I nudi di Jenny Saville sfidano il Rinascimento

La mostra dell’artista a Firenze

Mario Mancini
7 min readOct 22, 2021

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Il poster della mostra di Jenny Saville in cinque musei fiorentini.

Maternità

Quando Botticelli e Luca della Robbia crearono i loro capolavori sulla maternità, resero omaggio all’ideale rinascimentale con rappresentazioni reverenziali della Madonna che tiene serenamente in braccio il bambino.

Quando la pittrice Jenny Saville ha creato Le madri nel 2011, la sua composizione, ispirata a Leonardo, ha contrapposto a quella sacra rappresentazione vecchia di 500 anni una raffigurazione diretta della sua esperienza personale della maternità. Ha dipinto una madre con la testa reclinata e turbamente sognante, l’autoritratto dell’artista, che tiene in braccio due bambini le cui carni si fondono con quelle della madre stessa.

Queste rappresentazioni così divergenti sono ora l’una di fronte all’altra in mostra al Museo degli Innocenti, nell’ambito della più grande mostra personale della Saville fino ad oggi. La mostra, in corso fino al 20 febbraio 2022 in cinque musei fiorentini, contrappone 100 dipinti e disegni della 51enne artista britannica alle opere dei maestri del Rinascimento, proprio nel loro territorio di origine del Rinascimento.

Carnalità

Nel Museo dell’Opera del Duomo, accanto alla Pietà di Michelangelo, è collocato un enorme disegno della Saville, chiamato Pietà 1, che affigura la famiglia dell’attrice ritratta nella stessa posa attorcigliata dell’opera di Michelangelo. A Palazzo Vecchio, tra le grandiose pitture murali di Giorgio Vasari del XVI secolo raffiguranti guerrieri e battaglie, è steso un immenso dipinto della Saville, Fulcrum che mostra un ammasso di corpi nudi di donne.

L’opera di Saville impiega tecniche utilizzate in tutti i secoli, fonde il realismo degli stili pittorici tradizionali con l’astrazione espressionista, mentre espande il suo sguardo a soggetti a lungo appannaggio di pittori maschi: il nudo, la madre, il volto femminile.

Il suo lavoro è ispirato dal grande progetto dei maestri del Rinascimento, ma ai loro nudi sensuali e divini, la Saville oppone immagini di donne carnose e terrene, spesso con la pelle livida o lacerata — non certamente il corpo nella sua celebrata bellezza ed armonia, ma il corpo sofferente, ansioso nella sua totale precarietà.

Alcune tele audaci hanno lanciato la sua carriera negli anni ’90 e gli hanno riservato un posto tra i pionieri della rinascita della pittura figurativa. Nel 2018, Propped, un autoritratto nudo, tracimante di carne e stravolto espressivamente, è stato battuto da Sotheby’s per 12,4 milioni di dollari, un record per un’opera di un’artista donna vivente.

Firenze

Sergio Risaliti, curatore della mostra di Firenze e direttore del Museo Novecento, uno dei musei che espone alcune opere, ha detto che la città è stata “la culla della cultura rinascimentale”, la quale però è stata “una cultura dominata dagli uomini”. Ora, ha aggiunto, Firenze “accoglie una grande artista donna su un piano di parità”.

“Il Rinascimento ha rappresentato l’avanguardia, e con Jenny, stiamo inviando un messaggio sull’importanza dell’avanguardia oggi”, ha detto Risaliti.

In una pausa dal lavoro di supervisione dell’allestimento della mostra alla fine di settembre 2021, la Saville ha parlato in un’ampia intervista delle influenze, delle aspirazioni e della sua vita come pittrice e madre. La conversazione è stata modificata per ragioni di lunghezza e chiarezza.

Intervista a Jenny Saville

Come ci si sente a vedere le proprie opere fianco a fianco ai capolavori del Rinascimento?

L’Italia è un paese di figurazione, quindi mi sento molto a casa qui — ma ne sono anche intimidita. Ho superato questo stato d’animo guardando Michelangelo: stavo preparando degli allestimenti della Pietà, il mio lavoro, ma non riuscivo a rendermi conto perché mancava la potenza che aveva la Pietà di Michelangelo. Poi ho iniziato a studiare direttamente la scultura e ho visto come funzionava la dinamica tra i corpi.
Proprio nella struttura dell’opera, c’è un incredibile torsione, un movimento che Michelangelo mette in tutto ciò che fa. Poi lavora su tutti gli elementi del corpo, l’inclinazione di una testa, il modo in cui una mano si appoggia sul corpo di un altro, il modo in cui la materia si piega. Tutti questi elementi sono usati per aumentare l’emozione, senza cadere nel sentimentalismo.

Ma oltre agli antichi maestri come Michelangelo, hai anche delle influenze moderne.
Guardo ad artisti come Twombly, Pollock, Rothko e de Kooning — tutta la scuola di New York che ha usato la pittura come linguaggio poetico — e cerco di incanalare alcune di queste cose nel mio lavoro figurativo. Mi piace iniziare colando molto acrilico, e si vede nelle gocce residue, in modo da ottenere questa specie di luce interiore. Penso continuamente a come usare questo linguaggio della pittura per ottenere più emozioni possibili.

La vulnerabilità del corpo è un tema su cui sei tornata più volte.
Sì, non ne ho paura — non ne ho mai avuto davvero paura. Lo trovo molto potente. Siamo sempre consapevoli della morte. Questa è la nostra unica certezza nella vita — non sappiamo che cosa ci riserveranno i nostri viaggi, ma la certezza è che moriremo. Quindi lavoro sempre con questa certezza in mente.

Eppure, quando la pandemia ci stava mettendo di fronte alla nostra vulnerabilità, stavi dipingendo dei quadri molto colorati, alcuni dei quali sono presenti qui a Firenze.
Sì, usavo il colore come non avevo mai fatto prima. Penso che fosse una sorta di resistenza alla malattia. Ho pensato: “Mio Dio, le persone che amo potrebbero morire”. Ho lavorato più duramente e più intensamente, come rapita da una sorta di mania ossessiva. Lavoravo con questa urgenza perché pensavo: “Cosa succederà al mondo dell’arte? Cosa succederà a tutti noi?”

All’inizio della tua carriera, dipingevi molti corpi massicci e obesi, i quali ricordavano continuamente la carne. Ma il tuo lavoro recente è fatto di questi enormi ritratti di volti, sorprendentemente belli.
È stato sempre così, in realtà. La gente pensa che io dipinga questi corpi molto grassi — erano quelli che i collezionisti ricercavano e hanno ricevuto più spazio nei media — ma se si guarda davvero il mio lavoro, non è così evidente. Anche quando mi sono laureata e ho fatto Propped nella mia mostra di laurea, avevo dipinto una sposa della testa enorme.
Mi piace fare le grandi teste perché dà la possibilità di essere molto astratti. Nel momento in cui metto gli occhi su qualcosa, sembra che il mondo si focalizzi sul dipinto, perché gli esseri umani sono semplicemente attratti dagli occhi. La maggior parte degli artisti inizia con una struttura figurativa e da lì, poi astrae ma io inizio creando forme astratte di pittura come base e poi vi costruisco sopra la figurazione lasciando che l’astrazione si mostri in alcuni punti — nello stesso modo in cui Michelangelo costruirebbe una forma dal marmo grezzo.

Gli occhi sono particolarmente rilevanti nei tuoi dipinti, anche in Rosetta II, il dipinto del 2005–6 di una giovane donna cieca di Napoli. I suoi occhi senza vista hanno così tanta espressione.
Ho dovuto lavorare ancora di più su quegli occhi, perché dovevano davvero parlare. Rosetta aveva questa incredibile bellezza interiore che non avevo mai visto prima e volevo cercare di renderle omaggio nell’opera. Aveva questa forza, perché sapeva che tutti la fissavano. Io volevo entrare in quello spazio.

Hai indagato il nudo femminile attraverso i tuoi occhi e poi, con la nascita dei tuoi due figli, hai esplorato un altro tema della pittura classica: la maternità, ma raffigurata da un’artista che l’ha realmente vissuta.
Ho passato la mia vita a dipingere la carne e poi, improvvisamente, mi sono trovata ad avere della carne dentro il mio corpo. Questo è molto profondo. E partorire è stato come un quadro di Francis Bacon, sai. Mi stavano accadendo tutte queste cose davvero toccanti, e allo stesso tempo, ho assunto la categorizzazione sociale di “madre” dopo avere passato la mia vita cercando di farmi passare come pittrice. Mi sono interrogata sull’opportunità di rivelare la maternità come soggetto nel mio lavoro. E poi ho pensato: “Perché non dovrei farlo? Lo faccio per ogni altro soggetto. Perché dovrei essere titubante? È perché penso che potrebbe influenzare la mia carriera?”.

Quali erano queste paure allora?
Credo che la gente ti veda meno seriamente. Mi sentivo così nei confronti delle altre donne che avevano avuto figli, se ero onesta. Pensavo che se hai una famiglia, vuole dire che non hai messo il tuo lavoro al centro — il che era sbagliato. Non sei meno artista perché sei diventato genitore. Non ti faresti mai una domanda simile su un artista maschio. Così ho solo fatto il mio lavoro, l’ho messa fuori e da lì sono cresciuta. È stata una grande lezione per me in quel momento.

I tuoi figli sono ora dei giovani adolescenti che vivono in un mondo plasmato dai social media. Cosa pensi del tipo di corpi da cui sono circondati in questi giorni?

Tutti si preoccupano dei social media, ma in realtà i miei figli sono molto più intelligenti di quanto lo fossi io a quell’età. Mio figlio legge il “New York Times” ogni giorno, mentre io non ne ho mai visto una copia fino alla tarda adolescenza. È abbastanza difficile mantenere l’innocenza dei tuoi figli per tutto il tempo che vorresti, ma i vantaggi dei social media sono fenomenali. Ho lavorato con un modello transgender chiamato Del LaGrace Volcano per fare un quadro chiamato Matrix, e quando l’ho mostrato a New York nel 1999, la gente pensava che quel tipo di corpo non esistesse o non potesse esistere. Ora sento i miei figli parlare di fluidità di genere. C’è molta più tolleranza oggi e questa è davvero una cosa meravigliosa che dobbiamo preservare.

Da: Laura Rysman, Jenny Saville’s Nudes Bring Renaissance Masters Down to Earth, “The New York Times”, 8 ottobre 2021

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Mario Mancini
Mario Mancini

Written by Mario Mancini

Laureatosi in storia a Firenze nel 1977, è entrato nell’editoria dopo essersi imbattuto in un computer Mac nel 1984. Pensò: Apple cambierà tutto. Così è stato.

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