I 14 Punti di Wilson e la Società delle nazioni (1918–1919)

Mario Mancini
13 min readMar 28, 2020

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Il presidente Wilson alla partita di apertura del campionato di Baseball del 1916. Due anni dopo avrebbe lanciato un’altra palla, stavolta alle potenze europee, quella di un nuovo equilibrio internazionale.

Nell’autunno del 1914, quand’era già presidente degli Stati Uniti da circa due anni, impiegati quasi interamente per attuare quel programma per la Nuova libertà che mirava a ristabilire la libertà di iniziativa e di concorrenza nel campo economico mediante una efficace legislazione antimonopolistica, Thomas Woodrow Wilson propose un patto fra tutti gli stati del continente americano, nel quale si suol vedere un primo preannuncio di quella più vasta organizzazione internazionale alla quale si dedicherà con tanta convinzione negli anni seguenti.

Il 22 gennaio 1917 Wilson pronunziò al Senato un importante discorso che enunciava chiaramente molti dei principi che sarebbero stati esposti un anno dopo nei 14 punti. Vi si parlava della necessità di «creare una forza assai maggiore delle forze di qualsiasi nazione o di qualsiasi alleanza finora formata o progettata, così che nessuna nazione, nessuna probabile coalizione di nazioni possa starle a pari».

Il dilemma che l’Europa, e il mondo intero, dovevano risolvere era il seguente: si voleva giungere ad una vera e giusta pace o ad un nuovo equilibrio di forze? Se, dopo la tragica esperienza della guerra, si intendeva ottenere non un qualsiasi equilibrio, sempre mutevole e quindi generatore di nuovi conflitti, ma una “comunità dì forze”, una “organizzazione della pace comune”, occorreva accettare una pace senza vittoria, una pace cioè non imposta dal vincitore e subita dal vinto, con il logico seguito di risentimenti e propositi di rivincita, ma una pace fra uguali.

Nessuna nazione avrebbe dovuto cercare di imporre il proprio dominio su di un’altra; ogni popolo avrebbe dovuto essere libero di decidere intorno al proprio destino.

Coerentemente con questi principi, Wilson cercò di difendere i diritti dei neutrali e di fare opera di mediazione fra i belligeranti per giungere ad una pace negoziata. Ma tali sforzi non avevano la minima probabilità di porre fine al conflitto, dato che nessuno stato era nelle condizioni di assecondarli.

Accadde invece che Wilson si rese conto della inevitabilità dell’intervento americano: il 6 aprile 1917 gli Stati Uniti entravano in guerra contro gli Imperi centrali. Come è stato scritto, «Wilson bramava tanto di

raggiungere la pace, che giunse all’assurdo di voler entrare in guerra per amore di pace» (S.E. Morison, H.S. Commager, Storia degli Stati Uniti d’America, trad. it.., vol. II, p. 627).

E, con assoluta sincerità, egli intendeva che la guerra degli Stati Uniti dovesse essere volta all’affermazione dei grandi principi della libertà, della giustizia, dell’autogoverno, una guerra, insomma, fatta anche nell’interesse del popolo tedesco.

L’8 gennaio 1918 egli annunciò al Congresso in 14 punti le condizioni per giungere ad una pace durevole: abolizione delle barriere doganali e libertà di commercio, riduzione degli armamenti, cessione alla Francia dell’Alsazia e della Lorena, nuove frontiere per l’Italia in base al principio di nazionalità, autodeterminazione per. i popoli dell’Austria-Ungheria, indipendenza della Polonia, costituzione di una Società generale delle nazioni.

Il 5 novembre del 1918 gli alleati accettarono questi punti come base per un generale riordinamento europeo. Ma in quello stesso mese le elezioni americane per i due rami del Congresso diedero la maggioranza al partito repubblicano oppositore di Wilson, il che diminuì grandemente il suo prestigio proprio alla vigilia della sua partenza per l’Europa.

Ciononostante egli svolse una grande attività alla conferenza per la pace, cercando di frenare le pretese eccessive dei vincitori, come l’annessione della Saar e di altre provincie renane alla Francia, e della Prussia orientale alla Polonia, o l’enorme carico delle riparazioni che si volevano imporre alla Germania e riuscì a ottenere che la costituzione della Società delle Nazioni facesse parte del trattato di pace.

Il patto della Società delle Nazioni fu elaborato nel febbraio 1919, approvato dalla Conferenza della pace il 14 di quel mese e inserito nel Trattato di Versailles: erano previsti un Consiglio formato da 5 membri permanenti (Stati Uniti, Gran Bretagna, Francia, Italia e Giappone) e 4 temporanei, mentre l’Assemblea (corpo deliberativo) accoglieva tutte le nazioni con parità di voto.

Vi era un impegno comune a garantire da qualsiasi aggressione tutti i paesi membri della Società, a sottoporre ad arbitrato le questioni che avrebbero potuto minacciare la pace, mentre erano previste sanzioni economiche e militari per gli stati che non osservassero queste norme.

Ma il Congresso americano respinse per due volte (19 novembre 1919 e 19 marzo 1920) sia il trattato sia la formazione della Società delle Nazioni. E nelle elezioni del 1920 i repubblicani, nettamente ostili alla politica wilsoniana, riuscirono a tornare alla Casa Bianca.

Si danno qui di seguito i 14 punti, le proposte complementari del 12 febbraio 1918 e una scelta degli articoli del Patto della Società delle Nazioni tratti da E. Anchieri, Antologia storico-diplomatica. Raccolta ordinata di documenti diplomatici, politici, memorialistici, di trattati e convenzioni dal 1815 al 1940, pp. 362–70.

Su Wilson cfr., oltre la citata Storia degli Stati Uniti d’America di Morison e Commager, R. Hofstadter, La tradizione politica americana, trad. it., Bologna, Il Mulino, 1959, Il pensiero politico nell’età di Wilson a cura di O. Barié, Bologna, Il Mulino, 1962. È in corso di pubblicazione una monumentale biografia di Wilson ad opera di Arthur S. Link: Wilson. The Road to thè White House [Verso la Casa Bianca] e Wilson. The New Freedom [La nuova libertà], Princeton, 1947 e 1956. Sulla S.d.N. cfr. Il Patto della S.d.N. Testo originale con emendamenti e note, Milano, 1935 e A, Torre, Storia della conferenza della pace, Milano, 1940.

I quattordici punti (8 gennaio 1918)

Noi siamo entrati in questa guerra a causa delle violazioni al diritto che ci riguardano direttamente e rendono impossibile la vita del nostro popolo a meno che non siano riparate e il mondo sia assicurato per sempre che non si ripeteranno. Perciò in questa guerra, non domandiamo nulla per noi, ma il mondo deve esser reso adatto a viverci; e in particolare deve esser reso sicuro per ogni nazione pacifica che, come la nostra, desidera vivere la propria vita, stabilire liberamente le sue istituzioni, essere assicurata della giustizia e della correttezza da parte degli altri popoli del mondo come pure essere assicurata contro la forza e le aggressioni egoistiche.

Tutti i popoli del mondo in realtà hanno lo stesso nostro interesse, e per conto nostro vediamo molto chiaramente che, a meno che non sia fatta giustizia agli altri, non sarà fatta a noi. Perciò il programma della pace del mondo è il nostro stesso programma; e questo programma, il solo possibile, secondo noi, è il seguente:

1. — Pubblici trattati di pace, conchiusi apertamente, dopo i quali non vi saranno più accordi internazionali privati di qualsivoglia natura; ma la diplomazia procederà sempre francamente e pubblicamente.

2. — Libertà assoluta di navigazione sui mari, al di fuori delle acque territoriali, sia in tempo di pace che in tempo di guerra, salvo il caso che i mari siano chiusi totalmente o parzialmente con un’azione internazionale in vista dell’esecuzione di accordi internazionali.

3. — Soppressione, nei limiti del possibile, di tutte le barriere economiche e stabilimento di condizioni commerciali uguali per tutte le nazioni che consentono alla pace e si associano per mantenerla.

4. — Garanzie sufficienti date e prese che gli armamenti nazionali saranno ridotti all’estremo limite compatibile con la sicurezza interna del paese.

5. — Composizione libera, in uno spirito largo ed assolutamente imparziale, di tutte le rivendicazioni coloniali, fondata sul rigoroso rispetto del principio che, nel regolare tutte le questioni di sovranità, gli interessi delle popolazioni interessate dovranno avere ugual peso delle domande eque del Governo il cui titolo si dovrà definire.

6. — Evacuazione di tutti i territori russi e regolamento di tutte le questioni concernenti la Russia, in guisa da assicurare la migliore e la più larga cooperazione delle altre nazioni del mondo per fornire alla Russia l’occasione opportuna di fissare, senza ostacoli né imbarazzi, in piena indipendenza, il suo sviluppo politico e nazionale; per assicurarle una sincera accoglienza nella Società delle nazioni libere sotto un governo che essa stessa avrà scelto; per assicurarle infine il massimo aiuto, qualunque possa essere o quale essa potrebbe desiderare. Il trattamento accordato alla Russia dalle nazioni sue sorelle durante i mesi prossimi sarà la pietra di paragone che rivelerà la buona volontà e la comprensione di queste nazioni per i bisogni della Russia, a prescindere dai loro propri interessi e dalla loro intelligente simpatia.

7. — Il mondo intero sarà d’accordo che il Belgio debba essere evacuato e restaurato, senza alcun tentativo di limitare la sovranità di cui fruisce alla stregua delle altre nazioni libere. Nessun atto meglio di questo servirà a ristabilire la fiducia delle nazioni nelle leggi stabilite e fissate per reggere le loro reciproche relazioni. Senza questo atto di riparazione, la struttura e la validità di tutte le leggi internazionali sarebbero per sempre infirmate.

8. — Tutto il territorio francese dovrà esser liberato, e le parti invase dovranno essere interamente ricostruite. Il torto fatto alla Francia dalla Prussia nel 1871, per quanto concerne l’Alsazia-Lorena, che ha turbato la pace del mondo per quasi cinquant’anni, dovrà esser riparato, affinché la pace possa essere ancora una volta assicurata nell’interesse di tutti.

9. — Una rettifica delle frontiere italiane dovrà esser effettuata secondo le linee di nazionalità chiaramente riconoscibili.

10. — Ai popoli dell’Austria-Ungheria, di cui desideriamo salvaguardare il posto fra le nazioni, dovrà esser data al più presto la possibilità di uno sviluppo autonomo.

11 — La Romania, la Serbia, il Montenegro dovranno essere evacuati; saranno ad essi restituiti quei loro territori che sono stati occupati. Alla Serbia sarà accordato un libero accesso al mare, e le relazioni fra i diversi Stati balcanici dovranno esser fissate radicalmente sulle ispirazioni delle Potenze, secondo linee stabilite storicamente. Garanzie internazionali di indipendenza politica, economica, e d’integrità territoriale saranno fornite a questi Stati.

12. Alle parti turche del presente Impero ottomano saranno assicurate pienamente la sovranità e la sicurezza, ma le altre nazionalità che vivono attualmente sotto il regime di questo Impero devono, d’altra parte, godere una sicurezza certa di esistenza e potersi sviluppare senza ostacoli; l’autonomia dev’esser loro data.

I Dardanelli saranno aperti in permanenza e costituiranno un passaggio libero per le navi e per il commercio di tutte le nazioni sotto garanzie internazionali.

13. — Uno Stato polacco indipendente dovrà esser costituito, comprendente i territori abitati da nazioni incontestabilmente polacche, alle quali si dovrebbe assicurare un libero accesso al mare; l’indipendenza politica, economica e l’integrità territoriale di queste popolazioni saranno garantite da una Convenzione internazionale.

14 — Una Società generale delle nazioni dovrebbe esser formata in virtù di convenzioni formali aventi per oggetto di fornire garanzie reciproche di indipendenza politica e territoriale ai piccoli come ai grandi Stati.

Proposte complementari del 12 febbraio 1918

1. — Ogni parte del regolamento finale dev’essere fondata sulla giustizia essenziale del caso particolare considerato e sulle soluzioni più atte a produrre una pace che sia permanente.

2. — I popoli e le provincie non devono costituire oggetto di mercato e passare di sovranità in sovranità, come se fossero semplici oggetti o semplici pedine di un giuoco, sia pure del grande giuoco, ora screditato per sempre, dell’equilibrio delle forze.

3. — Ogni regolamento territoriale riferentesi a questa guerra dev’esser fatto nell’interesse e a vantaggio delle popolazioni interessate, e non come parte di un semplice componimento o di un compromesso di rivendicazioni fra Stati rivali.

4. — Tutte le aspirazioni nazionali ben definite dovranno ricevere la soddisfazione più completa che possa venir accordata senza introdurre nuovi elementi di discordia o di antagonismo né perpetuarne di antichi suscettibili, col tempo, di rompere la pace dell’Europa e di conseguenza del mondo.

Patto della Società delle Nazioni (28 giugno 1919)

Art. 1. — 1. Sono membri originari della S. d. N. quelli tra i firmatari i cui nomi figurano nell’Annesso al presente Patto, nonché gli Stati, ugualmente nominati nell’Annesso, che avranno acceduto al presente Patto senza alcuna riserva mediante una dichiarazione depositata al Segretariato nei due mesi dall’entrata in vigore del Patto e di cui sarà data notificazione agli altri Membri della Società.
Ogni Stato, Dominion o colonia che si governa liberamente e che non è designato nell’Annesso, può diventare Membro della Società se la sua ammissione è dichiarata dai due terzi dell’Assemblea, purché dia garanzie effettive della sua intenzione sincera di osservare i suoi impegni internazionali e accetti il regolamento stabilito dalla Società per quanto concerne le sue forze e i suoi armamenti militari, navali e aerei.
Ogni Membro della Società può, dopo un preavviso di due anni, ritirarsi dalla Società, a condizione di aver adempiuto a quel momento a tutti gli obblighi internazionali, compresi quelli del presente Patto.

Art. 2. — L’azione della Società, qual è definita nel presente Patto, si esercita mediante un’Assemblea ed un Consiglio assistiti da un Segretariato permanente.

Art. 3. — 1. L’Assemblea si compone di Rappresentanti dei Membri della Società.
Essa si riunisce a epoche fisse e in ogni altro momento se le circostanze lo richiedono, alla sede della Società o in altro luogo che potrà esser designato.
L’Assemblea conosce tutte le questioni che rientrano nella sfera di attività della Società o che concernono la pace del mondo.
Ogni Membro della Società non può contare più di tre rappresentanti nell’Assemblea e non dispone che di un voto.

Art. 4. — 1. Il Consiglio si compone di Rappresentanti delle principali Potenze alleate e associate e dei Rappresentanti di quattro altri Membri della Società. Questi quattro Membri della Società sono designati liberamente dall’Assemblea alle epoche che le piace di scegliere.
Il Consiglio si riunisce quando le circostanze lo richiedono, è almeno una volta all’anno, alla sede della Società o in altro luogo che potrà esser designato.
Il Consiglio conosce ogni questione che rientri nella sfera dell’attività della Società o concerna la pace del mondo.
Ogni Membro della Società che non è rappresentato al Consiglio è invitato a inviarvi un Rappresentante quando una questione che l’interessi particolarmente è portata dinanzi al Consiglio.
Ogni Membro della Società rappresentato al Consiglio non dispone che di un voto e non ha che un Rappresentante.

Art. 5. — 1. Salvo espresse disposizioni in contrario del presente Patto o delle clausole del presente Trattato, le decisioni della Assemblea o del Consiglio sono prese all’unanimità dei Membri della Società rappresentati alla riunione.

Art. 6. — 1. Il Segretariato permanente è stabilito alla sede della Società. Comprende un Segretario generale, i segretari e il personale necessari.

Art. 7. — 1. La sede della Società è stabilita a Ginevra.

Art. 8. — 1. I Membri della Società riconoscono che il mantenimento della pace esige la riduzione degli armamenti nazionali al minimo compatibile con la sicurezza nazionale e con l’esecuzione degli obblighi internazionali imposti da un’azione comune.

Art. 10. — I Membri della Società s’impegnano a rispettare e a mantenere contro ogni aggressione esterna l’integrità territoriale e l’indipendenza politica presente di tutti i Membri della Società. In caso di aggressione, o di minaccia o di pericolo di aggressione, il Consiglio avvisa ai mezzi per assicurare l’esecuzione di questo obbligo.

Art. 11. — 1. È espressamente dichiarato che ogni guerra o minaccia. di guerra, che tocchi o meno l’uno dei Membri della Società, interessa la Società intera e che questa deve prendere le misure atte a salvaguardare efficacemente la pace delle Nazioni. In tal caso il Segretario convoca immediatamente il Consiglio, su domanda di qualsiasi Membro della Società.

Art. 12. — 1. Tutti i Membri della Società convengono che, se sorge tra di essi una controversia suscettibile di provocare una rottura, la sottoporranno, sia alla procedura di arbitrato o ad un regolamento giudiziario, sia all’esame del Consiglio. Essi convengono ancora che in nessun caso debbono ricorrere alla guerra prima dello spirare di un termine di tre mesi dopo la decisione arbitrale o giudiziaria, o il rapporto del Consiglio.

Art. 16. — 1. Se un Membro della Società ricorre alla guerra contrariamente agli impegni presi cogli articoli 12, 13 015, è ipso facto considerato come avente commesso un atto di guerra contro tutti gli altri Membri della Società. Questi si impegnano a rompere immediatamente tutte le relazioni commerciali o finanziarie, a proibire ogni rapporto fra i loro nazionali e quelli dello Stato in rottura di patto e a far cessare ogni comunicazione finanziaria, commerciale o personale fra i nazionali di questo Stato e quelli di ogni altro Stato, Membro o non della Società.

Art. 18. — Ogni trattato o impegno internazionale concluso in avvenire da un Membro della Società dovrà essere immediatamente registrato dal Segretariato e pubblicato al più presto possibile. Nessuno di questi trattati o impegni internazionali sarà obbligatorio prima di esser registrato.

Art. 19. — L’Assemblea può, di tanto in tanto, invitare i Membri della Società a procedere ad un nuovo esame dei trattati divenuti inapplicabili, nonché delle situazioni internazionali il cui perdurare potrebbe mettere in pericolo la pace del mondo.

Art. 20. — 1. I Membri della Società riconoscono, ciascuno per quanto lo concerne, che il presente Patto abroga tutti gli obblighi o intese inter se incompatibili coi suoi termini e si impegnano solennemente a non con trarne in avvenire di simili.

Art. 21. — Gli impegni internazionali, quali i trattati di arbitrato, e le intese regionali, come la dottrina di Monroe, che assicurano il mantenimento della pace, non saranno considerati come incompatibili con alcuna delle disposizioni del presente Patto.

Art. 22. —
1) I principi seguenti si applicano alle colonie e territori che, in seguito alla guerra, hanno cessato di essere sotto la sovranità degli Stati che li governavano precedentemente e che sono abitati da popoli non ancora capaci di reggersi da sé nelle condizioni particolarmente difficili del mondo moderno. Il benessere e lo sviluppo di questi popoli formano una missione sacra di civiltà, e conviene incorporare nel presente Patto delle garanzie per il compimento di tale missione.

2) Il miglior metodo per realizzare praticamente questo principio è di affidare la tutela di questi popoli alle nazioni progredite che, in ragione delle loro risorse, della loro esperienza o della loro posizione geografica, sono meglio in grado di assumere questa responsabilità e che consentono ad accettarla: esse eserciterebbero questa tutela in qualità di Mandatarie e in nome della Società.

3) Il carattere del mandato deve differire secondo il grado di sviluppo del popolo, la situazione geografica del territorio, le sue condizioni economiche e tutte le altre circostanze analoghe.

4) Certe comunità, già appartenenti all’Impero ottomano, hanno raggiunto un grado di sviluppo tale che la loro esistenza come nazioni indipendenti può essere riconosciuta provvisoriamente, a condizione che i consigli e l’aiuto di un Mandatario guidino la loro amministrazione fino al momento in cui saranno capaci di reggersi da soli. I voti di queste comunità devono esser presi innanzitutto in considerazione per la scelta del Mandatario.

5) Il grado di sviluppo in cui si trovano altri popoli, specialmente quelli dell’Africa Centrale, esige che il Mandatario vi assuma l’amministrazione del territorio a tali condizioni che, con la proibizione di abusi quali la tratta degli schiavi, il traffico delle armi e quello dell’alcool, garantiranno la libertà di coscienza e di religione, senza altre limitazioni all’infuori di quelle che può imporre il mantenimento dell’ordine pubblico e dei buoni costumi, e la proibizione di stabilire fortificazioni o basi militari o navali e di dare agli indigeni un’istruzione militare, se non per la polizia o la difesa del territorio, e che assicureranno parimenti agli altri Membri della Società condizioni di uguaglianza per gli scambi e il commercio.

6) Vi sono infine territori, quali il Sud-Ovest africano e certe isole del Pacifico australe, che, a causa della debole densità della loro popolazione, della loro esigua superficie, della loro lontananza dai centri di civiltà, della loro contiguità geografica al territorio del Mandatario, o di altre circostanze, non potrebbero esser meglio amministrate che sotto le leggi del Mandatario, come parte integrante del suo territorio, con la riserva delle garanzie previste più sopra nell’interesse della popolazione indigena.

7) In ogni caso, il Mandatario deve inviare al Consiglio un rapporto annuale, concernente i territori che gli sono affidati.

Fonte: Rosario Romeo e Giuseppe Talamo (a cura di), Documenti storici. Antologia, vol. II L’età conteporanea, Loescher, Torino, 1966.

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Mario Mancini

Laureatosi in storia a Firenze nel 1977, è entrato nell’editoria dopo essersi imbattuto in un computer Mac nel 1984. Pensò: Apple cambierà tutto. Così è stato.