I principi fondamentali del sistema metternichiano dopo il 1815
Il testamento politico di Metternich
Scritto in più occasioni e in vari frammenti tra il 1849 e il 1855, il «Testamento politico» del principe di Mettermeli, di cui qui si riproducono larghe parti, è certo uno dei documenti in cui meglio si scorgono i caratteri del “sistema” metternichiano.
Pur nascendo da una mentalità e da un orientamento di pensiero e di spirito indubbiamente unitari e coerenti, tale “sistema” non ebbe probabilmente la organicità e il rigore che Heinrich von Srbik gli ha attribuito in quella che rimane tuttavia la maggiore biografia del Mettermeli {Metternich. Ber Staatsmann und der Mensch [M., lo statista e l’uomo], München, 1925, vol. X, pp. 317–414).
Tuttavia, potrà essere utile elencare qui nei loro termini essenziali alcuni dei 30 punti in cui il Srbik ha creduto di poter fermare gli elementi più caratteristici del “sistema” (ivi, p. 350 sgg.), che va inteso comunque come un insieme di princìpi di governo più che come un corpo unitario di dottrine filosofiche, per le quali il Metternich, anzi, manifestò sempre la più viva diffidenza.
1. Principio fondamentale del “sistema” è il dualismo del mondo spirituale (morale) e di quello materiale (naturale).
2. Il sistema ha carattere difensivo. Esso difende il vecchio diritto internazionale contro il nuovo, e protegge l’antico ordine sociale dal sovvertimento.
3. La tendenza, insita nelle cose, alla quiete fondata sull’ordine, deve essere equilibrata con quella, ugualmente insita nelle cose, al moto e al sovvertimento.
4. Il gran corpo sociale e le sue organizzazioni particolari ubbidiscono alle stesse leggi di ogni singolo corpo materiale: è dunque giustificato caratterizzare gli spostamenti sensibili dell’equilibrio delle forze nella società con i sintomi di malattia dell’organismo umano.
5. Poiché i movimenti materiali sono effetti della lotta delle grandi forze morali, e poiché «i corpi politici devono essere considerati solo come individualità il cui rapporto forma la società» (Metternich), l’esistenza di una comunità d’interessi degli Stati, a carattere superindividuale e fondata sulla loro essenza comune, è cosa ovvia nell’ambito morale e materiale.
6. Nei limiti del possibile l’equilibrio europeo venne restaurato con la seconda pace di Parigi e l’atto finale del Congresso di Vienna.
7. Se il compito più urgente fu dapprima la restaurazione dell’equilibrio europeo, dopo il 1815 crebbe d’importanza il compito della restaurazione del corpo sociale.
8. Se le grandi potenze rimangono fedeli alla politica di pace, i piccoli Stati, che sono privi di una reale autonomia, fondata cioè su forze proprie, dovranno aderire alla stessa politica, spontaneamente o per forza.
9. Il diritto d’intervento (negli affari interni degli altri Stati) è un’ovvia conseguenza del dovere di solidarietà delle varie parti del corpo sociale per la restaurazione e il mantenimento dell’equilibrio nella società.
11. La guida indispensabile della comunità può essere tenuta solo da un sovrano sostenuto dalla forza e dal diritto e che sia in possesso dell’autorità necessaria a regolare i contrasti delle idee e delle forze materiali, a tutelare ciò che legalmente esiste e a promuovere il naturale progresso della società.
12. L’idea della sovranità popolare è il peggior nemico dello Stato sociale e del diritto esistente.
13. La monarchia pura è l’espressione adeguata della sovranità principesca, la repubblica l’espressione adeguata della sovranità popolare.
14. Le costituzioni si giustificano solo come prodotto dell’anima nazionale, e non v’è nulla di più innaturale di quell’«articolo di moda francese» che è «l’aspirazione a un sistema costituzionale uniforme per tutti gli Stati».
15. Il sistema vede nella monarchia pura il termine medio tra l’arbitrio monarchico e quello repubblicano, fra la tirannide del singolo e quella delle masse.
18. La rivoluzione, il nemico del sistema, è «la più grande sciagura che possa colpire un paese, e, secondo la sua natura, distrugge tutto»; essa si presenta sotto specie multiformi.
19. Vi sono soltanto due legittimi protagonisti della lotta: i conservatori e i democratico-radicali; al moderatismo dei liberali il “sistema” riserva solo un marcato disdegno.
20. I movimenti nazionali sono soltanto un aspetto del movimento democratico-radicale.
21. Il contrappeso del principio rivoluzionario deve essere visto nel sistema federale, che realizza «l’unità nella molteplicità», e difende dal livellamento.
25. Misure preventive efficaci vanno prese contro le principali manifestazioni dello spirito rivoluzionario: le “sette”, l’abuso del prestigio e dell’autorità accademica in Germania, e la stampa.
30. Italia e Confederazione germanica sono parti costitutive del sistema politico dell’Europa centrale.
Il testo del «Testamento politico» sta nella raccolta Aus Metternichs nachgelassene Papieren [Dalle carte lasciate dal principe di Metternich], vol. VII, Wien, 1883, p. 634 sgg., di cui si ha una contemporanea traduzione francese in Metternich, Mémoires documents et écrits divers [Memorie documenti e scritti diversi], vol. VII, Paris, 1883, pp. 636 sgg. Se ne da qui la parziale traduzione italiana dell’Anchieri, Antologia storico-diplomatica. Raccolta ordinata di documenti diplomatici, politici, memorialistici, di trattati e convenzioni dal 1815 al 1940, pp. 16-18, con larghe integrazioni. Sul «Testamento politico» cfr. Srbik, op. cit., vol. II, pp. 440-442 ; e in generale, sul Metternich, dopo l’opera fondamentale di questo autore, cfr. E. L. Woodward, Three Studies in European Conservatism: Metternich, Guizot, and the Catholic Church in the Nineteenth Century [Tre studi sul conservatorismo europeo: Metternich, Guizot e la chiesa cattolica nel XIX secolo], 1929.
Dal testamento politico di Metternich
Il motto da me adottato “forza nel diritto” è l’espressione della mia convinzione» ed esso caratterizza la base del mio modo di pensare e di agire.
Alle parole non ho mai attribuito altro scopo se non quello di esprimere concetti esatti; alle teorie non ho mai attribuito il valore dei fatti» e i sistemi preconcetti non li ho mai considerati altro che prodotti di menti oziose o sfogo di animi turbolenti.
Non nella lotta della società per il progresso, ma nel progredire mirando ai veri beni: verso la libertà quale risultato immancabile dell’ordine, verso l’eguaglianza nella sua unica forma applicabile di eguaglianza davanti alla legge, verso il benessere, inconcepibile senza la base di una tranquillità morale e materiale, verso il credito che può fondarsi soltanto sulla fiducia, in tutto ciò ho riconosciuto il dovere del governo e la salute vera dei popoli governati.
Ho sempre considerato il dispotismo, qualunque fosse, come un sintomo di debolezza. Là dove esso si mostra, è un male che trova in se stesso la sua punizione; ma è funesto soprattutto quando si maschera col nome di progresso della libertà!
La monarchia e la repubblica sono idee che io comprendo. Monarchie assise su basi repubblicane e repubbliche assise su basi monarchiche sono forme che si contraddicono da sé e che io non comprendo. Tutt’e due, monarchie e repubbliche, possono prosperare solo sulle basi proprie alle une e alle altre. La migliore costituzione per uno Stato qualsiasi sarà sempre quella che si adatta meglio ai tratti particolari che distinguono ogni corpo politico. Nei grandi Stati la forma monarchica possiede il vantaggio di una più grande stabilità; è un fatto accertato dalla storia. Come ministro di uno Stato organizzato nella forma monarchica, io ho dovuto occuparmi solo di controversie relative alla forma monarchica. Ho escluso ogni discussione sulla forma repubblicana; e ciò si intende da sé, dopo ciò che ho detto.
Considero uno Stato senza costituzione come una astrazione, al pari della ipotesi di un individuo che non abbia costituzione che gli sia propria. Io trovo la stessa idea nell’applicazione di un sistema di costituzione uniforme a tutti gli Stati.
L’idea dell’equilibrio dei poteri (immaginata da Montesquieu) non mi è mai sembrata altro che un modo errato di concepire la costituzione inglese; ho sempre trovato che essa non era pratica nell’applicazione, perché l’idea di un simile equilibrio ha la sua radice nella supposizione di una lotta perpetua, invece di essere fondata su quella del riposo, che è il primo bisogno per gli Stati che vogliono vivere e prosperare.
Lo sviluppo della vita interna degli Stati è sempre stato ai miei occhi il primo dovere dei governi.
Come basi della politica io riconosco le idee di diritto e di equità, e non i semplici calcoli dell’interesse, mentre considero la politica capricciosa un turbamento dello spirito che trova in sé stesso la sua punizione.
Mio malgrado, le circostanze mi hanno lanciato nella vita politica, per la quale ero armato di una intelligenza che è capace di difendere solo ciò che è positivo.
Il mio temperamento è un temperamento storico, ripugnante a ogni forma di romanticismo. Il mio modo di agire è prosaico, anziché poetico. Io sono l’uomo del diritto e rifiuto in tutte le cose l’apparenza, là dove essa si separa dalla verità come fine a se stessa, e quindi là dove, privata della base del diritto, necessariamente deve risolversi nell’errore.
Io sono nato e cresciuto in mezzo ad una situazione sociale che ha preparato la rivoluzione del 1789 in Francia: perciò io conosco bene tale situazione. Gli elementi di forza e di debolezza che hanno prodotto le situazioni antecedenti e successive non mi sono mai sfuggiti. Osservatore degli eventi al tempo stesso calmo e severo, io li ho sempre considerati e seguiti nella loro origine e nel loro sviluppo, sia naturale che artificiale.
Durante i quarantacinque anni della mia carriera attiva, io sono stato dapprima testimone della prima rivoluzione francese, un testimone collocato in un punto di vista sociale elevato, e più tardi ho avuto una parte attiva negli eventi provocati da tale rivoluzione.
In contatto e in rapporto diretto o indiretto con tutti i Sovrani, con i primi uomini di Stato e i più importanti capipartito, nel corso di questo periodo che comprende quasi tre generazioni, io ho conosciuto tutti i fatti di rilievo che hanno influenzato lo sviluppo degli avvenimenti storici.
L’esperienza, dunque, non mi è mancata. Due elementi sono e saranno sempre in lotta nella società umana: l’elemento positivo e l’elemento negativo, l’elemento conservatore e l’elemento distruttore.
Ho sempre considerato come principale dovere di un uomo di Stato di avere lo sguardo rivolto tanto ai fenomeni che accadono in maniera spontanea, quanto a quelli che nel corso del tempo si manifestano sotto l’influenza dello spirito di partito, e di considerare ogni categoria a parte.
Il mezzo migliore di risolvere tale problema è di guardare e fissare le parole secondo il valore delle cose ch’esse sono chiamate a indicare. Io mi sono sempre fatto una norma di questo procedimento.
Citerò alcuni esempi per spiegare il mio modo di vedere.
La parola libertà ha per me, non il significato di un punto di partenza, ma quello di un effettivo punto di arrivo. Il punto di partenza è significato dalla parola ordine. Il concetto di libertà può basarsi soltanto sul concetto di ordine. Senza una base di ordine l’aspirazione alla libertà non è altro che la tendenza di un qualsiasi partito verso uno scopo che si è fissato. Nella sua applicazione effettiva questa aspirazione necessariamente si risolverà in tirannide. Poiché in tutti i tempi, in tutte le situazioni, io sono sempre stato propugnatore dell’ordine, le mie aspirazioni erano rivolte alla libertà vera e non a quella ingannevole. La tirannia di qualsiasi genere ha, ai miei occhi, soltanto il significato di mera assurdità; come fine a se stessa io la definisco come la cosa più vuota che il tempo e le circostanze possano mettere a disposizione dei regnanti.
L’idea di ordine, considerata dal punto di vista della legislazione, fondamento dell’ordine, è suscettibile delle più diverse applicazioni, a seguito delle condizioni a cui è soggetta la vita degli Stati. Considerato come “costituzione”, l’ordine migliore per uno Stato sarà quello che risponde alle condizioni materiali e morali che determinano il carattere nazionale. Non v’è ricetta universale in materia di costituzioni, come non v’è una panacea nell’ordine fisico.
La forma che costituisce il vero valore di una costituzione può sorgere negli Stati soltanto da se stessa. Le Carte non sono la costituzione; la loro importanza non va oltre al fatto di costituire le basi di un ordine nella condotta di uno Stato che deriva da esse basi. Che le costituzioni abbiano una influenza importante sulla formazione dello spirito nazionale è una verità incontestabile. Il rovescio di questa verità è che una costituzione deve essere il prodotto di questo sentimento, e non il prodotto di uno spirito inquieto e, come tale, passeggero.
Lo spirito liberale solitamente non tiene conto di una considerazione che, per le sue conseguenze, è invece fra le più importanti; cioè della differenza che, in pratica, risulta tanto negli Stati come nella vita degli individui, tra il procedere delle cose con misura ed il procedere a salti. Nel primo caso le cose si svolgono in successione logica e naturale, mentre nel secondo si ha soluzione di continuità. Tutte le cose nella natura seguono la via dell’evoluzione, del succedersi l’una all’altra; solo in questo modo è possibile la eliminazione degli elementi nocivi e lo svilupparsi di quelli buoni. I passaggi a salti richiedono costantemente nuove creazioni, ma gli uomini non possono creare.
Ho sempre considerato un errore, le cui conseguenze non si possono misurare, il fare un passo al di là dell’ambito in cui i princìpi hanno valore e l’avventurarsi sul campo di teorie azzardate. Dare adito alla speranza che tanto il governo quanto i partiti siano in grado di essere padroni, nel momento opportuno, di trattenersi sull’orlo del precipizio sopra il quale si sono messi, io ho sempre considerata un’illusione che si è dimostrata tale attraverso l’esperienza dei tempi, né ho mai attribuito più diritti o meno influenza alle forze naturali di quanto ad esse appartengano.
Affrontando tutte le cose integralmente, non a metà, non avendo mai fatto alcuna differenza tra dare una promessa e mantenere una promessa, fu soltanto una conseguenza della mia complessiva formazione morale se non volli e non potei essere né il fautore di sovversioni che si celano dietro alla maschera del progresso, né di riforme che sono realizzabili soltanto con rivoluzioni. Tutto ciò mi è stato dimostrato dalla stessa rivoluzione in tutte le sue manifestazioni.
Fonte: Rosario Romeo e Giuseppe Talamo (a cura di), Documenti storici. Antologia, vol. II L’età conteporanea, Loescher, Torino, 1966.