I 5mila errori di stampa dell’Ulisse di Joyce
L’edizione critica e sinottica del 1984
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Tanti, troppi errori
Nel 1984 un team internazionale di studiosi ha prodotto un’edizione in tre volumi dell’Ulisse di James Joyce che corregge quasi 5.000 omissioni, trasposizioni e altri errori presenti nelle precedenti edizioni del seminale romanzo del XX secolo.
La nuova edizione, sottotitolata “Un’edizione critica e sinottica”, ha fatto nuova luce non solo su particolari passaggi, ma anche sull’interpretazione di interi episodi e personaggi del romanzo. La nuova edizione ha dato anche avvio a un nuovo ciclo di studi su quello che è già uno dei romanzi più analizzati tra quelli esistenti.
La nuova edizione ha corretto una media di sette errori per ogni pagina stampata dell’Ulisse — errori di punteggiatura, parole omesse, frasi tronche e persino intere frasi omesse. Joyce stesso era molto irritato dagli errori, ma riuscì a correggerne solo una piccola parte prima di rivolgere la sua attenzione ad altri libri.
C’erano molti errori perché Joyce scrisse il testo a mano, spesso in modo illeggibile, con una penna a sfera, quindi aggiunse altre 100.000 parole alle bozze di stampa.
Inoltre i 26 proto francesi che montarono i caratteri a mano non conoscevano l’inglese. Inoltre, copiavano da un dattiloscritto a spaziatura singola impresso su carta molto sottile.
La consapevolezza del lettore
Gli esperti che hanno curato la nuova edizione sono convinti che i pochi lettori che hanno lottato con le molte oscurità del romanzo da quando è stato pubblicato per la prima volta nel 1922 si sono certamente resi conto che l’Ulisse era uno dei romanzi più zeppi di errori tra le grandi opere letterarie.
Riferendosi alla edizione critica e sinottica, Richard Ellmann, professore di letteratura inglese all’Università di Oxford e autore della biografia definitiva di Joyce, ha dichiarato: ‘’È un risultato scientifico assolutamente stupefacente’’.
Il romanzo, bandito dagli Stati Uniti come osceno fino al 1933, fu pubblicato per la prima volta a Parigi nel 1922, da Shakespeare & Company, una libreria di proprietà della mecenate letteraria Sylvia Beach. Miss Beach si offrì di pubblicarne 1.000 copie, per le quali chiese agli abbonati di pagare in anticipo l’importo.
Il libro fu composto a Digione, 200 km da Parigi, e uscì dalla stamperia il 2 febbraio, per il 40° compleanno di Joyce. Ogni copia del libro portava un inserto che dichiarava:
“L’editore chiede l’indulgenza del lettore per gli inevitabili errori tipografici nelle circostanze eccezionali in cui è stato prodotto”.
Versioni sparse ovunque
L’edizione critica e sinottica, pubblicata in tre volumi dalla Garland Publishing di New York specializzata in ristampe fotostatiche di libri e manoscritti antichi, avvenne il 16 giugno 1984, giorno noto come “Bloomsday” per gli amanti di Joyce in tutto il mondo.
Questa è anche la data del giorno in cui, nel 1904, Joyce mandò i suoi protagonisti immaginari, Stephen Dedalus e Leopold Bloom, per le strade di Dublino. Il loro peregrinaggio di un giorno nelle vie della capitale irlandese è segnato da cadenzato da parallelismi con l’Odissea di Omero.
Gli studiosi sapevano da tempo che l’Ulisse era pieno di errori. Ma le molte bozze e revisioni erano sparse in così tante biblioteche e collezioni private che era estremamente difficile per un singolo studioso fare i necessari confronti. Tra il 1978 e il 1980, tuttavia, Garland pubblicò il James Joyce Archive, 63 volumi di quaderni inediti, manoscritti, dattiloscritti e bozze corrette.
Il team tedesco
La ricerca, che ha prodotto il James Joyce Archive in 63 volumi, ha reso possibile ad un team di studiosi, sotto la direzione di Hans Walter Gabler dell’Università di Monaco di Baviera, di fare i dovuti confronti tra le varie versioni del romanzo. Il professor Gabler, che ha compiuto uno studio post-dottorato sull’editing testuale all’Università della Virginia, è stato curatore associato del James Joyce Archive, così come primo curatore ei 16 volumi di quel progetto.
Il team tedesco, che è stato guidato da un comitato consultivo accademico di tre membri istituito dalla James Joyce Estate, ha impiegato sette anni per completare la nuova edizione, lo stesso tempo che Joyce impiegò per scrivere il suo manoscritto di 320.000 parole.
Il loro progetto è stato finanziato con una sovvenzione di circa 300.000 dollari dalla Deutsche Forschungsgemeinschaft, che è l’omologa del National Endowment for the Humanities.
L’ausilio del software
Il progetto è stato condotto a Monaco di Baviera attraverso programmi di elaborazione computerizzata che hanno confrontato il dattiloscritto originale con le numerose bozze su cui Joyce aveva scarabocchiato le sue numerose correzioni.
Il computer mrcava i vari interventi di Joyce e ricostruiva il testo codificandolo secondo le istruzioni del team del professor Gabler. Quando finalmente è stato costruito dal computer un testo continuo con tutti i codici al loro posto, il testo è stato impaginato in modo automatico con inserite le note a pie’ di pagina e i riferimenti. I tre volumi dell’edizione Garland, per un totale di 1.919 pagine e un costo di 200 dollari, sono stati stampati con il testo corretto sulla pagina di destra e, sulla pagina di sinistra, il testo sinottico con le differenti versione pubblicate in precedenza.
Il paragrafo mancante
“Alcune correzioni sono sostanziali e almeno una è di tale importanza tanto da avere un effetto considerevole sull’interpretazione dell’intero libro”.
Ha detto il professor Ellmann di Oxford esaminando la nuova edizione.
Il paragrafo restaurato chiarisce un passaggio rimasto in sospeso. La correzione è consistita nel restauro di cinque righe di un dialogo all’inizio del romanzo, righe che chiariscono un passo in cui Stephen Dedalus vede il fantasma di sua madre e dice: “Dimmi la parola, madre, se la conosci ora, la parola nota a tutti gli uomini”.
La risposta che va cercando Dedalus è nelle cinque righe precedenti omesse nella versione a stampa da un proto anonimo. Ecco le cinque righe:
“Lo sai di cosa stai parlando? Amore, sì. La parola nota a tutti gli uomini. Amor vero aliquid alicui bonum vult unde et ea quae concupiscimus…”
Hugh Kenner, professore di letteratura inglese alla Johns Hopkins University e un’autorità su Joyce, ha convenuto che l’inclusione delle cinque righe è di grande importanza. Ha detto commentando questo e i molti altri cambiamenti:
“Per me, equivale a un nuovo libro, perché tante cose sono state perfezionate e consolidate”.
L’Ulisse è considerato un capolavoro letterario anche per gli esperimenti di Joyce con una serie di stili e tecniche letterarie, compresi brani senza punteggiatura che arriva a sviluppare anche per più di 40 pagine. Ma tale sperimentazione è risultata un ostacolo quando si è trattato di trascrivere accuratamente il contenuto.
Per esempio, in un lungo passaggio senza punteggiatura nell’episodio 16 intitolato “Eumeo’’, centinaia di virgole, che l’autore non avrebbe mai voluto, sono state aggiunte da uno dei molti volontari che ha trascritto la grafia storpiata di Joyce in pagine battute a macchina.
“Beard” è diventato “Bread”
“Ogni edizione pubblicata fino a questa include quelle virgole, il cui effetto è quello di cambiare il ritmo rispetto a quello che l’autore intendeva imprimere”.
Ha detto Michael Groden, uno specialista di Joyce e professore di inglese alla University of Western Ontario.
Ci sono molte altre correzioni. Dove il testo parla di “carta in cui era avvolta la barba’’, la versione riveduta corregge “barba” in ‘’pane’’ e diventa:
“Una volta mangiato soppressata e pane e pulite le venti dita sulla carta in cui era avvolto il pane, si avvicinano alla balaustra”.
Dove il testo attuale dice: ‘’Peso. Lo sentirebbe se gli venisse tolto qualcosa?” il testo corretto ripristina 10 parole consecutive omesse da un compositore e le rende in due frasi, come voleva Joyce:
“Peso o grandezza di esso, qualcosa di più nero del buio. Chissà se lo sentirebbe se gli venisse tolto qualcosa. Sentirebbe un vuoto’’.
Dopo che diverse dattilografe si rifiutarono di scrivere passi del romanzo di Joyce che consideravano osceni, gli amici dell’autore li ricopiarono con macchine da scrivere prese in prestito. Nel trascrivere, non solo aggiunsero la punteggiatura, ma sbagliarono a battere alcune parole e corressero l’ortografia di altre che l’autore intendeva tenere sbagliate.
[NB Le traduzioni italiane di Joyce dell’edizione Newton Compton e La Nave di Teseo includono questa revisione e sono basate sul testo dell’edizione critca e sinottica].
Errori intenzionali corretti
Per esempio, in una scena Stephen cammina sulla spiaggia ricordando il tempo trascorso a Parigi, e torna a casa dopo aver ricevuto un telegramma che dice, ‘’Madre morente torna a casa padre’’.
Ma il manoscritto mostra chiaramente che nella calligrafia di Joyce si tratta di una N maiuscola: “Nother dying” e non “Mother dying”, fa osservare il professor Kenner.
Joyce apparentemente ha usato ‘’Nother’’ perché riteneva probabile che un operatore telegrafico francese avendo ricevuto un messaggio in inglese in codice Morse avesse potuto storpiare una parola proprio in quel modo. Ha detto il professor Kenner:
“Stephen è incuriosito dal telegramma, ma la sua curiosità non è evidente perché l’errore di ortografia non è riportato nel testo. Ora si capisce la ragione di tale curiosità”.
La nuova edizione solleva la questione di come Joyce, morto nel 1941, possa aver permesso che si introducessero così tanti errori e viene anche da chiedersi come un libro così diverso da quello che l’autore aveva in effetti scritto possa aver ispirato così tante dissertazioni accademiche ed essere considerato un capolavoro.
La risposta alla prima domanda, dicono gli studiosi, è che Joyce ha dovuto correggere le bozze andando a memoria. Due dei tre dattiloscritti erano stati inviati alle riviste e i tipografi si erano tenuti il terzo. Non aveva quindi materiale scritto con cui confrontare le bozze composte del romanzo.
L’atteggiamento di Joyce
Joyce si lamentò della situazione in una lettera a Harriet Shaw Weaver, la sua benefattrice inglese. Scrisse:
“Sono estremamente irritato da tutti quegli errori di stampa. Saranno perpetuati nelle future edizioni? Spero di no”.
Il professor Kenner l’ha spiegato così:
“Joyce ha effettivamente fatto alcune correzioni per la seconda ristampa. Ma penso che il suo maggiore interesse fosse rivolto a scrivere Finnegans Wake. Joyce tendeva a lasciarsi alle spalle le sue opere passate e a concentrarsi su ciò che stava facendo in quel momento”.
Per quanto riguarda la seconda domanda, il professor Kenner, a titolo di spiegazione, ha raccontato quando alcuni anni fa a Taiwan ha parlato con un cinese che venerava gli scritti di Henry James.
“Riferì di avere letto James in traduzione, ma la lingua cinese non ha un sistema per le proposizioni subordinate. Quando gli ho chiesto cosa lo tenesse insieme, ha risposto: ‘La realtà lo tiene insieme’. Questa è la risposta anche nel caso di Ulisse. È la realtà a tenere insieme un testo terribilmente imperfetto”.
Da: Edwin McDowell, New edition fixes 5,000 errors in ‘Ulysses’, The New York Times, 7 giugno 1984