Elizabeth Warren, ma quanto mi costi?

Il valore della tassa sulla ricchezza

Mario Mancini
6 min readNov 20, 2019

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La giacobina Warren

Uno dei punti di maggiore trazione del programma presidenziale di Elizabeth Warren è la tassa federale sulla ricchezza. Questo provvedimento andrebbe a colpire, con una certa aliquota, i patrimoni superiori a 50 milioni di dollari e, con un’aliquota supplementare, quelli sopra il miliardo di dollari. I soldi incassati con la tassa sulla ricchezza andrebbero a finanziare il programma della Warren per il sistema sanitario nazionale.

La Warren sta crescendo a valanga nei sondaggi e nel gradimento degli elettori del Partito democratico. Il superfavorito Joe Biden la vede sempre più prossima nello specchietto retrovisore. L’energia della Warren è enorme. Con il suo “I’ve a plan” ispira molti elettori, anche se le manca il voto di colore e non è certo poco. Se vuol prendere la nomination democratica adesso deve conquistare quello.

La crescita inattesa della battagliera senatrice del Massachusetts inizia a mettere a dura prova i detentori di grandi patrimoni. Molti ultramiliardari sono elettori e donatori dei candidati democratici. Hanno idee progressiste e non ne fanno mistero. Adesso sono chiamati a una prova durissima: scegliere tra i loro ideali e il loro status sociale. Nessun di loro vorrebbe votare per Trump, ma alla fine sarà à la guerre comme à la guerre.

Ci vuole un Danton?

Una eventuale vicepresidenza di Michael Bloomberg potrebbe rendere più accettabile il programma della Warren all’elettorato moderato. Ma non l’aiuterebbe a conquistare il voto di colore e degli ispanici. Se tramonta l’ipotesi di Joe Biden, Il Partito democratico potrebbe trovarsi in un Comma 22.

Una persona di orientamento tutto sommato progressista come Bill Gates non ha avuto remore a criticare la Warren e la sua lotta alla ricchezza. Gates ha fatto balenare anche lo spettro di Trump, come il più giovane Mark agita quello della Cina.

Concretamente, oltre il dibattito sul principio se la ricchezza sia bene o male, quanto costerebbe effettivamente ai miliardari la tassa della Warren? Forse questa può essere una chiave di lettura.

Brendan Greeley, la corrispondente da Washington del “Financial Times”, ha raccolto qualche valutazione sull’impatto del provvedimento in termini monetari sui patrimoni miliardari come quello di Bill Gates.

Beh, nell’ottica di “follow the money” si può capire l’“insurrezione” dei ricchi. Forse il loro scopo non è proprio quello di virare su un riccone come Trump, che la ricchezza la vuol promuovere non bastonare. Piuttosto quello di mitigare il “furore giacobino” della Warren. Per esempio piazzando uno come Bloomberg alla vicepresidenza. E non è un caso che l’ex bravo sindaco di New York, dopo aver scartato l’opzione, è già in campo.

Ma vediamo cosa ci racconta Greeley. È intrigante!

Buona lettura!

Che cos’è la tassa sulla ricchezza

La maggior parte delle entrate pubbliche negli Stati Uniti proviene dall’imposta sul reddito, come salari e profitti aziendali. Il governo tratta come reddito anche i ritorni sul capitale investito, tramite un’imposta sulle plusvalenze. Attualmente, però, non esiste alcuna imposta sulla fonte di tali investimenti, vale a dire la ricchezza stessa.

I singoli Stati tassano le case e la proprietà commerciali per pagare le scuole e la polizia. Il governo federale, da parte sua, tassa le proprietà con un valore superiore a 11 milioni di dollari.

Un’imposta federale sulla ricchezza, tuttavia, colpirebbe, annualmente, il patrimonio netto totale di una famiglia. Andrebbe così a interessare indistintamente su tutti i beni di proprietà come case, portafoglio di azioni e obbligazioni, opere d’arte, terreni, yacht, aerei privati, auto di lusso e chi sa cos’altro.

Quanto pagherebbe Bill Gates?

6,4 miliardi di dollari è la cifra che ogni anno Bill Gates dovrà sborsare all’erario in forza della tassa sulla ricchezza della signora Warren. È un valore che potrebbe dare respiro a una manovra economica italiana.

La Warren propone quella che la sua campagna chiama una tassa “ultra milionaria” del 2% su beni superiori a 50 milioni di dollari, più una supertassa dell’1% su quelli che eccedono il miliardo.

Bill Gates vale 107 miliardi di dollari, secondo Forbes. Lo staff della Warren afferma che, in una amministrazione Warren, il co-fondatore di Microsoft pagherebbe, come effetto della tassa sulla ricchezza, 6,4 miliardi di dollari all’anno.

Emmanuel Saez e Gabriel Zucman sono due economisti dell’Università di Berkeley. A loro si deve il progetto tecnico della tassa ultra milionaria. Quindi i conti li hanno fatti molto bene anche in modo retroattivo. Per esempio, se il surplus del 3% sui patrimoni miliardari fosse entrato in vigore nel 1982, il patrimonio di Gates sarebbe valso, nel 2018, 36 miliardi di dollari, cioè un terzo di quello attuale.

Bernie Sanders, un altro candidato di spicco per la nomination democratica, ha un piano ancora più ambizioso. Si inizia con un 1% su un patrimonio netto superiore a 32 milioni di dollari, per salire gradualmente fino a raggiungere l’8% per ricchezza superiore a 10 miliardi.

La campagna di Sanders afferma che ciò porterebbe il conto di Bill Gates a un’amministrazione Sanders a 8,3 miliardi di dollari [è la cifra totale stanziata dal governo italiano per Quota 100 nel 2019). Il piano del senatore del Montana annichilirebbe metà della ricchezza dei miliardari nell’arco di 15 anni.

Perché una tassa sulla ricchezza?

Entrambi i candidati affermano che la disparità nella distribuzione della ricchezza è peggiore negli Stati Uniti che in qualsiasi altro <<paese sviluppato. Saez e Zucman hanno esaminato i registri delle imposte pagate sulle plusvalenze e le hanno utilizzate per dedurre il valore delle attività sottostanti.

Hanno scoperto che la quota di ricchezza detenuta dallo 0,1% delle famiglie americane è salita al 22% nel 2012, dal 7% nel 1978. La concentrazione non è cambiata; è possibile che le famiglie più ricche abbiano avuto rendimenti più bassi sulla ricchezza, o che le famiglie della classe media abbiano pagato al loro posto.

Sanders afferma che è tempo di occuparsi di queste disparità. Gli ultimi decenni di politica economica hanno visto un “massiccio trasferimento di ricchezza” dal basso verso l’alto. Warren sottolinea che “la ricchezza di una famiglia è anche una misura importante per capire chi ha beneficiato dell’economia e della politica fiscale”.

Entrambi i candidati vedono nelle entrate derivanti dalle imposte sul patrimonio un modo per finanziare alcuni dei loro piani di spesa in campo sociale, come l’assistenza sanitaria pubblica per tutti. In un controverso dibattito pubblico in ottobre del 2019, Saez ha affermato che la ricchezza ha creato potere. Potere che ha distorto la politica.

Ma Lawrence Summers, un economista già segretario del Tesoro sotto Bill Clinton, ha risposto che ci vogliono milioni, e non miliardi, per essere influenti in politica e che Gates non è stato in grado di scongiurare il caso antitrust contro Microsoft intentato dal governo federale.

Gates e altri miliardari hanno individuato le loro azioni nel campo della beneficenza come il migliore utilizzo della loro ricchezza.

Qualche altro paese ha tentato la via della tassa sulla ricchezza?

Sì! Ma molti di loro hanno deciso di porre termine all’esperimento. Nel 1990 dodici paesi dell’OCSE avevano un’imposta sul patrimonio. Nel 2017, erano solo in quattro. Le tasse sulla ricchezza erano troppo costose da gestire. Anche se la ricchezza delle famiglie cresceva, le entrate dalle tasse sulla ricchezza no, a causa di una diffusa evasione.

Saez e Zucman hanno affermato che il progetto di un’imposta sul patrimonio è oggi importante. I paesi condividono più dati rispetto al passato ed è diventato più facile stimare i valori delle attività, rendendo più difficile l’evasione. Anche le norme sociali svolgono un ruolo; i ricchi potrebbero vergognarsi di eludere le tasse.

“L’atteggiamento del potere è molto importante”, ha dichiarato Saez.

La tassa sulla ricchezza diventerà legge?

Gli ostacoli politici sono alti. La Warren deve fronteggiare gli avversari che affermano che le sue politiche progressiste andranno in fumo di fronte all’elettorato nel suo complesso. Anche se vincesse la Casa Bianca probabilmente avrebbe bisogno di una grande maggioranza democratica al Congresso per far approvare le sue proposte.

E poi c’è la Costituzione americana. Il XVI emendamento conferisce al Congresso il potere di riscuotere le tasse sui redditi.

Esso, infatti dice; “Il Congresso avrà il potere di imporre e di riscuotere tasse sui redditi derivati da qualsiasi fonte, senza proporzionamenti tra i vari Stati e senza riguardo a censimenti o conteggi [della popolazione]”.

Se una tassa sul patrimonio è una tassa sul “reddito imputato” — cioè i rendimenti potenziali che le persone potrebbero ricevere dall’investimento della propria ricchezza — allora è quel tipo di situazione protetta dal XVI emendamento.

Lo staff della Warren afferma che gli i costituzionalisti ritengono che la sua tassa sia costituzionale.

È probabile, piuttosto, che venga contestata e portata dinanzi alla Corte suprema, che oggi ha una maggioranza conservatrice.

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Mario Mancini
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Written by Mario Mancini

Laureatosi in storia a Firenze nel 1977, è entrato nell’editoria dopo essersi imbattuto in un computer Mac nel 1984. Pensò: Apple cambierà tutto. Così è stato.

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