I tecnologi e il libro
La biblioteca di OpenAI
Vai agli articoli della serie “L’Intelligenza artificiale”
Vai agli altri articoli della serie “La rivoluzione tecnologica e le sue conseguenze”
Il libro c’è
Tra le industrie culturali e mediatiche, quella libraria è stata indubbiamente la meno sconvolta dall’impatto duro delle nuove tecnologie. Se Gutenberg tornasse oggi sulla Terra, non avrebbe difficoltà a riconoscere l’industria che ha inventato. Quando parlo di libro, mi riferisco all’oggetto fisico in sé, indipendentemente dal suo contenuto.
Il libro digitale, infatti, rappresenta oggi una frazione modestissima dell’intera produzione libraria globale. Nei paesi europei, la sua quota di mercato è ancora inferiore al 10%. Negli Usa supera appena il 20%.
Il libro si conferma come uno dei mezzi di produzione e trasmissione della cultura più impermeabili al cambiamento. Il suo ecosistema, con le sue figure professionali e i suoi riti consolidati, continua a riprodursi regolarmente, quasi seguendo il ritmo delle fasi lunari.
Paradossalmente, sono proprio gli esponenti del mondo tecnologico e i protagonisti della rivoluzione digitale a nutrire un profondo amore per i libri e a desiderarne la preservazione.
Jeff Bezos
Quando Jeff Bezos nel 1995 avviò Amazon, scelse di costruire una libreria online. Non solo perché il libro aveva una lunga e consolidata tradizione di commercio postale, ma anche perché lui stesso era un buon lettore e soprattuto perché la moglie MacKenzie Scott, oggi la signora più ricca del mondo, era un’aspirante scrittrice e una lettrice forte.
Entrambi sentivano una forte affinità con il libro e si dà il caso che Bezos avesse un’intuito imprenditoriale assolutamente fuori dal comune.
Quando nel gennaio 1997 lanciò il Kindle, che avrebbe dovuto sovvertire il modo di distribuire e leggere i libri, lo fece con un omaggio al libro nella sua forma storica. Disse:
«Il libro è così altamente evoluto e adatto ai suoi scopi che è difficilmente sostituibile… Il libro è già un device incredibile».
A distanza di qualche tempo avrebbe aggiunto “Che cosa possiamo aggiungere a Guerra e Pace? Niente! Assolutamente niente!”.
E il Kindle divenne un fotocopia del libro da cui traeva il contenuto.
Larry Page
Agli inizi degli anni duemila Larry Page, co-fondatore di Google, era profondamente convinto che i libri conservassero un potere immenso, una conoscenza infinitamente superiore a quella accessibile attraverso la sua creatura, il motore di ricerca Google.
Guidato da questa ossessione, condivisa dall’altro co-fondatore, Sergey Brin, decise di realizzare un’ambiziosa impresa: la creazione di una Biblioteca d’Alessandria digitale, battezzata prima Google Print e po Google Books.
Page diede vita a un progetto titanico: si fece inviare dalle biblioteche di tutto il mondo un’infinità di volumi che stivò in un enorme hangar nella baia di San Francisco. Qui, i libri vennero digitalizzati utilizzando tecnologie all’avanguardia di acquisizione e riconoscimento dei caratteri. Erano indicizzati nel motore di ricerca e potevano comparire nelle ricerche naturali.
Nel 2004, quando Google annunciò ufficialmente il progetto Google Libri, Page spiegò le sue motivazioni: la maggior parte del sapere umano non era ancora disponibile online, ma custodita gelosamente all’interno dei libri. Disse Page all’epoca.
«Ancora prima di dar vita a Google, sognavamo di rendere disponibile online l’incredibile quantità di informazioni che i bibliotecari organizzano con tanto amore… Quando ti interessa qualcosa e vuoi conoscere lo stato del sapere umano sull’argomento vai in biblioteca»-
Sam Altman
Sam Altman, CEO di OpenAI, è impegnato in un tour europeo con un bagaglio essenziale: una valigetta 24 ore contenente pigiama, spazzolino e un blocchetto degli assegni. Il suo obiettivo? Convincere gli editori del vecchio continente a concedere ad OpenAI l’accesso alle loro pubblicazioni.
Altman è pronto a compensare gli editori per i loro contenuti. Il suo scopo è quello di addestrare il chatbot GPT-4.0 con informazioni verificate, accurate e revisionate, dopo averlo già alimentato con materiale reperito online, non sempre di qualità impeccabile.
E i suoi sforzi stanno dando i loro frutti. Altman ha ottenuto il consenso del più ostico editore del mondo, il germanico Axel Springer, seguito a ruota da News Corporation d Rupert Murdoch. I grandi editori, un tempo bastioni di contenuti tradizionali, si stanno trasformando in fornitori di dati per l’intelligenza artificiale generativa.
Altman, come il suo agguerrito competitor Mark Zuckerberg, è un buon lettore e appare convinto che i contenuti di qualità giocano un ruolo fondamentale per lo sviluppo di modelli linguistici avanzati. E i contenuti di qualità li hanno gli editori.
La biblioteca di OpenAI
A testimonianza dell’ossessione dei tecnologi per i libri, OpenAI, la startup più cool del momento, ha installato nella sua sede nel Mission District di San Francisco qualcosa che non ti aspetteresti in un luogo del genere: una splendida biblioteca.
Questa biblioteca, che riecheggia alcuni spazi della prestigiosa New York Public Library, rappresenta un omaggio significativo alla tradizione della parola stampata all’interno di una comunità fortemente votata all’innovazione tecnologica.
La missione di OpenAI è rivoluzionare il modo in cui il mondo interagisce con il linguaggio e la scrittura. Tuttavia, all’interno dei suoi uffici, la presenza di questa biblioteca attesta il profondo rispetto per il potere dei libri e la loro capacità di trasmettere conoscenza e ispirare nuove idee.
Molti dei libri che rivestono le pareti sono stati suggeriti dagli oltre 1.200 dipendenti. Tra i volumi spiccano opere di diversa natura, che riflettono gli interessi e le curiosità del team OpenAI.
Sugli scaffali
Vi troviamo Oppenheimer. Trionfo e caduta dell’inventore della bomba atomica (American Prometheus), la biografia di Robert Oppenheimer vincitrice del Premio Pulitzer, Endurance: L’incredibile viaggio di Shackleton al Polo Sud di Alfred Lansing, Biographic Hemingway il libro infografica di Jamie Pumfreydi dedicata al celebre scrittore, e una delle prime edizioni di “Villages” di John Updike edita da Alfred A. Knof.
Non mancano poi testi dedicati a tematiche più attuali e complesse, come The Precipice: Existential Risk and the Future of Humanity di Toby Ord, un libro di 500 pagine sui pericoli che fronteggia l’umanità. Non potevano certo mancare i classici di fantascienza come 2001: Odissea nello spazio di Arthur Clarke e, a maggior ragione, Gli androidi sognano pecore elettriche? di Philip K. Dick. Fa entrambi i libri sono stati tratti due pietre miliari del cinema di fantascienza, il film di Kubrick del 1968 e il capolavoro del cyberpunk Blade Runner nel 1982.
Non mancano neppure i volumi dell’Iliade e dell’Odissea e il libro preferito da Sam Altman, L’inizio dell’infinito. Spiegazioni che trasformano il mondo (The Beginning of Infinity) di David Deutsch.
Una metafora
La biblioteca è disposta su due piani con splendidi scaffali in legno, tappeti orientali che donano un tocco di eleganza e raffinatezza all’ambiente e scrivanie illuminate da lampade da tavolo che creano un’atmosfera di concentrazione e studio.
Un tempo l’edificio di OpenAi era una fabbrica di maionese. Oggi si è trasformato in un loft high-tech, dove spazi di lavoro comuni, cucine di design e stanze per il relax si fondono armoniosamente. La biblioteca, con la sua atmosfera vittoriana e la sua ricca collezione di volumi, rappresenta un contrasto affascinante con l’ambiente moderno e tecnologico che la circonda.
Ispirata a sale di lettura iconiche come la Rose Reading Room della Biblioteca Pubblica di New York, la biblioteca di OpenAI è stata voluta dal CEO Sam Altman. Essa rappresenta una metafora significativa per l’azienda: proprio come la cultura umana si basa sulla lettura, l’analisi e lo studio del testo scritto, anche l’intelligenza artificiale trae nutrimento e ispirazione dalla vastità della conoscenza raccolta nei libri.
Shannon Gaffney, co-fondatrice di SkB Architects, lo studio di architettura che ha ristrutturato la sede di OpenAI e progettato la sua biblioteca, ha spiegato il concetto alla base del progetto: “Sebbene le tecnologie e le tendenze del mondo odierno possano sembrare orientate verso il futuro, la biblioteca serve come un costante promemoria della creatività e dell’ingegno umano, valori fondamentali che non dovremmo mai dimenticare.”
Un luogo per riflettere e ispirarsi
Una volta costruita la biblioteca, il responsabile immobiliare di OpenAI ha iniziato ad acquisire titoli, basandosi sui suggerimenti di ricercatori, ingegneri e dipendenti. In questo modo, la biblioteca si è trasformata in un specchio dell’organizzazione che l’aveva creata, un luogo che racchiudeva in sé la molteplicità di voci e interessi delle persone di OpenAI.
Alcuni dipendenti vedono la biblioteca come il luogo più tranquillo per lavorare. Altri la apprezzano come una sala relax sorprendentemente elegante, perfetta per trascorrere momenti di pausa o addirittura parte del fine settimana.
Indubbiamente, rispetto alla monotonia di un cubicolo, la biblioteca offre un ambiente di lavoro decisamente più stimolante e creativo.
La biblioteca di OpenAI incarna i contrasti che caratterizzano la nostra epoca. È un antico rifugio in un mondo nuovo, un’isola di tranquillità in mezzo al caos, un ponte che collega il passato al futuro. Essa simboleggia l’impatto rivoluzionario dell’intelligenza artificiale sulla società, ma anche il suo ruolo nel preservare ciò che rende unica l’umanità.
Fonti
Cade Metz, Photographs by Christie Hemm Klok, The Old-Fashioned Library at the Heart of the A.I. Boom, “The New York Times”, 15 maggio 2024
Mario Mancini, Amazon vs Apple. Breve storia della nuova editoria, goWare, 2017
Davide A. Wise, Mark Malseed, Google Story, Egea, 2018