regno passino in paesi stranieri e per servire da esempio a quelli che potrebbero avere simili intenzioni.

Così voi potrete farlo mettere nelle mani dei giudici conservatori e, in caso che essi avessero bisogno di qualche ordine del consiglio [del Re] datemene notizia e io ve lo invierò. Riguardo all’abolizione dei divieti d’entrata delle manifatture di lana dalla Francia nello Stato di Milano, il re vuol mantenere quelle che sono state fatte di lasciar entrare nel regno alcune manifatture di Milano e di Genova; stimando S. M. il vantaggio che i suoi sudditi riceveranno dal lasciare le cose nello stato in cui sono molto più considerevole del pregiudizio che potrebbe portar loro il rinnovamento dei divieti d’entrata delle manifatture dalla Francia a Milano.

5. Colbert a De Breteuil, Consigliere di Stato

Versailles, 17 settembre 1682

Io vi raccomando soprattutto di informarvi circa lo stato in cui sono le manifatture, e di curare che i regolamenti siano ben eseguiti e voi dovete essere su questo punto molto in guardia contro i mercanti che non si curano del bene di tutti, purché trovino un loro piccolo profitto particolare.

Io vi confesso che sarei contento se giungeste a convertire Van- robais[2]) poiché è un gran brav’uomo, sarebbe un gran bene che fosse della nostra religione, perché egli è capace di stabilire così fortemente la manifattura dei drappi fini ad Abbeville, che si estenderebbe poi nel regno, e porterebbe ancora un grave danno alle fabbriche d’Olanda e d’Inghilterra e un gran vantaggio ai sudditi del re.

6. Colbert a De Breteuil, Consigliere di Stato

13 gennaio 1683

Tutto quel che voi avete fatto nella riunione avuta con Vanrobais sarà ottimo in seguito, e basta per ora ch’egli stabilisca i suoi telai per fare dei drappi della finezza e larghezza di quelli inglesi, senza spingerlo a stabilire la sua manifattura in altri luoghi, visto che sarà assai vantaggioso se essa può aumentarsi considerevolmente nella città di Abbeville.

Riguardo ai cammellotti[3] di Amiens, non bisogna tentare di far mutare l’abitudine che hanno i mercanti di qualificarli di Bruxelles; ma bisogna prender cura soltanto che questi cammellotti aumentino sempre in bontà e finezza; e che i fabbricanti li possano dare a miglior prezzo di quelli di Bruxelles, in modo che, insensibilmente, queste manifatture passeranno nel regno e anche nei paesi stranieri, e non saranno più chiamate di Bruxelles.

È difficile credere che i mercanti di Bruxelles ne facciano venire per inviarli di là in Francia e farli passare per cammellotti di Bruxelles, visto che facendo ciò bisognerebbe che pagassero i diritti di uscita e di entrata, che sono sempre forti e considerevoli. Poiché voi conoscete bene il vantaggio che il regno riceve da queste manifatture, io vi prego di informarvene sempre e di dar loro il movimento necessario per accrescerle.

Note

[1] Fondata, come quella delle Indie Occidentali, nel 1664. Ambedue, però, ebbero scarso successo (R.T.).

[2] Fabbricante olandese. A proposito della conversione, si tenga presente la imminente revoca dell’editto di Nantes (R.T.).

[3] Qualità di tessuti (R.T.).

Fonte: Rosario Romeo e Giuseppe Talamo (a cura di), Documenti storici. Antologia, vol. II L’età moderna, Loescher, Torino, 1966.

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Mario Mancini

Laureatosi in storia a Firenze nel 1977, è entrato nell’editoria dopo essersi imbattuto in un computer Mac nel 1984. Pensò: Apple cambierà tutto. Così è stato.