Dov’è il popolo di sinistra?

La lezione delle elezioni suppletive di Monza

Mario Mancini
4 min readOct 29, 2023

di Daniele Vitali

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Come opinione ben argomentata vi proponiamo una riflessione del glottologo Daniele Vitali, autore e articolista di goWare, sull’esito delle elezioni suppletive del senato per il collegio di Monza che era di Silvio Berlusconi.

Buona lettura!

Galliani vs. Cappato

Alle elezioni suppletive del Senato per il collegio di Monza ha votato solo il 19,23% degli aventi diritto.

Di questi, il 51,46% ha scelto il candidato del centro-destra Adriano Galliani, legatissimo al defunto Silvio Berlusconi: basti dire che Galliani è l’amministratore delegato della squadra di calcio del Monza.

L’opposizione di centro-sinistra si era compattata dietro la candidatura di Marco Cappato, storico dirigente radicale noto per le sue battaglie a favore dei diritti civili e in particolare per il diritto di morire con dignità, ossia per l’eutanasia e la possibilità di rifiutare l’accanimento terapeutico.

Nonostante fosse sostenuto da Pd, Movimento 5 Stelle, Azione, Possibile, Più Europa, Radicali Italiani, Verdi e Sinistra Italiana, Libdem, Socialisti e Volt, la proposta Cappato si è fermata al 39,53%. Il resto è andato a formazioni minori, nessuna delle quali ha superato il 2 per cento.

Non è strano che la Brianza elegga un candidato di centro-destra: siamo nella terra di Berlusconi, e Galliani ha il profilo che più piace agli elettori berlusconiani, cioè un politico che non è tale, e che si propone all’elettorato solo in ragione della sua fedeltà al grande capo e della sua connotazione calcistica (del resto, in un partito che si chiama “Forza Italia”…).

Il crollo dell’affluenza

Quel ch’è strano, semmai, è che a votarlo siano stati così in pochi: in fondo, alle elezioni politiche del 2022, nella medesima circoscrizione elettorale l’affluenza era stata del 75%.

In questo contesto di urne semideserte, però, ancor più strano è che non abbia vinto Cappato. Mi spiego meglio.

Quella di Cappato era una candidatura forte, con idee chiaramente profilate e una storia di battaglie condivise, secondo i sondaggi, da una netta maggioranza d’italiani. Mi riferisco, naturalmente, alle battaglie per l’eutanasia: basti dire che i referendum del 2022 sulla giustizia (colpevolmente proposti dai radicali insieme a Salvini) sono falliti perché la Corte costituzionale li aveva disaccoppiati da quelli sull’eutanasia e la legalizzazione della cannabis (meritoriamente proposti dai radicali, ovviamente senza Salvini).

Tutte le analisi concordano sul fatto che, se la Corte avesse ammesso quei due referendum, la gente sarebbe andata a votare in massa, tirando la volata anche ai referendum sulla giustizia.

Quindi, in buona sostanza: un elettorato generalmente conservatore, anziano e timoroso del nuovo non era disposto a seguire la destra sulla giustizia, mentre lo era a seguire i radicali sull’eutanasia.

In un momento in cui il governo nazionale è saldamente in mano alla destra, e visto che le elezioni suppletive non vengono percepite come importanti, ci si sarebbe aspettati che, se proprio gli elettori volevano stare a casa, lo avrebbero fatto per non votare Galliani, che non portava idee nuove e comunque avrebbe semplicemente appoggiato l’attuale maggioranza.

Ci si sarebbe cioè potuti aspettare che stessero a casa soprattutto gli elettori di destra, vuoi per protestare contro il governo se non erano soddisfatti del suo operato, vuoi perché contenti di come andavano le cose e dunque più difficili da mobilitare per un’elezione “minore”.

In pratica, avrebbero dovuto andare a votare soprattutto gli elettori di sinistra, scegliendo Cappato e la sua proposta. E invece sono stati a casa tutti, di destra e di

L’astensionismo della sinistra

A questo punto, ci sono due possibili spiegazioni: o la proporzione fra elettori di destra e di sinistra a Monza e dintorni è talmente sbilanciata che la sinistra non può vincere chiunque proponga, oppure gli elettori di sinistra e gli indecisi mentono quando protestano che andrebbero volentieri a votare se ci fosse una proposta politica credibile.

Stavolta non mi sembra che la colpa del risultato elettorale sia di Zingaretti, di Enrico Letta, di Elly Schlein o più in generale dei maggiorenti del Pd, delle loro faide interne, delle loro difficoltà a prendere l’iniziativa politica.

Mi sembra piuttosto che ci sia una responsabilità di chi, pur non volendo la destra, non va comunque a votare, neanche se gli propongono qualcosa in cui a parole si riconosce.

Abbiamo già sentito abbondantemente il j’accuse ai dirigenti, che non riescono a intercettare i voti popolari perché parlano in modo incomprensibile e propongono cose che interessano solo alle minoranze.

Adesso sarebbe bello capire cosa voglia davvero il cosiddetto “popolo della sinistra”, perché dopo questi risultati non appare poi così limpidamente chiaro.

Daniele Vitali, bolognese, è stato per anni traduttore alla Commissione europea. Ha al suo attivo vari lavori di glottologia su lingue e dialetti, fra cui “Ritratti linguistici: il romeno” (Inter@lia 2002), “Parlate italo-lussemburghese? Appunti sulla lingua degli italiani di Lussemburgo” (Inter@lia 2009), “Pronuncia russa per italiani” (con Luciano Canepari, Aracne 2013), nonché il grande “Dizionario Bolognese-Italiano Italiano-Bolognese” (Pendragon 2007 e 2009, con Luigi Lepri), “Dialetti emiliani e dialetti toscani. Le interazioni linguistiche fra Emilia-Romagna e Toscana” (Pendragon 2020) e “Mé a dscårr in bulgnaiṡ. Manuale per imparare il dialetto bolognese” (Pendragon 2022).

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Mario Mancini

Laureatosi in storia a Firenze nel 1977, è entrato nell’editoria dopo essersi imbattuto in un computer Mac nel 1984. Pensò: Apple cambierà tutto. Così è stato.